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dicevo in sul principio: che cioè il Byh. dovrebbe approfondire di più specialmente le sue cognizioni d'italiano 1) se vuol darci lui lo spoglio grammaticale che promette sul rumeno d'Istria.

Anzi convien aggiungere egli farebbe bene di approfondire in genere le sue cognizioni di romanistica, tenendo conto degli studi altrui più che non abbia fatto in questo suo lavoro, e di presentare con cautela le sue asserzioni. Sull'etimo caldaria per căldare non basterà o non converrà scrivere semplicemente das i konnte nach dem leicht schwinden', dopo tanto inchiostro che si versò sulla questione. E, a proposito di arius, non sarà prudenza il dire che cóliarium (l'etimo da lui supposto per ca(i)er rocca) coaier cater ergeben würde'. Quale altro vocabolo di cosiffatta fabbricazione sa trovare il Byh. nel rumeno per controllare quella risoluzione fonetica? Ancora a proposito di arius, è davvero superfluo il cercare per ghindar quercia, un aggettivo glandarius eicheltragend, mentre è tanto noto che i nomi di alberi nelle lingue romanze si formano spesso con -arius (MEYER-L. II pp. 429 e 511). Il dire per kalkún cocchiume, semplicemente 2) vom lat. calcaneum' è per lo meno troppo laconico; se il Byh. avesse consultato il Beitrag del MUSSAFIA (v. ora anche SCHUCHARDT, Rom. Etym. II 36 sg.) avrebbe visto che la cosa è molto più complicata. Ed anche altre volte, poichè nel rumeno d'Istria ha tanta parte l'elemento alto ita

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1) Anche del rumeno d'Istria, di questo povero linguaggio che nella decomposizione dell'agonia è necessariamente spesso sibillino, il Byh. presume di saper troppo già fin d'ora. Su certa variante bekétę bacchetta (acc. a baketę) dice 'das a der ersten Silbe über zu e übergegangen. Con che prove giustifica egli queste belle fasi? È assai più semplice o almeno prudente il supporre un'assimilazione (a-e in e-e), forse individuale, o momentanea.

2) L'aggiunta bedarf der Bestättigung' si riferisce all'esattezza della voce rumena.

liano (ven.), il Byh. avrebbe dovuto consultar quell'opera e i lavori dell'ASCOLI, del SALVIONI ecc. Fa meraviglia poi che dando gli etimi di aştepta, nuntă, pescu ecc. 1), egli non citi mai il MEYER-L.: se non vuol accettarne l'opinione, padronissimo, ma non conviene ignorarla. Che la congiunz. ke venga 'vom lat. quod' sarà possibile, ma ci vuole almeno un'ombra di giustificazione o di citazione. E non basta dire: (217) per fome vom lat. fames'; (334) per satura 'vom lat. satullare; (371) per captir 'vom lat. pecten' ecc.; converrà almeno accennare alla strana particolarità dell' ó (nota anche ad altre regioni, MEYER-L. I, 229), a quella del -r- (che fa preferire saturare). e al (forse facilitato dal concorrere dello slavo č-esalj, pettine?) e così via. Ben è vero che qui si tratta di un vocabolario e non di uno spoglio fonetico, ma il lettore si sarebbe accontentato anche solo dell'accenno a quelle dif

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1) Se il rum. maced. ašteptu vale, oltre che aspettare, anche empfangen, aufnehmen' (Jahresb. V, 17), è certo seducente l'etimo excepto. L'astectare del MEYER-L.*) I 398 aveva il vantaggio di unire alla forma rumena la tarantina (astittá) e la friulana (astittá). Veramente il Pirona non dà questa forma friulana, ma s(c)ietá (acc. a spietá) che ben si unirebbe a exceptare. La dichiarazione di sti nella forma tarantina può trovarsi in un fenomeno diffuso, di cui discorro altrove. Nuntă, péscu andranno spiegati meglio dall'analogia di poartă buricu MEYER-L. II, 66: ad ogni modo bisogna andar cauti nel concedere al rumeno il privilegio di un nu[m]pta o di un piscu, isolati perchè il sardo nuntas si può ripetere da nu[m]ptias come -anta da antia, e il vegl. ninapta rappresenta bensì -nupta ma vale sposa; l'alban. pešk va spiegato in forma analoga al rum. maced. pescu cfr. intanto MEYER-L. Literaturbl., XII, 242. Anche per altre voci il Byh. avrebbe dovuto citare i Romanisti (invece che i Rumenisti di Lipsia): si nota con dispiacere che non sono mai citate la Zeitschrift, la Romania (nè, come ho detto, l'Archivio dell'Ascoli), tanto più che negli ultimi volumi vi si trovano nuove etimologie rumene dello Schuchardt e del Densusianu che il Byh. sarebbe arrivato in tempo a vedere.

