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SONETTO CIII.

Morte di Beatrice.

Deh pellegrini, che pensosi andate
Forse di cosa, che non v'è presente,
Venite voi di sì lontana gente,
Come a la vista voi ne dimostráte?

Chè non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo, la città dolente?
Come quelle persone, che neente
Par che intendesser la sua gravitate?

Se voi restate per volerlo udire,
Certo lo core ne' sospir mi dice,
Che lacrimando n' uscirete pui :

Ella ha perduta la sua Beatrice;
E le parole, ch' uơm di lei può dire,
Hanno virtù di far piangere altrui.

ALIGHIERI.

SONETTO CIV.

L'Incauto punito.

Sì come suol, poi che 'l verno aspro e rio
Parte, e dà loco a le stagion migliori,
Vaga cervetta uscir col giorno fuori
Del suo dolce boschetto almo natío,

Ed or su per un colle, or lungo un rio,
Di lontano e da ville e da pastori
Gir secura pascendo erbette e fiori
Ovunque più la porta il suo desío ;

Nè teme di saetta o d'altro inganno,
Se non quand' ella è côlta in mezzo 'l fianco
Da arcier, che di nascosto scocchi :

Tal io senza temer vicino affanno

Moss' il piede quel dì che be' vostr' occhi
M' impiagâr, Donna, tutto 'l lato manco.

BEMBO

SONETTO CV.

A Trifone Gabriele.

Trifon, che 'nvece di ministri e servi,

Di logge e marmi, e d'oro intesto e d' ostro
Amate intorno elci frondose, e chiostro
Di lieti colli, erbe e ruscei vedervi;

Ben deve il mondo in reverenza avervi
Mirando al puro e franco animo vostro,
Contento pur di quel che solo il nostro
Semplice stato e natural conservi.

O alma in cui riluce il casto e saggio
Secolo, quando Giove ancor non s'era
Contaminato del paterno oltraggio;

Scendesti a far qua giù mattino e sera
Perchè non sia tra noi spento ogni raggio
Di bel costume, e cortesia non pera.

BEMBO.

SONETTO CVI.

A Maria Vergine.

Non treccia d'oro, non d'occhi vaghezza,
Non costume real, non leggiadria,
Non giovanetta età, non melodia,
Non angelico aspetto nè bellezza,

Potè tirar dalla sovrana altezza

Il Re del cielo in questa vita rja,
Ad incarnare in te, dolce Maria,
Madre di grazia e specchio d'allegrezza ;

Ma l'umilità tua, la qual fu tanta

Che potè romper ogni antico sdegno
Tra Dio e noi, e fare il cielo aprire.

Quella ne presta dunque, Madre santa,
Sì che possiamo al tuo beato regno,
Seguendo lei devoti, ancor salire.

ВОССАССІЮ.

SONETTO CVII.

Dante Allighieri.

Dante Allighieri son, Minerva oscura
D'intelligenza e d'arte; nel cui ingegno
L'eleganza materna aggiunse al segno,
Che si en gran miracol di natura.

L'alta mia fantasia pronta e sicura
Passò 'l tartareo e poi 'l celeste regno;
E'l nobil mio volume feci degno
Di temporale e spirital lettura.

Fiorenza gloriosa ebbi per madre,
Anzi matrigna a me pietoso figlio,
Colpa di lingue scelerate e ladre.

Ravenna fummi albergo del mio esiglio,

Ed ella ha il corpo: e l'alma il sommo Padre, Presso cui invidia non vince consiglio.

BOCCACCIO.

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