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Promette di rappresentar dal vivo la grandezza di tanti regni, le forze interiori ed esteriori ec. con le loro opposizioni, e formare un corpo con tutte le sue membra, tralasciando le cose dette e scritte da altri.

Incomincia la narrativa da Sicilia con le sue rendite, la spesa ordinaria ed estraordinaria, i donativi, le forze da terra e da mare, per offesa e difesa in tanta vicinanza de'nemici, e comodità che hanno d' assalir questo e l'altro regno vicino. Parla della disposizione di ogni condizione di persone, di quello che abbonda nel regno e che manca, delle tratte de' grani per Spagna ed altrove, della giurisdizione ecclesiastica; e il diritto col suo rovescio quasi d'ogni cosa. Dice che in quell'isola si arma di corso, che gli ordini regj da lui ottenuti non sono stati eseguiti ed obbediti, e loda il residente già a Napoli Ramusio (1).

Di Napoli ha medesimamente narrato tutto ciò che si può dire, e le cose avvenute in suo tempo, sotto i capi soliti accennati di sopra; che si preme in levarsi dalla suggezione di presentar ogni anno la chinea a Roma; che come non si osservano ai regnicoli i privilegj, così non si mantengono alla Repubblica, e che adesso Sua Serenità dovria tentarne la confirmazione ed esecuzione, intorno a che ha lasciato molte scritture al successore (2).

(4, Allude alla cattura di navi venete fatta dai corsari siciliani, che fu argomento di lunghe lamentazioni per parte della Signoria. La relazione del Ramusio qui citata sarà da noi data nell'ultimo volume.

(2) I privilegj della Repubblica in Napoli erano specialmente per le tratte dei grani; e delle cose qui accennale si ha riscontro nella Relazione di Francesco Soranzo del 1602, la prima pubblicata nella raccolta dei sigg. Barozzi e Berchet.

Di Milano ha medesimamente detto tutto, massime delle forze interiori ed esteriori, e che quello stato è per ventura manco aggravato d'imposizioni degl' altri d'Italia, forse rispetto al peso gravissimo dell' alloggiar tanti soldati estraordinari (1); dell' interesse della Repubblica e dei comodi e incomodi che ne può ricevere, il che ha tocco anco ne' due regni sopradetti; che la Signoria tenga ben munite e custodite le sue fortezze di confine, perchè perduta una, che Dio non voglia, per qual si voglia accidente, non la cederiano più sotto pretesti di pretensioni così dello stato di Milano come dell' impero.

Il papa ha avanzato assai di reputazione in due azioni; la ribenedizione di Francia e l'acquisto di Ferrara. Nella prima, perchè non si credeva che avesse tant' animo senza l'assenso di Spagna; nell' altra, perchè non si teneva che avesse tante forze proprie di soldati e capitani. Il medesimo giorno che Ferrara si diede al pontefice, s'ispedi corriero a don Cesare (2) per favorirlo e per proporre lega difensiva in Italia contra forestieri. In occasione di sede vacante, l'ambasciator di Spagna ha nelle sue istruzioni tre classi di cardinali; una per escluderli, e questi sono tutti i nati principi, e con essi Verona (3); l'altra i denominati dal re, Madruccio (4) e Como (5); la terza di quelli che pretendono, e che per parte di S. M. non si fa opposizione, ma nè anco si portano. Il pontefice non si può prevalere d' alcun sussidio degli stati sudditi a Sua Maestà e particolarmente di Spagna, dove Sua Santità ultimamente, per aiutar Ungheria (6), faceva segretamente riscuotere una gravezza volontaria, la quale il re fece desistere, avendo anco a male la M. S. quando intese che Vostra Serenità permise l'esazione delle decime nel suo stato per servizio della suddetta guerra d'Ungheria. Vorrebbe Spagna ridur l'autorità

(1) Per occasione della guerra tra Francia e Spagna pur allora cessata colla pace di Vervins del 2 maggio 1598.

(2) Cugino dell' ultimo duca, ma di legittimità controversa, al quale in quella contenzione fu riconosciuto il ducato ereditario di Modena e Reggio.

(3) Era allora cardinale di Verona Agostino Valieri veneziano.

(4) Luigi, trentino.

(5) Tolomeo Galli, comasco.

(6) Nella guerra che allora si combatteva contro i turchi.

del papa allo stato della primitiva chiesa, ch' era la sola approbazione de' benefizj, il nunzio suddito, o immediatamente suo dipendente, e non aver cardinali spagnuoli nè sudditi che a sua denominazione; ed ebbe a male la promozione di Toledo (1).

