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nel quale io comprendessi la sentenza di questa ragione. E allora feci il sonetto: Lasso per forza, ecc.

La sentenza di questa ragione; cioè, qualche cosa, che indichi sensibilmente, o vogliam dire, adombri questo ragionamento, ovvero discorso. Ragione, per discorso, come nella COMMEDIA. Inf. 11, 68. Assai chiaro procede La tua ragione. Ivi, 11, 13. Come udirai con aperta ragione. CONVITO. Canz. prima stanz. 5. Canzone, io Color che tua ragione in

credo che saranno radi

tendan bene.

E infatti nel sonetto, Lasso per forza, ecc. è puramente adombrato che i pensieri e i sospiri del Poeta sono diventati angosciosi per effetto della memoria di Beatrice, con queste parole: Perocch' egli hanno in sè li dolorosi Quel dolce nome di Madonna scritto, E della morte sua molte parole. Tanto anzi leggermente adombrato, che senza l'aiuto della prosa poco forse se ne potrebbe indovinare. Con dire: E se non tutte, almeno la loro sentenza, il Poeta trovò modo, come naturalmente procurar doveva, di adombrare perfino il proposito suo di parlare sotto velo, perocchè sarebbe stato incongruo, anzi stolto il dichiarare con aperta parola, che gli conveniva parlare in modo coperto. Ciò quanto alla sentenza delle molte cose.

Quant'è poi alla sentenza delle parole, intendi: E se non le parole rimate, quali e quante sono scritte nel libro della memoria, almeno la loro sentenza. Perocchè, convien sapere che alcune rime della Vita Nuova si trovano avere lo stesso soggetto, e talvolta gli stessi concetti di altre, che di essa Vita Nuova non fanno parte. Onde nasce la conghiettura che il Poeta, all'atto di comporre questo suo libretto, alcune poesie, già innanzi mandate fuori, abbia rifatte o modificate a fine di accomodarle all'argomento, salva la loro sostanza. Ne sia

esempio il sonetto, ch'è sotto il §. XXII, confrontato con l'altro, estraneo alla Vita Nuova: Onde venite voi, ecc. Il primo è questo:

Voi, che portate la sembianza umíle,

Cogli occhi bassi mostrando dolore,
Onde venite, che 'l vostro colore
Par divenuto di pietà simíle?
Vedeste voi nostra donna gentile

Bagnata il viso di pianto d'amore?
Ditelmi, donne, chè mel dice il core,
Perch'io vi veggio andar senz'atto vile.

E se venite da tanta pietate

Piacciavi di restar qui meco alquanto,
E checchè sia di lei, nol mi celate:
Ch'io veggio gli occhi vostri ch'hanno pianto,
E veggiovi venir sì sfigurate,

L'altro:

Che il cor mi trema di vederne tanto

Onde venite voi così pensose?

Ditelmi, s'a voi piace, in cortesia :
Ch'io ho dottanza, che la donna mia
Non vi faccia tornar così dogliose.
Deh! gentil donne, non state sdegnose,
Nè di ristar alquanto in questa via,
E dire al doloroso, che disía
Udir della sua donna alcune cose,

Avvegnachè gravoso m'è l'udire;

Sì m'ha in tutto Amor da me scacciato

Ch'ogni suo atto mi trae a finire.

Guardate bene s'io son consumato;

Ch'ogni mio spirto comincia a fuggire;
Se da voi, donne, non son confortato.

Come chiaramente si vede, la materia de' due sonetti è una, tranne che nel primo non si parla dello stato del Poeta, come nel secondo. Ma lo stato del Poeta nella

Vita Nuova è ritratto in altro sonetto, che a quello primo tien dietro; dove il Poeta fa che le interrogate donne rispondano a questo modo:

Se' tu colui, ch'hai trattato sovente

Di nostra donna, sol parlando a nui?
Tu rassomigli alla voce ben lui
Ma la figura ne par d'altra gente.
E perchè piangi tu si coralmente,
Che fai di te pietà venire altrui?
Vedesti pianger lei, chè tu non pui
Punto celar la dolorosa mente?

Lascia piangere a noi, e triste andare.
(E fa peccato chi mai ne conforta)
Che nel suo pianto l'udimmo parlare.

Ella ha nel viso la pietà sì scorta,

Che qual l'avesse voluta mirare,
Saría dinanzi a lei caduta morta.

