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mandola spagnuoli come propria, vi anderiano con miglior animo, e forse, oltra l'obbligo, si delibereriano d'assaltar da sè soli per qualche altra parte l'inimico; il che riusciria di quel gran beneficio che le SS. VV. II. posson considerare. Ma se resteranno nel pensiero che basti a loro tenersi la guerra lontana con la lega, dubito che, oltra essa, poco altro da loro siano per fare; onde se a questa tepidezza s' aggiungerà il lungo e tardo procedere di quella corte, dubito che vi sarà da fare assai per aver le provvisioni in tempo, come fu nel soccorso di Malta, dove se le cose passaron bene, fu più per fortuna che per molta prudenza. E se nella guerra di Granata le provvisioni fossero state per tempo e preste, con assai manco spesa e danno sariano stati acquietati quei rumori. Pertanto sarà sommamente necessario, come di sopra dissi, far che si cominci presto a sollecitar queste provvisioni, e batter sempre in esse. E saria gran beneficio il poter far quello che mi disse il duca di Savoia, ragionando io seco sopra di tal proposito, perchè Sua Altezza fa ancor lei difficoltà grande sopra di ciò. Il quale considerando che, oltra quanto ad ognuno de' collegati bisognerà al primo tratto, sarà necessario anco ogni giorno somministrar al campo e all'armata nuovi soldati in luogo di quelli che per malattia o nelle fazioni moriranno, palle di artiglie ria, polvere, viveri, e mille altre cose (che lui che l'ha provato lo sa molto bene), se si vorrà sopra ognuna spedir in Spagna e aspettar risposta, si consumeranno tutte le entrate in questa pratica; però dice lui che saria benissimo far un commissario generale, persona di riputazioue, il quale da sè avesse autorità di provveder all'esercito e all'armata quanto facesse di bisogno, pigliando la roba in qualsivoglia stato dei principi confederati a giusto e ragionevole prezzo; e che per ciò si dovria fare un deposito per porzione, avanti tratto, di qualche somma di danaro per supplir a questo. E mi disse Sua Altezza che lei aveva avuto sempre molto più fatica e pensiero in provveder all' esercito quando governava in Fiandra, che in trattar la guerra stando in campo quando la regina Maria vi provvedeva.

Parerà forse a Vostra Serenità cosa nuova questa del

RELAZIONI VENETE.

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RELAZIONE DI SIGISMONDO CAVALLI. 1570.

commissario, ma certo a voler che l'impresa proceda bene sarà necessario far questa o ver altra cosa simile. E poichè le SS. VV. EE. si son degnate di darmi il carico di Savio. di Terraferma, io la proporrò, e pregherò i signori Savj che la consentano; nel qual caso mi estenderò a più particolari, che dirli al presente forse non saria così opportuno e a proposito.

Conchiude lodando il suo successore Leonardo Donato, il suo secretario Leonardo Ottobon, e supplicando pel bacile e ramin d'oro, che gli fu donato dal re nel suo partirsi di corte.

RELAZIONE

DI

ANTONIO TIEPOLO

TORNATO AMBASCIATORE STRAORDINARIO.

DALLE CORTI

DI SPAGNA E DI PORTOGALLO

NEL 1572.

(Da copia postillata e corretta di mano dell'autore, nel Musco Correr di Venezia,

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AVVERTIMENTO

Nell'ottobre del 1570, passato Filippo II a quarte nozze con Anna d' Austria, il Senato Veneto, con decreto del 4 maggio 1571, deputò Antonio Tiepolo ambasciatore straordinario a quel re per rallegrarsi del fausto evento, ed in uno per vieppiù incalorirlo ad aiutare potentemente la lega oramai stabilita tra lui, Venezia e Roma contro il Turco, e a procurare l'unione di altri principi cristiani contro il comune nemico. Al quale ultimo effetto, mentre già si ritrovava in Ispagna, gli fu ingiunto eziandio di recarsi alla corte di Portogallo. Partito di Venezia nel principio di giugno e trattenutosi alcun tempo, per le ragioni che deduce, a Genova ed a Torino, giunse a Madrid il 9 novembre, pochi giorni dopo l'arrivo del corriere che vi portò la gran notizia della vittoria di Lepanto del 7 ottobre. Ebbe la sua udienza solenne il di 8 decembre, ritardata a cagione del parto della regina, e il di 20 di detto mese mosse alla volta di Portogallo, di dove ripatrió nella primavera del 4572, e nel mese di giugno lesse la sua relazione. La quale è notevole per più rispetti, ma specialmente per le cose che dice della mala disposizione di Filippo II a continuare nello sforzo dell'anno innanzi (onde invano si pote dire versato tanto sangue di cristiani a Lepanto), e più per esser la prima che ci parli del Portogallo, dove da quasi cent'anni la Repubblica non aveva spedito ambasciatore.

Di questa legazione non si aveva finora conoscenza che per una inedita scrittura di un gentiluomo del seguito del Tiepolo, intitolata: Relazione curiosissima della corte di Spagna fatta l'anno 1572 da un cortigiano del Tiepolo ambasciatore della repubblica di Venezia presso Filippo II, e Relazione della corte di Portogallo fatta dallo stesso cortigiano del Tiepolo ambasciatore presso Sebastiano 1 di Portogallo; della quale il sig. Gachard ha dato l'estratto nel suo più volte citato volume: Relations des ambassadeurs Vénitiens sur Charles V et Philippe II. Or della vera relazione del Tiepolo, che qui rechiamo, noi dobbiamo la cognizione alle incessanti cure dell' egregio cavaliere Vincenzo Lazari, al quale solo si deve che la nostra raccolta possa finalmente raggiungere l'intento, che forse troppo arditamente ci eravamo da principio proposti.

Serenissimo Principe, Padri e SS. EE. Mi comandò la Serenità Vostra e le SS. VV. II., già è passato l'anno, ch' io dovessi andare per ambasciatore al serenissimo re di Spagna per allegrarmi del matrimonio contratto fra la Maestà Sua e la serenissima figliuola dell' Imperatore. lo accettai volentieri il suo comandamento, si come io doveva; onde espedita la commissione, in otto giorni mi posi in cammino, e a dì 7 del mese di giugno mi trovai a Milano, non solo stanco, ma un poco risentito per la fatica del viaggio e per lo gran caldo patito per volermi trovare in tempo a Genova che il sig. don Giovanni d' Austria non fosse partito, avendomi la S. V., dopo l'espedizione per Spagna, commesso ancora ch' io in ogni modo mi trovassi con lui per esortarlo e. spronarlo alla presta partita, e al ben operare a benefizio della cristianità. La mia sollecitudine fu indarno per la tardanza del sig. don Giovanni; onde ebbi tempo di ristorarmi in quella città alcun giorno, arrivando anzi in Genova tanto per tempo, che con infinito mio travaglio e con incredibile mia pena, veggendo andarsene tanto il tempo, convenni aspettare più d' un mese il suo arrivo. Frattanto trattai e conversai col sig. Gioan Andrea Doria, e quei capitani che aveano a trovarsi in armata, parendomi esser bene contrarre con tutti loro qualche conoscenza e qualche domestichezza; e de' ragionamenti ch' io giudicai di qualche importanza ne diedi conto con mie lettere alla S. V., si come ella memoriosissima ben si può ricordare. Venuto finalmente il sig. don Giovanni, la medesima sera del suo arrivo feci l'ufficio impostomi con quella caldezza che bisognava.

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