Sayfadaki görseller
PDF
ePub

GLI ALDIGHIERI DI VERONA

79 val d'Adige, non solo dall'ambiziosa « carità del natio loco », ma altresì dal ricordo che in Verona la famiglia Alighieri era durata fin oltre la metà del Cinquecento. Ei però meglio d'ogni altro avrebbe dovuto ricordare che codesto ramo veronese era la continuazione appunto della famiglia del poeta, trapiantata colà dal figliuolo Pietro; e che nessun indizio ci autorizza a supporre che questi vi fosse attirato da antichi vincoli di parentela 1. E a Padova si sarà pensato, sedotti dalla consonanza, del tutto accidentale, che veniva ad esserci tra la forma latineggiante del nome del fiume, adoperata, forse per semplici ragioni metriche, da Dante, e il nome volgare dell'antica Patavium.

Se ne sapeva così poco, che l'onesto Da Buti affermava (curioso equivoco in bocca a un toscano!) esser Valdipado « contrata nel distretto di Fiorenza, unde dice messer Cacciaguida che fu la sua donna »! E spiegava il «quindi il soprannome...>> con un: «< cioè di Valdipado », riferendolo così non alla donna, come generalmente si fa, ma al paese. Il che avrà poi consigliato il Minich a derivare il cognome Alighieri da alighe, come ne deriva, egli dice, il nome della borgata veneta San Giorgio in Alega', e come, avrebbe potuto soggiungere, i sardi Alghero e Salighera e il corso Algajola 2. A quei tempi, ha osservato, il basso Po formava la grossa palude detta Valpadusa, la quale poi fu quasi interamente prosciugata sulla fine del Quattrocento. Vi dovettero naturalmente vegetare molte alghe, e quindi si feo il soprannome degli Alighieri! 3

3

A Verona poi, nel sec. XV, gli Alighieri trasmutarono arma; e, quasi che nella città degli Scaligeri fossero anch'essi divenuti Alìgeri, assunsero, come quelli la scala (Par. XVII, 72), un'ala d'oro in campo azzurro. Cfr. FRATICELLI, Vita, p. 17 e 303. Vedi pure indietro, pag. 57. Cfr. FLECHIA, Nomi locali d'Italia derivati dal nome delle piante; Torino 1880, p. 7.

3 MINICH, Il cognome di D. A.; Padova 1865.

Il vero è che la connessione del casato Alighieri con gli Aldighieri non appare dovuta che alla facile correntezza del Boccaccio, sospinto dalla natura del suo ingegno a dar corpo reale alle altrui o alle proprie congetture, e a narrar come storici, adornandoli coi vivaci colori della sua fantasia, fatti non accertati da nessun documento scritto od orale. E del resto, è cosa naturalissima che, in un tempo in cui eran pochi quelli che sapessero tener la penna in mano, si confondessero facilmente tra loro nomi diversi che avessero un componente comune, in ispecie se d'origine esotica. In Firenze stessa erano gli Aringhieri e gli Aldighieri1, coi quali gli Alighieri sono stati bensì confusi, ma non avean nulla da spartire; e a Bologna, gli Adigherii, uno dei quali, testimone in un processo del 1285, era stato dal Mazzoni-Toselli scambiato appunto per il poeta 3; e a Ravenna, in un atto del 1329, ricorre un Bartolomeo de Aldigeriis. Ebbe ragione l'Imbriani quando notò che « Aldighieri ed Allaghieri son due cognomi distintissimi, come, puta, Minzoni e Manzoni, come Miglietti e Minghetti » 5. Solo però recentemente Bianco Bianchi mise termine alla lunga questione, osservando che «<i Fiorentini, non per disposizione a mutare ld in ll, ma per

Cfr. FRATICELLI, 32 ss; e DEL LUNGO, Esilio, 146. È curioso che nell'atto del 1291 (Bull. S. D., a. s., XII, 11), in cui Dante q. Allaghieri interviene come testimone, è in causa giusto un Aringherio! 2 Cospicui documenti di codesta confusione sono la Deliberazione della Signoria del 31 dicembre 1494, con la quale si dichiaravano, in omaggio alla memoria del poeta, « omnes et singulos natos et descendentes de domo et familia de Aldighieriis de Florentia.... liberos a quacumque confinatione et relegatione » ; e la Provvisione del 3 giugno 1495, in forza di cui «fu richiamato alla ciptà messer Dante Aligieri bisnipote di Dante poeta fiorentino ». DEL LUNGO, Esilio, 180-81.

