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Óra

bene armaronsi per la difesa, ma furono finalmente battuti. Il Duca d'altra parte in quel medesimo tempo molestollo aspramente, ed egli francamente difesesi; ma ambedue stanchi alla perfine posero termine alla contesa, e si quietarono di buon grado: perdonossi qualunque azione trapassata al Medici, e in vece de' luoghi da lui per forza d'armi occupati, e tenuti, il Duca donogli Marignano, con titolo di Marchese; e fatto ciò fu per l'Imperatore confermato. Ora avvenne, che il Re di Francia mosse guerra al Duca di Savoja, e corso il paese, molte terre gli tolse, e anco spogliollo di Torino. L'Imperatore per sostegno del Duca di Savoja comandò ad Antonio Leva, che largamente assoldasse, e di quelle genti furono al Medici dati quattro mila fanti; ma passando l' Imperatore a dare battaglia in Provenza, e seco menandone il Leva ardente consigliere di sì fatta impresa, lasciato fu il Governo a Gottiero Lope, e a lui non molto esperto della milizia consegnossi il Medici a nome Maestro di campo, ma veramente come maestro di guerra. In Provenza vidde l' Imperatore l' esercito suo disperdersi a forza di malattie, e di disagi; ed egli facendo ritorno in Ispagna pose a governare Milano Alfonso Davalo Marchese del Vasto; perciò che il Leva non sofferendo la infelicità del dato consiglio erasi in Provenza morto di rabbia. Quivi il Davalo, il quale nel servizio dell' Imperatore aveva col Leva fieramente guerreggiato, e però disamava gli amici di lui, per tenere addietro il Medici, diede orecchio a sospetti di fellonia, e per lo spazio di dieciotto mesi il chiuse in carcere. Ma l'Imperatore pro

sciolselo, come leale servitore. Allora ribellossi Gante in Fiandra, e l'Imperatore affrettossi di gire colà, e chiamovvi il Medici: e deliberando di alzarvi un castello per frenare quel popolo, diede cura al Medici di piantarvelo; e fu poi spedito a Ferdinando Re de' Romani, e da lui fu creato Generale in Ungheria. Quivi serrossi dentro Strigonia, e ritenne i Turchi avversarj. Guerreggiò poi Carlo V in Gheldria, ed il Medici ebbe cura dell' artiglieria. Seguì poi ribellione in Boemia, e il popolo di Praga steccarono il Re Ferdinando nel Castello; e l'Imperatore spinsevi a soccorso il Medici, ed egli domolli ed obbligolli a pagare molta moneta, e lasciolli ubbidienti al Re. Non meno in altro tempo assediò Parma, e acconciossi la discordia, secondo il talento dell' Imperatore; al quale fece pure servigio nella guerra di Mets in Lorena Ma consigliò a desistere dall'impresa, e non fu ascoltato da Carlo V, ne pagò le pene del danno o biasmo, che bisognò ritirarsi alla guerra di Siena.) (Così nel MS.)

Ma suscitaronsi gravi rumori in Toscana, et egli con loda adoperossi in quelle malagevoli imprese. La Città di Siena governavasi liberamente, come devota dell' Imperio all'ombra dell' Imperatore: ma ella traboccava a terra per discordie. Ei Cittadini accesi a fornire ciascuno le sue vaghezze, erano fatti ciechi per la commune salute. A cessare le fiere risse, è ammendare gli errori del Governo, l' Imperatore mandovvi Diego Mendozza: questi dopo alcuni provvedimenti si mise in animo di lasciare a' Senesi il nome della libertà ma veramente porgli in servaggio. Spogliolli di

