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Un atto dolce onesto-è gentil cosa,
Ed in donna amorosa-ancor mi aggrada,
Che in vista vada-altera e disdegnosa,
Non superba e ritrosa.

Amor regge suo imperio senza spada :
Chi smarrito ha la strada-torni indietro, ec.
Canz. ix, St. 1.

Ma quivi il Petrarca, dobbiamo dirlo, trop po fece sfoggio di rime, cosicchè la riportata poesia invece di avere il sostenuto andamento della Canzone, sembra aver piuttosto la maniera capricciosa e saltellante della Frottola o del Ditirambo. Meglio, a parer nostro, riuscì nella Canzone Vergine bella, oy' ei s' avvisò di essere assai più parco di una sola ponendone, e questa nel fine di ciascheduna stanza, nella guisa seguente:

rime intermedie

Soccorri alla mia guerra,

Bench' io sia terra,-e tu del ciel regina.
Canz. vIII, St. I.

Quella Canzone

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pur essa un compo

E poi s'accorse ch' ell' era mia donna,
Per lo tuo raggio ch' al volto mi luce,
D' ogni crudelità si fece donna;
Sicchè non par ch' ell' abbia cuor di donna,
Ma di qual fiera l'ha d' amor più freddo;
Che per lo tempo caldo e per lo freddo
Mi fa sembianti pur come una donna,
Per man di quel che me' intagliasse in pietra,ec.
Che fosse fatta d'una bella pietra
Canz. xv, St. 1.

Con sole cinque voci finali, cioè donna, tempo, luce, freddo, pietra potè adunque far l' Alighieri una Canzone, non breve al certo, perchè composta di sessantasei versi, la quale per la varietà e nobiltà dei concetti e per la proprietà delle espressioni come per l'artifizio poetico, può dirsi in ogni sua parte bellissima.

Questa maniera di poesia, se piacque a Dante talvolta, piacque altresì al Petrarca, il quale ci ha dato nel suo Canzoniere alquante di tali Sestine e semplici e doppie. Ma che dalla lunghezza e dalla tessitura delle sue Stanze, vien chia- in simili componimenti essendo il poeta obmata antica Sestina, è bligato (come or ora accennammo, e come nimento assai malagevole; perciocchè la ri- può vedersi dai riportati passi) a ripigliare petizione continuata delle stesse voci, e la in ciascheduna Stanza le voci colle quali terlontananza poco rimarcabile delle consonanze, che ei giunga a sortirne con plauso, non pominano i versi delle altre, è molto difficile facendolo per una parte sembrare un com- tendosi le parole stesse, se non per opera ponimento languido e di non molta grazia, di grande ingegno e di molto studio, facendolo per l'altra sottoposto ad espri- varietà accomodarsi de' sentimenti. Pertanto mere e ripetere press'a poco le stesse idee, è agevole assai, che la cosa stessa si ridica richiede nel poeta grande attenzione ed abilità non ordinaria a superare non solo le più volte, che si cada in freddure, e più pardifficoltà che presenta, ma a renderlo so- ni lambiccate e dei concetti non naturali. Inticolarmente che si pongano delle espressiostenuto, grave e maestoso. Bellissima pur

alla

non ostante è la Sestina dell' Alighieri, della fatti il Petrarca, anche al parer del Tassoquale diamo qui per saggio le due primeni, non sembra in tal genere di componi

Stanze :

Al poco giorno ed al gran cerchio d'ombra
Son giunto, lasso ! ed al bianchir de' colli
Quando si perde lo color nell' erba,
El mio disio però non cangia il verde,
Si è barbato nella dura pietra,
Che parla e sente come fosse donna.

Similemente questa nuova donna
Si sta gelata come neve all' ombra;
Chè non la move, se non come pietra,
Il dolce tempo che riscalda i colli,
E che gli fa tornar di bianco in verde,
Perchè gli copre di fioretti e d' erba, ec.
Sest. 1, St. I e II.

