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Madonna, quegli, che mi manda a vui,
Quando vi piaccia, vuole,

Sed egli ha scusa, che la m'intendiate.
Amore è quei, che per vostra beltate
Lo face, come vuol, vista cangiare:
Dunque, perché gli fece altra guardare,
Pensatel voi, dacch' e' non mutò 'l core.
Dille: Madonna, lo suo cuore è stato
Con si fermata fede,

Ch'a voi servir lo pronta ogni pensiero:
Tosto fu vostro, e mai non s'è smagato.
Sed ella non tel crede,

Di', che 'n domandi Amor, che ne sa 'l vero:
Ed alla fine fàlle umil preghiero,

Lo perdonare se le fosse a noia,

Che mi comandi per messo ch' i' moia;
E vedrà bene ubbidir servitore.

E di' a colui ch'è d'ogni pietà chiave,
Avanti che sdonnei,

Chè le saprà contar mia ragion buona:
Per grazia della mia nota soave
Rimanti qui con lei,

E del tuo servo, ciò che vuoi, ragiona;
E s'ella per tuo prego gli perdona,

Fa' che gli annunzi in bel sembiante pace.
Gentil ballata mia, quando ti piace,
Muovi in tal punto, che tu n'aggi onore.

Questa ballata in tre parti si divide: nella prima dico a lei ov' ella vada, e confortola perocchè vada più sicura ; e dico nella cui compagnia si metta, se vuole securamente andare, e senza pericolo alcuno: nella seconda dico quello che a lei s'appartiene di fare intendere: nella terza la licenzio del gire quando vuole, raccomandando lo suo movimento nelle braccia

della fortuna. La seconda parte comincia quivi; Con dolce suono: la terza quivi; Gentil ballata. Potrebbe già l'uomo opporre contra me e dire, che non sapesse a cui fosse il mio parlare in seconda persona, perocchè la ballata non è altro, che queste parole ch' io parlo. E però dico che questo dubbio io lo intendo solvere e dichiarare in questo libello ancora in parte più dubbiosa: ed allora intenderà chi qui dubbia o chi qui volesse opporre, in quello modo.

XIII.

Appresso questa soprascritta visione, avendo già dette le parole, che Amore m' avea imposto di dire, m' incominciarono molti e diversi pensamenti a combattere e a tentare, ciascuno quasi indefensibilmente: tra' quali pensamenti quattro m'ingombravano più il riposo della vita. L'uno dei quali era questo: buona è la signoria d'Amore, perocchè trae lo intendimento del suo fedele da tutte le vili cose. L'altro era questo: non buona è la signoria d' Amore, perocchè quanto lo suo fedele più fede gli porta, tanto più gravi e dolorosi punti gli conviene passare. L'altro era questo: lo nome d'Amore è si dolce a udire, che impossibile mi pare che la sua operazione sia nelle più cose altro che dolce, conciossiacosachè i nomi seguitino le nominate cose, siccome è scritto: Nomina sunt consequentia rerum. Lo quarto era questo: la donna per cui Amore ti stringe così, non è come le altre donne, che leggermente si mova del suo cuore. E ciascun mi combattea tanto, che mi facea stare

come colui che non sa per qual via pigli il suo cammino, e che vuole andare, e non sa onde si vada. E se io pensava di voler cercare una comune via di costoro, cioè là ove tutti si accordassero, questa via era molto inimica verso di me, cioè di chiamare e mettermi nelle braccia della Pietà. Ed in questo stato dimorando, mi giunse volontà di scriverne parole rimate; e dissine allora questo sonetto:

Tutti li miei pensier parlan d'amore,
Ed hanno in lor si gran varietate,
Ch'altro mi fa voler sua potestate,
Altro forte ragiona il suo valore.

Altro sperando m'apporta dolzore;
Altro pianger mi fa spesse fiate;
E sol s' accordano in chieder pietate,
Tremando di paura ch'è nel core.

