Falsa testimonianza a alcun non (a) faccia, Perchè col falso il ver si mette al fondo (92) Nè mai distenda ad ira le sue braccia, ((b). Ad uccidere altrui in nessun modo, Che spegneria di Dio in noi la faccia (c). Nè (94) delle col pe sue solverà il nodo (95) Chi (d) del prossimo suo brama la moglie, Perchè sarebbe di carità vodo (96). L'ultimo (97) a tutti s'è, che nostre voglie Non sian desiderar di tor l'altrui ; Perchè questo da Dio ci parte e toglie (e). Acciò che (f) ben attenti tutti nui Ognor siam a ubbidir ciò che ci dice (g), Fuggiamo il vizio, che ci toglie a (h) lui. Prima è Superbia d'ogni mal radice (98); Perchè l'uom si riputa valer meglio Del suo vicino (i), ed esser più felice (99). Invidia (100) è quella (k), che fa l'uom ver(meglio (101) (1), Perchè s'attrista (m) veggendo altrui bene, Al nemico di Dio lo rassomeglio (n). Ira all'irato sempre accresce pene, (de (102): Perchè l'accende in furia, e in fiamma l'arSegue il mal fare e parteci dal be> (ne (103) (0). Accidia d'ogni ben nemica (104), che arde(p), Enel mai far sempre sue voglie aggira (105), Al dispettar è pronta (106), e al ben è tarAvarizia è, per cui mai si ritira (de 107) (q). Il Mondo da' cattivi e rei contratti (108), Non concupisces domum proximi tui, nec desiderabis uxorem eius, Non servum, non ancillam, non bovem, non asinum, nec omnia, quae illius sunt. Superbia. Invidia. Ira. Acedia. Avurilia. (a) a nessun (b) Si che dal falso il ver sia messo al fondo (c) Che non saranno aperte le sue braccia A chi ne riderà per alcun modo: Che sarà indegno di veder sua faccia (93) (Ed. Quad.) (d) Nè sciolga alcuno di prudenza il nodo, Che (e) Noi raffreniam di desiar l' altrui, Che spesso il cor da Dio ci parte e toglie (f) E perchè quel che si dice (i) de' suoi vicini (1) vermiglio () rassomiglio (g) Siamo ad ubbidir (b) ci to' da (k) L'invidia è poi (m) Che per istizza (0) Ira alla vita altrui si dà gran pene Ira all'irato, ed altrui då gran pene, Perchè 'l consuma, uccide, incende ed arde, Fassi-Stassi-con pianto, e'n povertà si viene (p) guarde (*) (4) Che sempre al mal pensar si volge e gira: Al disperare è pronta, al ben far tarde. (*) Guarde da guardare; vale qui difendersi, evitare, astenersi (Rigoli). E quel lecito fa, che a sè più tira (109) (a). La Gola è, che consuma savi e matti(110) (b); E con ebbrezza, e con(c)mangiar soverchio, Morte apparecchia (111), e di (d) lussuria (gli atti (112). Lussuria, ched è poi settima al cerchio (113), O Padre nostro (i), che ne' Cieli stai, E Questa orazion (122): tua volontà si faccia, Siccome in Cielo, in Terrain(m)unione (123). Padre, da' oggi a noi pane, e ti piaccia, Che ne perdoni (n) gli peccati nostri; Nè cosa noi facciam, che ti dispiaccia. che noi perdoniam, Ía ti dimostri Esempio a noi per la tua gran virtute (124); Onde dal rio (0) Nemico ognun si schio(stri (125). Divino (p) Padre, pien d'ogni salute (126), Ancor ci guarda (q) dalla tentazione Dell'infernal (a) Nemico, e sue ferute (127); Si che (128) a te facciamo (b) orazione, Che meritiam tua grazia (c), e'l regno vostro A posseder vegniam con divozione (129). Preghiamti, Re di gloria, e Signor nostro, Che tu ciguardi da dolore (130):e fitto (131) La mente abbiamo in te, col volto pro(stro (132) (d). La Vergin benedetta qui a diritto (133) Laudiamo e benediamo (e); anzi che fine Aggiunga a quello, che è di sopra scrit(to (134). E lei preghiam, ch'alle grazie (f) divine Si ne conduca co' suoi santi preghi, Sed libera nos a malo. (a) eternal (b) E che possiamo a te fare (c) Che ci guardi di male (d) dal dolore afflitto (*) La nostra mente, e sia a te il cor prostro. (e) omai a dritto Laudare e benedire (f) pregar ch'alle glorie E scampi noi dall' eternal (a) ruine (135). E tutti quei che dal peccar son cieghi (136), Allumi, e sciolga per sua cortesia (b), E dai lacci infernai sì gli disleghi (137). Ave (138) (c) Regina Vergine Maria Piena di Grazia: Iddio è (d) sempre teco: Sopra ogni Donna benedetta sia (e). El frutto del tuo ventre (f), il qual io pre(co (139), Che ci guardi dal mal Cristo Gesù, Sia benedetto, e noi tiri con seco (g). Vergine benedetta, sempre tu Ora per noi a Dio, che (h) ci perdoni (140), Gratia plena: Dominus tecum: Et benedictus fructus ventris tui, Jesus. Sancta Maria, mater Dei, ora pro nobis peccatoribus nunc, et in hora mortis nostrae. (a) infernai (b) E svegli la lor tenebria Salve (d) sia (e) Più ch'altra donna benedetta e pia (f) E benedetto il frutto (Ed. Quadr.) (g) E che alla nostra (h) che Cristo (*) Dolore afflitto. Forse qui Dante ha dato l'aggiuntivo afflitto alla voce generica dolore per indicare non solo i mali fisici del corpo, ma anche quelli dello spirito, che in-fin ci tiri seco ducono egualmente afflizione e tristezza (Rigoli). (i) E che a viver ci dia si ben quaggiù Che a nostra fin Paradiso ci doni. (Ed. Q.) (1) Le Amorose Rime di Dante formano i primi quattro libri de' dieci, in che sono scompartiti i Sonetti e Canzoni di diversi antichi Autori Toscani, raccolti da Bernardo Giunta, e impressi in Firenze nel 1527 in 8°, e poi in Venezia nel 1532, e i cinque dei dodici, in che queste stesse Poesie, accresciute, furono ristampate in Venezia per Cristoforo Zane nel 1731, e 1740 in 8. (2) Tutta l'industria e l'ingegno: metafora, che piacque anche al Petrarca ; onde adottolla in quel verso del suo Son. Vergognando talor: Nè opra da polir con la mia lima. Si veggion cose, ch'uom non può ritrare. (8) Ottimo esempio da imitarsi da ogni altro simigliante Compositore. (9) Egregiamente qui Dante spiega la voce onnipotente, dicendo, che non solo Dio può fare tutte le cose ma che in effetto tulte le cose son da lui fatte, contro a' Manichei, e alle loro Sette da che ogni cosa data, che sia ottima, e ogni dono, che sia perfetto, come dice l'Apostolo S. Iacopo (Epist. Can. Cap. I.), ci vien di sopra, e ci scende dal Padre de' lumi. E perchè i Pelagiani e i loro fautori, Cassiano, Fausto ed altri, stimavano, che potesse l'uomo da (3) Smaghe, cioè mutate, dalla voce sma- sè alcuna cosa volere, e fare in quell' ordigare, che e Provenzale, come ben disse il ne almeno, che alla pietà e alla salute s'aBembo ed è formata da image, e da es, spetta; però qui Dante espressamente conche è l'ex de' Latini, onde esmagare, sma- fessa di credere colla Chiesa Cattolica, che gare, cioè trarre, o uscir d'immagine, e da Dio solo i beni tutti, cioè tutte le forze smagato e smago per sincope, cioè tratto di ben operare procedono, di modo che l'uod'immagine, cangiato, e simil cosa. Quin- mo da se non può nè amar Dio, neppur codi il Castelvetro e il Menagio errarono amen- me Autore della natura, e imperfettamente due, i quali, negando, che detta voce fosse senza l'aiuto della grazia, nè può pure da Provenzale, si presero a ribattere il Bembo. sè disporsi, sì che per questa sua disposiE il primo la volle in Italia dalla Grecia ve-zione la grazia gli sia conferita, che è ciò, nuta, e trassela dal Greco machomai, che che Cristo stesso insegnò nell'Evangelio (Ion. val combattere, colla giunta della s; dando Cap. XV. n. 5): Senza me non potete far alla medesima poi la significazione, che mai nulla. non ebbe, di superare, vincere, ec. Il secondo a' Latini ascrivendola, con modo veramente da ridere, la derivò da exvagare, formandone prima svagare, e poi sbagare, e al fine smagare. (4) Sottintendi, conosco d' aver ad aspettar. (5) Troncamento di male, licenza da'Poeti usata. Così Dante da Maiano (Canz. Giovane Donna dentro al cor) disse person, invece di persone, e il Boccaccio schier invece