Ancor più difficile si è l' altro genere di Canzone, chiamata Sestina doppia: dalla seguente peraltro, di cui riportiamo una Stanza soltanto, potrà conoscersi quanto il nostro poeta fosse padre e maestro del dire per rima:

Amor, tu vedi ben che questa donna La tua virtù non cura in alcun tempo, Che suol dell' altre belle farsi donna.

mento essere riuscito con qualche felicità se non in uno o due al più di quelli; e un simil giudizio fu dato pur dal Sismondi, allor che nella sua Istoria della Letteratura del mezzogiorno dell' Europa imprese, fra le altre, a fare una censura delle Sestine di Messer Francesco.

Nel suo Libretto della Volgare Eloquenza dà l'Alighieri un saggio dell'arte poetica, e particolarmente diffondesi a parlare della Canzone, insegnando quali sono i vocaboli più propri, quale debb' essere la costruzione, la Stanza, la Rima di un tale componimento. A lui che erigevasi in precettore non mancavano dunque le cognizioni tutte dell'arte.

Che l'Alighieri e il Petrarca abbiano tratte molte idee, e il fondo, per così dire, delle loro erotiche poesie da' Provenzali, è in gran parte falso, perciocchè cosa degna del loro ingegno non trovasi in tali poeti (1). È

(1) Tassoni, considerazioni sopra le Rime del Petrarca. Modena 1609, pag. 7.

infatti fuor di dubbio che Dante meditò da per sè ne' più incliti autori, le leggi della poetica, e primo conobbe nel suo secolo le fonti della poesia, la quale, com' egli afferma, non aveva allora nè metodi, nè forme, nè lingua. Siccome però fu senza dubbio lá passione d'amore, che risvegliò in Dante il genio poetico, così fa d'uopo rammentarsi che assai di buon'ora, cioè fino dalla sua fanciullezza, fu preso a' lacci di due begli occhi e di un sembiante gentile.

Ma ben ti prego che in la terza spera Guitton saluti e Messer Cino e Dante, Franceschin nostro e tutta quella schijera.

Son. 246.

Quel tremore che Dante palesa essere in lui sopravvenuto allor che trovavasi alla presenza della gentilissima donzella (2), è non leggiero argomento del verace amor suo, ed assai chiaro palesa l' estrema sensibilità d'un cuore che non sapea resistere alle vive e suCh' egli poi ardesse di un purissimo affet- bitanee impressioni della passione amorosa. to verso Beatrice Portinari, nella quale egli Egli stesso ci fa sapere che nella sua gioamasse un essere corporeo e non un ente ventù, allorquando cioè cominciò a provar morale, siccome male taluni esclusivamente più forte la violenza della sua passione, socsuppongono, è argomento parecchie volte di- combeva talvolta a lungo scoraggimento (3), scusso, ed ancor di recente preso ampiamen- ed accusa quel silenzio della mente, che ne te a svolgere dall' eruditissimo Sig. Ferdi- pone in ceppi le facoltà, senza per altro dinando Arrivabene. Questo valente Scrittore struggerle. Ma la mente di lui, ricuperala non si appaga già di nude asserzioni, ma con la naturale elasticità, non più ristava fino a evidenza di fatti prova l'esistenza di cotesta tanto che non aveva conseguito il suo scopo. donna, allegando autorevoli testimonianze dei Tutti i suoi pensieri, tutte le sue operacontemporanei di Dante e di altri moderni zioni erano volte ad incontrare il gradimenscrittori, le cui sposizioni non vanno soggetto dell'oggetto amato: e poi che l'anima sua te nè ad interpretazioni, nè a dubbiezze (1). Pone egli di più sott' occhio a' leggitori tutto quello di che maestosamente va sublime il poeta, il quale non limitandosi a lodare l'oggetto della sua passione, si compiace inalzarlo altresì fra gli enti, cui è dato godere eterna beatitudine.

