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AI LETTORI

Da Venezia il 27 gennaio 1882 il Cav. Francesco Pasqualigo indirizzava una lettera al chiaro dantista napoletano Vittorio Imbriani, nella quale, dopo averlo ringraziato del dono fattogli dell' opuscolo DANTE A PADOVA e dopo aver accennato ad alcune questioni dantesche, gli dice: « Il vostro gradito dono mi ha trovato assorto nella Vita Nova, di cui, dopo lunghe meditazioni e studî, parmi aver sciolto tutti i nodi, e scoperta l'intera allegoria, tanto che mi sentirei in grado di rispondere a qualunque quesito mi potesse venir fatto su ogni punto di essa. Tengo già quasi un monte di note e di memorie, ma non incominciai ancora a dettare il lavoro. Tanto se ne potrebbe fare un volume che quattro; ma vorrò essere breve più che posso. »

Fin dal 1880 però il Pasqualigo aveva incominciato a pubblicare qualche saggio delle sue dotte fatiche sull'aureo libello dantesco con articoli staccati, che videro la luce nel Baretti nel Movimento letterario italiano e nel Preludio. E in un articolo comparso nel numero diciasette (23 aprile 1882) del giornale napoletano della domenica intitolato: Ched' è la Beatrice volle enunciare

i principali risultati delle sue lunghe e profonde elucubrazioni.

« A chi legge attentamente la Vita Nova, ivi osserva l'autore, si offrono infiniti argomenti, per concludere, che il racconto è fittizio ed allegorico. Ma, se non una donna in carne ed ossa che cosa è adunque la Beatrice? Hoc opus, hic labor. La Vita Nova è una specie di tavola di Cebete: non la si può interpretare, senza grande studio e fatica.... La Beatrice non è alcun che di assoluto ed immutabile. Scorgesi in lei, come oggi si dice, un processo di evoluzione. La Beatrice da principio è la Pietà, la Pietà Cristiana, che poi dà luogo alla Scienza e finalmente, unita ad essa Scienza, diventa Sapienza. La Beatrice in sè, è un attributo di Dio, cioè la Pietà o l'amore divino: La Beatrice, in Dante, è un dono di natura, ossia, come direbbero i teologi, un dono dello Spirito Santo. »>

questo il germe del grande lavoro, che intendeval di fare sulla Vita Nova, al quale intanto venivasi apparecchiando con un nuovo commento alla tanto dibattuta e controversa canzone del primo amico di Dante, Guido Cavalcanti, Donna mi prega; ove largamente richiamò le mistiche ed argomentose dottrine dei nostri antichi scrittori e specialmente di Dante sull'essenza e qualità dell'amore. Il commento era compiuto fin dal 1887, chè di esso diede notizia all'Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti l'abate Iacopo Bernardi nella adunanza ordinaria del 17 aprile di quell'anno ', ma l'autore non lo pubblicò che l'anno 1891 nel suo Alighieri. La dotta fatica fu assai ammirata, ed anche recentemente Giulio Salvadori, pur non condividendo interamente le opinioni

1 Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, serie VI, vol. V, pag. 637.

dell'autore, ebbe a chiamare quel commento il più dotto e meditato tra i moderni. 1

Fu nel 1888 che il Pasqualigo cominciò a dettare i suoi pensieri sull' allegoria della Vita Nova; ma di poco potè avanzare lo studio, chè altro ideale doveva ritorcere tutta la sua cura. Voleva egli fondare una rivista di cose dantesche, che dovesse rappresentare fedelmente, fin là dov'è possibile, tutto quanto avviene entro l'ambito degli studî danteschi nella penisola e fuori; che dovesse trattare questioni importanti non solamente circa la Divina Commedia, ma ancora sopra le Opere Minori; che si ingegnasse di sciogliere l'ancor chiuso enigma della Vita Nova e di ridurre alla più probabile lezione il Convito. Vasto, bello ed utile era il programma; ma alla sua attuazione si frapponevano mille difficoltà materiali e morali. Con animo però che vince ogni battaglia, seppe egli superare ogni ostacolo, seppe vincere ogni difficoltà e nell'aprile 1890 mandava in luce il primo fascicolo della rivista, alla quale aveva dato nome L'Alighieri. E così finalmente per merito ed iniziativa di questo veneto patrizio veniva colmato un vuoto, che certo non faceva onore al

bel paese ove il sì suona.

La pubblicazione di questo periodico, pubblicazione che a detta di alcuni suoi intimi gli faceva perdere il sonno e i polsi, non gli impedì di continuare a stendere il commento alla Vita Nova. Tutti i ritagli di tempo, che gli sopravanzavano alla direzione e collaborazione

1 Salvadori G. Guido Cavalcanti, studî.

a pag. 70.

La poesia giovanile e la canzone d'amore di

- Roma Società editrice Dante Alighieri 1895,

2 Vedi l'Alighieri anno I, pag. 1-4.

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