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mina, gentile in quanto di gentil donna ragionava, cominciò ben presto ad esser da lui tenuto vilissimo.

Se Dante infatti, estinta Beatrice, non avesse amato altre donne, come mai avrebbe potuto meritarsi i rimproveri di quella donzella?

Nel Purgatorio C. XXX, dopo aver raccontato, come il suo spirito, il quale erasi assuefatto per tanto tempo a stare colla presenza immaginaria di Beatrice, non si rimase affranto di stupore, trovandosi alla di lei presenza vera e reale, in tal guisa prosegue, dicendo: - Non potendo io cogli occhi aver conoscenza di Beatrice (poichè ella era velata) un raggio dell' occulta virtù (della virtù intellettuale) il quale mosse da lei, fece si ch' io

Ma che Dante si tenesse anche in seguito saldo ognora contro i colpi d'amore, è cosa molto dubbia: e noi infatti non sappiamo veder nulla d'improbabile e di straordinario, se un uomo, il quale fino dalla sua prima gioventù avea provate le fiamme amorose, un uomo d'ardente immaginazione, un poeta infine, privo per morte del caro oggetto dei suoi primi sospiri, e lontano per l'esilio dalla sua sposa (che peraltro non riempì giammai il vuoto lasciato dalla partita di Beatrice) abbia potuto provar talvolta nel corso della sua virilità un' inclinazione amorosa, un naturale affetto per una qualche femmina, di bellezza e di bei pregi adornata. Nella qual cosa sarebbe più facilmente da scusarsi l'Alighieri che il Petrarca, il quale, mentre profondeva nei suoi versi tanta purità di sentimenti e tanto entusiasmo di virtù, mentre descriveva la sua fiamma per Laura come unica ed esclusiva, facendosi credere un martire sublime dell'amore platonico (1), teneva, vivente Laura, e nella stessa città d'A-tremi; vignone, commercio con un' altra donna, dalla quale sappiamo avere egli avuto due figli naturali.

D'antico amor sentii la gran potenza.

E tosto che mi percosse nella vista l'altra virtù (la virtù sensitiva), la quale aveami trafitto

Prima ch'io fuor di puerizia fosse (2), volsimi alla sinistra per dire a Virgilio, il quale io credeva tuttor li presente: men che dramma di sangue m' è rimasta, la quale non

Conosco i segni dell'antica fiamma.— Quindi Beatrice prende la parola, così rim

tico viaggio il 4 Aprile del 1300, e nel ri- sentemente (meno il primo e la parlata di conoscere epilogati nel primo Canto della sua Ciacco nel sesto, che furono certamente riprima Cantica i principali avvenimenti a lui fusi) son quelli medesimi scritti da Dante occorsi in ventidue mesi, cioè dal marzo del- innanzi del suo esilio: cosicchè a Firenze, o l'anno suddetto fino al gennaio 1302. Ma per meglio dire all'amor di Beatrice debbesi con questo fatto, del quale pienamente con- in qualche parte la gloria dell' incominciavenghiamo, vien forse a distruggersi tutto mento della Divina Commedia. Della qual cosa quello che coi dati storici e colle prove in- esser non può minor riprova delle addotte il trinseche ci siamo finora ingegnati provare? veder come fin dal principio del poema, nelNo: perciocchè noi diremo che Dante, allor l'Inferno istesso (Can.II, 52 e seg.) trovi l'in che si pose a continuare la sua Divina Com-namorato poeta occasione di parlare a lungo media, il che fu nel 1306, (poichè non prima di quell' anno si portò presso il Marchese Malaspina) rifece tutto o quasi tutto il Canto primo, come egualmente nel Canto sesto rifece od allungo la parlata di quel fiorentino, nel terzo cerchio tormentato

per bocca di Virgilio della diletta Beatrice e di celebrarla con alte lodi, come di far conoscere al lettore, che solo per l'amore di quella

Uscir poté della volgare schiera.