di schiere (Teseid. Lib. VI. ), e tremol frondi invece di tremole frondi (Vis.), e Fazio degli Uberti mortal ferule, invece di mortali ferute, ec. (Dittam.). (6) Male paghe, mal frutto, cioè il doverne aver da Dio la pena. (7) Con un sola, sincopato da ritirare per licenza poetica in grazia della rima; non da ritrarre: sebbene nel Sonetto Dagli occhi della mia donna usò questo Poeta la libertà di dire anche ritrare invece di ritrarre, così scrivendo: (10) Perchè Dio è immenso, e ogni cosa è effetto di sua bontà. E forse ch' io non empio il Cielo e la Terra, dice egli appo Geremia? (Cap. XXXIII. n. 14). (11) La Divinità del Verbo si dice incarnata per l'union con la carne. Ciò è, che qui Dante professa di credere, contra varie Sette d'antichi e moderni Eretici, Nestoriani, Anabattisti ed altri, i quali insegnavano, che Cristo non avea presa vera carne dalla Vergine. (12) La maternità è quella precipua ragione, che fonda in Maria l'efficacia della sua intercessione. Perciò Dante per confermare vie più la sua credenza di tal vera maternità, aggiunge: Che co' suoi preghi ec. (13) Gli Eutichiani, i Valentini, i Manichei ed altri negavano, che in Cristo fosse la vera umanità. Questo è, a cui contraddice qui Dante colla Santa Chiesa, confessando esser veramente in Cristo tutta l'umana essenza cioè la natura umana, della medesima spezie che la nostra, in uno colla natura divina, senza che l'una sia nè convertita nell'altra, nè confusa coll' altra. va fede nel Messia venturo. Nè con quelle parole, Ebbeno il cor fisso ad aspettare, (14) Accenna le parole di questo Simbo- altro intende il Poeta, se non che con una lo E s'è incarnato per opera dello Spi- viva fede aspettavano il Redentore promesrito Santo nel ventre di Maria Vergine, so, per trarli dal Seno di Abramo, dove le e s'è fatt' Uomo: parole, e Simbolo, che loro anime stavano quasi in prigione racchiusovente la Chiesa canta ne' suoi Uffizi Di-se, e prive della visione di Dio. vini. (15) Contra Ebione e Cherinto, che contendevano, che Cristo fosse puro Uomo, confessa, che è veracemente Uomo e Dio: e contra gli Eunomiani, che dicevano, che era Dio, ma solo per analogia, o per equivoco, confessa, che è l'unico Figlio di Dio; e contra i predetti Ebione, Cherinto, ed altri, che volevano, che Cristo avanti l'Incarnazione non fosse stato, che nella mente di Dio in idea, confessa, ch' esso Figliuolo di Dio è veracemente nato ab eterno, e quegli, che usci Dio di Dio, per comunicazione della stes sa natura. (22) Con sincerità di cuore, e niente esitando, come dice l'Apostolo S. Iacopo (Epist. Can. Cap. I. n. 6). (23) Il credere perfettamente si fa con ciò, che le opere non contraddicano a quel, che si crede; e questo è, che intende qui Dante. Perciocchè il credere di salvarsi precisamente per la Fede, è urtare nell' eresia condannata giustamente dalla Chiesa. (24) Cioè ingannato e illuso perde sè stesso e si danna. (25) Invece di risuscitò, risorse ec. vezzo di nostra lingua, che sovente i verbi attivi adopera in senso neutro. Così il Novelliere antico (Nov. 20): Il Cielo cominciò a turbare; e il boccaccio (Nov. 81): Ma già in VI. cap. 34): l'altezza del corso del Fiume abbassò ec; e così molti altri. (16) Paolo Samosateno, e il suo successore Fotino dicevano, che Cristo non era avanti ai secoli nato; ma di Uomo era stato innalzando il Sole: e Giovanni Villani (Lib. tempo fatto Dio: e Ario, e Eunomio insegnavano, che non della sostanza del Padre era egli nato, ma creato in tempo dal niente, e ch' era minor del Padre. Perciò qui si dice, che non fu fatto manuale, ma generato si mile al Padre, cioè Dio vero, che ha una stessa essenza con lui. (17) Ancora i Perati, appo Teodoreto (Lib. I. Cap. XVIII. Haeret. Fabul.) affermavano, esser la Trinità tre Dei, o