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il lume che egli aveva di scienza e d'arte. | stato mai smentito nè contraddetto da alcuno. Finalmente nella poetica e presso che divina Quale scrittore pertanto, o fra gli antichi o visione da lui descritta nella Commedia, tor- fra i moderni, svelando le turpitudini di tanta nò a lodar la prima sua donna, cioè Beatri- gente del suo secolo, ha osato senza alcun ce, col lume sovrannaturale e scientifico della velame di allegoria parlar più forte e più liFede. Anzichè nella Commedia stessa ei volle bero di Dante? far pompa di tutti e tre questi lumi: imperciocchè nell' Inferno spicca massimamente la ragion naturale; nel Purgatorio la scienza umana; nel Paradiso la divina; cioè la Teo-se dessa trovasi e languida e fredda, contorlogia ». —

Se per una parte alcuni pretendono che il nostro poeta non abbia mai parlato nei suoi scritti d'un amore e vero e reale, alcuni per altra si danno a credere che

Sotto il velame delli versi strani abbia egli celato uno scopo tutt' affatto politico. La principale ragione che cotestoro adducono, si è questa: che egli abbia dovuto appigliarsi al partito di velare sotto figura

una mistica e metafisica allegoria i suoi tiberi sensi, tendenti alla civile e religiosa rigenerazione d'Italia; perciocchè in quei semibarbari tempi nei quali egli visse, tempi di oppressioni e di vendette, avrebbe ben presto pagato a prezzo di sangue il fio di cotanta arditezza. Questa ragione chi non avesse lette le opere dell' Alighieri potrebbe sembrare soddisfaciente; ma chi è il quale non sappia, che Dante fiero ed indomito per carattere, compiacendosi ne' patimenti, siccome prove a dimostrar sua fortezza, e ne' propri difetti, quali inevitabili seguaci a virtù tutte lontane dalle battute vie, nullo ritegno avea ad urtare uomini ed opinioni?

Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
.... lascia dire le genti.
Purg. v, 12.

Col suo, quantunque piccolo, Canzoniere d' amore portò l' Alighieri la nascente italiana poesia ad alto grado di perfezione: chè

ta e disarmonica nei primi italiani siccome nei provenzali trovatori, appare piena di leggiadria e di numero, di effetti e d'immagini nel nostro sommo poeta, perciocchè in origine mosse dal cuore. Con verità egli di

ceva

Tutti li miei pensier parlan d'amore;

Son. IV.

il di lui cuore sentiva più di quello che si fosse da lui potuto dir con parole e per rima:

Donne che avete intelletto d'amore,
Io vo' con voi della mia donna dire,
Non perch'io creda sue laudi finire,
Ma ragionar per isfogar la mente.
Canz. 1, St. 1.
Ogni dolcezza, ogni pensiero umile
Nasce nel cuore a chi parlar la sente;
Ond'è beato chi prima la vide:
Quel ch'ella par quando un poco sorride
Non si può dicer, nè tenere a mente,
Si è nuovo miracolo e gentile.
Son, IX.

