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(136) Cieghi per licenza, invece di ciechi; siccome nel suo gran poema disse il nostro medesimo Dante, sego per seco.

Sciogli a'rei le catene;

(130) Cioè da qualunque dolore, sì d' animo, che di corpo, e in conseguenza da qualunque male, che n'è la cagione. Non poteva Dante usar voce più generica, che la (137) La Chiesa non altrimenti favella in qui usata. I mali tutti si riducono agli spi-un suo Inno sopra Maria (in Hymn. Ave Marituali e a' temporali. I primi tutti vengono ris stella Solve vincla reis, Profer lutolti colla Grazia di Dio, e col suo Regno; men caecis): il che ha espresso ne' due versi precedenti. I mali temporali sono tutti compresi con la voce Dolore. Perciocchè con tal nome non solamente ogni patimento corporale e sensibile, ma ogni tristezza e passione afflittiva Non che Maria sia ella padrona e dispositridell'animo viene da' Filosofi intesa. ce; perciocchè nulla può essa che mediante (131) Gli occhi miei, cioè la mia men- il suo Figliuolo; ma perchè il Figliuolo vuol te, sempre sieno fissi nel Signore, dice Da-glorificare la Madre, come insegna S. Anvide, (Psal. XXIV. n. 15) ed egli trarrà de' lacci i miei piedi.

(132) Prostro, invece di prostrato; siccome mostro invece di mostrato disse il Bembo:

Se la via di curar gl'infermi hai mostro.

E queste sono le cose, che accompagnar debbono l'orazione: cioè sono, attenzione d'animo, e riverenza di corpo.

E porgi lume ai ciechi.

selmo (De Excell. Virg. Cap. VI), e vuol però che le grazie passino per mano di lei. Oltra che essendo il Figliuolo anche giudice, sovente la sua misericordia è trattenuta dalla sua giustizia; dove la Madre essendo pura nostra Avvocata, fa solo le nostre parti, sollicitando precisamente a misericordia. Però a lei la Chiesa favella in quel modo, non già riputandola sorgente di quelle grazie primaria, e per sè, come calunniosamente spacciano di noi gli Acattolici, ma secondaria, e per mediazione.

(138) Or qui comincia quella preghiera a Maria, che c'insegna di porgere: e questa è la Salutazione Angelica, della eccellenza della quale già sopra si è detto; e che per esser qui dal Poeta assai chiaramente esposta, non abbisogna di altre note.

(139) Il medesimo Dante usò questa voce di preco, invece di prego, nel suo gran Poema (Infern. cant. XV. v. 34):

Io dissi lui, quanto posso ven preco:

(133) Passa qui Dante a significare, come, dopo Dio, dobbiamo aver gli animi nostri a Maria rivolti; e dice, che ciò è a diritto, cioè meritamente: il che è certissimo: primo per l'eccellenza della sua santità, onde per merito di convenienza meritò ella di esser tanto da Dio amata, non ci essendo tra le pure creature chi la pareggiasse, che fu tra tutte da lui eletta a sua Madre. Appresso per l'eccellenza della sua dignità, che è la maternità di Dio; la quale conseguentemente esige, che i primi onori dopo il Figliuolo, che é Uomo insieme e Dio, sieno a quella creatura prestati, che più da vicino lui tocca, com'è e usò la medesima licenza in detta voce, anla sua vera Madre. Di poi, perchè è sentimen- che quando era sostantivo, invece di priego, to comune de' Padri, che qualor Cristo ad- significante preghiera (Ivi Cant. XXVIII. ditò dalla Croce María a Giovanni, dicendogli v. 89): Ecco tua Madre (Ioann. cap. XIX. num. 27), in Giovanni egli tutta la Chiesa raffigurasse, a cui con quelle parole la dèsse per Avvocata e per Madre. Per ultimo, perchè, come dice S. Agostino (Serm. de Nativit. Sicut omnibus sanctis est sanctior, ita pro nobis omnibus est sollicitior), quanto ella è più santa fra tutti i santi, altrettanto, come avente le virtù tutte in grado più eccelso, ella è più sollecita fra tutti i Santi per lo nostro vantaggio. Ragioni tutte, che Dante qui intende in questa parola a diritto, tutta piena di senso, per le quali ci esorta, dopo Dio, ad onorar Maria.

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Non farà lor mestier voto, nè preco.

(140) Ottima spiegazione delle parole, Ora pro nobis peccatoribus nunc ec. Perciocchè due regole abbiam noi in questa vita a tenere, come insegna maestrevolmente il Ponteficé San Gregorio, che sono: innanzi al peccato temer la Giustizia; e dopo al peccato sperar la Misericordia. Ma in due scogli altresi è agevole, che urtino ingannati i mortali. L'uno è di abusare della divina tolleranza, dimorando a pentirsi, se son peccatori: e l'altro è di fidarsi a peccare, sul riflesso, che Dio aspetta i peccatori a perdono. Le vere regole son le seguenti, mostrateci colla scorta dell' Evangelio universalmente da' Santi Padri, per adempiere le quali mediatrice più efficace appo il Signore aver non possiamo, che la Vergine benedetta sua Madre.

La prima è di convertirci subito a lui dopo ci, se abusiamo di sua pazienza: che è ciò, il peccato, pieni di calda fiducia, ch' egli sia, di che volle ammonirci Sant' Agostino ( De come infinitamente misericordioso, per per- Doctr. Christ. Non potest male mori, qui donarci, se facciamo a lui per tempo ricor- bene vixerit: et vix bene moritur qui male so. E avvedutamente perciò dice Dante alla vixit), dicendo, che non può morir male, Vergine, Ora per noi ec. L'altra è, che do- chi avrà ben vivuto; e che appena ben muopo la sincera nostra conversione studiamci re chi ha mal vivuto. E perciò pur sogdi viver bene, pieni d'alto timore, che Dio giunge a Maria divinamente il medesimo Dausia, come infinitamente giusto, per castigar-te: E che a viver ci dia ec.

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