Lo cielo che non have altro difetto
Che d'aver lei, al suo Signor la chiede;
Canz. 1, St. II.

Madonna è desiata in sommo cielo;
Ivi, St. III.

andava l' innamorato poeta dicendo di Beatri-
ce, lei vivente; e, quella morta:

Ita n'è Beatrice in l' alto cielo,
Nel Reame ove gli Angeli hanno pace.
Canz. II, St. II.

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Il piacere della sua beltate,
Partendo se dalla nostra veduta,
Divenne spirital bellezza grande,
Che per lo cielo spande

Luce d'amor che gli Angeli saluta,
E lo 'ntelletto loro alto e sottile
Face maravigliar: tanto è gentile.
Ball. iv, St. II.

era tutta data a pensare di Beatrice, ei și propose di prender sempre mai per materia del suo parlare quello che fosse lode di questa onestissima femmina (4). Può ben dirsi con Foscolo, che se l'intelletto, così in Petrarca, come nell' Alighieri, ebbe virtù dai naturali e inalterabili movimenti del loro cuore, il fuoco però fu in Dante più profondo e concentrato, nè più d'una passione ardeva in quello ad un tempo (5).

Ecco com' ei di sè stesso sentiva:

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Egli prese a chiamar Beatrice sua salute e sua beatitudine, e ad affermare che in vista de' suoi gentili e dignitosi portamenti, si potevano dire di lei le parole d' Omero: ella non sembra figliuola d' uom mortale, ma d' alcuna divinità. E siccome una delle maggiori felicità giovanili di Dante consisteva nel dolcissimo saluto di Beatrice (6), La passione d'amor fu anzi nell' Alighie- così allorquando gli era dato goderne, la di ri una forse delle più costanti, a tal che be- lui anima schiudevasi alle più dolci emozioni: ne si avvisò il Petrarca di collocarne lo spi-e traendo non da una fredda imitazione, ma rito nella terza sfera, e fra le anime inna- da un caldo sentire e da un genio sommamorate: mente creatore e poetico gli accenti e le im

(1) Gli amori di Dante e di Beatrice tolti d'allegoria ec., Mantova 1823.

(2) Vita Nuova.

(3) Vita Nuova.

(4) Vita Nuova.

(5) Saggi sopra il Petrarca, pag. 177. Vita Nuova.

Io giuro per colui,

magini, dava al nascente Parnaso italiano con lealtà:
quelle liriche rime che tanto onore arrecar
gli dovevano. Al saluto di quella donzella
siam debitori del seguente impareggiabil So-

netto :

Tanto gentile e tanto onesta pare
La donna mia quand'ella altrui saluta,
Ch' ogni lingua divien tremando muta,
E gli occhi non l' ardiscon di guardare.
Ella sen va, sentendosi laudare,
Umilemente d' onestà vestuta,
E par che sia una cosa venuta
Di cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi si piacente a chi la mira,
Che dà per gli occhi una dolcezza al core,
Che intender non la può chi non la prova
E' par che della sua labbia si muova
Uno spirto soave e pien d' amore,
Che va dicendo all' anima: Sospira.

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Che Amor si chiama, ed è pien di salute,
Che senza ovrar virtute
Nissun puote acquistar verace loda.
Canz. xv, St. v.
Date(Amor) convien che ciascun ben si mova,
Per lo qual si travaglia il mondo tutto :
Senza te è distrutto

Quanto avemo in potenza di ben fare.
Canz. VIII, St. 1.