Il Petrarca, sebben nato alla poesia, sebbene dotato di grandi talenti, trattò l'amore senza averne afferrato il vero carattere. << Tre quarti del suo Canzoniere, dice il Torti nel Prospetto del Parnaso Italiano (1), Alcune delle sue Canzoni, alcune delle sue sono scritti con un gusto iperbolico e sofiEpistole, ed il Libro de Monarchia non rac-stico, che non ha alcun modello nella natuchiudon forse alti, arditi e liberi sensi? Ma ra. Parlando sempre della sua passione, il che dico? La Divina Commedia stessa, il ca- Petrarca ha mancato al punto il più essenpolavoro di Dante, è forse meno l'opera diziale, qual è quello d'interessare. Egli esaluna immensa dottrina, che di una bile ge-ta ad ogni pagina le divine virtù di Laura, nerosa? In questo poema particolarmente egli e non ne fa conoscere alcuna. I suoi versi prende occasione di esalare tutta l' amarezza non risuonano che di astratti sospiri; le sue di un cuore esulcerato. Il suo risentimento lacrime non scorrono che sulla durezza semvi comparisce senz' alcun velo, Tutto ciò che pre generica della sua donna; egli invoca ad l' ignoranza e la barbarie, gli odi civili, l' am- ogni passo la morte senza che il lettore sia bizione, l'ostinata rivalità del trono e del-bastantemente istruito nè de' motivi, nè delle 'altare, una politica falsa e sanguinaria eb-circostanze della sua disperazione. L'intebero mai d' odioso e di detestabile, tutto en- resse del cuore languisce se non viene alitra nel piano che il poeta si propose. Il co-mentato di dettagli, di aneddoti, di piccioli Jorito e la tinta di questi differenti oggetti fatti, di descrizioni minute, e ques'a manieè sempre proporzionato alla loro nerezza, ed ra è appunto quella che mancava al Petraril pennello di Dante non comparisce mai tan-ca. Coine arriverò io ad interessarmi per uto sublime quanto allorchè tratteggia fiera-na donna che non vedo e non conosco se mente quegli errori. E siccome non si è mai non a traverso d'una nebbia d'idee metafiprovato che la passione gli abbia fatto sagri

ficare la verità della storia, così egli non è

(1) Parte I. Cap. III.

siche, una donna che il poeta colloca per così dire nel fondo d' un santuario, ed a cui coll' incensiere alla mano egli non si appressa se non tremando? Che deve finalmente importarmi di questa Madonna Laura sempre fredda, sempre composta, e sempre inaccessibile a quella dolce sensibilità, a quegli animati trasporti, che formano il più amabile incanto del suo sesso? Quale attaccamento potrà ispirarmi una raccolta di versi, dove non solamente tutto è uniforme e monotono, ma dove tutto è fattizio e sofistico, e tutto spira la più fredda e languida immobilità ? È inutile lo sperare nel suo Canzoniere un quadro inaspettato, un colpo di sorpresa, una situazione nuova e interessante, un urto di affetti, di sentimenti, di trasporti, una scena insomma d' anima e di movimento, che comunichi il fuoco e la vita ad una passione, la quale in cinque mila e più versi ciarla sempre e non agisce giammai.

cludere che l'amore di Dante per Beatrice, più vero e reale di quello di Messer Francesco per Laura, fu certamente sul bel principio una inclinazione naturale, un affetto spontaneo e sincero. E siccome l'oggetto della nostra tenerezza ci si fa più caro a misura che andiamo discoprendo in esso nuovi pregi; e, grato essendoci il vedere che anche per altri si ammiri, c'importa di conservarlo immune da ogni macchia; così quest' amore prese in parte modificazione di sentimentalità e di platonicismo, allorquando la mente dell' Alighieri, fatta per l'età e per lo sviluppo delle facoltà intellettuali capace di divenire entusiasta delle doti e delle virtù di donzella cotanto gentile, non seppe più vedere e celebrare in lei se non che un modello di perfezioni.

Pur, questo amore, sebbene volgesse la pas-
sionata anima di Dante ad onesta cortesia ed
a gentilezza, non cessava di esser tuttora un
affetto naturale, che signoreggiava potente-
mente la più intima parte del cuore di lui.
Del che non dubbia riprova possono essere
i lamentevoli accenti, che a sfogo di tanto
dolore, qual si fu quello ch' ei provò nella
morte di Beatrice, profuse, fra gli altri, in
un suo poetico componimento:
Quantunque volte, lasso! mi rimembra,
Ch'io non debbo giammai

Veder la donna, ond'io vo si dolente,
Tanto dolore intorno al cor m'assembra
La dolorosa mente,

Ch'io dico: anima mia, chè non ten vai?