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ogni sorte d'armi, ed armò se di soldati spagnuoli. Indi manifestò suo volere di piantare una fortezza; pensamento a rovescio. Ma l'alterezza fa che nei soggetti s'ammorzi l'amore. I Cittadini consumarono tutte le parole, e tutti gli atti di dimessa umiltà verso Diego, e verso l' Imperatore; e sempre disperati furono d'ogni mercede: e finalmente si volsero al Re di Francia per la difesa ed egli diede loro la mano, e affidogli. Di qui i Sanesi cheta mente raunarono gente straniera, ei cittadini sbanditi si unirono; e una volta per lo bujo della notte arsero alcune porte, e entrati commossero tutta la città a battaglia, e discacciarono gli spagnuoli. Bene è vero, che per loro stessi, e per conforto di Cosmo Duca di Firenze si chiamarono tuttavia fedeli dell' Imperatore. Trascorse alcun tempo, e l'Imperatore per molte cagioni a suo stato giovevoli deliberò, che guerra si facesse a' Sanesi, ed altro non diceva, salvo che la Maestà Imperiale avea sostenuto oltraggio: Accortezza de' grandi; offendere, e querelarsi d'essere offeso. Ora il Francese apparecchiossi allo scampo di Siena, e mandò Pietro Strozzi Cavaliere molto da lui prezzato, e di conosciuta prodezza con esercito; ma egli come avverso allo stato di Firenze mise in affanno Cosmo Medici, che ne era Signore. Laonde egli giunsesi a Carlo quinto, e fecesi guerra, nella quale Giovan Jacopo Medici fu condottiere, e recolla a lieto fine. Ma quei di Siena tra favori francesi trovarono il giogo, il quale essi fuggivano; perciocchè sono infelici i consigli umani, quando non s' accordano co' celesti. Dunque ben consigliato, e preveduto ciò che nel paese Fiorentino dovesse

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adoperarsi, si comandò, che per lo spazio di due giorni, e di due notti si tenessero le strade guardate, e persona del mondo non si lasciasse gire in verso di Siena, nè uscire fuori di Firenze: E il Medici nello scuro della notte inviossi colà con forte diligenza. Ma per la stagione freddissima, e per piova, che allora cadde copiosa, tutti gli ordinamenti non si fornirono; tuttavia sorpresesi un forte, posto come difesa della porta chiamata a nome Camoglia, ed era di grandissimo momento. E ivi benchè il nemico il combattesse, sempre il Medici vi si mantenne, e a lui quivi vennero le squadre, e raunovvisi l'esercito. Siena è Città, la cui ampiezza comprende tre miglia, piantata su colli, e in su valli, et ha muraglia di forte materia assai, e entravisi per otto porte e tutte mettono dentro viveri dello stato: i Cittadini molto amatori di libertà, e quei di contado innamorati del loro dominio. Si fatta era la città, e il Medici propose di affamarla ponendovi assedio, sembrando soverchio ardimento darle battaglia. Atterrò dunque d'ogni intorno palagi, torri, villate: spezzò i condotti, onde la Città si adacquava. Indi fecesi padrone con istudio, e con forza, scacciandone i difensori, di moltissime Castella; e per distorre, che celatamente non si portasse rinfrescamento a' Cittadini digiuni, egli bandi la morte a chi il facesse, e accerbamente eseguivasi il bando: ed egli presso il bastione di Camoglia occupato, afforzò l'alloggiamento, in che riparavansi le sue genti; poi a tenere la Città via più stretta disegnò di fare altro alloggiamento alla porta, che appellasi di S. Marco. Ma era impedito, perchè lo Strozzi fuora quella porta avea

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alzato, e facea tuttavia lavorar un forte e di più quivi avea un Monistero guernito di fieri soldati, quali ripari conveniva disfarli. E però il Medici scielse tre migliaja di fanti d'ogni Nazione, e inviolli con cencinquanta Cavalli, e due pezzi d'artiglieria, et egli parlamentò loro in questa guisa: cc A porre fame entro Siena, onde ella si » renda alle voglie dell' Imperatore, questi due ripari ci fanno divieto, e lo Strozzi siccome » gran Cavaliere bene meglio sel sà, e però hagli >> afforzati, e guerniti d' uomini molto feroci: io » ne sono fatto sicuro, e dicolvi, acciò che voi » abbiate credenza d'incontrare i petti, e non le spalle degli inimici. E questo huomini guerrieri » deono recarlosi a ventura, perciò che i peri» coli fanno risplendere l'altrui valore. Pertanto » svegliate l'ardire: io oggi non solamente sono » per esservi scorta, ma compagno, e non meno » soldato, che Conducitore. E veramente io voglio o rimanermi su questo campo, o dipar» tirmene vincitore: Voi, volete voi essere con » esso me?» A queste voci tutti misero un grido, e affermarono, che sì. Quinci toccaronsi vivamente i tamburi. Primamente attaccossi il forte, il quale a soccorrere vennero i Sanesi, e fecero fieramente contrasto, ma indarno. Indi diessi battaglia al monistero, e dopo valorosa contesa si guadagnò e per tal modo chiusesi la via di Maremma alla Torre. Condotto suo pensamento a buon fine, il Marchese stimò essere di mestiere piantare un alloggiamento atto a steccare la città; e si volse a farsi padrone della Torre appellata del Vignale, ed ebbela a sua voglia, e di quivi chiusesi Siena, qual vie più. Nè ciò bastando avea

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