.....

(1) - Si è creduto comunemente che i Per la dannosa colpa della gola. nostri primi poeti abbiano ricavate le loro sublimi idee, o piuttosto le loro inconcepiE che può esservi d'improbabile nel dir che bili chimere sull' amore dai libri di Platone, un poeta, il quale dopo il lasso di cinque e questo è un errore. La filosofia di Platone anni riprende un lungo intermesso lavoro, fu conosciuta assai tardi in Italia. . . . . II possa cambiarne od aggiungerne alcun trat- vero Platone di Dante e del Petrarca, come to? E non è stato forse da molti Comentatori di tutto il nostro occidente letterario, era alaccennato, che la parlata di Ciacco sembri, lora S. Agostino. Le opere di questo Padre sto per dire, intrusa, perchè non conveniente tutto platonico formavano in generale la fial carattere di persona si scostumata e si vile? losofia di quei tempi; e quelle parole disce E non è stato forse osservato, che il primo amare in creatura creatorem, et in factura Canto, il quale dee considerarsi come un'in-factorem, furono bastanti per fondarvi sopra troduzione a tutta l'opera, debba essere stato tutti i sistemi amoroso-platonici dei nostri priscritto dopo che una parte del poema era di mi rimatori entusiasti. » Torti Prospetto già composta? del Parnaso Italiano, part. I, cap. III. (2) Cioè nel suo nono anno.

Adunque i setti Canti, che abbiamo pre-
DANTE. Opere Minori.

3

proverandolo:-oh! Dante, poichè Virgilio se | meglio vergogna del tuo errore, e perchè, n' andò, non piangere ancora, chè ti conver-udendo altra volta le Sirene, tu sia più forrà ben tosto piangere per più importante ca-te, calma il dolore, cagione del tuo pianto, gione. Per dono di natura, per l'influsso be- ed ascolta, nigno de' cieli, e per larghezza delle divine grazie tu eri nella tua età giovenile in così buona disposizion naturale, che ogni tuo abito virtuoso, se si fosse applicato al bene, avrebbe fatto in te prova mirabile.

Ma tanto più maligno e più silvestro Si fal terren col mal seme e non colto, Quant' egli ha più di buon vigor terrestro. Ti sostenni alcun tempo colle attrattive del mio volto; e coll' innocente potere degli occhi miei giovinetti ti condussi per la retta via. Ma

Quando di carne a spirto era salita,

io cominciai ad esserti meno cara e meno gradila, e tu a me ti togliesti dandoti in preda ad altri amori, e volgendo i tuoi passi per via

non vera,

Immagini di ben seguendo false, Che nulla promission rendono intiera (1) Non mi valse il richiamarti al dritto sentiero colle ispirazioni e coi sogni: tanto ti abbandonasti al tuo acciecamento, che per ritrartene mi fu d'uopo mostrarti i castighi delle perdute genti.-Nè qui si arresta il rimprovero di Beatrice, perciocchè ella così prosegue (Canto XXXI.): - Ma dimmi, dimmi, se questo, di che io ti rimprovero, sia vero: tanta accusa conviene esser congiunta alla tua confessione. Dante confuso e pauroso, a voce bassa risponde di sì: quindi dopo la tratta d'un amaro sospiro esclama piangendo: Le presenti cose

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Col falso lor piacer volser miei passi Tosto che il vostro viso si nascose. Ed ella: Ancor che tu tacessi o negassi ciò che ora confessi, la tua colpa non fora meno nota, poichè sallasi tal giudice d' infinila sapienza, cui tutto il passato e il futuro è sempre presente. Tuttavia, perchè porti

(1) I tre versi

Si tosto come in su la soglia fui Di mia seconda etade, e mutai vita, Questi (Dante) si tolse a me, e diessi altrui, sono dal Venturi comentati in questo mo do: ‹ Diessi in preda ad altri amori, e allegoricamente abbandonò gli studi sacri, e si diè in preda alla vanità ed all' ambizionc).- Questa interpretazione è veramente singolare. Dante appena (si tosto) fu morta Beatrice, abbandono gli studi sacri? Fu anzi tutto all'opposto, poiché agli studi della Teologia e delle altre scienze filosofiche si appli