:

Quali effetti producesse in Dante questo amore per Beatrice, il palesa egli stesso getto amato un modello di gentilezza e di quando racconta, che considerando nell' ogonestà, si elevarono le sue idee, e si posero con esso a livello senti quindi in sè medesimo un cambiamento, nè più trovò l'uomo di pria sublimandosi le sue idee, il suo affetto altresì s' informò di spiritualità e di purezza, come la sua volontà acquistò rettitudine ed energia. « Questa improvvisa rivoluzione dell' interna parte di Dante ( scrive il Corniani nei secoli della Letteratura italiana) ci richiama al pensiero quell' altra simile, che Gio. Giacomo Rousseau asserisce essere avvenuta a lui stesso in una sua gita a Vincennes. Si potrebbe affermare che alcuni spiriti elevati vanno soggetti alle medesime modificazioni, o piuttosto ai medesimi trasporti di fantasia. »>

- «Questa gentilissima donna (Beatrice) » venne in tanta grazia delle genti, che quan» do passava per via, le persone correvano » per vederla; onde mirabile letizia me ne giungea: e quando ella fosse presso d' al» cuno, tanta onestà venia nel cuore di quello, >> che egli non ardiva di levar gli occhi, nè >> di rispondere al suo saluto; e di questo » molti, siccome esperti, mi potrebbero te>> stimoniare a chi nol credesse. Ella coro» nata e vestita di umiltà s' andava, nulla >> gloria mostrando di ciò che ella vedeva ed >> udiva. Dicevano molti poichè passata era: Sul fine della Vita Nuova havvi il passo » questa non è femmina anzi è uno delli seguente, nel quale l' Alighieri manifesta di » bellissimi Angeli del cielo. Ed altri dice- non voler più parlar di Beatrice se non in » vano: questa è una maraviglia: che bene- altro modo più condegno di quella bell'ani>> detto sia il Signore, che si mirabilmente ma, così dicendo: « Apparve a me una »sa operare Io dico che ella si mostrava » mirabil visione nella quale io vidi cose >> si gentile e sì piena di tutti i piaceri, » che mi fecero proporre di non dir più di >> che quelli che la miravano comprendevano » questa benedetta insino a tanto che lo non » in loro una dolcezza onesta e soave tanto,» potessi più degnamente trattare di lei e » che ridire non lo sapeano: nè alcuno era, » di venire a ciò, studio quanto posso, sic>> il quale potesse mirar lei, che nel prin- » com' ella sa, veracemente. Sicchè se piacipio non gli convenisse sospirare. Queste » cere sarà di Colui, a cui tutte le cose vi» e più mirabili cose procedeano da lei mi- » vono, che la mia vita per alquanti anni >> rabilmente e virtuosamente. »> In tal » perseveri, spero di dire di lei, quello che guisa scriveva Dante di Beatrice nella Vita » mai non fu detto d' alcuna. » — Nuova, perchè l'amor suo era un'innocente È di qui evidente che, estinta Beatrice, inclinazione di un cuor gentile per donzella cominciava l' Alighieri a dare al suo amore adorna di tutti i pregi. Egli che con tanta una nuova e più sublime direzione, poichè energia ci lasciò descritti nelle sue opere appena applicatosi con quanto studio poteva tutti i moti e tutti i trasporti dell' infiam- all'acquisto delle filosofiche discipline, mimato suo cuore, si fa sempre gloria di es- rava già a far l'apoteosi di quella gentile donsere stato nell' amor suo per Beatrice gui-zella, col celebrarne nel preconcetto Poedato pel sentiero della virtù, ed esclama ma (1) le virtù, anzi col formar di Lei la

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(1) Noi siamo d'opinione, e crediamo poter fino ad un certo segno provare, che l' Alighieri si proponesse scrivere, e fors' anche incominciasse, il suo maraviglioso poema (del quale il principal personaggio esser doveva la diletta Beatrice) nell' età press' a poco di

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cinque lustri, quando cioè trovavasi frai vivi quella gentilissima donzella, che fu senza alcun dubbio la prima causa movente lo svi luppo dell' immenso ingegno di Dante.

