Sayfadaki görseller
PDF
ePub

La signoria di Genova non può esser d'altri, perchè la maggior parte dei cittadini sono interessati per tutte le loro facoltà, che sono grossissime, in tutti i suoi regni.

Il duca d'Urbino è suo stipendiario.

Lucca non è considerabile.

Resta a dire della confidenza che possa aver S. M. di questa serenissima Repubblica; la qual confidenza stimerei soverchio argomentarla dalle buone parole e dagli offizj sempre amorevoli usati meco, perchè queste son cose usate da lui per buona creanza verso ciascuna persona. Però lasciando questo, dico che il maggiore argomento che si possa avere del suo buon animo verso la Serenità Vostra, sia il conoscerla con l'istesso pensiero ch'ella ha di conservar in pace ed in tranquillità il suo stato, senza cupidigia di più accrescerlo, perchè suole la convenienza delle volontà il più delle volte partorire affezione reciproca dell' una con l'altra. S'aggiunge a questo, che essendo la Serenità Vostra senza comparazione (cavata S. M.) più forte in Italia d'ogni altro principe, sta ella sicurissima, mentre starà in amicizia con lei, di non aver mai guerra in essa, se non con danno forse di chi la movesse ; ed in contrario può dubitare che dove paresse a questa eccellentiss. Repubblica mutar pensiero, accostandosi con chi avesse voglia di molestarla, sia S. M. per sentir maggior danno da lei che da qualsivoglia altro principe in Italia più nominato. Però io non dubito niente che sia S. M. per far sempre ogni officio più amorevole per tenere la S. V. ben soddisfatta, da che in lei sola crede star, quanto all'Italia, la quiete e la pace, ch'ella per natura, per abito, e per proprio beneficio, desidera tanto. Al che la farà sempre anco più ardente il sentirsi quasi ogni anno perturbazioni dall' armata turchesca, la quale se una volta che Dio non voglia) portasse genti ad occupar qualche luogo in Sicilia o in Puglia, troppo più bisogneria forse per discacciarle che non comportino le proprie forze. Alla qual cosa non può pensare S. M. aver miglior rimedio che una buona e più congiunta amicizia con questo sereniss. Stato. Dal quale accidente io prego con tutto il cuore la somma potenza di Dio che tenga questa eccellentiss. Re

pubblica sempre lontana; posciaché pare, a chi vuol ben considerare la condizion de' tempi presenti, che per altra parte che per questa non possa la Serenità Vostra perder la quiete in che ella ora si trova; sendo per l' una parte l'imperatore poco potente per sè medesimo, e dagli aiuti di Germania, anco per la difesa, per diversi rispetti, favorito assai debolmente, ed il re Cattolico per l'altra un fermo, stabile e possente propugnacolo a difesa contra ciascuno.

Di manierachè siccome si può sperare, per gli accidenti di fuora, quando non sia questo del turco, questa eccellentiss. Repubblica esser, durante la vita di S. M., per vivere in sicurissima pace; così per i moti di dentro può sperarsi il medesimo, vedendosi Vostra Serenità vigilantissima a tre cose principalmente l'una, a non lasciar pullulare gli eretici, essendo pronta e sollecita al gastigo contra ciascuno; l'altra, a tener col mezzo della giustizia, e del non procurar mai novità d'importanza ne' popoli, ognuno contento e la terza in fine, esser si vigilante e gelosa delle sue cose, che non disprezzi qualsivoglia piccolo principio, il quale potesse poi far sollevazione importante. Fra le quali tre cose, le due ultime, non avvertite forse come bisognava da questo serenissimo re (che dell'altra non può assicurarsi), sono state cause immediate dei tumulti e delle sollevazioni di Fiandra; perchè le novità di grand' importanza tentate da S. M. diedero occasione ai grandi di mal contento, ai quali la moltitudine poi, macchiata d'eresia, aperse la strada onde potessero a loro riparo valersi de' popoli già concitati contra la vera religione; e la tardanza poi di S. M. e il non credere che la lega fatta da loro fosse per partorire alcun mal effetto, fu compiuta cagione di quella rovina. Mentre dunque attenderà la Serenità Vostra con somma vigilanza a tutto questo, siccome ha fatto con somma prudenza finora, può sperare una certissima pace per lunghissimo tempo; con la quale vien la Serenità Vostra a goder quella quiete tanto nel mondo desiderata, ma così poco asseguita, a non esser astretta d' imponere gravezze insopportabili ai vassalli per mantener la guerra, e di metter in pericolo i suoi popoli di sopportare incendi, rovine, prigionie, devastazione de' cam