tre Menti; nel che ebbero poi seguaci Giovanni Filopono, che viveva a' tempi di Foca Imperadore circa il 604, come narra Svida, e un certo Gallo ai tempi di S. Anselmo circa il 1090, e l' Abate Gioachimo Raimondo Lullo, ed altri, chiamati Tritheiti. Perciò qui si dice: E't Padre ed esso è uno ec. (18) Entra ora a trattare di Cristo, come Mediatore, e ripiglia l'Incarnazione. (19) Infinitamente santo, e innocente affatto d'ogni colpa. (20) Il nome Inferno, derivato dal latino infra, significando un luogo a noi inferiore; e sotto a noi non v' essendo, che il centro della Terra, e le cavità o abissi della medesima, però dice l'Interprete, al profondo dell' abisso dell' Inferno. Con questo nome di Abisso chiama l'Apostolo Paolo (Ad Rom. X. n. 7.) pur il luogo, dove fu Cristo dopo la morte. E che ivi fosse il Seno d' Abramo, dov' erano trattenute le anime de' Giusti avanti la morte di Cristo, l'afferma Sant'Agostino (In Psal. LXXXV et Lib. XX. de Civit. Dei Cap. XV.) col comune de' Dottori e de' Padri. (21) Perciocchè siccome i Cristiani in oggi si salvano per una viva fede nel Messia venuto; così gli Ebrei si salvavano per una vi (26) Perciocchè egli è che è costituito Giudice de'vivi e de' morti, come si testifica negli Atti degli Apostoli (Cap. X. n 42). (27) Espressione dello Spirito Santo nell'Ecclesiastico (Cap. XXXV. n. 23): E alle Genti renderà vendetta: perchè l'estremo Giudizio sarà principalmente per giustificare la divina provvidenza nella condanna de' rei, e confonderli al paragone de' salvi: ond' esso è chiamato per eccellenza in più luoghi della Sacra Scrittura Giorno di Vendetta (Eccli. cap. V. n. 9. et 10; et Prov. XI. n. 4. etc). (28) Perciocchè, ben facendo, saremo coeredi di Cristo, e consorti delle grazie di Dio, cioè della beatitudine eterna. (29) Speri qui vale tema, aspetti. Così Giovanni Villani (Lib. XI. cap. 117), sperando (cioè temendo) peggio per l'avvenire; e Matteo Villani (Lib. IV. cap. 7): Dovendo sperare (cioè temere) sterilità e male: e così altri esempli non pochi ce n'ha tra' Toscani, che tal vocabolo però usarono in tal significazione coll' esempio di molti Latini; il che veder si può ne' Grammatici. (30) Dalle quai, e sopra Alle quai, è fatto per la Figura, che i Greci chiamavano Politioto; e noi diremmo declinamento, figura, usata dal nostro interprete più d'una volta anche nel suo maggior Poema, e figura, di cui un bellissimo esempio, su questa voce quale, ha pure il Petrarca in quel Sonetto: Onde tolse Amor l'oro ec. dicendosi ivi: In quali spine colse le rose? da quali Angeli mosse? di qual Sol nacque ec. (31) Tapino è pretto vocabolo Greco, tras portato da' nostri maggiori alla volgar nostra lingua, e vale tribolato, meschino, misero ec. (32) Non è unicamente per far trapasso a ragionare della terza Persona della Santissima Trinità, che si volge ad essa pregandola, che ci campi le anime dalle pene infernali; ma è ancora, perchè l'ultimo de' doni dello Spirito Santo, annoverati da Isaia (Cap. II. n. 3), è lo spirito del timor di Dio, il qual timore, secondo che insegnano S. Gregorio (Hom. 19. in Ezech.) e Sant' Agostino (De Grat. et Lib. Arb. Cap. XVIII.) altro non è appunto, che quello, del qual favellò G. C. (Mat. c. X. n. 28), dicendo: Temete colui, che può il corpo e l'anima perdere nell'inferno. Timore, che si va diminuendo a misura, dice il predetto S. Greg. (loc. cit.), che sí aumenta in noi per opera di esso Spirito S. la carità. (43) Contra gli Eretici Anabattisti o Ribattezzanti. (44) Chiaro è dal Vangelo (Ioan. III, v. 5): Se alcuno non sarà rinato di acqua e di spirito, non può entrare nel regno de' Cieli. (45) La parola lucerna fu usata dal nostro Volgarizzatore più volte anche nel suo gran Poema (Parad. Cant. I, e Cant. XXI,) e so, che per