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Ch'entrar non vi può spirito benegno.
Non è di cor villan si alto ingegno,
Che possa immaginar di lei alquanto,
E però non gli vien di pianger voglia:
Ma n'ha tristizia e doglia

Di sospirare e di morir di pianto,
E d'ogni consolar l' anima spoglia,
Chi vede nel pensiero alcuna volta
Qual ella fu, e com'ella n'è tolta.

Dannomi angoscia li sospiri forte,
Quando il pensiero nella mente grave
Mi reca quella che m'ha il cor diviso :
E spesse fiate pensando la morte,
Me ne viene un desio tanto soave,
Che mi tramuta lo color nel viso.
Quando l'immaginar mi tien ben fiso,
Giugnemi tanta pena d'ogni parte,
Ch'i' mi riscuoto per dolor ch' io sento;
E si fatto divento,

Che dalle genti vergogna mi parte.
Poscia piangendo sol nel mio lamento
Chiamo Beatrice; e dico: Or se' tu morta!
E mentre ch'io la chiamo, mi conforta.

Pianger di doglia e sospirar d'angoscia
Mi strugge il core ovunque sol mi trovo,
Si che ne increscerebbe a chi 'l vedesse.
E qual è stata la mia vita, poscia
Che la mia donna andò nel secol novo,
Lingua non è che dicer lo sapesse:
E però, donne mie, per ch'io volesse,
Non vi saprei ben dicer quel ch' io sono;
Si mi fa travagliar l' acerba vita;

La quale è si invilita,

Che ogni uom par che mi dica « Io t'abbandono »

Vedendo la mia labbia tramortita.

Ma qual ch' io sia, la mia donna sel vede,

Ed io ne spero ancor da lei mercede.

Pietosa mia canzone, or va' piangendo;

E ritrova le donne e le donzelle,

A cui le tue sorelle

Erano usate di portar letizia;

E tu, che sei figliuola di tristizia,
Vattene sconsolata a star con elle.

XXXIII.

1

Poichè detta fu questa canzone, si venne a me uno, il quale secondo li gradi dell' amistade, era amico a me immediatamente dopo il primo: e questi fu tanto distretto di sanguinità con questa gloriosa, che nullo più presso l'era. E poichè fu meco a ragionare, mi pregò che io gli dovessi dire alcuna cosa per una donna che s'era morta; e simulava sue parole, acciocchè paresse che dicesse d' un'altra la quale morta era cortamente. Ond'io accorgendomi che questi dicea solo per quella benedetta, dissi di fare ciò che mi domandava lo suo prego. Ond'io poi pensando a ciò, proposi di fare un sonetto, nel quale mi lamentassi alquanto, e di darlo a questo mio amico, acciocchè paresse, che per lui l'avessi fatto; e dissi allora: Venite a intendere, ecc.

Questo sonetto ha due parti: nella prima chiamo li fedeli d'Amore che m' intendano; nella seconda narro della mia misera condizione. La seconda comincia quivi; Li quali sconsolati.

Venite a intender li sospiri miei,
O cor gentili, che pietà il desia;
Li quali sconsolati vanno via,
E s'e'non fosser, di dolor morrei.

Perocché gli occhi mi sarebbon rei
Molte fiate più ch'io non vorria,
Lasso di pianger si la donna mia,
Ch'io sfogherei lo cor, piangendo lei.
Voi udirete lor chiamar sovente
La mia donna gentil, che se n'è gita
Al secol degno della sua virtute;
E dispregiar talora questa vita,
In persona dell' anima dolente,
Abbandonata dalla sua salute.

XXXIV.

Poichè detto ebbi questo sonetto, pensando chi questi era, cui lo intendeva dare quasi come per lui fatto, vidi che povero mi pareva lo servigio e nudo a così distretta persona di questa gloriosa. E però innanzi ch'io gli dessi il soprascritto sonetto, dissi due stanze di una canzone; l'una per costui veracemente, e l'altra per me, avvegnachè paia l'una e l'altra per una persona detta, a chi non guarda sottilmente. Ma chi sottilmente le mira, vede bene che diverse persone parlano; in ciò che l'una non chiama sua donna costei, e l'altra sì, come appare manifestamente. Questa canzone e questo sonetto gli diedi, dicendo io che per lui solo fatto l'avea.

La canzone comincia « Quantunque volte » ed ha due parti: nell' una, cioè nella prima stanza, si lamenta questo mio caro amico, distretto a lei, nella seconda mi lamento io, cioè nell' altra stanza che comincia: E' si raccoglie. E così appare che in questa canzone si lamentano due persone, l'una delle quali si lamenta come fratello, l'altra come servitore.

Quantunque volte, lasso !, mi rimembra
Ch'io non debbo giammai

Veder la donna, ond' io vo si dolente,
Tanto dolore intorno al cor m' assembra
La dolorosa mente,

Ch'io dico: Anima mia, che non ten vai?

Chè li tormenti, che tu porterai
Nel secol che t'è già tanto noioso,

Mi fan pensoso di paura forte.
Ond' io chiamo la Morte,

Come soave e dolce mio riposo ;

E dico: Vieni a me, con tanto amore,
Ch' io sono astioso di chiunque muore.
E' si raccoglie negli miei sospiri

Un suono di pietate,

Che va chiamando Morte tuttavia.
A lei si volser tutti i miei desiri,
Quando la donna mia

Fu giunta dalla sua crudelitate:
Perché il piacere della sua beltate,
Partendo se dalla nostra veduta,
Divenne spirital bellezza grande,
lo cielo spande

Che

per

Luce d'amor, che gli Angeli saluta,
E lo intelletto loro alto e sottile
Face maravigliar; tanto è gentile !

XXXV.

In quel giorno, nel quale si compiva l'anno, che questa donna era fatta de' cittadini di vita eterna, io mi sedea in parte, nella quale ricordandomi di lei, disegnava un Angelo sopra certe tavolette: e mentre io 'l disegnava, volsi gli occhi, e vidi lungo me uomini aʼquali si convenia di fare onore. E' riguardavano quello ch' io

facea; e secondo che mi fu detto poi, egli erano stati già alquanto anzi che io me n'accorgessi. Quando li vidi, mi levai, e salutando loro dissi: Altri era testè meco, e perciò pensava. Onde partiti costoro, ritornaimi alla mia opera, cioè del disegnare figure d'angeli. Facendo ciò, mi venne un pensiero di dire parole per rima, quasi per annovale di lei, e scrivere a costoro, li quali erano venuti a me: e dissi allora questo sonetto, che comincia: Era venuta. Lo quale ha due cominciamenti; e però lo dividerò secondo l'uno e l'altro.

Dico che secondo il primo, questo sonetto ha tre parti: nella prima dico, che questa donna era già nella mia memoria; nella seconda dico quello che Amore però mi facea; nella terza dico degli effetti d'Amore. La seconda comincia quivi; Amor che: la terza quivi; Piangendo usciano. Questa parte si divide in due: nell' una dico che tutti i miei sospiri usciano parlando; nell' altra dico come alquanti diceano certe parole diverse dagli altri. La seconda comincia quivi; Ma quelli. Per questo medesimo modo si divide secondo l'altro cominciamento, salvo che nella prima parte dico quando questa donna era così venuta nella mia mente, e ciò non dico nell' altro.

PRIMO COMINCIAMENTO.

Era venuta nella mente mia
La gentil donna, che per suo valore
Fu posta dall' altissimo Signore
Nel ciel dell' umiltate, ov'è Maria.

SECONDO COMINCIAMENTO.

Era venuta nella mente mia

Quella donna gentil, cui piange Amore,

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