Sicchè non pare senza fondamento l'opinione, che l'autore, messosi all'opera, rifiutasse i sonetto già prima divulgato, Onde venite voi, ecc.; e si valesse, in sostanza, della stessa materia per fare i detti due della Vita Nuova. Simile discorso si può fare quanto alla Ballata, del S. XII. Ballata, io vo' che tu ritrovi Amore; in grazia della quale il Poeta sperava di riguadagnare il saluto di Beatrice. Il soggetto di questa ballata è, in pieno, quello medesimo della canzone, ch'è fuori della Vita Nuova, La dispietata mente che pur mira, ecc. E con l'una e con l'altra, il Poeta si propone di placare la sua donna, che levato gli avea il saluto. Così in quella, come in questa, vedesi espresso il concetto, che, senza l'intervento di Amore, o de' messi di Amore, sarà impossibile o difficile di ricoverare il sospirato saluto. — Nella ballata è toccata la cagione dello sdegno di Beatrice: Dunque perchè gli fece (Amore) altra guardare, —

Pensatel voi, dacch'e' non mutò il core. E questo medesimo è accennato nella canzone, dove dice: E ciò conoscer voi dovete, quando L'ultima speme a cercar

mi son messo.

La ballata dice: Madonna, lo suo cuore è stato Con si fermata fede. Che a voi servir lo pronta ogni pensiero.

E similmente la canzone: E voi pur siete quello ch'io più amo; ..., E in cui la mia speranza più riposa: Chè sol per voi servir la vita bramo, ecc. Solo che nella canzone il Poeta parla del suo misero stato; il che non fa nella ballata.

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Però de' suoi travagli narra la prosa che precede la ballata: Partitomi dalle genti andai in solinga parte a bagnare la terra d'amarissime lagrime.... E quivi chiamando misericordia alla donna della cortesia, e dicendo: Amore, aiuta il tuo fedele, ecc. Altra comparazione potrebbe farsi della prosa, e della canzone: Donna pietosa e di novella etate, ch'è sotto il §. XXIII, con l'altra canzone non compresa nella Vita Nuova: Morte, perch' io non trovo a cui mi doglia. Il fondo di questa e di quelle, è il presentimento, che ha il Poeta, della morte di Beatrice. La prosa: Io immaginava di guardare verso il cielo; e pareami vedere moltitudine di Angeli i quali tornassero in suso, ed avessero dinanzi loro una nuvoletta bianchissima.... E pareami, che questi angeli cantassero gloriosamente; e le parole del loro canto mi pareva che fossero queste: Osanna in excelsis. La relativa canzone: Levava gli occhi miei bagnati in pianti, - E vedea (che parean pioggia di manna). Gli angeli che tornavan suso in cielo, Ed una nuvoletta avean davanti, Dopo la qual gridavan tutti: Osanna; E l'altra canzone ch'è fuori della Vita Nuova: Che mi par già veder lo cielo aprire, E gli angeli di Dio quaggiù venire,

F. PASQUALIGO, Pensieri sull' allegoria della Vita Nuova.

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Per volerne portar l'anima santa

Di questa in cui onor lassù si canta. Altri simili esempi potremo addurre, ma tanto qui pare che basti.

Chi poi ben consideri il magistero delle rime omesse e quello dei versi inscritti nella Vita Nuova, di leggieri si accorgerà, che il Poeta si mostri in questi assai più provetto nell'arte che non sia in quelle; onde cresce la ragione di credere che alcuni componimenti della prima giovinezza siano stati dall'Autore rifusi in età più matura, secondo la maggiore esperienza, e l'esigenze del lavoro ch'egli avea tra mani. E ciò tanto più, che non par probabile, come poesie fatte in diversi tempi, e in diversa condizione d'animo, e quando l'Autore certo non pensava a comporre questo suo famoso libretto, potessero cospirare a quell'unità ed armonia di concetti e di forma, che si richiede in un'opera d'arte.

Del resto, che Dante, delle sue poesie, altre nel lavoro ricusasse e altre accettasse, si pare anche per quelle parole del §. V.: Con questa donna mi celai per più anni e mesi; e per più fare credente altrui, feci per lei alcune cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere qui. A suo luogo si procurerà di dire le ragioni, per le quali Dante fu indotto a riformare in simil modo alcuni dei suoi poetici componimenti.

In conclusione, il detto: e se non tutte almeno la loro sentenza, riferito alle molte cose, suona: e se non tutte esse cose, almeno il loro adombramento; riferito. alle parole, suona; e se non tutte le rime, almeno la loro sostanza.

S. II.

Nove fiate già, appresso al mio nascimento, era tornato lo cielo della luce quasi ad un medesimo punto,

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