3 Cfr. F. PELLEGRINI, Di un sonetto sopra la torre Garisenda attri buito a D. A.; Bologna 1890.

40. GUERRINI e C. RICCI, Studi e polemiche dantesche; Bologna 1880, p. 52.

5 IMBRIANI, Centiloquio, p. 13.

IL BISNONNO ALAGHIERO

81

una materiale consonanza confusero due diversi elementi, che entravano come componenti di più nomi e cognomi; come anc'oggi, chi non è ben certo del vero nome di una persona, si confonderà tra Alberto, Umberto e Roberto. Difatti Alighieri corrisponde ad uno stipite Alligairo od Aligairo, ed Aldighieri ad un Hildigairo, forme della prima epoca longobardica » 1. E che appunto d'una confusione si tratti, e posteriore a Dante, anzi dovuta proprio al Boccaccio, mi par che valga chiaramente a confermarlo il fatto che il figliuolo di Cacciaguida, quel da cui si disse la cognazione degli Alighieri, non Aldighiero, come dietro all'affascinante novelliere han tutti ritenuto, bensi Alagerius ed Allagerius è chiamato nei due documenti, del 1189 e del 1201, che lo menzionano. Sicchè, tolto di mezzo codesto pregiudizio che valeva a tener desti i litigi e che si opponeva a qualunque razionale conciliazione, rimane, a me pare, lucidamente provato che la più corretta grafia del soprannome della famiglia di Dante fosse, nel latino curiale, Alagherii, e che, così ai tempi di Dante come posteriormente, esso suonasse nell'uso popolare Alighieri.

[blocks in formation]

GERI DEL BELLO

I.

Alighiero, figlio di Cacciaguida, ebbe due figliuoli, Bellincione e Bello. I discendenti del primo si trovano specialmente designati come Alagherii o De Alagheriis, quelli del secondo invece, mentre, occorrendo, sono riconosciuti anch'essi come Alighieri, si trovan poi più particolarmente indicati come Del Bello. Il poeta era dell'un ramo, Geri dell'altro (« un spirto del mio sangue »). Bello ebbe titolo di messere (dominus); nel 1255 viveva ancora, ma nel 1268 era morto. Dei suoi figliuoli, Gualfreduccio si ascrisse nel 1237 all'Arte di Calimala, Cenni mori nel 1277, Cione fu cavaliere a spron d'oro ed è ricordato in parecchie carte, fra cui la provvisione del 1298, colla quale insieme con Rinuccio Machiavello fu eletto sindaco a vendere i beni dei ribellati. Ma se dei fratelli questi è il meglio noto nella cronaca municipale, l'altro di essi, Geri, è il più celebre, in grazia della poesia del nipote '.

1 Cfr. BARBI, nel Bullett. Soc. Dant., n. s., II, 66.

2 Non si può tener conto di qualche inevitabile disaccordo dei chiosatori. Il BŪTI, p. es., dice Geri figlio di Giovanni del Bello», del quale però nessuno sa nulla; e il LAna, figliuolo di Cione del Bello ». Il più ameno è che a qualcuno è persin saltato in mente di identificarlo con Alighiero padre di Dante! Dal leggere in uno dei sonetti di Forese a Dante:

Ben so che fosti figliuol d'Allaghieri,
E accorgomene pur alla vendetta
Che facesti di lui sì bella e netta
De l'aguglin ched e' cambiò l'altrieri,

