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PERCHÈ DANTE SALVA SALOMONE

(Nota alla pag. 297).

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I.

Nel cielo del Sole, san Tommaso d'Aquino mostra cortesemente a Dante le anime luminose dei dotti in divinità (Par. X, 82 ss.): prima sè stesso, poi Alberto Magno, Graziano, Pietro Lombardo, e poi (v. 109):

La quinta luce, ch'è tra noi più bella,
Spira di tale amor, che tutto il mondo
Laggiù n'ha gola di saper novella;
Entro v'è l'alta mente, u' sì profondo

Saver fu messo, che, se il vero è vero,
A veder tanto non surse il secondo.

Salomone, dunque; il quale, a giudizio del poeta, non solo è salvo, ma tra le luci più risplendenti del quarto cielo e tra le più ardenti d'amore.

Poichè Salomone nel mondo era stato un grande amatore; ed anzi codesto smodato erotismo lo avea in ultimo fatto prevaricare e messo sul punto di meritar l'eterna dannazione. Una volta il Signore gli era apparso in visione e gli aveva chiesto (Regum III, 3, 5): "Postula quod vis ut dem tibi,; ed egli non domandò nè lunga vita, nè ricchezze, nè la morte dei suoi nemici, bensì (v. 9): "Dabis ergo servo tuo cor docile, ut populum tuum iudicare possit et discernere inter bonum et malum: quis enim poterit iudicare populum istum, populum tuum hunc multum?, Al Signore piacque la nobile domanda; e diede al saggio re grande sapienza e molta prudenza, e mente vasta quanto l'arena sulla spiaggia del mare (4, 29). Et praecedebat sapientia Salomonis sapientiam omnium Orientalium et Aegyptiorum. Et erat sapientior cunctis. hominibus;..... et erat nominatus in universis gentibus per circuitum, (v. 30-31). Le nazioni tutte desideravano di vederlo, e di udir qualche parola che rivelasse la sapienza infusagli da Dio (10, 24); e gli mandavano messaggi e doni, " vestes et arma bellica, (ohimè anche allora si commettevan di tali spropositi!), aromata quoque et equos et mulos, (anche i muletti!). Ed egli passava il tempo, nella reggia maravigliosa che s'era costruita, a dissertare di botanica e di zoologia, "super lignis, a cedro, quae

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est in Libano, usque ad hysopum quae egreditur de pariete ;...... et de iumentis et volucribus et reptilibus et piscibus, (4, 33).

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Ma non a dissertare solamente. Era troppo tenero delle donne straniere, in ispecie di quelle da cui il Signore aveva ingiunto che i figli d'Israele si tenessero lontani (11, 1 ss.): esse eran pericolose, certissime enim avertent corda vestra ut sequamini deos earum E il cuore del re fu pervertito. Era vecchio oramai, e comprendeva che il sacrificio del suo cuore non sarebbe stato bene accetto senza quello della sua sapienza e del suo Dio: e diede tutto. Povero re filosofo, quella Sapienza, ch'egli aveva così vivamente desiderata e domandata, gli aveva fatte scontar caro le poche consolazioni dategli: a poco a poco gli aveva rivelata la infinita vanità del tutto, della sapienza medesima, e gli aveva dettate le massime sconsolate dell'Ecclesiaste, che paiono uncini a cui il pensatore e poeta abbia lasciato un brandello del suo cuore sanguinante. Oh se una carezza di donna potesse ancora dargli l'ebbrezza o l'oblio, perchè non sacrificarle quel Dio che gli aveva dato il maggiore dei suoi doni, la saggezza, e non lo aveva reso felice? Non che egli stimasse da più gl'idoli dei Moabiti o degli Ammoniti; ma questi rendevano benigne a lui le belle Moabite ed Ammonite, maledette appunto per le loro grazie seducenti. Ita Salomon, vir tantae sapientiae commentava sant'Agostino, numquidnam credendum est quod in simulacrorum cultu credidit esse aliquid utilitatis? Sed mulierum amori ad hoc malum trahenti resistere non evaluit, faciens quod sciebat non esse faciendum, ne suas, quibus deperibat atque diffluebat, mortiferas delicias contristaret "9.

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Ma al Dio d'Israele i Faust non erano ancora venuti in grazia. E il Signore riapparve a Salomone, e gli disse (11, 11): Ďacchè non hai osservato i nostri patti, io spezzerò il tuo regno e lo darò a un tuo servo; non però durante la tua vita, in grazia di David padre tuo, bensì quando succederà il tuo figliuolo, a cui non ne lascerò che una parte. Codesto figliuolo fu Roboamo, il superbo che, al popolo chiedente rendesse meno grave il suo giogo tirannico, rispose (12, 14): " Pater meus aggravavit iugum vestrum, ego autem addam iugo vestro; pater meus cecidit vos flagellis, ego autem caedam vos scorpionibus,. Ma il popolo seppe ricacciargli in gola le dure parole; e quando egli mandò il suo ministro a riscuotere i tributi, lo accolse a sassate (v. 18). Sicchè egli festinus ascendit currum et fugit in Jerusalem E nel momento di codesta fuga vergognosa, Dante lo vede eternamente

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1 De Genesi ad litteram, 1. XI, 59. Ho tra mani la bella edizione delle Opera omnia, Venetiis, typis Josephi Antonelli, 1833-62. Vol. IV, pt. 1, col. 369.