essa e' fu però criticato nel suo Galateo da Monsignor della Casa, che scrisse, che lui pareva, in udir quella voce, di sentire subitamente il puzzo dell'olio. Ma quest' erudito Prelato il riprese in tal cosa con apertissimo torto, e sol per abbaglio da lui stesso preso. Nè io spenderò qui pertando momento alcuno, per iscusar di ciò Dante: poichè già dottamente l' acutissimo Castelvetro nella risposta all' Apologia del Caro ha mostrato con molti esempi, che gli (33) Contra gli Ariani, Macedoniani ed al-Antichi prendevan lucerna per isplendore tri, passa ora a professare la divinità dello Spirito Santo, che coloro credevano essere creatura. (34) Cioè: ed è un Dio solo, nè son tre Dei, nè tre Santi, ma un solo Santo, e solo Santo per essenza, infra i Santi; nel qual senso la Chiesa nel Gloria in excelsis Deo, dice pure: Tu solus Sanctus. o sia per luce e lo notarono anche in tal significanza i Compilatori della Crusca, citando appunto il nostro Alighieri nel Paradiso (loc. citat.), e il B. Iacopone da Todi, che pur disse: Vergine Madre, splendida lucerna. Nè quando qui Dante dice, lume di quella (35) Cioè: la vera Trinità, che in Dio ado- lucerna e'vuole altro dire, salvo che, ragriamo, è tale, che il Padre, e il Figliuolo,gio di quella luce: che è l'espressione ape lo Spirito Santo, sebbene son tre Perso- punto usata da Santa Chiesa nella seguenza ne, non sono a ogni modo tre Dei, ma un solita a recitarsi nella Messa di Pentecoste(VeDio solo. ni, Sancte Spiritus, et emitte coelitus lucis tuae radium). (36) Spiega la processione dello Spirito Santo; e afferma contra gli Armeni, i Greci, i Ruteni, ed altri, che detto Spirito Santo non è creato, ma procede dall'amore, affetto, o desio, che regna, cioè che esiste scambievolmente tra il Padre e il Figliuolo. (37) Invece di sottilmente. (38) Cioè, ne rende il suo cuore indegno, giusta quello: Lo scrutatore della Maestà sarà oppresso dalla gloria (Prov. XXV,v. 27). (39) E la vera regola di quel, che creder dobbiamo, come governata dallo Spirito Santo, la cui speciale assistenza apertamente le è nelle Scritture promessa. (40) Fresa, alla Lombarda, per fregia, cioè abbellisce, adorna. (41) Presa, similmente alla Lombarda per licenza, invece di pregia, e pregia d'ogni virtù in significazione attiva, invece di fa pregevole d'ogni virtù: il che è per gli abiti delle virtù soprannaturali, che gli s'infondono. Vieni o Spirito Santo, E giù ne invia dal Cielo (46) Cioè la Grazia, che dallo Spirito Santo, quasi raggio di luce partendo, ci illustra, e a diritti e giusti desiderii ci muove. (47) L'Amore, cioè Carità soprannaturale verso Dio: queste cose ci accendono sì fortemente l'ardore verso il Battesimo, che per la voglia giusta d'averlo, cioè per l'atto di essa Carità, prodotta mediante la grazia, o per lo martirio, nelle quali cose sta veramente la giusta voglia d'averlo, l'uomo s'intende giusto, cioè si giustifica non men, che ad averlo, cioè se il ricevesse di fatto. (48) Con ciò ha abbracciato il nostro Poeta le tre specie di Battesimo, cioè di acqua, di desiderio, e di sangue, o a meglio dire le due spezie di Battesimo, l' una effettiva, l'altra affettiva, o come dicono gli Scolastici, l'una in re, l'altra in voto: da che il Battesimo di sangue non è tale, che per esser il martirio atto eccellente di carità. (49) Passa al Sacramento della Peniten (42) L'Apostolo Paolo (Ad Ephes. V, v. 26) parlando di Dio e della Chiesa, dice, che è da lui mondata nel lavacro dell'acqua nella sua parola: onde il Battesimo giustamente fu definito un Sacramento di rigenerazio-za, che è la seconda Tavola dopo il naufrane, mediante l'acqua con le parole, che è ciò, a che Dante qui mira. gió, siccome è chiamata da San Girolamo; perciocchè è un Sacramento non men neces-. |