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verso la cosa piacente, quel piegare è bensì principio di amore, ma non è ancora amore elettivo, in quanto egli precede il libero arbitrio. Quel piegare non è altro che un movimento istintivo, il quale non può essere se non da Dio, che è la natura naturante, ovvero universale che dir si voglia, ond'è manifesto che cotale inizio d'amore è quasi un raggio dell'amore divino, cioè di essa natura naturante. Quel piegare è amor, quello è natura - Che per piacer di nuovo in voi si lega. La prima volta che l'amore divino si lega ovvero si unisce all'uomo, è quando insieme con l'anima razionale infonde in lui l'amore in potenza; la seconda volta è quando egli riduce in atto questa potenza, movendo l'anima verso la cosa amata. E prima e poscia Dio si unisce senza mezzo all'anima umana per piacere: intendi per piacere suo proprio ed eziandio per tornare piacente; cioè per amore che Dio ha a sè e alla sua creatura, e ancora per essere amato da essa. Dio vuole da noi non già l'amore sensitivo, ma il razionale, che è quello della 'mente, la quale ci è donata immediatamente da lui, e però soggiace a lui, e non alla natura generante che è il cielo. L'amor di Dio si partecipa all'uomo perchè l'uomo lo volga a lui; e così è che l'amore forma quasi un circolo. S. BERNARDO, Della Carità, 2. Dio è amore, e chi ama Dio, ama l'amore. E questo amare l'amore forma un circolo, per cui l'amore diventa infinito. I bruti e le piante hanno l'anima dalla natura generante cioè dal cielo; l'uomo la ha da Dio. COMMEDIA, Parad. 7. 139.

L'anima d'ogni bruto e delle piante,

Di complessiva potenziata tira
Lo raggio e il moto delle luci sante.
Ma nostra vita senza mezzo spira

La somma Beninanza, e la innamora
Di sè, sì che poi sempre la desira.

La natura generante è causa in noi dei primi movimenti dell'anima, ma non di tutti. A mo' di esempio, il movimento che avvia a quella specie di amore, il quale abbian veduto chiamarsi vano, non è soggetto al dominio. suo: come non le sono soggetti altri moti della mente, i quali procedono da più alto principio ossia da miglior natura. COMMEDIA, Purg. 16. 67.

Voi che vivete, ogni cagion recate

Pur suso al cielo, sì come se tutto
Seco movesse di necessitate.

Se così fosse, in voi fora distrutto
Libero arbitrio, e non fora giustizia
Per ben letizia, e per male aver lutto
Lo cielo i vostri movimenti inizia:

Non dico tutti; ma posto ch'io 'l dica,
Lume v'è dato a bene e a malizia,

E libero voler che se fatica

Nelle prime battaglie col ciel dura,
Poi vince tutto se ben si nutrica.
A maggior forza, e a miglior natura

Liberi soggiacete; e quella cria

La mente in voi, che 'l ciel non ha in sua cura.

Però se il mondo presente disvia,

In voi è la cagione, in voi si chieggia;

Ed io te ne sarò or vera spia.

Esce di mano a Lui, che la vagheggia
Prima che sia, a guisa di fanciulla
Che piangendo e ridendo pargoleggia,
L'anima semplicetta che sa nulla,

Salvo che mossa da lieto fattore,
Volentier torna a ciò che la trastulla.

Di picciol bene in pria sente sapore:
Quivi s'inganna, e dietro a esso corre,
Se guida o fren non torce il suo amore.
Onde convenne legge per fren porre;

Convenne rege aver che discernesse

Della vera cittade almen la torre.

Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
Nullo....

Dicevano alcuni i corpi celesti essere causa degli atti umani, perchè tali corpi mossi essendo dalle sostanze spirituali, operano per virtù loro quasi come istromenti.