Si udirai, come in contraria parte
Muover doveati mia carne sepolta:
Mai non t'appresentò natura ed arte

Piacer (2) quanto le belle membra, in ch' io Rinchiusa fui, e ch'or son terra sparte (3). E se questa grande bellezza ti venne a mancare per la mia morte, qual' altra cosa mortale dovea poi occupare i tuoi desiderii? Istrutto dalla prima ferita, tu dovevi innalzarti al di sopra degli oggetti terreni, e me seguir sempre, me che più non era fallace e manchevole. Non doveano farti abbassare il volo e farti provare colpi novelli o giovani donne o altre vanità parimenti caduche. L'inesperto augelletto può cadere iu un secondo, in un terzo laccio, ma l'augello, le cui penne invecchiarono, non paventa più nè reti, nè dardi.

Ecco pertanto una sincera confessione dell'Alighieri, colla quale si accusa di essersi talvolta (dopochè Beatrice era di carne diventata spirito) lasciato vincere dalla passione d' amore. L'Alighieri non scese mai a velar con ipocrisia le proprie inclinazioni, le quali non furon d'altronde quelle di un effeminato e di un libertino: e s'ei non fu dunque nemico del bel sesso, e s'ei talvolta sospirò per alcuna femmina, fece paraltro

Come la fronda che flette la cima

Nel transito del vento, e poi si leva
Per la propria virtù che la sublima.
Par. xxvi, 85.

La riportata confessione è affatto conforme al
carattere franco e schietto di lui; e Dante tan-
to più volentieri mossesi a farla, in quanto
che, come egli dice,

... Quando scoppia dalla propria gola (4) L'accusa del peccato, in l'alta corte Rivolge sè contra 'l taglio la ruota (5). Eppure alcuni pretendono, che egli null' al

cỏ non vivente Beatrice, ma quella estinta. (2) Bellezza.

(3) Cioè a dire che sono sparte in terra, o ridotte in cenere, Chi crede che la Beatrice di Dante non fosse una donna, ma una cosa allegorica, consideri bene questi pochi versi del poema, e se persiste nella sua credenza, giudichiamo inutile ch'ei prosegua la lettura di questo discorso.

(4) Figuratamente per bocca.

(5) Cioè, si spuntano le armi in mano alla Divina Giustizia, poichè quando la ruota, che affila le armi, si rivolga contro il taglio, le viene a rendere olluse e spuntate.

tro volesse ammettere in quella confessione, mata Madonna Pietra della nobil famiglia Pase non che di essere stato affascinato dall' a- dovana degli Scrovigni (allegandosi per comore degli studi profani, ovvero dalla vani-stei la Canzone Amor tu vedi ben che quetà e dall' ambizione degli impieghi e degli onori. Ma come potranno condursi a questi sensi quei versi, in fra gli altri, coi quali Beatrice così rimprovera a Dante i suoi trascorsi?

Tuttavia perchè me' vergogna porti

Del tuo errore, e perché altra volta
Udendo le Sirene sie più forte,
Pon giù'l seme del piangere, ed ascolta:

Ben ti dovevi per lo primo strale
Delle cose fallaci levar suso
Diretr'a me che non era più tale.
Non ti dovea gravar le penne in giuso
Ad aspettar più colpi o pargoletta,
O altra vanità con sì brev' uso.

