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PROSE

DIALOGHI

I.

Della Moda e della Morte. (1)

Moda. Madama Morte, Madama Morte !

Morte. Aspetta che sia l'ora, e verrò, senza che tu mi chiami.

Moda. Madama Morte!

Morte. Vattene col diavolo. Verrò quando tu non vorrai. Moda. Come se io non fossi immortale!

Morte. Immortale ?

Passato è già più che 'l millesim'anno (2) che son finiti i tempi degl' immortali.

(1). Dice il prof. Picci lodando questo dialogo : « Non accattata la introduzione, ma pianissima; bene intrecciata e sosienuta la discettazione o disputazione, tutta satirica e morale naturalissimo lo stile e rispondente alla particolare natura degl'ideali personaggi disputanti, i quali parlano ambedue tutt'affatto nella forma che parlerebbero se avessero corpo e favella; bella di schietta eleganza la locuzione e conveniente al soggetto: salve dappertutto le ragioni dell'urbanità ec. » Ed invero tutti i dialoghi di questo atticissimo scrittore sono un modello di tal genere di componimenti.

(2). Petrarca, Canzone a Cola di Rienzo.

Moda. Anche Madama petrarcheggia come fosse un lirico italiano del cinque o dell' ottocento?

Morte. Ho care le rime del Petrarca, perchè vi trovo il mio Trionfo, (1) e perchè parlano di me quasi dappertutto. Ma in somma levatimi d' attorno.

Moda. Via, per l'amore che tu porti ai sette vizi capitali, férmati tanto o quanto e guardami.

Morte. Ti guardo.

Moda. Non mi conosci?

Morte. Dovresti sapere che ho mala vista e che non posso usare occhiali, perchè gl' Inglesi non ne fanno che mi valgano, e quando ne facessero, io non avrei dove me gl' incavalcassi.

Moda. Io sono la Moda, tua sorella.

Morte. Mia sorella?

Moda. Si: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducità?

Morte. Che m'ho a riccrdare io, che sono nemica capitale della memoria ?

Moda. Ma io me ne ricordo bene; e so che l'una e l'altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benchè tu vada a questo effetto per una strada e io per un' altra. Morte. In caso che tu non parli col tuo pensiero o con persona che tu abbi dentro alla strozza, alza più la voce e scolpisci meglio le parole; che se mi vai borbottando tra' denti con quella vocina da ragnatelo, io t' intenderò domani, perchè l'udito, se non sai, non mi serve meglio che la vista.

Moda. Benchè sia contrario alla costumatezza, e in Francia non si usi di parlare per essere uditi, pure,

(1). Allude al trionfo della Morte, cantica in terza rima di esso Petrarca.

perchè siamo sorelle e tra noi possiamo fare senza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi. Dico che la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo; ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue, io mi contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dai palazzi e di cose tali. Ben è vero che io non sono però mancata e non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come, verbigrazia, sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v'appicco per li fori; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi che io fo che essi v'improntino per bellezza; formare le teste dei bambini con fasciature e altri ingegni, mettendo per costume che tutti gli uomini del paese abbiano a portare il capo di una figura, come ho fatto in America e in Asia; (1) storpiare la gente colle calzature snelle; chiuderle il fiato e fare che gli occhi le scoppino dalla strettura dei bustini; e cento altre cose di questo andare. Anzi generalmente parlando, io persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni giorno mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi, e qualcuno a morire gloriosamente per l'amore che mi por

(1). In proposito di quest'uso, il quale è comune a molti popoli barbari, di trasfigurare a forza le teste, è notabile un luogo d'Ippocrate de Aere, Aquis et Locis, sopra una nazione del Ponto, detta dei Macrocefali, cioè Testelunghe; i quali ebbero per usanza di costringere le teste dei bambini in maniera ch'elle riuscissero più lunghe che si potesse: e trascurata poi questa pratica, nondimeno i loro bambini nascevano colla testa lunga, perchè, dice Ippocrate, così erano i genitori. Nota dell'Autore.

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