Narra il Boccaccio nella vita del nostro pocta (pag. 47.), e più diffusamente nel Com

Virtude istessa. Questo secondo amore, che chiameremo intellettuale, nuovo di forma e di sostanza, da Dante veramente creato e sentito, siccome dal Petrarca forse pure immaginato, fu quello, dice il Biagioli, che ogni

influenza sulla mente innamorata operando, fu in lui priucipio e seme d'ogni ben fare, stimolo a virtù, eccitamento al valore, e fonté di tanti concetti impossibili a formarsi da ogni altro umano discorso; amore infine, il

mento alla Divina Commedia, che l'Alighieri ille satis intelligens Dominus bene notata aveane composti sette Canti innanzi l'esilio. ostendit fideliter Danti, rogans, ut non diEgli asserisce di aver ciò inteso da un cu- mitteret sine fine opus, cui fecerat tam algino, per parte di sorella, di Dante istesso, tum principium. Dantes, opere viso, fertur da Andrea cioè di Leone Poggi, il quale tro- dixisse: Redditus est mihi maximus labor vati quei setti Canti in certi forzieri, sottratti cum honore perpetuo. Ergo fato volente, al faror della plebe, più vaga di preda che et Marchione instante, non sine magno labodi vendetta, portolli a leggere a Dino di Mes-re conatus resumere altam phantasiam quam ser Lambertuccio Frescobaldi, che dallo stile e dalla profondità della materia argomento esser opera dell' Alighieri.

omiserat, incepit de novo procedere et continuare materiam inchoatam. » —

Di questo fatto abbiamo dunque tre storiche autorità, per abbatter le quali non ci sono dati sufficienti e positivi. Anzi il Boccaccio e Benvenuto pretendono vedere a chiare note indicato il punto della continuazione in quelle parole del primo verso del Canto VIII. I' dico seguitando, ec. Vediamo adesso se le prove intrinseche, che dalla cosa istessa possiamo trarre, smentiscono o convalidano la nostra opinione.

Leonardo Bruni, il quale protesta di non avere, per la Vita di Dante da lui composta, attinte le notizie che da pure fonti e sicure, e di non avere, siccome il Boccaccio, scritta una novella invece di una storia, non avrebbe mancato, nella stessa guisa che ha fatto in molte altre cose, di contradire in un tal punto al Certaldese, quando questi non avesse seguita la verità; allorchè con tante particolarità racconta come seguisse la perdita e il Nella Vita Nuova Dante dopo aver detto ritrovamento di quei primi sette Canti, e come che si propose di prender sempre mai per maDante proseguisse quel lavoro nel tempo del teria del suo parlare quello che fosse lode sue esilio, a ciò spronato dal marchese No- della gentilissima Beatrice, aggiunge, rinnoroello Malaspina, cui il Poggi e il Fresco- vando il suo proponimento, che poco appresbaldi rimisero i rinvenuti Canti, affinchè in so la morte di lei stabili di trattarne in un mano di Dante li riponesse. Ma il Bruni in- modo più degno, e che per giungere a ciò, vece convalida e certifica la narrazione del studiava quanto poteva: sicchè se piacere fosBoccaccio, dicendo (pag. xx.) che Dante co- se stato di Dio, che la sua vita per alquanto minciò la sua principale opera, cioè la Di-perseverasse, sperava dire di Beatrice quello vina Commedia, avanti la cacciata sua, e che dipoi in esilio finilla.

che mai era stato detto d'alcuna.

Ecco adunque una solenne promessa dell'Alighieri di volere erigere un gran moaumento del suo letterario ingegno alla memoria dell'amata donzella. Ma nel passo di Dante non abbiamo soltanto una vaga e nuda promessa: abbiamo di più che quegli studiava quanto poteva, sicchè chi avesse allora ascollate le sue parole, avrebbe dovuto ripromettersi un lavoro degno di lui e di cotanti suoi studi.