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SALOMONE NELLE SACRE CARTE

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scolpito sul duro pavimento, del primo girone del purgatorio (XII, 46):

O Roboam, già non par che minacci

Quivi il tuo segno; ma pien di spavento

Nel porta un carro prima che altri il cacci.

Salomone regnò quarant'anni; poi, col cruccio di saper vivo quel Geroboamo che il Signore gli aveva designato per successore e alla cui vita egli avea indarno tramato, s'addormentò anch'egli coi padri suoi, e fu sepolto nella città di David padre suo (11, 42-3). Or quale destino toccò alla sua anima? Andò ad aspettare nel Limbo, nel Seno d'Abramo, la redenzione; o discese" in parte ove non è che luca,? I libri sacri tacciono ostinatamente, nè è valsa opera d'interpreti a strappar loro il segreto. Che uscisse di vita a Dio pacificato, non è detto, e non pare: nessun miserere sappiamo ch'egli cantasse, e i delubri da lui elevati agl'idoli delle donne sue non distrusse, chè essi anzi continuarono a star in piedi fino a che non salì, sul trono di Giuda, Josia. Nel Nuovo Testamento spesso il suo nome ricorre, ma o per designare il tempio da lui edificato, o come termine di paragone della maggiore splendidezza e della maggiore saggezza. Considerate come crescono i gigli del campo,, diceva Gesù (Matt. VI, 28-9): " essi non lavorano nè filano; pure io vi dico che nemmen Salomone, nel fulgore della sua gloria, fu mai vestito com'uno di essi E un'altra volta (XII, 42 ss.)," in rimprovèrio del secol selvaggio che non accorreva a sentir la parola del Figliuolo dell'uomo, esclamava: "La Regina dal Mezzogiorno sorgerà nel dì del giudizio insieme con la generazione presente, e la condannerà; giacchè essa venne dagli ultimi confini della terra ad ascoltare la sapienza di Salomone: ed ecco qui uno che è da più di Salomone

"

2

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1

Restò agl'interpreti delle Scritture il decidere. E purtroppo i più autorevoli sono per la dannazione: come Tertulliano san Cipriano ed il nostro sant'Agostino 3. Propendono più o meno risolutamente per la salvazione invece san Gregorio Taumaturgo, san Girolamo e Ruperto. I più moderni si accostarono a codesti ultimi, anche perchè su certe tavolette di piombo scoperte a Granata si era trovato inciso con caratteri arabi questo versetto, che

1 De praescriptione, c. II.

2 Ad Rogatianum, ep. VI; e De unitate Ecclesiae.

3 Per la dannazione pare propenda anche BRUNETTO LATINI, che scrive (Tresors, 55): < Salemons fu fils au roi David, hom glorieus, plains de toutes sapiences, riches de tresor, et de très haute chevalerie. Diex l'ama au commencement; mais puis il le haï, porce que il aora les idles; et ce fist il par amor ›.

