SONETTO VI. L'orologio. O d'Anglia nata sull' estreme rive Su le tue rote assiso il tempo vive, Escon divise intanto ad una ad una L'ore fugaci, e mentre fuor sen vola, Col suono accusa il suo partir ciascuna. Deh fra tante che t'escono dal seno, Macchinetta gentile, un'ora sola Segna, un'ora per me felice almeno. SONETTO VII. Il Passaggio del Po. Sovra picciolo legno il Po fendea Questo tuo lido risuonò, dicea, Padre, già un tempo per due cigni altero, L'una tua sponda il gran cantor d' Enea, Vanta l'opposta il ferrarese Omero. Al doppio esempio lusingato intanto Dal piano ondoso allor squallida e muta SONETTO VIII. Alla Fortuna. Sognata Dea, che dai principii ignota Superba sì, che quanti in ciel raguna Ne gli ampi giri astri vaganti e immoti Su base instabil di rotante sfera Di confondere il tutto hai per costume, Sorda, cieca, ostinata, ingiusta, altera. Tu Dea non già: ma chi teme, o presume SONETTO IX. La Primavera. Al prato, al prato, Elpin: flauti e zampogne Già lo venne a predir garrula Progne. Sembra, che ogni altro fior sgridi e rampogne E deposto di nevi il crin servile Già tese Filomena ai figli il nido, Bacia il ruscel dal gel disciolto il lido. La Terra e il Ciel ride a stagion sì grata; Ridiam mancato è il verno. Ah di che rido! È alla mia vita una stagion mancata. SONETTO X. Alla Gloria. Gloria, chi sei mai tu? per te l'audace Gloria, chi sei mai tu? con egual sorte Gloria, chi sei mai tu? sei dolce frode Tra i vivi, cote sei d'invidia insana; |