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ALL' ILLUSTRE

MESSER FRANCESCO PETRARCA LAUREATO.

O tu, d'Italia omai chiaro splendore,

Tu, cui cinser le tempia (1) i Roman duci
Dell' Apollinea fronde, in grembo accogli
Questa al volgo gradita (2) opra di Dante,
La più dotta, io mi credo, che da' prischi
Tempi unque fosse (3) in simil carme ordita:
Nè ti spiaccia il veder sol di materno
Sermon versi canori, e l'esul vate
(4) Senz'alloro, nè mirto al capo intorno
Per vizio di fortuna iniqua e ria.
(5) L'esilio fè ch'egli mostrasse al Mondo
Quanto potesse in rime il parlar nostro;

Non già che i suoi concetti ei non sapesse

(6) Un tempo dispiegar nella più colta

(1) Fu coronato solennemente il Petrarca, come poeta Latino l' an. 1341. a di 8. d'Apr. in Campidoglio per mano del Senatore di Roma.

(2) La divina Commedia a' volgari accettissima, copia della quale gli aveva trasmesso insieme con questi versi.

(3) Cioè in poesia volgare, di qualunque lingua ella fosse.

(4) Perchè Dante non ebbe corona di poeta, ancorchè se l'avesse ben meritata.

(5) Trovandosi allora il Poeta bisognoso di fama e di appoggi, onde procacciarsi il ritorno; affine di conciliarsi il favore del popolo, e la protezione de' Principi, a' quali era ignota, o poco gradita la poesia latina, compose il suo poema in volgare: cui avrebbe proseguito, come l'avea cominciato, in latino, s'egli fosse rimasto nella sua patria. Alla qual ragione però contraddice il Boccaccio stesso, il quale ebbe scritto nella Vita di Dante averne lui composto sette Canti, e questi in lingua volgare, prima dell' esilio.

(6) Cioè da giovane, quando egli cominciò il suo poema. Dicevano gl'invidiosi, che allora egli era un ignorante che non sapeva nè men la lingua latina.

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Lingua del Lazio, come suol tuttora
Sparger la cruda e mentitrice invidia.
(1) Forse tu stesso❜l sai, che giovinetto
Per (2) li nevosi gioghi Apollo il trasse
Di Cirra, e per li seni, e i più nascosti
Ricetti (3) di natura, e per le vie

(4) Del cielo, e (5) della terra, e per li flutti
Del mare (6) ai fonti Aonj, e di Parnaso

All' alta cima, e agli (7) antri Giuli, et anco
(8) Testè a Parigi, e agli ultimi (9) Britanni.

(1) A confutar gl' invidiosi enumera quì l'arti e le scienze di

Dante.

(2) La lettura degli antichi poeti, o forse la Mitologia.
(3) La Fisica.

(4) L'Astronomia.
(5) La Geografia.

(6) La Poetica.

(7) Ora, secondo ch'io credo, passa il Boccaccio ad annoverare i più principali viaggi di Dante.

(8) Nel Testo lat. dudum, perchè l'autore credette, come scrisse nella Vita N. XIV, che Dante più anni dopo l'esilio andasse a Parigi, e poi di là ritornasse in Italia per la venuta d'Arrigo Imperadore. Il qual fatto, se si voglia successo dopo l'esilio, non si giustifica per alcun autorevole monumento, anzi è contraddetto da Memorie d'altri Scrittori, e particolarmente dal Conv. Tratt. 1. Cap. III. Laonde io credo benissimo, ch'egli sia stato in Francia, ma prima d'esser uscito, o cacciato dalla sua patria.