sta donna come fatta a bella posta dal poeta esule in Padova), per la Bolognese e per altre, pensa il Dionisi (1) esser tutte apparenze o sciocchezze, dette senza fondamento da chi non sapeva il soggetto delle Rime amorose dell' onestissimo autore, nè la fatica da lui intrapresa nel Convito per ischermirsi da somiglianti calunnie. Noi crediamo però che l'asserzione dell' innamoramento della Gentucca Lucchese (2), e forse di alcun' altra donna, non possa sembrare priva affatto di fondamento, specialmente dopo quanto abbiamo or or detto in proposito degli amori del nostro poeta, cui Beatrice rimprovera. Infatti il sopracitato Dionisi, rattemprando la troppo generale proposizione allegata di sopra, si trova aver detto altrove (3):-« Degli amoEd in conseguenza, quali strane interpreta-ri di Dante chi n' ha parlato troppo bene, chi zioni dovranno darsi alle frasi:-Perchè altra | troppo male. Mario Filelfo e il Canonico Bisciovolta udendo le Sirene tu sia più forte;—|ni (ed aggiunger potremo anche alcuni moBen ti dovevi per lo primo strale levar suderni) gli han voluti tutti di filosofia e di dagli amori; Non ti dovea far provare scienze fino a negare che la celebre Beatripiù colpi giovine donna? ce sia stata una donna come le altre. L'auGli amori di Dante per varie femmine, co- tor delle Memorie nell' edizione di Zalla (4) me per la giovinetta lucchese Gentucca, per li vuole tutti di femmine, concedendo però quella conosciuta sotto il nome di Montani- che la Beatrice della Commedia sia talora la na, per un' altra da Anton Maria Amadi chia- Teologia ». Questi due estremi sarebbero

(1) Aneddoto II, p. 111.

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abbastanza, e significa che l'affetto che Dante (2) Dalle parole dell' istesso Dante Purg. avrebbe sentito per Gentucca disacerberebbe XXIV, possiamo rilevare che s'invaghi di lo sdegno del poeta contro la patria di lei. questa femmina nel tempo che, essendo egli Ed in grazia appunto di tale leggiadra donesule, fece dimora nella città di Lucca. Bo-zella, piaciutogli il soggiorno di Lucca volle nagiunta Urbiciani Lucchese, trovatore con- in certo modo espiar quello sdegno per mezzo temporaneo di Dante, e da lui conosciuto del gentile artificio della predizione di Bonanel mondo, per essersi scambievolmente scritti giunta. de' Sonetti, viene incontrato dall' Alighieri Errano quei Commentatori di Dante,i quali nel sesto balzo del Purgatorio. Egli mor- ripongono questo innamoramento all' anno morava fra se: Gentucca, Geatucca. Richie- 1301, poiche se nel 1300, epoca della visione sto dall Alighieri a palesargli il significato poetica della Divina Commedia, era Gentucca di quella parola, vi ha una fanciulla, ri-una fanciullina di piccola età, che non portaspose, che ti farà piacere la mia città, ancorchè vi sia taluno che or la riprenda e la sprezzi, (intendendo dell' istesso Dante che nel XXI dell' Inferno caratterizzò i Lucchesi per baratlieri):

Ma come fa chi guarda, e poi fa prezza
Più d'un che d'altro, fe'io a quel da Lucca,
Che più parea di me aver contezza.
Ei mormorava; e non so che Gentucca
Sentiva io là, ov' ei sentia la piaga
Della giustizia, che si gli pilucca.
O anima, diss' io, che par si vaga

Di parlar meco, fa' si ch' io t'intenda,
E te e me col tuo parlare appaga.
Femmina è nata, e non porta ancor benda,
Cominciò ei, che ti farà piacere
La mia città, comech'uom la riprende. ec.
Il senso contenuto in questi versi è chiaro

va ancor benda, cioè non ancora andava velata, come si costumava andare dalle femmine di quel tempo, lo era egualmente un anno dopo,nel 1301. E di femmina di un'età puerile è affatto improbabile, che Dante adulto s'invaghisse. Infatti sappiamo dalla storia che

Alighieri non dimorò in Lucca se non nell'anno 1314, dopo che Uguccione della Faggiuola s'insignori di quella città. E se in mezzo alla caligine dell'antichità può credersi alle congetture, le sopravviventi memorie di Gentucca, già moglie di Bernardo Morla degli Antelminelli Allucinghi, fa rebbero sospettare che fu ella colei la quale tanto sull' Alighieri potė. (V. Troya, del veltro allegorico di Dante, pag. 142).

