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COME SI TROVA SCRITTO

Alleghieri o Adhigherij o Allegherij1. timo: Aleghieri e Alleghieri".

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Nell'Ot

Nelle Chiose ambro

siane: Allegerii. Nel codice estense del Commento di Benvenuto, in principio: D. degli Aldighieri, in fine: D. di Allegherio. Degli scrittori posteriori basterà ricordare il Sacchetti, che scrive Allighieri (nov. 8 e 114), e Flavio Biondo: Dantes Aldegerius 5.

II.

La confusione non è poca; ma a guardarci dentro attentamente, non mi pare che sia tale da lasciare incerti circa la forma da preferire. Ed è strano che giusto il Witte se ne sgomentasse, dopo d'aver, come potè meglio, rifatta la storia della questione e tentato l'inventario delle varie grafie 6; anzi egli, teoricamente indeciso, praticamente adottò la forma, con ridicoli cavilli sostenuta dallo Scolari e dal Torri, Allighieri. vero che le testimonianze son molte e discordi, ma è altresi vero che non tutte dovrebbero apparire ugualmente attendibili. Autorevolissime fra tutte son senza dubbio quelle degli atti consiliari; i quali, se non ci danno la firma scritta dalla mano stessa di Dante, ci danno verosimilmente quella

1 Ib., 128, 134, 146, 156.

2

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Ib., 324, 326.

Bull. Soc. Dant., a. s., VIII, 38.

Rossi-CASE, Di mo. Benvenuto da Imola; Imola 1888, p. 2.

5 Bull. Soc. Dant., a. s., VIII, 21 e 26. Nella Provvisione del 1396 per la tumulazione nel Duomo di Firenze delle ossa di Dante, del Petrarca, del Boccaccio ecc., è scritto: Dante Alleghieri (DEl Lungo, Esilio, 172); e nella Lettera della Signoria a Ostasio da Polenta, del 1430: Dante Alagherii (Ib., 176).

Nel Jahrbuch der Deutsch. Dante-Gesellsch., I, 1867, 149 ss.; e poi, più brevemente, nelle Dante-Forschungen, II, 22 ss.

'V. l'onesta confutazione del FRATICELLI, Vita, 16 ss. *

che Dante vide scrivere. Sennonchè essa è in latino: Dante Alagherii; e come sarebbe stata in volgare, Alaghieri o Alighieri?

Allora il volgare stesso oscillava in certi vocaboli o forme assai più che oggi non soglia fare; il latino curiale poi, coi suoi rimaneggiamenti più o meno garbati o maccheronici, rifrangeva in maniere molteplici persino le voci che nel volgare eran ben fisse, e tanto più, naturalmente, dove questo ondeggiava. Abbiamo visto come nel caso nostro ciò avvenisse pur nel medesimo documento (Alagherii de Aligheriis, Aleghierii de Alleghieriis); e s'aggiunga che, non di rado, le varianti, volgari o latine che fossero, rimasero distribuite fra diverse propaggini della stessa stirpe. Tuttavia, giovandosi d'altri indizi, non è difficile qui indovinare, fra le tante varietà e incertezze notarili, la forma volgare e usuale del nome. Già il Troya, opponendosi alle storture dello Scolari e del Torri, avea fatto appello alla tradizione letteraria e all'uso toscano « che in ciò è la legge suprema » 1; e l'una e l'altro han consacrata appunto la grafia sancita poi dalla Crusca, Alighieri1.

Ce ne fa fede, pei suoi tempi, il Boccaccio. Il quale, nella Vita di Dante, asserisce che a Cacciaguida « nella sua giovinezza fu data da' suoi maggiori per isposa una donzella nata degli Aldighieri di Ferrara [alcuni manoscritti hanno

1 TROYA, Il Veltro allegorico dei Ghibellini; Napoli 1856, p. 370. 2 « Alighierii Dantis ossa avean già chieste il 20 ottobre 1519 gli Accademici Fiorentini a Leone X (cfr. DEL LUNGO, Esilio, 183); e a Dante Alighieri» il comitato fiorentino del 1818 propose di erigere un monumento (ib., 189). Nel '64 poi, al Gonfaloniere di Firenze che chiedeva le ceneri dell'Alighieri, il Sindaco di Ravenna rispondeva non potersi il deposito delle sacre ossa di Dante Alighieri in Ravenna, pei destini felicemente mutati d'Italia, considerarsi come perpetuazione d'esilio » (ib., 195-200).

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<di Padova » e un altro « di Parma »], così per bellezza e per costumi come per nobiltà di sangue pregiata, colla quale più anni visse, e di lei generò più figliuoli; e come che gli altri nominati si fossero, in uno, siccome le donne sogliono esser vaghe di fare, le piacque di rinnovare il nome de' suoi passati, e nominollo Aldighieri, come che il vocabolo poi, per sottrazione di questa lettera d corrotto, rimanesse Alighieri. Il valore di costui fu cagione a quelli che discesono di lui di lasciare il titolo degli Elisei, e di cognominarsi degli Alighieri; il che ancora dura in fino a questo giorno » 1. I codici che contengon l'operetta boccaccesca son tutti concordi a scriver così questi nomi; e così li stamparono Vendelin da Spira, nella edizione principe di Venezia 1477, e gli editori posteriori, salvo il Sermartelli, che nella sua stampa di Firenze 1576, formicolante di ogni maniera di spropositi, mise Allighieri. E all'autorità di una siffatta edizionaccia ricorsero il Pelli e il Torri; che ne furono giustamente rimproverati dall'Audin de Rians 3. Ma se anche non avessimo la fortuna che i codici e le stampe della Vita concordano, dallo stesso ragionamento del Boccaccio saremmo condotti a preferire la lezione Alighieri, e quasi a ristabilirla quando pure in tutt'i codici se ne trovasse una diversa. Giacchè, se si può ammettere come una mera possibilità che il Boccaccio, o qualunque altro di quei tempi, con sottrazione detrazione del d intendesse bonariamente l'assimilazione sua al precedente, resta però sempre che l'apporgli un'espressione così poco precisa è un semplice arbitrio, e che