Sebbene questa censura possa forse sembrare alquanto acerba, pure in mezzo ai pregi del Petrarca convien confessare che il suo stile pecca talvolta di soverchia ricercatezza. Sono in lui frequenti i modi studiati, le antitesi affettate, le digressioni intempestive. Non pare che egli sappia abbandonare un'idea senza averla prima ripetuta più fiate e rivolta sotto tutti gli aspetti. Di qui procede quella sua dizione ricercata, quella soverchia lindura che toglie forza e nervo alla poesia, e quella raffinatezza, che oltre il mostrar desiderio di piacere, scuopre anche troppo lo studio e l'artifizio che pur debbono restare celati. Questo genio volendo nel suo Tolta dai vivi in sul fiore della sua gioCanzoniere trattare un amore fantastico dove ventù la bellissima Portinari, Dante sperando impiccolirsi; ed esaurita la propria ricchez- trovare un conforto alle sue lacrime nello za, ebbe ricorso talvolta alle impure fonti studio della Filosofia, a questo si applicò dei Provenzali Trovatori, prendendone i fred- con ardore, ed incominciò ben tosto a gudi concetti, i giuochi di parole, le allego- starne le dolcezze. Fu allora che il suo pririe, le iperboli ardite e stravaganti con altre mo amore, lasciando quanto avea tuttavia di siffatte intemperanze; ed introducendole nella terreno, s' informò affatto di spiritualità e di italiana poesia diede ai Secentisti l'esempio celestiale purezza. Fu allora ch' ei si prodi una brutta licenza, portata all' eccesso dai pose di erigere a quella gentilissima donMarini e dagli Achillini, e loro seguaci, i zella un monumento eterno dell' amor suo, quali corruppero il buon gusto ed inquina- concependo l'idea d'un maraviglioso poema, rono il Parnaso italiano. Ma daremo noi col- in cui l'oggetto della sua pura fiamma vepa al Petrarca di aver corrotto il gusto della nisse celebrato in un modo condegno, anzi Poesia italiana? No: diremo solo che il bril-in un modo tale che mai da altri fosse stato lante mostro del seicento s'impadroni del nostro Parnaso allorchè Dante, il padre dell'italiana poesia, non era più letto, e veniva riguardato come il poeta della barbarie e del goticismo.

Dopo quanto abbiamo detto, potremo con

non che eseguito, ma pure immaginato. E siccome egli giammai cessò di sentire in sè i moti della fiamma antica, così la piena degli affetti per la sua Beatrice, tutta andò poi diffondendola in quel dottissimo suo ed ammirabil lavoro (1). — « Volete, esclama

(1) È omai un dato istorico nella nostra cati dopo la sua morte. In quella Cantica Letteratura, che la terza Cantica, il Para- particolarmente occupossi l'Alighieri nel far diso, fu scritta da Dante negli ultimi sei anni l'apoteosi di Beatrice, celebrandola con tutto del viver suo; anzi taluno pretende che il lume ch'egli avea di scienza e d'arte, e Canti dal XXI al XXXIII siano stati pubbli- formando di lei il personaggio principale di

Ginguéné, una prova dell' immenso amore onde arse il cuore di Dante per Beatrice ? Leggete l'episodio di Francesca da Rimini. Dante non rinvenne quella novità, quell'armonia, quella candida semplicità, quella tenerezza, quella verità nella forza e nella elevazione del suo genio, nè tampoco nella estensione del suo sapere: egli ciò tutto potè ritrovare solamente nell' anima sua passionata e nella ricordanza delle sue tenere emozioni e de' suoi innocenti amori. Il profondo filosofo, l'imperturbabile teologo, lo stesso poeta sublime non avrebbe potuto pingere ed inventare così serbato era un tanto potere all' amante di Beatrice. » (1)

A che dunque i vari e discordi sistematici proseguono a regalarci, benchè di bei fiori adornati, i loro ingegnosi, ma non veridici Ragionamenti, quando è un fatto da non potersi omai più smentire, che il soggetto delle Rime scritte da Dante prima ch' ei giungesse all' età di sei lustri, non è altro che un amore naturalmente e profondamente sentito, mentre quello delle altre (non però di tutte, poichè alcune debbono esser considerate quali episodi amorosi) scritte da lui posteriormente, si è la Rettitudine e la Filosofia ?