(3) Aneddoto II, p. 40.

(4) Tom. IV, part. I, Cap. VII. Questo biografo è il Pelli.

difficili e presso che impossibili a conciliarsi,» sero sì di leggiero le non fittizie parole apse Dante istesso non ce ne avesse porto il mez- » prese, nè per loro sarebbe data fede alla zo, commentando alquante delle sue Canzoni » sentenza vera come alla fittizia, perocchè nel senso letterale e nell' allegorico. Il nostro» di vero si credea del tutto che disposto fospoeta adunque dando, dopo la letterale sen- >> si a quell' amore, che non si credeva di tenza, la sposizione allegorica e vera d'una » questo. »> sua Canzone, narra (1) che « com' ebbe per» duto il primo diletto dell' anima (cioè ap» presso lo trapassamento di quella Beatrice >> beata, che vive in cielo con gli Angeli, e >> in terra colla mia anima (2)), io rimasi di >> tanta tristizia punto, che alcuno conforto » non mi valea. Tuttavia dopo alquanto tem» po, la mia mente, che s' argomentava di >> sanare, provvide (poichè nè il mio nè l' al>> trui consolare valea) ritornare al modo che >> alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi. » E misimi a leggere quello, non conosciuto » da molti, libro di Boezio, nel quale, capti>> vo e discacciato, consolato s' avea. É uden» do ancora che Tullio scritto avea un altro » libro, nel quale trattando dell' amistà, avea » toccate parole della consolazione di Lelio, >> uomo eccellentissimo, nella morte di Sci» pione amico suo, misimi a leggere quello. » E avvegnachè duro mi fosse prima entrare >> nella loro sentenza, finalmente v'entrai tan» t'entro, quanto l'arte di gramatica ch'io » avea e un poco di mio ingegno potea fa>> re... E siccome essere suole che l'uomo va >> cercando argento, e fuori della intenzione » trova oro,... io che cercava di consolarmi, » trovai non solamente alle mie lagrime rime» dio, ma vocaboli d'autori e di scienze e di » libri; li quali considerando, giudicava bene » che la Filosofia, che era la donna di questi >> autori,di queste scienze e di questi libri,fosse » somma cosa. E immaginava lei fatta come » una donna gentile, e non la potea immagi» nare in atto alcuno se non misericordio» so. Per che si volentieri lo senso di vero >> l'ammirava, che appena lo potea volgere >> da quella. E da questo immaginare comin»ciai ad andare là ov'ella si dimostrava vera» cemente, cioè nelle scuole de' Religiosi alle >> disputazioni de' Filosofanti: sicchè in pic>>ciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai >> tanto a sentire della sua dolcezza, che il >> suo amore cacciava e distruggeva ogni altro » pensiero. Perchè io sentendomi levare dal >> pensiero del primo amore alla virtù di que>> sto, quasi maravigliandomi apersi la boc» ca nel parlare della proposta Canzone, mo>> strando la mia condizione sotto figura d' al>>tre cose; perocchè della donna di cui io >> m'innamorava non era degna rima di vol-ne di Beatrice cotanto signoreggiavagli la men» gare alcuno palesemente parlare, nè gli te, che nissun altro affetto poteva al primo » uditori erano tanto bene disposti, che aves- stabilmente succedere (4).