160

RELAZIONE DI ANTONIO TIEPOLO. 1567.

pi e delle città, violazioni de' templi, de' monasteri e delle vergini, a voglia dell' avarizia, della rabbia e della lussuria de' soldati e de' capitani; le quali cose sogliono avere origine il più delle volte dal desiderio mal regolato de' principi. I quali mentre vogliono con ingorda brama accrescere e augumentare lo stato, partoriscono con proprio danno ne' loro popoli tutti i mali che può sentire ogni misera persona; la qual cosa come dobbiamo credere che sia comportata dal Signore Dio con pensiero di severo gastigo, così è da tener per certissimo che gli aggradi sommamente, e sia per compensare lo zelo di quel principe che s'adopri in contrario, sì come ha fatto da molti anni in qua questa eccellentiss. Repubblica sempre pronta ad una così santa e pia operazione, e tanto conforme alla divina volontà.

Manca nel codice la solita conclusione.

RELAZIONE

DI

SIGISMONDO CAVALLI

1570.

(Dall' originale esistente nell' Archivio Generale di Venezia.)

RELAZIONI VENETE.

21

AVVERTIMENTO

Sigismondo Cavalli fu nominato successore ordinario ad Antonio Tiepolo con decreto del 24 novembre 1566, e ritornò da quella ambasceria sulla fine del 1570 Lesse la sua relazione non più tardi del 28 febbraio 1571, come ne fa fede la data del 1570 (more veneto), che troviamo nell' originale. Ad ogni modo, siccome il Cavalli tornò veramente di Spagna nel 1570 (anno comune), noi conserviamo questa data alla relazione, anziché quella del 1574 che vediamo adottata dal sig. conte Giuseppe Greppi nell'analisi ch'egli ne ha dato, da una copia non sempre fedele, nel Tomo VIII, n. 2, seconda serie dei Bulletins de la Commission royale d'histoire (di Bruselles).

Per le ragioni allegate in proposito della precedente relazione del Soranzo, verremo pretermettendo, nella descrizione degli stati di Filippo II, alcune parti che sono pretta e inutile ripetizione di quanto abbiamo da altri, mantenendo in tutto il rimanente la integrità di questa scrittura.

L'ambasciatore tace di Don Carlos, malgrado che la morte di questo principe accadesse a tempo suo (e ciò forse per l'ingrata natura dell' argomento, del quale però non tacque ne' suoi dispacci, come abbiamo avvertito nella precedente relazione); e tocca appena dei torbidi di Fiandra, forse' perchè li reputava sedati per l'editto di generale perdono conceduto pur allora dal re Filippo a quelle provincie; mentre invece, tra la insufficienza del rimedio, e le nuove esorbitanze del duca d'Alba, può dirsi appunto nel 1570 l'insurrezione di quei paesi avere assunto il carattere implacabile, che li fece definitivamente perdere alla Spagna.

Nel tempo di questa legazione ebbero luogo:

La morte di Sampiero Corso (gennaio 1567), e la conseguente restaurazione del dominio genovese nell'isola (aprile 1568); La fuga di Maria Stuarda dalla Scozia in Inghilterra, dove rimase prigioniera di Elisabetta (maggio 1568);

La decapitazione dei conti di Egmont e di Horne a Bruselles (5
giugno 1568);

La morte del principe di Spagna Don Carlos (24 luglio 1568);
La morte della regina Isabella di Spagna (ottobre 1568);

Il titolo di granduca conferito da Pio V a Cosimo I (27 agosto 1569);
La ribellione dei mori di Granata (1569-70);

Il proseguimento delle guerre di religione in Francia sino alla pace
di S. Germano (15 agosto 1570);

La guerra di Cipro (1570), e l'origine della lega tra la Spagna,
Roma e Venezia contro il Turco;

Il quarto sposalizio di Filippo II con Anna d' Austria (otto-
bre 1570).

« ÖncekiDevam »