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sione essendo del quindicesimo secolo, scorrettissima e storpia, io l'ho alla moderna ortografia ridotta, per più facile intelligenza delle persone anche meno erudite; e a forza di congetture, se alla vera lezione non l'ho restituita, holla almeno migliorata d'assai. La seconda cosa è, che avendo Dante nel suo Libro Della Volgare Eloquenza (*) tre stili distinti, il Tragico, cioè, il Sublime, il Comico, cioè l' Umile, e l' Elegiaco ai dolenti dicevole e a'miseri, di quest'ultimo ha egli voluto con sommo giudizio in questo suo volgarizzamento valersi, più che del Sublime, o del Comico, in altre sue opere usati. E oso dire, che atteso anche solo tal capo, questa traduzione merita d'essere antiposta a quant' altre di questi Salmi sieno state mai fatte, che non son poche: da che in essa più, che in ogni altra, la semplicità e la naturalezza in uno colla divozione e coll' umiltà compariscon per tutto, come il sangue nel corpo, diffuse. Non è per ciò, che non si dieno a vedere di tratto in tratto le espressioni, e i pensieri, la libertà del rimare e il far proprio del nostro interprete; intantochè chi è versato nell' altre sue poesie, senza pur essere prevenuta, che questo fosse sua versione, non potrebbe a men di non dire: Questo è lavoro di Dante. Ma è, perchè ha egli saputo sì bene adattare l'idee del dire al suggetto, che quanto nell' altre sue opere agli altri Poeti ei sovrasta, altrettanto in questa per maestria e per giudizio gli avanza.

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La terza cosa è, che Dante fu ognor Uomo d'intelletto libero: onde si gloriava, al riferire di Pietro suo figliuolo, che non mai nè le parole, nè le rime lo avevano fatto dir cosa, ch'egli non avesse voluto dire: ma bensì egli le parole e le rime aveva mai sempre a' suoi concetti, e a' suoi voleri piegate. Per questo suo libero genio pertanto in questa sua Traduzione non volle egli servilmente alle parole del Testo attenersi, nè questo, o quell' altro Interprete nella spiegazione seguire: ma coll'alta sua mente piena di savere e di lumi, internandosi egli nel fondo de' sentimenti Davidici, questi, quali egli giudicò al suo parere che fossero, venne egli in questo suo volgarizzamento accomodando alla Italiana Poesia. Ciò è stato cagione, che alcuni, non ravvisando in esso quella conformità col Testo latino, che al primo aspetto sembra nel vero mancargli, abbiano il medesimo Volgarizzamento creduto opera di pianta ideata da Dante. E di qui è per avventura, che nella copia stampata, qui sopra detta, vi fu falsamente posto in fronte il seguente titolo: Li sette Salmi Penitenziali, che fece Dante stando in pena. Ma se sieno essi una semplice Versione, e quale essi sieno, e con qual fondo fatta, il vedrà il Leggitore medesimo da sè stesso: al qual effetto ho io voluto qui a bello studio apporvi di rincontro il Testo latino della Volgata.

Questo immortale Poeta, che fu pieno di religione e di fede davanti a Dio, molte altre divote cose trasportò al suo modo alla volgar Poesia, che si sono dagl' Impressori neglette, e lasciate nelle prime antiche Edizioni a consumarsi dal tempo, e a disperdersi. Queste però quasi comunemente dimenticate, o sconosciute, voglio io qui soggiungere a questa Traduzione de' Salmi: onde tra tanta copia di Libricciuoli Spirituali, de' quali per uso delle persone divote è ripieno il Mondo, uno ancora ce n'abbia in rime, che

(*) Cap. IV.

gradir possa giustamente a' Poeti, e servir loro con frutto. Nè migliori, o più grate cose saprei io lor metter davanti, che quelle, che o il Maestro dell'orazione Gesù Cristo c'insegnò, o il divino suo Spirito suggerì alla Chiesa sua Sposa. Esse volgarizzate in versi dal nostro Alighieri si trovano dopo il divino suo Poema nell' Edizione fatta in Venezia per lo Spira nel 1477 coi Comenti, supposti di Benvenuto da Imola; e in quella fatta in Milano per Lodovico e Alberto Piemontesi nel 1478 coi Comenti, supposti del Terzago, amendue in foglio: donde io le ho qui tratte, con mutar loro precisamente nell'usitata la vecchia ortografia. Il titolo, ch' ivi portano è, Il Credo di Dante, volendo dire, ch'esse erano come la Profession della Fede, o sia l'Epilogo di quel, che Dante credeva. E al medesimo effetto servir esse potranno altresì in oggi a'Poeti: onde ogni di recitandole, fia perciò noto agli altri, la lor Religione qual sia.

Finalmente per agevolare l'intelligenza di tutte queste Rime alle persone meno ancora intendenti, ho giudicato di accompagnarle con alcune Annotazioni, altre delle quali sieno come teologiche, ed altre gramaticali. La condotta de' Salmi, e molti lor sensi non si sarebbono per una parte da tutti agevolmente senza esse penetrati: e varie espressioni per l'altra, e varie licenze e parole, dal Volgarizzatore usate nella sua Versione, avrebbon potuto, altre oscurarne l'intendimento, altre avvilirne la stima. Perciò, affinchè niun ostacolo si attraversasse alla divozione di chinque di queste Rime valer si volesse con animo cristiano e divoto, io ho riputato pregio dell'opera il giuntarvi questa fatica.