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Se pertanto i filosofici ragionamenti del Convito si aggirano intorno ad un amore intellettuale e scientifico, le sincere narrazioni della Vita Nuova parlano di una vera e naturale passione, siccome ogni non pregiudicato lettore potrà restar persuaso, leggendo quell'elegante libretto. E che così debbasi tenere per certo, argomentasi fra le altre, anche dalle parole di Dante istesso allorch' egli dichiara nel Convito qual fosse il motivo, per cui şi accinse a commentare le sue erotiche e morali Canzoni. Muovemi, ei dice (3), timore d' infamia, e muovemi desiderio di dottrina dare, la quale altri veramente dare non può. Temo l'infamia di tanta passione avere seguita, quanta concepe chi legge le sopranominate Canzoni, (cioè quelle del Convito che egli ha di sopra nominate) in me avere signoreggiato; la quale infamia si cessa, per lo presente di me parlare, interamente, lo quale mostra che non passione, ma virtù sie stata movente cagione. Intendo anche mostrare la vera sentenza di quelle, che per alcuno vedere non si può, 8 io non la conto, perch' è nascosta sotto figura d' allegoria. Or dunque se a Dante piaceva purgarsi affatto al cospetto delle genti da quella com' ei chiamala, infamia, avrebbe potuto agevolmente far credere al lettore, siccome fece pel Convito, che anche gli amori della Vita Nuova non doveano intendersi secondo la lettera, dicendo esser tutte allegorie, e per Beatrice in quel suo libretto venir figurata una disciplina od una virtù. Ma ciò non poteva dire, nè disse mai l' Alighieri, perciocchè i suoi giovenili amori non erano punto allegorici. Anzi si avverta qui alla delicatezza ed all' onesto costume del nostro poeta, il quale temeva non gli recasse infamia l'aver tanta passione proseguita, cioè l'averla dall' adolescenza continuata nella virilità: e perciò si mosse a commentar nel Convito le sue morali Canzoni, dichiarando che la femmina in quelle amoreggiata si era la Filosofia. E da questa avvertenza potrassene anche inferire, che se Dante nell' esilio provò talvolta alcun colpo di strale amoroso, non potè, se non per breve tempo, restar soggetto al tirannico potere d'amore, poichè l'immagi

(4) Ciò basta a smentire chi, come il Corniani, crede di vedere indicato nel XXX del Purg., che - Quando Dante vide Beatrice

aver detto, che di Beatrice fu l'anima sua innamorata, aggiunge quando contendea, ad indicare che l' anima sua ne fu innamorata per tutto quel tempo, nel quale la potenza sensitiva contese coll'intellettuale, fino a che que sta ebbe su quella vittoria (3).

Infatti, la Beatrice delle amorose Canzoni e della Vita Nuova essendo la Teologia, come mai l' Alighieri avrebbe potuto dire che quella venne nel mondo mentr' egli era fanciullo (4)? E particolarmente poi, raccontan

quella donzella, dire che ella era sul principio del suo nono anno? La Teologia Cristiana contava ben altra età. Come avrebbe osato tante fiate dir morta la Teologia o la Filosofia? Come avrebbe potuto annunciare fi

se (5)? Come raccontare che il genitore di Beatrice, uomo in alto grado di bontade, di questa vita uscendo se ne gisse alla gloria eternale, lasciando in amarissima pena quella sensibil donzella? E perchè finalmente imma