Ond' io non so da qual materia prenda;
E vorrei dire, e non so ch'io mi dica:
Cosi mi trovo in amorosa erranza.

E se con tutti vo'fare accordanza,
Convenemi chiamar la mia nemica,
Madonna la Pietà, che mi difenda.

Questo sonetto in quattro parti si può dividere: nella prima dico e propongo che tutti i miei pensieri sono d' Amore: nella seconda dico che sono diversi, e narro la loro diversitade: nella terza dico in che tutti pare che s' accordino: nella quarta dico che, volendo dire d' Amore, non so da quale pigli materia e se la voglio pigliare da tutti, conviene che io chiami la mia nemica, madonna la Pietà. Dico madonna, quasi per isdegnoso modo di parlare. La seconda comincia quivi;

Ed hanno in lor: la terza; E sol s' accordano: la quarta; Ond' io.

XIV.

Appresso la battaglia delli diversi pensieri, avvenne che questa gentilissima venne in parte, ove molte donne gentili erano adunate; alla qual parte io fui condotto per amica persona, credendosi fare a me gran piacere, in quanto mi menava là ove tante donne mostravano le loro bellezze. Ond' io quasi non sapendo a che fossi menato, e fidandomi nella persona la quale un suo amico all' estremità della vita condotto avea, dissi: Perchè semo noi venuti a queste donne? Allora quegli mi disse: Per fare si ch' elle sieno degnamente servite. E lo vero è che adunate quivi erano alla compagnia d'una gentildonna, che disposata era lo giorno; e però secondo l'usanza della sopradetta cittade, conveniva che le facessero compagnia nel primo sedere che facea alla mensa nella magione del suo novello sposo. Si che io, credendomi far il piacere di questo amico, proposi di stare al servizio delle donne nella sua compagnia. E nel fine del mio proponimento mi parve sentire un mirabile tremore incominciare nel mio petto dalla sinistra parte, e stendersi di subito per tutte le parti del mio corpo.

Allora dico che poggiai la mia persona simulatamente ad una pintura, la quale circondava questa magione; e temendo non altri si fosse accorto del mio tremare, levai gli occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la gentilissima Beatrice. Allora furono si distrutti li miei spiriti per la forza che Amore prese veggendosi in tanta pro

pinquitade alla gentilissima donna, che non mi rimase in vita più che gli spiriti del viso; ed ancor questi rimasero fuori de' loro strumenti, perocchè Amore volea stare nel loro nobilissimo luogo per vedere la mirabile donna.

E avvegna ch'io fossi altro che prima, molto mi dolea di questi spiritelli, che si lamentavano forte, e diceano: Se questi non ci sfolgorasse così fuori del nostro luogo, noi potremmo stare a vedere la maraviglia di questa donna, così come stanno gli altri nostri pari. Io dico. che molte di queste donne, accorgendosi della mia trasfigurazione, si cominciaro a maravigliare; e ragionando si gabbavano di me con questa gentilissima. Onde l'ingannato amico mio, di buona fede mi prese per la mano, e traendomi fuori della veduta di queste donne, mi domandò che io avessi. Allora riposato alquanto, e risurti li morti spiriti miei, e li discacciati rivenuti alle loro possessioni, dissi a questo mio amico queste parole: Io ho tenuti i piedi in quella parte della vita, di là dalla quale non si può ire più per intendimento di ritornare. E partitomi da lui, mi ritornai nella camera delle lagrime, nella quale, piangendo e vergognandomi, fra me stesso dicea: Se questa donna sapesse la mia condizione, io non credo che così gabbasse la mia persona, anzi credo che molta pietà ne le verrebbe. E in questo pianto stando, proposi di dir parole, nelle quali, a lei parlando, significassi la cagione del mio trasfiguramento, e dicessi che io so bene ch'ella non è saputa, e che se fosse saputa, io credo che pietà ne giugnerebbe altrui: e proposi di dirle, desiderando che venissero per avventura nella sua audienza; e allora dissi questo so

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