Andatevene a lei che la sapete, Con lei non state; chè non v'è Amore: Gittatevele a' piedi umilemente, SONETTO IV. E' non è legno di sì forti nocchi, Or dunque s'ella incontri uom che l'adocchi, Ed è contro a pietà tanto superba, Che s'altri muor per lei, nol mira piue, Anzi gli asconde le bellezze sue. PARTE TERZA. POESIE VARIE. CANZONE I. 1. Amor, dacchè convien pur ch'io mi doglia, Perchè la gente m'oda, E mostri me d'ogni virtute spento, Dammi savere a pianger come ho voglia: Si che'l duol che si snoda Portin le mie parole come 'l sento. Tu vuoi ch'io muoia, ed io ne son contento. Ma chi mi scuserà, s'io non so dire Ciò che mi fai sentire? Chi crederà ch'io sia omai si côlto? Ma se mi dài parlar quanto tormento, Chè se intendesse ciò ch' io dentro ascolto, 2. Io non posso fuggir ch' ella non vegna Nell' immagine mia, Se non come il pensier che la vi mena. L'anima folle, che al suo mal s' ingegna, Com'ella è bella e ria, Così dipinge e forma la sua pena: Poi la riguarda, e quando ella è ben piena C'ha fatto il foco, ov' ella trista incende. 3. La nimica figura, che rimane E signoreggia la virtù che vuole, Come simile a simil correr suole. Ben conosch' io che va la neve al Sole; Va co' suoi piè colà, dov' egli è morto. Dicer: Via via; vedrai morir costui? Mi raccomandi: a tanto sono scôrto Dagli occhi che m'ancindono a gran torto. 4. Qual' io divegna si feruto, Amore, Sal contar tu, non io, Che rimani a veder me senza vita: E se l'anima torna poscia al core, Stato è con lei, mentre ch'ella è partita. Com' io risurgo, e miro la ferita Che mi disfece quando io fui percosso, Confortar non mi posso Si ch'io non tremi tutto di paura. E mostra poi la faccia scolorita Qual fu quel tuono, che mi giunse addosso; Che se con dolce riso è stato mosso, Lunga fïata poi rimane oscura, Perchè lo spirto non si rassicura. 5. Cosi m' hai concio, Amore, in mezzo l'Alpi, Nella valle del fiume, Lungo il qual sempre sopra me sei forte. Qui vivo e morto, come vuoi, mi palpi Mercè del fiero lume, Che folgorando fa via alla morte. Lasso! non donne qui, non genti accorte Vegg' io, a cui incresca del mio male. |