Unite le forze del papa con quelle della Repubblica saranno sempre temute dagli spagnuoli in Italia; però la buona intelligenza con Sua Santità è necessaria. Non sperano esser aiutati dalla Repubblica per difesa d'alcun loro stato quando bisognasse, sebben dicono che importeria tanto alla cristianità la perdita di qualsivoglia luogo a marina di S. M. quanto d'alcuno della medesima Repubblica. Della quale però si promettono che non tenterà mai impresa contra di loro, e malamente s'unirà coi nemici, perchè gl' interessi sono comuni di conservar la pace in Italia. Non mancano però di nutrire e seminar discordie tra' principi d'Italia e la Signoria; e nei bisogni aiuteranno la Repubblica più facilmente con tratte di viveri e levata di soldati che con altro, e più tosto con lega difensiva che offensiva.

Di Fiorenza disse che stava male con l' altro re, e starà malissimo con questo; che non si scorderanno gli Spagnuoli che castel d' Yff ba impedita l'impresa di Marsiglia, da essi perduta d'un punto (2); che il granduca profferì il castello quando si era incominciato a negoziar con Francia la pace, ed essi non l'hanno voluto per non gli restar in obbligo, e per non averlo a restituire con la conclusione di essa pace; che l'aver combattuto le navi spagnuole non si partirà in eterno dalla loro memoria, e così l'essersi il granduca maritato con dipendente da Francia (3) contra la volontà del re; che non gli giovano i grossissimi doni che manda frequentemente

(1) Francesco Toledo, promosso cardinale il 17 nov. 1593, era già morto fino dal 14 sett. 1596. Abbiamo ricordato a pag. 440 la parte da lui presa nella riconcigliazione di Clemente VIII con Enrico IV. E ben si pare che Filippo II ne conoscesse le inclinazioni se si dolse di vederlo promosso al cardinalato,

(2) Mentre le guerre di religione desolavano la Francia, Ferdinando I, come abbiamo veduto a pag. 430, fece occupare, nel 1591, il castello d'Y in nome della Lega, ma principalmente per attraversare i disegni del duca di Savoja sulla Provenza; e malgrado le minaccie e le seduzioni della Spagna, lo tenne sino alla pace di Vervins. E veramente se lo avesse ceduto a Spagna, può credersi che nel 96 non sarebbe riuscito a Enrico IV di rioccupare la ribellata Marsilia.

(3) Con Cristina di Lorena nel 1589.

RELAZIONI VENETE,

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in corte; che gli spagnuoli per contrappeso han favorito don Pietro (1), e gli hanno dato dodici mila scudi di piatto, ma non l'adopereranno perchè non fideranno di lui; che la missione ultimamente de! Dovara a Fiorenza ha insospettiti gli spagnuoli; che ha pregiudicato grandemente al granduca l'aver dichiarato buon pezzo don Cristoforo di Mora per suo diffidente ec.; che però Sua Altezza, per piacere al re, ha comandato al suo ambasciatore in corte che vada con quattro cavalli, cedendo in certo modo alla pretensione avuta finora di andar con due come gli ambasciatori di cappella. Se riusciva l'impresa di Marsiglia a Sua Maestà, pareva che in conseguenza fusse per caderle in mano la Provenza, e in quel caso si discorreva che la M. S., per vendicarsi del granduca, avrebbe voluto Siena per cederla al papa e avere in ricompensa Avignone.

A Parma e Urbino vietano l'apparentarsi con Toscana, e desiderano che ambidue si maritino, acciò i loro stati non si devolvano alla Chiesa, se ben Parma prende egualmente l' investitura e dal Pontefice e dal re Cattolico; e quanto a Urbino desideravano che si maritasse con una signora spagnuola (2). Disse che esso duca aveva dodici mila scudi l'anno mal pagati, e datigli non per valersi della persona sua ma de' suoi sudditi; ma che il duca si protestava di non voler distrugger i sudditi mentr'esso non veniva adoperato; che fu mormorato che innanzi la morte della moglie facesse testamento, e che lo mandasse a Roma, nel quale lasciava lo stato al suo vero erede e legittimo successore, il papa; cosa che fu assai detestata alla corte.

Lucca è in protezione di Spagna; e Genova dipendente affatto per le cause note, e altre che furono dedotte da lui. Di Savoia disse che il parentado fu per aggrandir la corona di Spagna, non la casa di Savoia (3); che spagnuoli

(1) Fratello del granduca Ferdinando.

(2) Francesco Maria II, rimasto vedovo di Eleonora d'Este sino dall'11 febbrajo di quest' anno 1598, invece della signora spagnuola qui proposta, passò a seconde nozze con Livia sua nipote, il 26 aprile del 1599; lo che del resto non impedì che alla sua morte il ducato ricadesse alla Chiesa. In quanto a Ranuccio Farnese, duca di Parma, egli si unì, nel maggio 1600, a Margherita Aldobrandini, nipote di Clemente VIII.

(3, Carlo Emmanuele aveva sposato nel 1585 Caterina figliuola di Filippo II, la quale all'epoca di questa relazione era già morta da un anno.

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