*) V. ora specialmente Iadog. Forsch., 1900, p. 107.

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ficoltà fonetiche. Del resto il Byh. l'avrebbe dovuto fare anche per esser conseguente, perchè in altri casi dà infatti un accenno o addirittura la soluzione delle difficoltà (talora superflua o ardita; v. qui pag. 545 n.). II laconismo e l'imprudenza insieme possono poi arrivare a un colmo come questo muletele putesk foku le molle pigliano il fuoco, Ive 13. Das ital. und das istror. Zeitwort entsprechen sich nach Ives Uebers. nicht ganz, das Etym. ist it. potere aushalten'. Non si sa cosa significhi o anzi cosa sia (v. invece qui s. v. puti) cotesto putesk, ma si può darne l'etimo: potere, che significa anche aushalten', e tutto ciò senza nessuna esitazione!

Quanto alla raccolta dei materiali dalle singole fonti devo con rincrescimento constatare che neanche questa parte del lavoro (la più utile) è esatta e completa, come già veniva apparendo da quel che s'è detto. I paradigmi dei verbi dati nella raccolta Grt. non si dovevano omettere del tutto: se il Byh. non credeva necessario di ricopiarli per intero avrebbe dovuto almeno citar la pagina dove si trovano. Viceversa avrebbe dovuto accontentarsi di citar le forme che realmente trovava e non foggiarsi il singolare da un plurale, l'infinito e la prima presente da altre forme verbali; nè mi pare fosse necessario di trascriver in grafia fonetica quei vocaboli, dei raccoglitori profani, che dovette metter in capo a qualche articolo. Queste riconiazioni e trascrizioni non gli riescono sempre bene e però avrebbe fatto meglio ad evitarle. - Son di poco momento, ma pur possono esser di disturbo, le inconseguenze nell'ordine in cui furono registrati i vocaboli: l'ă protonico del Maj. è spesso soltanto grafico (vale a) onde il Byh., che ha fatto bene di registrare queste voci sotto l'a, talora le registrò, senza ragione, sotto l'e (ă).

Ora passerei a tentare qualche rettifica ai singoli vocaboli e ad aggiungerne alcuni da una raccolta di voci (e frasi) che

io stesso ebbi da quei Rumeni. Citerò sempre i nomi delle singole persone da cui mi furono dettati 1). Citerò inoltre alcuni materiali inediti, trovati in Albona 2) e quelli dei materiali editi che il Byhan non potè consultare (v. qui a pp. 8 sgg.); specialmente i materiali del Majorescu che il Byh. consultò solo nella ristampa (non completa nè esatta del tutto) delle Rumun. Untersuch.'. L'originale è estremamente raro 3) e però mi permetterei di ristampare le frasi del Maj., poi le forme che differiscono anche leggermente da quelle date dal Byh., e inoltre varie notizie linguistiche del Maj. Fra queste c'interessano molto le notizie 'negative': il Maj. nota spesso le voci (del rumeno letterario) ch'egli non potè trovare. Per le voci penetrate dall'italiano nel

1) Martino Tercovici, Giuseppe Bercarici, Antonio Ballacici, Francesco Pezzolici, tutti agricoltori di Colle San Giorgio, e Giuseppe Micleus, agricoltore da Villanova. Si citerà Terc., Berc., Ball., Pezz., Miel. In qualche caso non so con precisione il nome del mio maestro, e segno allora X.

