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bro. Nè tollerò Ruggieri le ingiuriose voci; ma escito d'un tratto dalla reggia, e preso alla sua magione un provato corsiere, col seguito di tre soli scudieri ritirossi in Castiglione, e si rinchiuse in quella sua rocca. E Federigo, sulle suggestioni perfide dello stesso Scordia, avrebbe mandato colà milizie per prenderlo, o per assediarlo, se la Regina, il Procida, il d'Abbate, il Palizzi, il Lancia, e soprattutto il Chiaromonte non lo avessero a forza di consigli, e di preghiere indotto a perdonar l' Ammiraglio. Il qual tornato alla corte si scusò col Re del suo trascorso, e ne fu accolto onorevolmente, ma non colla confidenza solita; e ben leggevasi nel viso di amendue che non tarderebbe a sciogliersi tra essi ogni legame.

Venuto finalmente il di della partenza, tristi e taciturni esciron dal palazzo il Re, la Regina, e la Infanta, e mosser verso la riva in mezzo all' afllitta moltitudine. Ivi benedisse la buona Costanza un figlio, ed un popolo a lei tanto cari; e levando al cielo i suoi occhi lagrimosi, raccomandò a Dio con fervore Federigo, e la Sicilia. Rivoltosi allora il Re a Giovanni di Procida, a te, gli disse, o fedele amico della sveva stirpe consegno la nobil figliuola di Manfredi: fa, che tra i nemici dei suoi maggiori rimanga sempre con gloria il nome di Hohenstauffen. Affettuosamente ei baciò quindi la materna mano, abbracciò la sorella, e con benignità accommiatò il Procida, con freddezza l'Ammiraglio. Ma già gonfiando le vele un prospero vento, esci dal porto di Pa. lermo la Viandante augusta; e quando le spiagge, le

colline, i monti della Sicilia successivamente dileguati furonsi dal suo sguardo, l'abbandono di una terra tanto devota al sangue suo, riempiè di tristezza la regal donna, e sul suo ciglio di nuovo affacciossi il pianto. Se non che rasciugollo l' amorosa figliuola, e colle sue carezze ritornar fece la calma nel materno animo.

() V' ha questione fra gli eruditi se la Provincia denominata Terra Iordani, o Terra Iordana, al tempo della dinastia sveva, fosse quella conosciuta posteriormente col nome di ulterior Calabria, o se fosse sol. tanto una parte della Calabria citeriore, distinta dall'altra, che appellavasi Vallisgrata, Il Giannone è del primo avviso; il Giustiniani, autor di un dizionario geografico del Regno, è del secondo. Appoggiasi quest'ultimo ad una cedola di Carlo I, nella quale trovansi classificate sotto la rubrica di Terra Iordana città, e terre tutte appartenenti alla Calabria citeriore. Ma dagli autori sincroni appare che città, e castelli della Calabria ulteriore eran anche nella Terra Iordani. Leggesi infatti in Niccolò Speciale: his autem successibus omnes incolæ regionis ejusdem, quam Terram Iordanam appellant, præter Luciferum archiepiscopum sancti Severini ad hæc fœdera canvenerunt ; e se Santa Severina, ch'è oggi nella provincia di Car

tanzaro, era allor nella così detta Terra Iordana, segno è che non dinotavasi soltanto con questo nome una parte della cosentina provincia, come il Giustiniani pretende. Da una accurata esamina degli scritti del tempo, e di questi due opposti avvisi a me par dunque di conchiudere che Calabria, con significazione generica, comprendeva allora, com' oggi, le tre provincie di Catanzaro, di Reggio, e di Cosenza; e con significazione speciale l'attuale provincia di Reggio, ed una parte di quella di Catanzaro; che Vallisgrata abbracciava Cosenza, e tutta la parte occidentale di quella provincia; e che Terra Iordani conteneva la parte vrientale delle provincie di Cosenza, e di Catanzaro, e la costa della Basilicata sull' lonio, poichè lo stesso Speciale parlando di rocca Imperiale la qualitica Roccam Imperialem Calabria.

(2) Gualvano, e Federigo Lancia eran fratelli uterini di Bianca Guttuario d'Anglano, concubina, e poi moglie di Federigo 11, imperadore, e madre di re Manfredi. Abbiam da Nicola de lamisilla, che questo re donò al secondo di quei suoi zii la contea di Squillace; per lo che il Gualvano consegnato dagli Squillacioti agli Angivini, esser dovea figlio, o nipote di Federigo Lancia. Corrado poi, di cui qui si fa parola, non saprei affermare se figlio o nipote fosse del primo Gualvano, ovvero di un Manfredi Lancia, mentovato dal detto lamsilla, e dagli altri scrittori del tempo.

(3) Il vecchio Pietro Ruffo di Calabria, secondo il Jamsilla, introdottosi povero nella corte di Federigo II, divenne uno dei principali favoriti di quell' Augusto,

e poi di re Corrado suo figlio, ed ottenne la contea di Catanzaro, ed il baliato della Calabria, e della Sicilia. Tuttavolta al tramontar della stella sveva, mostrandosi egli ingratissimo verso la memoria dei suoi benefattori, abbandonò la causa di Manfredi, e servi prima di soppiatto, indi apertamente la parte papale, allorchè nel 1254 Innocenzio IV invase il regno. Laonde risurte le cose di quel principe, fu egli messo in giudizio per fellonia, e condannato a morte in contumacia nel parlamento tenuto da Manfredi in Barletta nel 1258. Rifuggitosi nella campagna di Roma, vi perì poco dopo per mano di alcuni malviventi, e gli scrittori guelfi ne incolparono, al loro solito, ma senza verun fondamento, lo stesso Manfredi. Alla venuta degli Angioini i discendenti del conte di Catanzaro ripreser le ricchezze, ed il lustro loro, e formaron la famiglia dei principi di Scilla, e dei conti di Sinopoli, che annoverasi tuttora fra le prime del Regno.

(4) Ecco il ritratto, che con fina ed energica ironia fa Niccolò Speciale di questo famoso arcivescovo. Hic nimirum venerabilis pater, et pastor egregius eximia semper charitate flagrabat, animam suam pro ovibus continuo exponebat, cum non hostiam, sed humanas carnes, non chalicem, sed umani cruoris undam propria manu ex cristianis elicitam dominis suis temporalibus, tamquam diis gentium, ritu gentilium immolabat. Ciò che nella presente opera si legge di lui non debbe sembrare dunque esagerato.

(5) È lo stesso Speciale che afferma questa communion di origine tra le case di Ruffo, e di Lauria, della

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