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Non solo il Papa, et questi Signori vostri, fratello, nipote, et sorelle, ma tutta la corte stà con aspettation mirabile d'intender nuove di voi, et della Illustriss. Signora vostra consorte: nè credo, che con tanto desiderio fosse mai aspettata persona del mondo in parte alcuna, quanto è ella in questa terra, si per le rarissime parti, che s'intendono essere in lei (che fanno che ciascuno desidera molto di vederla et d'honorarla) sì ancora per haver V. S. grandissima gratia. Deverete adunque avisar, con ogni diligenza et celerità, la partita vostra di costà, et quanto starete in camino, et quando credete arrivar quì; accioche noi di quà sapendolo, possiamo far poner in ordine tutte le cose necessarie. Et circa questo non vi dirò altro, aspettando da voi l'aviso del tutto.

Sapendo io, come M. Pietro Ardinghelli v'ha continuamente tenuto avisato delle cose importanti, non ho voluto darvi briga con lettere mie da x. giorni in qua; che prima per via di Piacenza vi haveva di mia mano scritto due lunghe lettere, lequali penso che sieno arrivate salve in man vostra. Scrissi, come Tomaso haveva lassato nel suo andar fuora Baccio vostro, per che espedisse molti negotij importanti, et così fu fatto. Con Ghingherli, et con chi già instava di voler Leonardo per suo parente, si concluse ottima amicitia et intelligenza, essendo inclinatissimi à fare il medesimo con gli altri, che sa Leonardo, se quel che Tomaso vuole per Leonardo, gli sarà concesso, che si spera di sì: percioche Ghingherli per lettere sue de' 111. di questo, fa intendere à Tomaso esser contento di lassare ancora oltre all'altra ricompensa che già vi scrissi, il loco, et la terra, ove Leonardo mio già s'ammalò, et stette così grave, per darla a chi sapete. Resta hora, che chi ha à ricever questa ricompensa, et li suoi vicini difensori, se ne satisfacciano che si pensa, et si crede di sì, et quello, à chi è assimigliato il Conte Hercole, si rimanda al suo padrone à questo effetto, et si ricerca Ghingerli, che liberi del tutto gli altri due lochi, che hanno ad

esser

esser di Tomaso, ò à dir meglio, di Leonardo, et crediamo non vi sarà una difficultà al mondo, et Tomaso ne sta d'una buona voglia, che pur stamattina me l'ha detto, replicando voler, che Leonardo habbia tutti quegli altri luoghi, che altre volte ha ragionato, dando, come sapete, di tutti i beneficij ricompensa à coloro, da i quali vorrà li detti beneficij.

Bartolomeo, che ha la cifra, non è in casa, et però si fa senza usarla, massime venendo questa sempre per mano di cavallari nostri.

Monsig. Reverendiss. nostro, et il Mag. Lorenzo si raccomandano tanto tanto tanto alla S. V. che più dir non si potria. Quella si ricordi di scriver spesso alle loro Signorie, et à N. S. che doveva dir prima, et non manchi per niente, perche così richiede la riverenza di V. S. verso S. S. et l'amore, che porta alle lor Signorie: Monsig. Reverendiss. nostro hebbe il Placet dalla Maestà Christianiss. sopra la chiesa di Narbona, et tutto per opera della Illustriss. Sig. Madama d'Angolem. Onde V. Eccellenza puo di ciò render gratie in nome di N. Sig. à gli Illustriss. Signore Duca, et sua consorte. Avanti hierimattina fu spedita la cosa in Concistoro, et mandate via le bolle in Francia, come credo l'Ardinghello v'habbia scritto, et così de' capitoli, che Svizzeri hanno fatti con l'Imperadore, et Re Catolico, et Duca di Milano, della sustanza di che l'Ardinghello vi deve havere scritto, che gli diedi la copia de' capitoli d'essa confederatione. Laquale N. Signor non è disposto accettare per molti rispetti, parendoli conveniente, che, quando si facciano leghe, nelle quali S. Santità habbia ad essere inclusa, si debban fare, et stipulare appresso di lei, come capo della lega, et della Christianità.

Dice Tomaso che vuole si piglino et accettino le cose fatte da lui, non che lui habbia da accettar quelle fatte da altri.

C'è

C'è di Francia, che Inghilterra ha qualche fantasia di dar la sua vedova sorella al Duca di Soffolc, et che ella non ne è aliena. Tal cosa non si crede molto, e pur l'aviso vien da loro assai autentico.

Per questo anno si crede, che il Christianissimo Re non farà la impresa di Lombardia.

Inghilterra vuole, che per niente la sorella non istia in Francia.