GERI ZIO, NON PADRE DI DANTE

83

Nei documenti il suo nome non occorre che una volta sola, nell'Estimo dei danni sofferti dai Guelfi dal 1260 al '66, per aver avuta la sua casa, ch'era nel popolo di San Martino del Vescovo, e confinava da un lato con la strada e dagli altri con le case dei Donati, dei Mardoli e di Bellincione Alighieri,

<

[ocr errors]

l'erudito secentista FEDERIGO UBALDINI annotò nei suoi Zibaldoni barberiniani: Alighieri.... per certo vezzo toscano chiamossi Geri, e si soprannominò Geri del Bello; et è appunto quel Geri che l'istesso Dante colloca nell'Inferno per mettitore di risse e di scissure, il quale fosse seco medesimo adirato per la morte non ancora vendicatagli, non da lui che gli era figliuolo, ma da altri figliuoli o altre persone che fossero consorti dell'onta (cfr. DEL LUNGO, Dante ai tempi di Dante, 454). Parrebbe difficile che si potessero mettere insieme fandonie più marchiane. Le quali però sono state anche recentemente rimesse in giro dal GARGANI (Della casa di Dante, p. 9) e dal sig. D. BORTOLAN (Geri del Bello; Venezia 1894). Geri, come si sa, è accorciativo di Ruggeri; ma la curiosa attestazione d'un documento del 1309 ha persuaso il Gargani (p. 40) che fosse davvero, almeno nel nostro caso, accorciativo di Alighieri. E un contratto, dove sono citati quali testimoni Francisco Allagherii voc. Ser Geri et Piero del Massa. Alighiero, dunque, padre di Francesco, e quindi di Dante, ha argomentato il Gargani, era chiamato comunemente Ser Geri: era insomma Geri del Bello! Lasciamo da parte quest'ultima assurda conclusione; ma che vorrà significare quel voc. Ser Geri? L'IMBRIANI (Studi, 79-80) ebbe a correggere la frase sul documento originale, che ha presentibus testibus vocatis et rogatis Francischo Allagherii deo Ser Geri et Piero del Massa et aliis pluribus; e propose d'interpretare come se Francesco Allagherio e Dco Ser Geri fossero due persone distinte. Sennonchè da più esperti paleografi quel dco non fu giudicato una possibile sigla di Domenico, anzi la sigla comunissima di dicto. Si tratta quindi d'un soprannome, ma assai probabilmente di Francesco stesso non già del padre. Perchè poi gli fosse affibbiato, nè sappiamo, nè è facile congetturare; potrebbe però quel nomignolo, come già ha supposto il Del Lungo, aver rapporto con le frasi proverbiali fare il sergiere e inchini da sergiere, che troviamo più tardi nel prologo della Mandragora e in una ballata del Poliziano (cfr. Bull. Soc. Dant., n. s., II, 65-70; e IMBRIANI, Studi, 220). Non è strano che nei documenti contemporanei oltre il nome sia anche indicato il nomignolo. Così, nel documento del maggio 1301 che ci attesta l'esistenza di Dante da Maiano (BERTACCHI, D. da M., p. xx1): Dantem, qui dicitur Magalante; in un atto del 9 luglio 1301 riguardante un debito di Francesco Alighieri, interviene come fideiussore Dinus qui Cavalluccius vocatur, filius olim Guidonis (Bull. Soc. Dant., a. s., VIII, p. 11); nell'istrumento padovano del 1306, fra i testimoni è anche segnato Gualterio dicto Sancto q. Guar nerii (IMBRIANI, Studi, 385); e nella Riforma di mr. Baldo d'Aguglione son menzionati Tinus vocatus Fecis e Chelottus vocatus Canuccius

[ocr errors]

Corde tintoris (DEL LUNGO, Esilio, 129). Quanto poi al sere, usato per ischerno, basterà ricordare il Ser Martino del Par. XIII, 139.

« ÖncekiDevam »