1 Ediz. MACRì-LEONE, p. 9-10.

Cfr. quel che ne dicono il WITTE, Dante-Forschungen, II, e il GAMBA, avanti alla propria ediz. della Vita, Venezia 1825. Cfr. anche l'Introduzione del MACRì-LEONE, p. CXXIV-V.

3 Del casato e dell'arme di Dante; Firenze 1853, p. 10.

le sue parole, prese nel loro senso più piano, importano appunto la totale perdita del d1.

Conferman del resto l'attestazione del Boccaccio il Manetti, che, traducendo al suo solito, non altera la grafia del casato: «...unum ex multis, ut uxori morem gereret, nomine familiae uxoris suae Aldigherum cognominavit, quamquam d littera, ut in plerisque fit, euphoniae causa, e medio sublata, pro Aldighero Aligherum appellaret »; e Benvenuto da Imola, che, quasi si proponesse di rintuzzar la pretesa dell'Imbriani, avvertiva: « quod alii dicunt Allagherii corrumpunt omnino vocabulum ».

III.

Tuttavia, mentre il Boccaccio ci aiuta ad uscire dai mali passi, tenterebbe poi di spingerci in un altro ginepraio. Il nome Alighieri è davvero, com'egli attesta, derivato da Aldighieri? E come dall'una forma si è giunti all'altra? A sentir lo Scolari, la cosa è avvenuta « per la naturale certa mutazione della lettera d in 7, mutazione avvenuta in tante altre parole simili, passate dal latino nell'italiano moderno; come per esempio allido, alloquor, alligatus...; ed essendo indubbio l'Aldigherius latino, è indubbio l'Allighieri italiano per usitatissimo mutamento della lettera d in 7 » 2. Ma il Fraticelli osservava che le voci alloquor ecc. risultano da una voce verbale e dalla preposizione ad, che Aldigherius non è

1 Le varianti, latine e volgari, -geri -gieri -gheri -ghieri ecc., rientrano nella categoria di ondeggiamenti simili nella lingua e nella grafia del tempo; e qui non hanno importanza per noi. Cfr. BIANCHI, nell'Archivio glottologico, X, 400.

2

SCOLARI, Del doversi scrivere e stampare costantemente Dante Allighieri con doppia Elle e non altrimenti; Venezia 1841.

ALIGHIERI È DA ALDIGHIERI?

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lo stesso che Adligherius, e che insomma Aldus e Aldobrandus non son mai divenuti Allo e Allobrando 1.

Dietro invito del Witte, scesero però in campo filologi di ben altro valore. Il Diez, riconoscendo anch'egli come originaria la forma Aldighieri, la connetteva all'antico altotedesco Adalger; ma osservava subito di non trovare esempi in italiano ove una semplice o una doppia abbia preso il posto di ld, e pur nell'antico altotedesco le assimilazioni di nd e dl in nn ell sono ignote. Soggiungeva che dall'analogia di canido e manucare per candido e manducare si sarebbe potuto supporre ld mutabile in semplice, se l'italiano non amasse tanto il raddoppiamento della : allegro, allodola, collera, scellerato ecc.. Non giunsero a conclusioni più certe il Wackernagel, lo Zacher e il Pott 3. E in verità non potevano, impigliati com'erano nel pregiudizio che la forma primitiva del nome fosse Aldighieri.

Ma nell'asserirlo, il Boccaccio non avea fatto se non attingere, a quel che sembra, da una chiosa dell'Ottimo, e parafrasare al suo solito e ampliare i vaghi accenni del poeta (Par. XV, 91-2 e 137-8). Questi, a cui stava molto a cuore l'antichità fiorentina della sua famiglia e premeva forse che altri non argomentasse dal suo cognome una fiorentinità meno remota, aveva dichiarato che il «soprannome » straniero derivava loro dalla donna che dalla valle del Po era venuta in moglie al fiorentinissimo Cacciaguida, e che la sua « cogna

Su quest'ultima affermazione ci potrebbe esser forse a ridire; chè, p. es., l'autore del Regime du corps, che pare fosse nativo di Firenze o di Siena, si trova chiamato Alebrans, Alebrandin, e Aldobrando, Aldobran dino. Cfr. BARTOLI, St. della lett. ital., III, p. 12; e G. PARIS, La littér. franç. au m.-âge, p. 146.

2 Nel Jahrbuch d. Deutsch. D.-Gesellsch., I, 153-4.

Ib. 154, 155-61, 161-69. Cfr. le buone pagine del FENAROLI, La vita ei tempi di D. A., 64-72.

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