Parlando l'Alighieri nella stessa opera, il Convito (1), dell' immortalità dell' anima, espone le dottrine di Aristotile, di Tullio é di Cristo, dopo di che fassi a concludere che la nostra esistenza immortale è colla mortale congiunta, in tal guisa terminando:-« E ciò dee essere potentissimo argomento, che in noi l'uno e l'altro (lo stato mortale e l' immortale) sia; ed io così credo, cost affermo; e così certo sono ad altra vita megliore dopo questa passare, là dove quella gloriosa donna (la beata Beatrice, da lui poco innan-do le circostanze del suo primo incontro con zi nominata) vive, della quale fu l'anima mia innamorata, quando contendea. » — Veniamo adesso alla spiegazione di questo passo, che non poca luce spanderà sul nostro argomento. Chi pretende che tutti gli amori di Dante siano allegorici, dice non esser giam-glia d'un mortale la scienza delle divine comai esistita Beatrice, e per essa doversi intendere la Filosofia, una Scienza, o checchè altro. Dante istesso ha infatti avvalorata in certo modo questa opinione, ripetendo più volte nel corso del Convito, dopo averlo già detto fin dal principio, che la donna amo-ginare fuori di ogni uopo l'esistenza di un frareggiata in quelle Canzoni (nelle Canzoni cioè tello di Beatrice nella persona che il pregó da lui nel Convito comentate) si è non altri di comporre versi in morte della medesima? che la Virtù. Noi pertanto argomentiamo co- Ma se Beatrice era adunque una femmina, sì: Se la donna di Dante, rappresentata sotto perchè, mi si potrà obbiettare, Dante ne paril nome di Beatrice, è sempre e non altri-la anche talvolta nella Vita Nuova in un momenti la Filosofia e la Virtù, come mai egli do alquanto maraviglioso, come se ella fosse qui dice essere stato di quella istessa don- la donna del Convito, la quale fu senza dubna, un tempo già innamorato? Se Beatrice bio la Filosofia? «Per questo appunto (è fosse stata una femmina immaginaria, sot-il Dionisi che risponde (6)) perchè Dante to la quale venisse dal nostro Scrittore sim-era poeta, celebrò Beatrice poeticamente con boleggiata esclusivamente la Filosofia, come lodi superiori alle umane. Ma perchè in quelmai nel tempo istesso che egli dichiara e protesta ad ogni momento di esserne innamorato, qui dice che già lo fu? Non è egli ancora evidente, che Dante è stato principalmente invaghito di due femmine, l' una corporea In ossa e in carne e colle sue giunture,

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la prima etade non aveva egli la cognizione delle scienze, lodolla quanto poteva col lume solo della ragione, descrivendo in quel primo suo opuscolo un amore ragionevole e metafisico, non quale in fatti esso era, ma quale doveva o poteva essere, dalla scorta fedele condotto della ragione. Ma poi ch' egli cioè Beatrice figlia di Folco Portinari (2), l'al-s' ebbe dato allo studio, cioè all'amore della tra simbolica ed intellettuale, cioè la Filosofia? Inoltre avvertasi che l'Alighieri dopo

> pervenuta ad un grado eminente di bel› lezza e di virtù, anziché viemaggiormente > accendersi del suo amore, se ne distolse, > e si abbandonò in amori carnali e fangosi, › donde a lui nacquero calamità, traviamenti > e rimorsi. —E basta pure a smentire chi, come il Boccaccio, ci vorrebbe far credere che Dante fosse un uomo lascivo, e tutto immerso nei sensuali diletti, dopo che egli poco innanzi ci ha detto, che l'amor di Dante per Beatrice fu onestissimo, nè mai apparve per isguardo, per parola, o per cenno, alcun libidinoso appetito nè nell'amore, né nella

cosa amata.

(1) Trattato II. Cap. IX.

(2) Anche il Boccaccio (Comm. all' Inf.

Filosofia, lodò e celebrò altamente questa quasi seconda donna nel suo Canzoniere con tutto

p. 112) dice che la donna di Dante fu Beatrice figlia di Folco Portinari ecc., e lo ripete nella Vita e Costumi di quel poeta (p. 9 a 12). Cosi dicon pure altri antichi biografi e commentatori di Dante.

(3) Vogliamo noi un passo, nel quale Dante egli stesso manifesti di essere stato innamorato di queste due femmine? Eccolo: Dico e affermo, che la donna di cui io m'innamorai, APPRESSO LO PRIMO AMORE, fu la bellis sima e castissima figlia dell'imperatore dell'universo, alla quale Pittagora pose nome Filosofia. Convito, Trattato II, Cap. XVI. (4) Canz. X, St. V. (5) Canz. I, St. IV. (6) Aneddoto II, pag. 44.

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