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1760-1769

A

i nomi di Bossuet e di Fénélon succedevano quelli di Voltaire, di Rousseau e di

quanti furono Luciani e Lucrezi della Fran

cia, siccome questi erano stati i Voltaire ed i Rousseau della Grecia e di Roma.

Il sistema della natura, la più sofistica creazione di quel tempo, in cui abbondano eccedentemente gli errori filosofici, non che l'empietà, segnò i destini di un instabile popolo, affascinato dalla possanza della parola, la quale mascherando gli errori dava alla follia. l'apparenza del vero e della bellezza. Era questa la filosofia novatrice e distruggitrice di ogni cosa santa, che annullava nella sua terra natía l'opera di Rousset e di Fénélon e che poi, discese le Alpi coi torrenti di armati, dovea distruggere quel civile progresso che da due secoli procedeva in queste parti e così abbattere l'opera divina di Dante.

I Diderot, i d'Alembert, gli Helvetius, i D'Holbak, i Raynal, i Malesherbes, i Necker, i Turgot, i Grimm ed i Morellet, ora coi nomi di Enciclopedisti, ora di Glukisti e Piccinnisti, tiravano nelle loro reti non solo i potentati, ma bensì il non più debole sesso, le spudorate Genlis che, nuove Minerve camuffate da Mentori, scrivean trattati morali di educazione, durante i pochi e corti intervalli ad esse lasciati da sempre nuovi amatori che, col sensualismo e colla incredulità, preparavano orrori civili, un battesimo di sangue dal quale, per altro, la Francia uscir doveva più ardentemente Cristiana e più civile di prima. E qui osserveremo di volo, come il tempo avendo compiuta colà l'orribile rivoltura, un'altra qui ne cominciava che dovrà sortire effetti non meno lacrimevoli, perchè alla moderna filosofia, distruggitrice di premio e di pene, si appigliarono uomini peggiori, Enceladi in iscorcio, Catilinari avidi di benefizi, i quali anzicchè contribuire alla grandezza della patria, crearono pretesti, perchè i malvagi operando disperassero i buoni 1).

Al tempo, di cui ricordiamo la storia, la vita era volta al commercio dello spirito; i saloni di D'Olback, di Necker, di Geoffrin, di Morellet e di Lepinasse, mettevano gli uomini di lettere in una continua lotta. Fu tra costoro e nella Corte di Luigi XII che il Galiani trionfo pe' suoi scritti, ed in ispezialità pe' suoi apoftegmi e pe'suoi apologhi, a noi tramandati in parte dal suo grande amico Denis Diderot 2).

È noto ai molti in qual modo egli presentavasi alla Corte; la sua piccola statura, il suo gobbuzzo e la singolarità delle sue attitudini avean già mosse le risa

sulle labbra dei magnati e fors' anche su quelle dello stesso Re, quando il Galiani, squadrateli tutti e fatte le debite riverenze, disse: Sire, vous voyez à présent l'échantillon du Sécrétaire, le Sécrétaire vient après. Questo detto arguto che, giusta il suo solito, facevalo uscire dalla più imbarazzante delle situazioni, ebbe eco in tutti i saloni e fu principio di quella amicizia che poi potentemente lo strinse ai filosofi tutti ed a quanti uomini spiritosi ed eleganti si trovassero in Francia. Scriveva il Grimm: Ce petit être, né au pied du mont Vésuve, est un vrai phénomène. Il joint à un coup d'oeil lumineux et profond une vaste et solide érudition; aux vues d'un homme de génie, l'enjouement et les agréments d'un homme qui ne cherche qu'à amuser et à plaire, c'est Platon avec la verve et les gestes d'Arlequin. Pressochè lo stesso di lui disse Marmontel: L'Abbé Galiani était de sa personne le plus joli petit Arlequin qu'eût produit l'Italie: mais sur les épaules de cet Arlequin était la tête de Machiavel 3). Infatti, se il suo corpo fu così stranamente giudicato, questo che racchiudeva un'anima nobilissima, fece che la singolarità di esso tornasse a favore dell' altro, e che egli addivenisse. l'anima dei convegni, il desiderio dei molti. Ne' suoi pensamenti, quantunque degni del Vico e del Machiavelli, era il sorriso delle Grazie, che egli veramente lasciò a mezzo nude: difetto del secolo, che i corruttori dell'arte avean reso guasto e dissoluto. Il vezzo di congiungere il piacevole all' utile, il grave al giocoso, nato con Socrate ed allignato fra noi col Doni, col Gelli, col Garzoni e col Boccalini 1), superate le Alpi ingene-、