Queste sostanze spirituali prevalgono in dignità alle anime umane; dunque è da credere, concludevano, ch'essi corpi celesti, influendo nelle anime nostre, producano gli atti umani. E aggiungevano cadauna cosa multiforme doversi ridurre in un principio uniforme: gli atti umani essere varii e moltiformi, e però doversi essi ridurre nei movimenti uniformi de' corpi celesti, come in loro propri principii. S. TOMMASO, Somma, I. 115. 4. a costoro rispondendo: Vero è che i corpi celesti operano direttamente, e per sè, sui corpi inferiori; ma sulle potenze dell' anima, le quali sono atti degli organi corporei, operano direttamente si ma per accidente; perocchè ella è cosa necessaria che tali atti di esse potenze incontrino impedimento, secondo che gli organi sono impediti; come l'occhio che sia turbato non vede bene. Ond'è che se l'intelletto e la volontà fossero facoltà annesse agli organi corporei (come posero alcuni, dicendo l'intelletto non differire dal senso), di necessità seguirebbe che i corpi celesti sarebbono cagione delle elezioni e degli atti umani; e seguirebbe anche che l'uomo saria da naturale istinto portato alle sue operazioni, non altrimenti che gli altri animali, in cui non trovi se non le forze dell' anima alligate agli organi corporei. Perocchè quello che dall'influsso de' corpi celesti si opera in queste, che sono inferiori, avviene secondo natura. Di qui la conseguenza che l'uomo privo del libero arbitrio, non avrebbe che azioni determinate, come tutte le altre cose fisiche; il che è manifestamente falso e contrario all' umano consorzio. Nondimeno è da riconoscere che le impressioni dei corpi celesti stender si possono all'intelletto e alla volontà, ma indirettamente e per accidente; cioè in tanto in

quanto così l'intelletto come la volontà in qualche modo ricevono dalle facoltà inferiori, le quali si collegano agli organi corporei. Ma per questo rispetto diversifica il diportarsi dell' intelletto e della volontà; in quanto che l'intelletto necessariamente riceve dalla facoltà inferiori apprensive; sicchè turbata la facoltà immaginativa o la cogitativa, ovvero la memorativa, di necessità è turbata anche l'operazione dell' intelletto. Ma la volontà non segue necessariamente l'inclinazione dell' appetito inferiore. Perocchè, quantunque le passioni, che sono nell' irascibile, e nel concupiscibile, abbiano alcuna forza per piegare la volontà, nondimeno rimane alla volontà il potere di seguire o di respingere le passioni. E però l'impressione dei corpi celesti, secondo la quale le forze inferiori possono essere modificate, ha meno potere sulla volontà, la quale è la cagione prossime degli atti umani di quello che sia sull' intelletto. Il volere adunque che i corpi celesti siano causa degli atti dell' uomo, è proprio di coloro i quali dicono l'intelletto non esser cosa diversa dal senso. Ond'è che taluni di essi dicevano, tale essere la volontà in noi qual ne la infonde giorno per giorno il padre degli uomini e degli Dei. Ritenuto quindi l'intelletto e la volontà non essere atti degli organi corporei, è impossibile che i corpi celesti siano cagione degli atti umani. Seguita che le sostanze spirituali, le quali muovono i corpi celesti agiscono bensì nelle cose fisiche mediante essi corpi celesti, ma nell' umano intelletto operano immediatamente illuminando però non valgono a mutare la volontà; com'è detto di sopra. Siccome poi l'essere moltiforme dei movimenti propri dei corpi inferiori si riduce, come in sua cagione, alla uniformità de' moti celesti; così l'essere multiforme degli atti derivanti dall' intelletto e dalla volontà, si riduce in quel principio uniforme, che è la divina volontà..... Sapiens

homo dominatur astris; con che si vuol significare che il sapiente signoreggia le sue passioni.

Per virtù del libero arbitrio l'uomo si parte dagli animali bruti ed è costituito in dignità quasi divina. Il libero arbitrio è la più preziosa delle doti largite da Dio all'uomo. COMMEDIA, Parad. 5. 19.

Lo maggior don, che Dio per sua larghezza
Fesse creando e alla sua bontade

Più conformato, quel ch'ei più apprezza,

Fu della volontà la libertade,

Di che le creature intelligenti,

E tutte e sole furo e son dotate.

Ma che cosa propriamente s'intenda per libero arbitrio, molti non bene comprendono. DELLA MONARCHIA. Il principio primo della libertà nostra è la libertà dello arbitrio, la quale in bocca l'hanno molti e pochi nello intelletto. Perchè insino a qui e' pervengono, il libero arbitrio essere libero giudizio di volontà; e dicono il vero: ma quello che s' importi per queste parole, di lungi è da loro: siccome tuttodi i nostri logici fanno di molte proposizioni, le quali per dare esemplo mescolano tra le cose di logica, come fanno di questa: Il triangolo ha tre lati che sono eguali a due retti. Però dico che il giudizio è mezzo tra l'apprensione e l'appetito: imperocchè prima la cosa s'apprende e poichè ella è compresa, si giudica buona o mala; e ultimamente colui che ha giudicato o la seguita o la fugge. Adunque, se il giudizio muove in tutto l'appetito e non è in alcun modo da lui prevenuto, certamente è libero. Ma se il giudizio è mosso dallo appetito in qualunque modo preveniente, non può essere libero, ma è menato da altri preso. Di qui avviene che i bruti non possono avere libero arbitrio, perchè l'appetito sempre previene il loro

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