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1. Signor, non mi riprender con furore,
E non voler correggermi con ira,
Ma con dolcezza e con perfetto amore (1).
Io son ben certo, che ragion ti tira

Ad esser giusto contro a' peccatori;
Ma pur benigno sei a chi sospira (2).
2. Aggi (3) pietate de' miei gravi errori:
Però ch' io sono debile ed infermo,
Ed ho perduti tutti i miei vigori (4).
Difendimi, o Signor, dallo gran vermo (5),
E sanami, imperò ch'io non ho osso,
Che conturbato possa omai star fermo (6).

PSALMUS I.

1. Domine, ne in furore tuo arguas me: neque in ira tua corripias me.

2. Miserere mei, Domine, quoniam infirmus sum: sana me, Domine, quoniam conturbata sunt ossa mea.

3. E per lo cargo (7) grande e grave e grosso, 3. Et anima mea turbata est valde: sed tu, Do

L'anima mia è tanto conturbata,

Che senza lo tuo aiuto io più non posso. 4. Aiutami, o Signor, tutta fiata (8):

Convertimi al ben fare presto presto (9):
Cavami l'alma fuor delle peccata (10).
Non esser contra me così molesto (11),
Ma salvami per tua misericordia,

Che sempre allegra il tristo core e mesto;

mine, usquequo?

4. Convertere, Domine, et eripe animam meam: salvum me fac propter misericordiam

tuam.

5. Perchè (12), se meco qui non fai concordia, 5. Quoniam non est in morte qui memor sit tui:

Chi è colui, che di te si ricorde (13)
In morte (14), dove è loco di discordia?
6. Le tue orecchie, io prego, non sien sorde
Alli'sospiri del mio cor che geme,
E per dolore sè medesmo morde.
Se tu discarghi il cargo, che mi preme (15),
Io laverò con lagrime lo letto,

E lo mio interno e notte e giorno insieme. 7. Ma quando io considero l'aspetto

Della tua ira contr' a' miei peccati,
Mi si turbano gli occhi e l'intelletto.
Però che i falli miei sonsi invecchiati
Più che gli errori de' nemici miei (16),
E più, che le peccata de dannati.
DANTE. Opere Minori.

in inferno autem quis confitebitur tibi?

6. Laboravi in gemitu meo: lavabo per singulas noctes lectum meum: lacrymis meis stratum meum rigabo.

7. Turbatus est a furore oculus meus: inveteravi inter omnes inimicos meos.

19

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1. Beati (1) quelli, a chi son perdonati
Li grandi falli e le malizie loro,
E sono ricoperti i lor peccati.
2. Tutti beati ancora son coloro,

Che senza iniquità si troveranno
Innanzi al Trono del celeste Coro (2).
E quei tutti beati ancor saranno,
Ai quali Dio e gli Angeli del Cielo
Alcun peccato non imputeranno.
3. Ma io avendo innanzi agli occhi il velo
Dell'ignoranza, e ciò non conoscendo,
Ho fatto come quei, che teme (3) il gelo;
Che stanno stretti (4), e nulla mai dicendo,
Ed aspettando, che il calor gli tocchi (5),
E qua e là si vanno rivolgendo.
E poi ch'io ebbi in tutto chiusi gli occhi,
L'ossa mie, e i miei nervi s'invecchiaro (6),
Gridando io sempre,come fan gli sciocchi (7).
4. E benchè giorno e notte, o Signor caro,
La tua man giusta mi gravasse molto,
Pur nondimen mai ti conobbi chiaro.
Ma ora, che del viso tu m'hai tolto

Il velo oscuro, tenebroso e fosco,
Che m'ascondeva il tuo benigno volto;
Come colui, che, andando per lo bosco,

Da spino punto, a quel si volge e guarda (8),
Così converso a te ti riconosco.

5. La penitenza mia è pigra e tarda;

Ma nondimen dicendo il mio peccato,
La mia parola non sarà bugiarda (9).
Ma sai, Signor, che t'ho manifestato (10)
Già l'ingiustizia mia e'l mio delitto,
E lo mio errore non ti (11) ho celato.
6. E molte volte a me medesmo ho ditto:
Al mio Signore voglio confessare
Ogni ingiustizia del mio core afflitto.
E tu, Signore, udendo il mio parlare,
Benignamente, e subito, ogni vizio
Ti degnasti volermi perdonare.
7. Ed imperò nel tempo del Giudizio

Ti pregheranno insieme tutti i Santi,
Che tu ti degni allora esser propizio (12).
8. Ma gli orrori degli uomini son tanti (13),
Che nello gran diluvio di molt'acque
Nelle fatiche non saran costanti.
Non s'approssimeranno a quel, che giacque

8. Discedite a me, omnes, qui operamini iniquitatem: quoniam exaudivit Dominus vocem fletus mei.

9. Exaudivit Dominus deprecationem meam : Dominus orationem meam suscepit.

10. Erubescant et conturbentur vehementer omnes inimici mei: convertantur et erubescant valde velociter.

PSALMUS II.

1. Beati, quorum remissae sunt iniquitates; et quorum tecta sunt peccata.

2. Beatus vir, cui non imputavit Dominus peccatum: nec est in spiritu eius dolus.

3. Quoniam tacui,inveteraverunt ossa mea: dum clamarem tota die.

4. Quoniam die ac nocte gravata est super me manus tua; conversus sum in aerumna mea, dum configitur spina.

5. Delictum meum cognitum tibi feci: et iniustitiam meam non abscondi.

6. Dixi: Confitebor adversum me iniustitiam meam Domino: et tu remisisti iniquitatem peccati mei.

7. Pro hac orabit ad te omnis Sanctus in tempore opportuno.

8. Verumtamen in diluvio aquarum multarum ad eum non approximabunt.

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