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Non considera lei secondo 'l vero,

Ma pur secondo quel che a lei parea;
Chè l'anima temea,

E teme ancor sì, che mi par fero
Quantunque io veggo, dov' ella mi senta.
Cosi ti scusa, se ti fa mestiero;

E quando puoi, a lei ti rappresenta
E di' Madonna, s' ello v'è a grato,
Io parlerò di voi in ciascun lato.

CANZONE III.

1.

Le dolci rime d'amor, ch'io solia

Cercar ne' miei pensieri,

Convien ch' io lasci, non perch' io non speri

Ad esse ritornare,

Ma perchè gli atti disdegnosi e feri,

Che nella donna mia

Sono appariti, m'han chiuso la via
Dell'usato parlare.

E poichè tempo mi par d' aspettare,
Diporrò giù lo mio soave stile,
Ch'io ho tenuto nel trattar d'amore,
E dirò del valore,

Per lo qual veramente è l'uom gentile,
Con rima aspra e sottile

Riprovando il giudizio falso e vile

Di que', che voglion che di gentilezza
Sia principio ricchezza.

E cominciando, chiamo quel signore,
Ch' alla mia donna negli occhi dimora,
Per ch'ella di se stessa s' innamora.

2.

Tale imperò, che gentilezza volse,
Secondo 'l suo parere,

Che fosse antica possession d' avere,
Con reggimenti belli;

Ed altri fu di più lieve sapere,
Che tal detto rivolse,

E l'ultima particola ne tolse,
Chè non l'avea fors' elli.

Di dietro da costor van tutti quelli,
Che fan gentili per ischiatta altrui,

Che lungamente in gran ricchezza è stata.
Ed è tanto durata

La così falsa opinïon tra nui,

Che l'uom chiama colui

Uomo gentil, che può dicere: I' fui
Nipote o figlio di cotal valente,
Benchè sia da nïente:

Ma vilissimo sembra a chi 'l ver guata
Chi avea scôrto il cammin e poscia l'erra,
E tocca tal, ch'è morto e va per terra.

3.

Chi diffinisce Uom è legno animato, Prima dice non vero,

E dopo 'l falso parla non intero;

Ma forse più non vede.

Similmente fu, chi tenne impero,
In diffinire errato,

Chè prima pone 'l falso, e d' altro lato
Con difetto procede;

Chè le divizie (siccome si crede)

Non posson gentilezza dar, nè tòrre,
Perocchè vili son di lor natura.

Poi chi pinge figura,

Se non può esser lei, non la può porre:
Nè la diritta torre

Fa piegar rivo, che di lunge corre.
Che sieno vili appare ed imperfette,
Chè, quantunque collette,

Non posson quïetar, ma dan più cura;
Onde l'animo, ch'è dritto e verace,
Per lor discorrimento non si sface.

4.

Nè voglion, che vil uom gentil divegna

Nè di vil padre scenda

Nazion, che per gentil giammai s'intenda :

Quest' è da lor confesso;

Onde la lor ragion par che s' offenda,

In tanto quanto assegna

Che tempo a gentilezza si convegna,

Diffinendo con esso.

Ancor segue di ciò, che innanzi ho messo,

Che siam tutti gentili ovver villani,

O che non fosse all'uom cominciamento :
Ma ciò io non consento,

Nè eglino altresì, se son cristiani.
Per che a intelletti sani

PARTE SECONDA.

CANZONI APPARTENENTI AL CONVITO.

CANZONE I.

1.

Voi che, intendendo, il terzo ciel movete, Udite il ragionar ch'è nel mio core,

Ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo.
Il ciel che segue lo vostro valore,
Gentili creature che vo' siete,

Mi tragge nello stato, ov' io mi trovo;
Onde il parlar della vita ch' io provo
Par che si drizzi degnamente a vui:
Però vi prego che lo m'intendiate.
Io vi dirò del cor la novitate,
Come l'anima trista piange in lui,
E come un spirto contra lei favella,
Che vien pe' raggi della vostra stella.

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