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i dottori spagnuoli avean reputato opera di san Giacomo o dei suoi discepoli, e che riferivano a Salomone: "Et flevit scelus fletu vehementi, et condonatum est illi, et obiit fidelis et servus Ma una più oculata critica dimostrò apocrife le tavolette. Che maraviglia - esclama sant'Agostino, e io raccolgo qua e là nelle sue opere che Salomone cadde pur essendo del popolo di Dio? Non cadde Adamo, essendo nel paradiso? Non cadde l'angelo dal cielo e divenne diavolo? Tutti quei molti e santi precetti, e mòniti salutari, e divini insegnamenti dello Spirito Santo, ch'ei ci lasciò, furono bensì scritti da lui, ma non per lui. Anzi l'esempio suo deve servirci d'ammaestramento che in nessun uomo è da porre speranza (vol. V, pt. 2a, p. 1532). Il nome Salomone significa pacifico; e nella storia del Vecchio Testamento ei rappresenta la figura del Redentore, ch'è il vero pacifico (V, 2a, 794, 1533 ecc.). In lui appare e una mirabile eccellenza e una mirabile sovversione: come nell'aia c'è il grano e la paglia, e in una medesima messe c'è il trìtico e la zizzania (IX, 463-4). La sua vita è, fra le tante altre narrate nei libri santi, la più alta riconferma e della tremenda sentenza di Paolo (I Cor., X, 12): "Chi crede di star in piedi badi di non cadere e dell'altra di Giacomo (IV, 6): " Dio resiste ai superbi, e agli umili dà la grazia, (IV, 1, 85). Così che la sua caduta può reputarsi quasi fatale. Il Signore avea promesso a David (Reg. II, 7, 12 ss.) d' innalzar la sua prole, di stabilirne il trono in eterno, e di far da padre al suo successore; ma, aveva soggiunto, se questi si comporterà iniquamente," arguam eum in virga virorum et in plagis filiorum hominum Ora, fino a che il sapiente Salomone fu in senno, parve che codesta promessa già si compisse; convenne ch'ei cadesse nell'idolatria per dissuadere gli uomini che il designato dal Signore non era lui. Giacchè s'ingannerebbe di molto chi credesse che una così grande promessa avesse tutto il suo compimento in Salomone. Si guardi alla reggia di lui piena di donne straniere adoratrici di Dei bugiardi, e al re medesimo divenuto di sapiente idolatra, e non si ardisca credere che Dio o promise bugiardamente, o non seppe prevedere come Salomone e la casa di lui sarebbero andati a finire. Sarebbe sacrilegio rimaner perplessi pur un momento: la promessa di Dio a David non s'avverò se non in Cristo signor nostro, che nacque del seme di David secondo la carne. Sillaba di Dio non si cancella; e quando gli uomini videro il re Salomone incorrere nell'ira del Signore, compresero che il successore designato non era lui, e che il Messia redentore non era ancora venuto. E che cosa dunque è da pensare della sorte toccata, nel mondo di là, a Salomone?" La Scrittura lo redarguisce violentemente e lo condanna, e non ch'egli abbia fatta penitenza, e non ricorda che Iddio abbia verso di lui usata della sua indulgenza, (V, 2, 1024; IX, 463).

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accenna

SALOMONE IDEALE DI RE

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II.

Come e perchè dunque il poeta lo volle salvo? Il mondo quaggiù avea gola di saper novella sul destino del re saggio, ed egli la proclama tornando di lassù: Iddio gli ha perdonato con larghezza regale, e quello spirito sapiente ora è tra i più belli ornamenti del celeste regno!

Nel Convivio (IV, 27) Dante dice che se nella gioventù l'uomo deve badare alla perfezione e maturità dell'esser suo, nella vecchiaia invece deve non solo allumare sè medesimo ma gli altri,

e conviensi aprire l'uomo quasi com' una rosa che più chiusa stare non può, e l'odore, ch'è dentro generato, spandere,. Per conseguire ciò," conviensi adunque essere prudente, cioè savio; e a ciò essere si richiede buona memoria delle vedute cose, e buona conoscenza delle presenti, e buona provvedenza delle future.... Se ben si mira, dalla prudenza vengono i buoni consigli, i quali conducono sè ed altri a buon fine nelle umane cose e operazioni. E questo è quel dono che Salomone, veggendosi al governo del popolo essere posto, chiese a Dio „. Il filosofo, come si vede, mostra subito simpatia per lui; così che non si domanda se codesta prudenza ideale, chiesta ed ottenuta, conducesse poi davvero a buon fine quel sapiente ma non saggio

monarca!

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Ed era appunto il monarca che egli ammirava in lui. "Optime scriveva nella Monarchia (I, 15), "dispositum esse oportet, optime alios disponere volentem. Sed monarcha solus est ille qui potest optime esse dispositus ad regendum...; quod ipse vel omnino, vel maxime bene dispositus ad regendum esse potest, quia inter caeteros iudicium et iustitiam potissime habere potest David chiese il giudizio per sè, la giustizia pel figlio: così questi s'incamminava alla perfezione che poi doveva conseguire. "Quae duo principalissime legislatori et legis executori conveniunt, testante Rege illo sanctissimo, quum convenientia regi et filio regis postulabat a Deo [Ps. 71, 1]: Deus, inquiebat, iudicium tuum regi da, et iustitiam tuam filio regis E quante altre doti e virtù l'umile

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1 Quasi tutti i chiosatori non badano più che tanto alla questione; tranne forse il BENNASSUTI, che dice con l'usata bizzarria: «Perchè Dante pose Salomone in cielo?... Lo pose in cielo, perchè essendo dubbia la sua sorte, egli era in libertà di crederlo salvo... Come mai Salomone è luce più bella di tutti gli altri undici teologi, fra i quali ve n'ha tanti di santi?.... Rispondo che dal momento che Dante ha creduto bene di valersi della libertà in cui era di collocare Salomone in paradiso, era anche lecito a lui di farlo più santo di tutti questi. Chi può infatti asserire il contrario?»

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