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Il monosillabo sì, il quale per rispetto ai molti, di cui è trattato addietro, s'è ricevuto come riempitivo, può anche pigliarsi come pronome, e così intendere; i quali non sapeano che sè chiamare; cioè non sapeano che cosa chiamare sè medesimi; che è quanto dire, non conoscevano sè stessi. Che, per che cosa. COMMEDIA, Purg. 28. 46. Vengati voglia di trarreti avanti, Diss' io a lei, verso questa riviera,

che tu canti.

Tanto che io

-

possa

intender

Chiamarsi, per conoscersi, riconoscersi, stimarsi. Onde, chiamarsi in colpa, per riconoscersi in colpa. VIRGILIO, Eneid. 12. 600. « Chiama sè cagione e colpa e capo de' mali ». BIBBIA, Levit. 13. 45. « Chiamerà sè contaminato e sordido ».

Inoltre, chiamarsi per essere; come quando, a mo' d'esempio, diciamo: questa si chiama giustizia; intendendo, questa è giustizia.

Il famoso motto, nosce te ipsum, che taluni attribuiscono a' sette sapienti della Grecia, ed altri a Chilone, a Talete, a Solone, e all'oracolo stesso di Apollo, fu ripetuto poscia da poeti e filosofi, e si tenne per fondamento di tutta l'antica sapienza; e, come scrive un moderno filosofo, perpetuamente ripetesi come dovere della nostra natura, come legge di ogni umana esistenza, come necessità per aver lume e modo a far ciò che si debbe, a governarci colla ragione e colla giustizia, a usar bene la forza del corpo, della mente e dell' animo, a esercitare la nostra libertà, senza offendere quella degli altri, a non scompagnare mai dal diritto il dovere, a dominare gl'impeti, e gli storti giudizi della passione, a vedere le cose come sono, non come c'importa che siano, a non mettere il proprio interesse innanzi al bene comune, a considerare e a fare rettamente la parte assegnata ad ognuno nel consorzio civile. PETRARCA, Trion. 3. 2. «< O misero F. PASQUALIGO, Pensieri sull' allegoria della Vita Nuova.

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colui che i giorni conta, E pargli l'un mill' anni, e indarno vive, E seco in terra mai non si raffronta! »> PERSIO, Sat. 4. « Come nessuno tenta di discendere in sè medesimo, nessuno!.... Abita teco stesso e vedrai quant'è povera la tua suppellettile ». GIOVENALE, Sat. 11. 27. 55. Dal ciel ne scese, e in ogni mente impresso Vorrei quel detto: esamina te stesso. — O di marital nodo, te di seggio Sacro in senato stimoli la cura, - O di cause tu assuma arduo maneggio, Pesati, e di tue forze t'assicura. « Ivi, 33 ». Interroga te medesimo per dirti chi sei (te consule, dic tibi quis sis).

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Dic tibi quis sis, sappi che cosa chiamarti, conosci te stesso, conosci il tuo quid, ossia la tua quiddità, come direbbero gli scolastici.

Non può trovare la Beatrice allegorica chi non discende in se stesso; perchè non trova Dio chi non trova prima se stesso, SENECA, Lett. a Lucil. 31. « Nè a procacciarti la felicità bastano la bellezza e le forze, che senton pur esse i danni della vecchiezza; ma rintracciar devesi ciò che non deperisca coi giorni, che non soffra opposizione di sorte, che non ammetta desiderio di alcuna cosa migliore. E questo che è mai? L'animo; ma è d'uopo che grande, buono, retto egli sia; e se è tale, gl'imporrai tu altro nome, che non è quello d'un Dio che viene ad albergare nell' uman petto?» Ivi, lett. 32. « Desideri, sapere perchè gli uomini sono sempre bramosi? Perchè niuno giunse a possedere sè stesso ». Ivi, Lett. 41. « Dentro di noi uno spirito sacro risiede scrutatore e vindice de' mali, e de' beni nostri, e che si diporta verso di noi di quella guisa che noi ci diportiamo verso di lui. L'uomo dabbene senza Dio non è nulla: poichè v' ha forse alcuno che possa rendersi maggiore della fortuna, ove non sia dal nume soccorso? ». Ivi, Lett. 87. « Domandi che cosa sia che faccia l'uomo

sapiente? La stessa che Dio. Conviene che tu gl'impartisca alcun che di celeste, di stupendo e divino .... Anche il sommo bene ha una fede sua propria: non nasce dove l'avorio, nè dove il ferro. E vuoi sapere quale sia il luogo proprio del sommo bene? È l'animo: Ma l'animo, se non è puro e santo, non può capire Iddio ».