2) Provengono dal parroco G. Marotti che li mandava, con lettera del 28. II. '87, al signor Dott. Giacomo Lius, notaio in Albona. Ringrazio anche qui questo signore d'avermi permesso di copiarli. Si tratta: I, di 42 proposizioni (numerate), parte italiane e parte tedesche, tradotte nel rumeno d'Istria; II, di altre 75 proposizioni rumene (non numerate) in parte tradotte in slavo o in italiano, in parte non tradotte; III, di alcune correzioni e postille fatte sul materiale Gartner (in parte fornito dallo stesso Marotti) in un esemplare delle Rumun. Untersuchungen. La grafia è ora italiana, ora slava (i segni sopra le lettere ce s sono spesso poco chiari), ora rumena (perchè il Marotti possedeva la Grammat. rum. di J. Maxim, che spedì al Lius) e perfino fonetica (appresa dal Gartner).

3) A apărut în esemplare pré puține, sa dirci il NicóRĂ (nel suo art. della Transilvania, XXI, p. 4). L'esemplare ch'io ho potuto consultare appartiene alla Società 'La Giovine Romania' di Vienna ch'io ringrazio anche qui di gran cuore. Uno ne possiede la Biblioteca dell'Istituto di studi superiori a Firenze, fondo Caix. L'opera era uscita anche nelle Convorbiri liter., voll. VI e VII. [Durante la stampa di questi fogli è uscita la tanto richiesta reimpressione, presso il Socecu di Bucarest].

il

rumeno d'Istria noterò le forme corrispondenti dei vicini Slavi prese dall'italiano: ciò è importante per la ragione che, trovandosi tali voci anche nello slavo, diviene meno probabile l'origine diretta dal latino per il rumeno d'Istria. Quanto alla grafia 1) che adotto, osserverò che preferisco segno å per il suono particolare dell'a tonico nel rumeno d'Istria. Il Weigand seguito dal Nanu e dal Byh. stampa 9 (o piuttosto o col segno sottoscritto a forma di uncino. angolare invece che rotondo); il Grt. stampò a, avvertendo: 'magy. a' (e certo intendeva che questo suono ungherese fosse affine e non identico al suono rumeno, perchè identico non è); nelle altre fonti (Majorescu, Ive, ecc.) si trova a senza nessun avvertimento; ed anche oa (Majorescu, Marotti). Sebbene il segno à non mi paia ancora la trascrizione ideale del nostro suono, che talora si percepisce distintamente come un dittongo 2) (un ga pronunciato in fretta), lo preferisco all' del Weigand, perchè si tratta

1) La grafia è quella dell'Archivio glottologico: z, sordo (=ts del Wgd.), Źź sonoro (z Wgd.), s fra še s ecc. Con é segno il suono rappres. dal Wgd. per mezzo di ts, col circonflesso sopra s; con è il tš. Trascrivo con il suono cupo che il Wgd. trascrive o col cerchietto. Con å ä (v. il testo) intendo sempre vocali toniche. Con il suono (del serbo croato presso Albona) così simboleggiato nell'Arch. glott., I, p. XLIII. L'asterisco contraddistingue le voci del rumeno letterario, che il Maj. avrebbe domandate invano ai Rumeni d'Istria V. qui nel testo, p. 548. - Per le abbreviazioni v. p. 520 e 523. 2) "Le caractère de diphtongue devient plus sensible à la fin d'un mot ou si la sillabe suivante contient e, a, à p. e. kóa cheval, kóasa la maison, (Wgd. Nouv. Rech. 242). Allora meno sensibile dav. i e u? Io non ho fatto quest'osservazione. Ho osservato anzitutto che in qualche individuo e in qualche momento è difficilissimo distinguere questo suono dall'a nostro. Inoltre, sentirei piuttosto a nelle voci senza accento tonico o enfatico (monosillabe e anche bisillabe) e quasi un uo in principio di parola. — Ho inteso å anche in råi; cfr. krọiu nel Wgd. Riguardo a questi suoni (di a variamente oscurato) che s'incontrano in diversi idiomi dell'Adria v. intanto SCHUCHARDT Sl.-deutsch. u. Sl.-ital. pp. 58-9.

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Studi di filologia romanza, VIII.

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