Amore e cor gentil sono una cosa; Son. VIII.

come i contrassegni di questo amore li abbiamo in quel suo stile pittoresco ed animato, in quelle descrizioni liete e ridenti delle varie bellezze della natura, nell' artificio incantatore dei suoi versi armoniosi, onde in tanti luoghi s' allegra e s' abbella la Divina Commedia (2), ed in quel tuono così passionato e toccante, ch'è il particolar distintivo delle sue amorose Canzoni, particolarmente di quelle della Vita Nuova.

In un solo verso egualmente abbiamo da lui la definizione del nuovo amore, cui senti levarsi dallo studio della Filosofia: Amor, che muovi tua virtù dal cielo.

Canz. VIII, St. I.

Nelle Rime liriche va spargendo Dante i semi della Divina Commedia, ed altamente palesasi pel forte sentire e per l' elevatezza dei concetti. Nella guisa stessa che nell'una, così fa servire nelle altre le parole alle cose; e queste si studia di esprimere coi convenienti loro vocaboli e con minore ricercatezza possibile; donde avviene che quella sua poesia abbia un andamento grave e maestoso, Il primo amore dell' Alighieri noi lo tro-e sia abbondante e feconda di locuzioni proviamo definito in un solo verso di lui :

quell'azione. Qual riprova più convincente vorremmo noi dell'incomparabil costanza dell'amor suo onestissimo, se fino negli ultimi anni della sua vita, non essendogliene punto venuta meno la rimembranza, proseguiva a sentirne così grande la forza? Qual' altra donna, dopo morte, ottenne, come Beatrice, un cosi nobile omaggio? E qual segno meno equivoco potrebbesi avere della elevatezza, e della purità degli affetti, che pel corso di tre lustri unirono l' una all' altra due anime si degne d' amarsi? E questo forse, dice Ginguéné, l'unico esempio del partito che si può trarre in poesia dalla combinazione di un personaggio allegorico con un essere reale. L'effetto melanconico ed affettuoso, che quest' esempio produce, avrebbe dovuto impegnare altri ad imitarlo, se alcuna cosa non vi avesse d'inimitabile in ciò che una profonda sensibilità può sola dettare ad intelletto sublime. » —

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(1) Il Perticari nell' Amor patrio di Dante e l'Arrivabene nella Storia del secolo del nostro poeta, dicono che questi sebbene trovasse pace in Ravenna sotto l' ale dell' Aquila da Polenta,non per ciò tacque dell'adultera Francesca, uscita da quella casa, anzi ne cantó la colpa e la pena; ma che solo in prezzo dell'asilo pose tanta pietà nel narrare quel caso, che se la donna non fu assoluta innocente, fu almeno compianta. Coll' osservare peraltro, che l' Alighieri trovò pace in Ravenna

prie e figurate.

sotto l'ale dell' Aquila Polentana in sullo stremo della sua vita, quando cioè eran corsi più lustri da che egli avea cantato il miserando caso dei due amanti infelici, viene facilmente a rilevarsi il grave abbaglio del Perticari; perciocchè volendo dire, che il poeta in prezzo dell'asilo dai Polentani ricevuto ponesse tanta pietà nel cantare quel maraviglioso episodio, farebbe d'uopo saper dalla storia ch' ei lo dettasse nell' ultim' anno del viver suo. Lo che esser falso apparisce, avendo Dante pubblicata la prima Cantica, ove l'episodio ritrovasi, nell'anno 1309, o in quel torno, secondo le più probabili opinioni, vale a dire dodici anni prima di ricovrarsi ́in Ravenna. L'episodio di Francesca da Rimini non può palesarci la gratitudine dell' esimio poeta, ma può essere un segno non equivoco del forte sentire di quella anima amante.