rava il tanto vantato sapore Volteriano; talchè quelle Grazie che la Grecia e Roma avean coperte di un velo candidissimo, furono colà esposte sull' ara della Venere Terrestre, ove impudichi sacerdoti apprestaron detestabili riti. E fu a tale proposito che il Galiani scriveva alla Signora d'Epinay: Je devrais aussi écrire au Baron d'Holback. Vous pourrez lui dire que je lui enverrai une thèse théologique dans laquelle on a eu le malheur de citer tous les éclats de la bombe réligieuse qui a crevé depuis cinq ans. Boulanger, Voltaire, le Militaire philosophe etc. etc. etc., tout y est cité. Le jeune defenseur de la thèse m'a assuré qu'il avait lu tous ces mauvais livres 5).

Il Galiani, Segretario di Ambasciata, mal pativa trovarsi al seguito del Conte di Cantillana, Marchese di Castromonte, uomo grosso di pasta; un vecchio di assai poca levatura, e pel quale quel soggiorno eragli quasi venuto in uggia; sicchè spesso mandava le sue querimonie in Napoli al Marchese Tanucci, adducendo che l'aria umida di Fontainebleau, ov' era spesso costretto a dimorare, recava gravissimo danno alla sua salute; per lo che egli vi si tratteneva il meno possibile, mostrando cosi il desiderio di una carica nel proprio paese. Il Tanucci che non teneva in gran concetto i gentiluomini Spagnuoli, che giudicava troppo Guelfi, stante le vertenze di questa Corte con Roma, che nel Galiani vedeva l'uomo cui egli affidava ogni difficile bisogna e nel Conte chi al Galiani serviva di copertina, dico una maschera atta a nasconderlo, consigliava al Galiani di colà rimanersi, adescandolo con

lo scrivergli di frequente e col reiterargli promesse di non lontani avanzamenti.

Il prezioso carteggio, non che quello fra il Tanucci e l'Albertini, Ministro di Londra, passato al grande Archivio di Napoli, a tempo del Trinchera ne fu tolto per favoreggiare chi serbavalo a proprio utile, per pubblicarlo in altra parte d'Italia, togliendone quanto eravi intorno alla spedizione voluta dal Tanucci di un grosso nerbo di truppe, a prevenire gl'intrighi de' Ministri di Francia e di Sardegna, che minacciavano occupare Piacenza. Ecco come a tempi nostri vien fatta la Storia, la qual cosa merita la riprovazione degli onesti e di quanti amano le patrie glorie; perchè queste non vengano scemate e perchè la Storia non resti falsata per favori di parti.

I modi del Tanucci destavano gelosia nell'animo del Conte e Marchese, che non cessava dal mostrare le sue dispiacenze; sul quale proposito il Tanucci, faceto al pari del Galiani, così scrivevagli: « Il nostro Conte ha << fatta una gentile querela di aver io scritto a lei << l'affare Consolare, io gli ho risposto miele, liqui<< rizie, caciocavallo ed ogni altro specifico per tem<< perare la bile, secondo Cornelio Celso, Plinio ecc. ». E poi per fargli rimprovero del poco frequentar la Corte in Fontainebleau, continuava a questo modo: << Arlecchino carcerato caccia le gambe e le braccia << fuori della finestra, ed adduce la ragione di dover<< si stare in carcere il meno che si possa, cosi ella fa << dell'aria umida di Fontainebleau ». Tali cose richiamavan sovente al pensiere del Galiani il mai fallito proverbio di Farinata degli Uberti:

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