Benvenuto da Imola, il quale scrisse il suo Commento alla Divina Commedia nell' anno 1376, soli 55 anni dopo la morte di Dante, racconta pur egli il fatto narrato dal Boccaccio. Dantes, egli dice, quando expulsus fuit de patria, fecerat de opere suo solummodo septem Capitula. Quum autem, more exulum, incertus suae fortunae, pluribus annis vagus, moraretur cum diversis Dominis, noluit Divina Providentia quod tam egregium Ma vorremmo noi dubitare che Dante non opus perderetur. Accidit ergo, quod quum più si curasse di attenere la sua non forzata quidam rimaretur inter certas scripturas promessa? Non è pure da porsi in campo una Dantis, in quibusdam confinis portatas ad simil questione. Come, con quali dati, con loca sacra, quando ingrata turba magis avida quanta probabilità potremmo noi dire che praedae quam iustae vindictae, cucurrerat Dante obliasse per sempre la sua Beatrice? ad domum eius, reperit dicta septem Capi- Improbabile essendo che l'Alighieri non mantula. Quibus cum admiratione lectis et in- dasse ad effetto il suo proponimento, resta a spectis, subtraxit sagaciter de loco ubi erant, vedersi quale sia quell' opera, che esser doet portavit ad quemdam civem nomine Di-vea consacrata a dire di Beatrice ciò che mai era stato detto d'alcun' altra donna.

num,

eo tempore famosum eloquentem in Florentia. Questo Dino, l'abbiamo già detto, è il Frescobaldi, non però il Compagni lo storico, siccome malamente opinò il Muratori. Et breviter pro perfectione operis imperfecti miserunt ista Capitula Marchioni Marcello Malaspina, cum quo tunc Dantes crat. Quae

Esser non può quest'opera il Libretto della Vita Nuova, poichè Dante si propose scriverla, terminato già quello. Esser non possono i Trattati de vulgari eloquio e de Monarchia, poichè quivi non si celebrano le doti e i pregi di donzella, e d'altronde conosciamo i mo

quale levandolo da queste nebbie mortali, il fe' poggiare sopra il cielo, e quivi contemplando l'ultimo nostro desio, indiarsi.

Poco dopo la morte di Beatrice, racconta il nostro Poeta nella Vita Nuova, di essersi

incominciato ad innamorare di un'altra Femmina. Ma della bellezza e sublimità del suo amore intellettuale cotanto egli era già acceso, che il terreno pensiero, il quale aveagli per alquanti giorni parlato di quella Fem

avesse per lo meno concepita l'idea della Divina Commedia. Di questa opinione son pure il Dionisi e l' Arrivabene. Ma se vuolsi che Dante, quantunque fermo nel proponimento, differisse l'esecuzione di quella grand' opera, noi diremo ch'ei la differi fino all'epoca in cui fosse stato in grado di parlar di Beatrice più degnamente, vale a dire fino all'epoca in cui egli avesse coll' assiduo studio acquistato i lumi della Filosofia e delle Scienze: la qual cosa dalle parole di Dante istesso (Convito, Trattato II, Cap. 111.) intendiamo esser avvenuta trenta mesi dopo la morte di Beatrice, quando Dante contava già sei lu