(9) Di questa notevole circostanza, che Dante sia stato anche in Inghilterra, ne avrà avuto contezza il Boccaccio dopo averne scritta la Vita, poichè in quella non ne fa menzione. Con essa però si avvalora di molto la bella notizia, che ci dà il Sig. Ab. Tiraboschi nella sua Stor. Letter. Tom. V. Par. II. Lib. III. pag. 490. (a) ». Un altro antico Scrittore, ma vissuto un secolo dopo Dante, non solo in Parigi, ma anche in Oxford conduce Dante per motivo di studio; e in Parigi non solo cel rap

Quindi il chiamò Virtù, con bella tempra,
(1) Teologo, e Filosofo, e Poeta:

Ond' ei fu fatto (2) la seconda gloria
Della città de' fiori; ancor che tolto
Gli abbia malvagia e troppo presta morte
La dovuta al suo crin laurea corona.

E forse al primo sguardo ir quì (3) discinte
Ti parranno le Muse: ma se schiudi

presenta studente, ma maestro ancora, e vicino a conseguire la laurea. Egli è Giovanni da Serravalle Vescovo di Fermo, che nel suo Comento inedito sulla Commedia di Dante, scritto, mentr'ei trovavasi al Concilio di Costanza, come vedrem tra non molto, così ne dice: Anagorice dilexit Theologiam Sacram, in qua diu studuit tam in Oxoniis in Regno Angliæ, quam Parisius (Parisiis) Regno Francia; et fuit Buchalarius in Universitate Parisiensi, in qua legit Sententias pro forma Magisterii: legit Biblia: respondit omnibus Doctoribus, ut moris est, et fecit omnes actus, qui fieri debent per doctorandum in Sacra Theologia. Nihil restabat fieri nisi inceptio, seu conventus; et ad incipiendum seu faciendum conventum deerat sibi pecunia, pro qua acquirenda rediit Florentiam optimus Artista, perfectus Theologus... E più sotto: Dantes se in juventute dedit omnibus Artibus liberalibus, studens eas Padue, Bononie, demum Oxoniis et Parisiis, ubi fecit multos actus mirabiles, intantum quod ab aliquibus dicebatur magnus Philosophus, ab aliquibus magnus Theologus, ab aliquibus magnus Poeta. Fin qui l' Istorico Modenese, il quale aggradirebbe adesso, se fosse ancora tra vivi, di veder sostenuto il racconto suo dall' autorità del Boccaccio,

(1) La stessa lode vedila nella Vita da lui scritta di Dante Num. III. (2) Non già perchè la prima fosse Claudiano, il quale, come nato e cresciuto in Alessandria, veriva reputato Egiziano, ancorché egli fosse d'origine Fiorentino; ma perchè i primi onori li dà il Boccaccio al Petrarca per merito della poesia latina, in grazia della quale aveva ottenuto la laurea, dando i secondi a Dante per la volgare.

(3) Una simil cosa pareva a Giovanni del Virgilio (nel suo Carme v. 22.) e perciò pregava : Nec preme Castalias indigna veste sorores.

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(1) Cioè, dopo di Virgilio. Anche il testè detto Giovanni (nella sua Egloga a Dante v. 33.) eris alter ab illo. Il primo adunque dopo del Mantovano poeta è detto quì Dante, per eccellenza d'imitazion Virgiliana nella sua Commedia : ma si ritenga, in sentenza del Boccaccio, che primo pur appresso Virgilio fosse il Petrarca, per merito del suo poema dell' Africa, e quindi superiore anche a Dante, avendo egli scritto in versi eroici latini, assai più reputati a quel tempo delle rime volgari.

(2) Ciò dice per la copia de' poeti volgari Fiorentini, ch'erano all' età sua, essendo vene però ancor di latini.

Ti prego, accogli, a' tuoi l'unisci, il loda,
onora, e 'l leggi; che di nobil fregio
Ornerai con tal fatto e te, e lui,

O sommo onor del suol nostro, e del Mondo. Unitamente al Carme col poema di Dante mandò il Boccaccio una sua Epistola in oggi smarrita, di cui però si rileva buona parte del sentimento dalla risposta del Petrarca, che fu come seguirà nel secondo Tomo.

Fine del Tomo primo.

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