Cesare, et il Catolico faranno ogni cosa, perchè sia moglie dell'Arciduca. Così viene scritto da i Nuntij nostri d'Alemagna, et di Spagna. Alro ch'io mi ricordi, non c'è di nuovo. Le feste di questo Carnevale lascerò scrivere ad altri. Io sol dirò, che lunedì il Mag. Lorenzo fa nel proscenio vostro recitare il Penulo, et darà cena nella vostra sala alla Illustriss. Signora Marchesana. Et domenica in Testaccio fa una bella livrea con Monsignor Reverendiss. Cibò di xx. persone vestite di broccato, et di velluto, che sarà un bellissimo vedere, à spese di N. S.

Non avisaste mai, se faceste la scusa vostra con Milano; se mandaste à Svizzeri, et a Sedunen, come fu ragionato, et ricordato; se faceste alcuno officio col Christianiss. Re, che di tutto pareva conveniente dar notitia a N. S. facendo, ò nò tali officij.

Ricordatevi, che dopo N. S. ogniuno mira a voi, essendo la persona vostra quella, nella quale i pensieri, i concetti, et i disegni del Papa si specchiano. Et auche vi ricordo, che ogni opera, et attion vostra non è considerata, et notata manco, che quella di N. S. Però prego V. S. per l'amor grandissimo, che le porto, che ogni giorno, se è possibile, s'intendano uscir da lei opere, et attioni, che sieno degne della prudenza sua. Et a lei miraccomando. Di Roma A XVI. di Febraro. MDXV.

Il vostro Cardinal di Bibiena.

No.

No. CXXV.

(Vol. iii. p. 61.)

Fabron. vita Leon. X. in Adnot. No. 40.

Leo X. P. M. Regi Christianissimo.

CAPITA fœderis inter te atque me remque hanc publicam sanciendi ab Episcopo Tricaricensi Legato meo allata Romam, tanquam primordia, et quasi fundamenta voluntatis utriusque nostrum (quod magnopere concupivi) consociandæ, libentissime vidi, Libentius autem ipsum Episcopum audivi. Plura enim mihi, et clariora de tuo optimo in Dei Ecclesiam atque nos animo egregiaque voluntate narravit. Quæ si vera sunt, quemadmodum quidem puto, cum te de hac tua pietate atque mente vehementer laudo, nihil enim potes te dignius atque præclarius, facere, quam nihil committere, quo te male gratum appellare Dominus tam in te largus, tamque beneficus possit; tum spero fore ut hoc virtutum tuarum specimen, quod quidem in tam tenera ætate nobis das, cum iis opibus, quas maximas atque amplissimas habes, conjunctum et consociatum universæ Reip. Christianæ magnum brevi adjumentum atque ornamentum afferat. Itaque ejusmodi tuæ et virtuti et pietati omnem nostram et Reip. dignitatem tuendam statui permittere, ut existimare plane possis mihi te et esse jam charissimum, et semper fore. Neque enim vereor, cum videas te a me plurimi fieri, quin statuas hoc in fœdere sanciendo honorem meum abs te neglectum iri non oportere, quemadmodum ab ipso Episcopo, quem quidem ad te, eadem celeritate qua est ad me profectus, intra biduum, aut summum triduum remittam, clarius omnia atque apertius intelliges. Vale nosque dilige. Dat. V. Kal. Octob. 1515. Anno III. Roma.

No.

No. CXXVI.

(Vol. iii. p. 68.)

Rymer. Fadera. tom vi. par. i. p. 105.
Papa ad Regem, pro Polidoro Vergilio.

CHARISSIME in Christo Fili noster, Salutem et Apostolicam Benedictionem.

Commendavimus aliis nostris Literis Majestati tuæ Dilectum Filium Polidorum Vergilium, hujus Sanctæ Apostolicæ Sedis in Regno isto Subcollectorem; qui quidem in Carcerem tuo jussu conjectus est, pluresque jam in eo menses detinetur; hortatique sumus Te, pro tua in eandem Sedem atque Nos reverentia, proque Nostra in Te paternâ dilectione et charitate, velles eum liberum facere.

Cujus quidem rei, cum nihil dum actum abs Te intelligamus, has ad tuam Majestatem Literas dandas duximus; quibus etiam atque etiam id ipsum abs Te attentè atque enixè requirimus, tum etiam ut Collectori Domum quæque ablata ex ea sunt mandes restitui, neque patiaris ut ad Te frustra totiens de eadem re scripsisse videamur.

In eo prætereà Majestas tua Nobis gratissimum facie, si Dilectum Filium nostrum Hadrianum Cardinalem Baloniensem, tuæ Majestati deditissimum, resque ejus omnes fovebis, Tibique ipsas nostro Nomine commendatas facies.

Datum Romæ apud Sanctum Petrum, sub Annulo Pisca

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