tivi che spinsero Dante a comporre quei due Libretti. Esser non possono le morali ed erotiche sue Canzoni, poichè se Dante ad elogio di Beatrice proponeasi scrivere Canzoni e Ballate, come mai poteva annunziare di voler dire quello che mai era stato detto d'alcuna? Non eran forse state mai scritte Canzoni e Ballate in lode di donna? Esser non può quest' opera il Convito, poichè l'autore, dopo averci fatto sapere (Trattato I. cap. I) che egli incominciò a scriver tal libro dopo l'anno 45 dell' età sua, epoca per vero dire un po' tarda a compiere la promessa, dice voler quivi parlare soltanto di filosofiche dottrine: anzi fino dal principio di quello (Tratt.stri d' età. 11, cap. IX.) si propone ed intende di non Intorno all' anno 1295 noi fissiamo pervoler punto (se non per incidenza) parlare tanto l'incominciamento della Divina Comdi Beatrice, cosi protestando: -Dell' im-media, o per dir con maggior precisione mortalità dell'anima ragionando, sarà bello l' incominciamento dei sette Canti rinvenuti terminar lo parlare di quella viva Beatrice da Andrea Poggi, nel rivedere i quali Dante beata, della quale più parlare in questo li-cosi esclamò alla presenza del Malaspina: Or dunque se nissuna Certo io mi credea, nella rovina delle mie cose, questi con altri miei libri aver perduti: e però per questa credenza e per la moltitudine delle altre fatiche per lo mio esilio sopravvenute, del tutto avea l'alta fantasia, sopra quest' opera presa, abbandonata. Ma poichè la fortuna inopinatamente me li ha rispinti dinanzi, ed a voi aggrada, io cer

bro non intendo.

di queste opere è quella che fu scritta da Dante per celebrare in alto e inusitato modo la sua Beatrice, esser dovrà necessariamente la Divina Commedia. Ma potrà oppormi taluno: Credete voi che il sacro poema sia l'effetto soltanto dell' amore? Dir non pretendo già questo; ma dico e sostengo che l'amor per Beatrice da una parte, siccome l'ira ghi-cherò di ridurmi a memoria il primo probellina da un' altra, il desiderio di fama, la sete di vendetta, ed altre umane passioni infiammarono il petto e la mente dell' Alighieri, si che in quell' opera ammirabile, la Divina Commedia, tutti diffondesse i tesori della sua dottrina e del suo ingegno sublime, come tutto palesasse lo stato del suo cuor tempestoso ed ardente.

posito, e procederò secondo mi fia data la grazia. » — Questi sette Canti esser doveano affatto terminati allor che Dante fu eletto del numero de' Priori, la suprema Magistratura della Repubblica Fiorentina; poiché non è presumibile che negli anni 1300 e 1301, i quali furono i più tempestosi della vita di lui, non tanto per le animosità delle fazioni cui Se dalla Vita Nuova non può trarsi molto dově opporsi, quanto per le cure gravose che vantaggio per l'intelligenza della Divina Com- fu costretto addossarsi, potess' egli attendere media, può trarsene grandissimo per l'argo- un istante a quel suo faticoso poetico lavoro. mento che adesso trattiamo. Nella prima Can- A prima vista crederà taluno poter distrugzone riportata da Dante in quel suo Libret-gere tutti gli argomenti, da me finora adto, leggesi alla Stanza seconda, che avendo gli Angeli e i Santi domandato al Signore di levar dalla terra al Cielo Beatrice, come quella che per l'eccellenza delle sue virtù, avrebbe fatta maggiore la festa del Paradiso, piacque a Dio risponder loro in tal guisa:

Diletti miei, or sofferite in pace,
Che vostra speme sia quanto mi piace
Là ov'è alcun che perder lei s'attende,

E che dirà nell' Inferno a' mal nati:
I'vidi la speranza de' beati.

dotti, coll' obbiettarmi: che, siccome l'epoca fittizia del poema è incontrastabilmente l'Aprile del 1300, e siccome l'allegoria della Selva, (in cui fin dal principio del poema dice essere entrato il poeta), rappresenta il governo di Firenze, nel quale sappiam con certezza essere entrato Dante l'anno suddet

to; cosi per questa ragione, come per l' almodo di predizione) di fatti posteriori al 1300, tra, che pur nella prima Cantica si parla (a non può la Divina Commedia, anzi la prima Cantica ed il Canto primo, supporsi scritta

Il qual passo prova evidentemente che l'Ali-avantichè quei fatti seguissero. ghieri allor che scrisse quella Canzone, cioè

Nissuna difficoltà possiamo avere nel connell'anno venticinquesimo circa del viver suo, I venire, che Dante finga intrapreso il suo poc

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