Disse ed altre sclamò cose che audace Nè sa, nè può la mia mente ridire, Ma inchina le ginocchia, adora e tace. Ed ecco il ciel l'eterne porte aprire Tutte stillanti ancor di vivo sangue, Da quella parte ove le fiamme e l'ire Piovver sul cherubin mutato in angue. Qui si parrà che 'l prisco alto valore Dentro i petti celesti unqua non langue. Corre di mezzo un denso ampio fulgore Lo acceso carro del Signor dell' ira, Cui stanno al freno giustizia e furore. Falde di foco d'ogni lato ei gira
Per l'etere profondo e rumoreggia Pari al grave aquilon quando s'adira: Di sotto al bronzo delle rote ondeggia Di ribollente vetro un mar: fur quivi Domi gli spirti della trista greggia. Ei d'acciaio ha le sponde, e goccian ivi Gli empi vessilli e le gran pene infrante Di lor cui meglio fora esser non vivi. E v'è (3) l'elmo d'elettro e l' adamante Del pavese divino e la lorica,
Che Michel già vestía per l'arrogante : Ivi a brando simil la fiamma antica
D' Eden si crolla e sdegna sua diuturna Pace, al mal seme d' Eva ancor nemica : La spada v'è che rase taciturna
D'Egitto i figli, e quella che allo spento Campo d' Assiria folgorò notturna :
E mille coruscar d'auro e d'argento Aste ed usberghi, e ratti più di damma Mille vedi destrier dal piè di vento; E lancie e rote, e fiale in che s'infiamma La volante tempesta e alate e pronte Carra e gran larve di color di fiamma. Quivi spesso di Dio scende dal monte D'angeli un nembo, che lampeggia e vola Alla santissim' onda; e ornati in fronte Di candenti carboni e in rossa stola Cantano il salmo dell' eterno sdegno. Gran Pio per lo suonar di tua parola Già d'armi freme il non vincibil regno; Già i duo spirti che suso appella il canto Gridan che remission passato ha il segno; Già da quel mar si lanciano e in quel tanto Che per due corde fischiano due strali, Piombano nella valle ima del pianto. Librati già sovra il vigor dell' ali,
Neve l'un fiocca e rei vapor gelati E fiamme l'altro e folgori immortali; E un nugolo tremendo in tutti i lati Vedi cader che in foco e in gelo involve Cavalieri e cavalli, armi ed armati. O tu che superbivi, enfiata polve, Re de' Regi, ove sei? di Dio l'oscura Procella ti circonda e ti dissolve. I grido già passò di tua ventura, Che stolta meditava e ceppi e inopia Alle estreme del mondo ignote mura :
E dalla plaga tacque ove fa copia Scarsa il sole di sè fin 've l'arena Bollir fa della nuda arsa Etiopia. Degli spirti il primier che dell'oscena Babilonia fra i vasi e il fumo impuro Scrisse i gran fatti all' esecrabil cena ; Or seguendo suo stil queste sul duro Ostello del fatal Fontanableo
Note orrende vergò col dito oscuro :
Qui 'l dio terrestre in servitù si feo, Qui contra Cristo Bonaparte strinse La sacrilega spada, e qui cadeo.
In questo al padre de' cadenti spinse L'altr' angel l'ale, e visto il gran riscatto, Le offese ciglia di pietà dipinse;
E alle piante beate in placid' atto Gittò il sazio flagello, il dolce e santo, Inno sciogliendo del guardato patto Che suopa e torna in allegrezza il pianto.
(4) Allude probabilmente alla devastazione dell' Egitto fatta da Nabuccodonosor, vaticinata dal profeta Geremia al c. XL, 6. Siene fu città d'Egitto nella Tebaide verso il confine dell' Etiopia.
(2) Imitazione della Basvilliana, c. IV, v. 13 e seg. n.
(3) Imitazione del Tasso nella Gerusalemme, c. VII, s. 80.
Chi è forte sulla terra a par di Dio ? (L'Angel gridava) e prevaler d' Averno Quando potran le porte al Signor mio? Ei percuote, ei risana, e fa governo Dell'uom or dolce or aspro, e sempre giusto, E in eterno lo guida e oltre l'eterno. Gloria e virtù al Signor, laude all' augusto Che sull' ancella sua lo sguardo volse; Che fe agli audaci morder del combusto Cremlin (1) la polve, in porpora rivolse I servi panni, e colle man divine Quei, che il Gallo annodò, ceppi disciolse! Dove han nido fra i ghiacci e le pruine Genti rimote dal cammin del sole, Dove delle colonne il van confine
Segnò (2) la bellicosa ispana prole, Dove co' venti e l'onde a pugnar vanno Le caledonie antenne (3) al mondo sole, Ei suscitò il Borusso, ei l'Alemanno, L'Esperio (4) cavalier, l'armipotente Sarmata estremo ed il naval Britanno. Chi stiati accanto, almo Signor? l'ardente Braccio di Faraon quand'è che vaglia Contro il tuo nome? Ecco soffiar repente Lo spirto tuo già sovra i rei si scaglia, Giá pe' quattro del mondo opposti venti Li sperde e volar falli arsi qual paglia.
Tu la morte scateni: gli elementi Per te vanno alla pugna; a te davante Rugghia suon di tempeste e di torrenti. - Osanna al nume, osanna! il re gigante Egli spezzò come nave in fortuna, L'aste e le tende ha della Senna infrante Per sacra man di sangue ognor digiuna : Non mieteransi da francesi acciari
Più le spiche che a' figli il padre aduna; Nè in riva al Tebro e al Po dall' ampie nari Darà il Gallo destrier fumo di guerra, Nè'l pio villan più gemerà sui cari Solchi, e la guasta invan sudata terra. L'aurea face del ciel move e beata Sorride al riso delle cose ed erra ;
E cantici per tutto ed infiorata
Ogni soglia di luce, e lieta ogni ara Di castissimi incensi vaporata.
Spezza il ceppo esecrato e l'ombra amara Del carcer lascia, o divin PIO, nel raggio Movi che al Vatican le vie rischiara.
Te del tuo antico appella il gran retaggio, Te Roma vuol, che l'onorata verga Prega onde a coglier valga il suo viaggio. Te di Cristo la Donna, onde alfin terga Lá caligo mortal dal viso spento
E le libere man dal ferro aderga. Vesti, regia Sionne, auro ed argento. Ciel senza lume in notte di procella D'un color era col tuo vestimento:
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