Non può capire la Beatrice allegorica chi non ha l'abito di piaceri intellettuali, che è quanto dire, chi non ha l'animo semplice. V. N. §. III. Lo verace giudicio di detto sogno non fu veduto allora per alcuno, ma ora è manifesto alli più semplici. I quali sono assai rari; perchè il Poeta per semplici non intende già la gente volgare e idiota, ma i semplici di cuore; tanto rari che certo niuno dopo lui fino a' dì nostri; e due soli forse, essendo in vita il Poeta, compresero appieno la Beatrice allegorica, e il vero significato del sogno di cui egli parla. Due soli forse, Guido Cavalcanti e Cino da Pistoia, sia per la comunanza degli studii, e dopo letta la Vita Nuova (se pure tanto visse il Cavalcanti da poterla leggere), o sia per essere informati dallo stesso amico Poeta. CONVITO, 1. 4. La maggior parte degli uomini vivono secondo senso, e non secondo ragione, a guisa di pargoli; e questi cotali non conoscono le cose se non semplicemente di fuori, e la loro bontade, la quale a debito fine è ordinata, non veggono, perocchè hanno chiusi gli occhi della ragione.

Non può capire o almeno sentire la Beatrice allegorica; non può conoscere le inferne, le terrestri e le celesti cose chi non conosce sè stesso. RICCARDO DA S. VITTORE, Beniam. major 1. 3. 7. « Vedi quanto valga all'uomo la piena cognizione di sè medesimo! Poichè per essa egli è fatto abile a conoscere le cose tutte, celesti terrestri ed inferne ». Di Riccardo da S. Vittore il Poeta nella

COMMEDIA, (Parad. 10. 132.) dice: Che a considerar fu più che viro.

Dal cielo della fantasia l'uomo si eleva a quello della ragione, e dal cielo della ragione a quello dell' intelletto. Il mistico viaggio di Dante per i tre regni, spiritualmente considerato, altro in sostanza non è che un discendere dell' uomo in sè stesso. Riccardo da S. Vittore, ivi 1. 3. 8. « E però se tu vuoi volare fino al secondo, od anche fino al terzo cielo, ti conviene passare per il primo. E se tu ti poni a scrutare le cose profonde di Dio, esamina prima il profondo dell'animo tuo. Davvero profondo, anzi strano e imperscrutabile è il cuore dell'uomo. Imperscrutabile senza dubbio, se non forse a colui che è spirituale. Perocchè colui che è spirituale giudica ogni cosa, ed egli non è giudicato da alcuno; chè solamente gli spirituali furono trovati degni di vedere le opere di Dio, e le meraviglie di lui nel profondo. Assicurati che in questo profondo tu troverai molte cose stupende e degne di ammirazione; ivi ti sarà dato discoprire quasi un altro mondo, spazioso veramente e ampio, ed alcun'altra pienezza di globo terrestre. Vi troverai una specie di terra col suo cielo, e non già con un cielo soltanto, ma con un secondo oltre il primo, e con un terzo oltre il primo e il secondo. E affinchè noi possiamo questo triplice cielo con giusta distinzione discernere, il primo dicasi immaginario; il secondo è ragionale, ed il terzo, intellettuale. Epperò l'immaginazione tiene luogo del primo cielo; la ragione, del secondo; l'intelligenza poi tiene luogo del terzo. E di vero il primo di essi, a paragone degli altri, è alcun che di grosso e corpulento, palpabile e corporeo, per quello che, essendo immaginario e fantastico, trae dopo sè, e in sè ritiene le forme e similitudini delle cose materiali. Gli altri due invece, raffrontati con questo, sono certamente sottili e affatto

incorporei, e dalla grossezza di esso molto discosti. Così pure questo cielo esteriore, che noi chiamiamo firmamento, consta senz'alcun dubbio, ch' egli è visibile e corporeo, e che di tutti egli è veramente il primo e l'infimo. Ciò che è la terra rispetto a questo cielo visibile, è quello che è il senso corporeo rispetto a quel cielo interno, fantastico e immaginario. Perocchè, come questo cielo visibile comprende in sè nell'ampiezza del suo ambito, ogni moltitudine che la terra genera e nutrisce, così l'immaginazione nel suo seno include le similitudini di tutte quelle cose che sono percepite dal senso ovvero dall'appetito supposte. Quindi è che nel primo cielo si contengono le immagini e similitudini di tutte le cose visibili. Al secondo cielo poi appartengono le ragioni di tutte le cose visibili, le definizioni, e le investigazioni delle cose invisibili. Spettano in fine al terzo cielo le comprensioni e le contemplazioni delle cose spirituali medesime, eziandio delle divine ».

Da queste parole del monaco scozzese avuto in sì gran conto dal Poeta, le quali abbiamo voluto riferire per esteso, per la molta loro importanza, e perchè gioveranno a comprendere altri punti che verremo via via illustrando, chi non vede nell' Inferno, nel Purgatorio e nel Paradiso della Commedia, i tre mondi interiori, della fantasia, della ragione e dell'intelletto? L'uomo che vuole ascendere senza prima discendere in sè stesso, si sforzerà invanamente; e troverà, così com'ha trovato il Poeta, le fiere che gli faranno perdere quel po' di altezza che avrà per avventura guadagnata. Coloro sanno vedere la Beatrice allegorica perchè non hanno mai procurato di conoscere sè stessi, possono rassomigliarsi a' que' poveri d'intelletto, che di una pittura non sanno vedere se non i colori, nulla comprendendo delle cose che le figure dipinte vogliono

che non

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