(2) La seconda Cantica ridonda di tanta dolcezza, che si potrebbe trascriverne quasi la metà, e porla in confronto delle Rime del Petrarca, senza che il paragone la facesse divenire meno soave e melodiosa. Era questo il giudicio di Tommaso Puccini direttore della Galleria di Firenze.

Il Salvini nel Capitolo al Redi così apostrofò a Dante:

Quando amoroso parli, egli è si vero Lo tuo parlar, che vera esser non puote Più verità, figlia d'un cuor sincero.

:

Dante, siccome il Petrarca, cercò di cor- | Commedia, quanto avea di più nascosto la reggere i costumi dei suoi concittadini per dottrina de' teologi e de' filosofi; e nelle momezzo della morale filosofia espressa in una rali Canzoni quanto era di più acconcio a gran parte delle sue Canzoni coll' artifizio ridestare nei petti l'amore alla Rettitudine di versi sublimi. Là dove trattando delle ma- ed alle altre abbandonate virtù del che debterie del volgare illustre, insegna esser el- besi a lui lode non picciola. leno tre, dice (1) che siccome Beltramo dal Bornio cantò le Armi e Cino da Pistoia l'Amore, così egli prese per argomento la Rettitudine e di essa intendesi aver tenuto discorso nelle morali Canzoni, delle quali ei cita ad esempio quella particolarmente che incomincia Doglia mi reca nello core ardire (2). Conoscendo la forza e la bellezza di una lingua ancor rozza, non ne usò a perfezionare il romanzo amatorio e i lubrici racconti, ma a dispiegare nel Convito e nel Quadro storico politico-morale, ch'ei chiamò

:

Il Petrarca non meno dell' Alighieri amò sinceramente la virtù. Ei pianse e detestò i suoi trascorsi giovenili; chè se questi a lui si condonino, troveremo che nella sua virilità fu irreprensibile. Non solo le Epistole e i Dialoghi con S. Agostino, ma non poche delle sue liriche poesie spirano la più pura morale, o si aggirano affatto, siccome i Trionfi intorno a morali e filosofici argomenti.

Quella virtù che risiede nel bello morale, e di cui fu centro e sorgente il cuor del Pe

vea citare ad esempio un verso di queste e non di quella?

L'inavvertenza del Perticari (la quale " come estranea all' argomento dell' amor patrio di Dante, nulla toglie al merito di quel suo bel Discorso) è facilmente rimarcabile da chiunque legga il passo originale del volgare eloquio: pure il Perticari, siccome av

copiano, è stato da altri ciecamente seguito.

(1) De vulgari cloquio, lib. II, cap. II. (2) Cade qui acconcio di rilevare un grave abbaglio del Perticari. Questi nel suo Discorso intorno l' amor patrio di Dante dice (§. V.) che il vero ed occulto fine propostosi dall' Alighieri nel suo poema si fu la Rettitudine; e che ciò rilevasi apertamente dal Trattato de vulgari eloquio, lib. II, cap. II, dove l'autore narra essere stata dall' a-viene dei Commentatori che reciprocamente si mico di Cino cantata la Rettitudine, nel qual luogo egli parla di sè e del suo poema, che ha questo fine, avendo cercato di correggervi i disonesti reggimenti dei suoi cittadini ec. Ma nel passo allegato del volgare eloquio non parlasi punto di Epopeia; ma sivvero di Canzoni: della qual cosa possiamo venire appieno certificati non tanto dalle parole del contesto, quanto dagli esempi di Canzoni che l'istesso Dante riporta in conferma di quello che ha avanzato di sopra. Ecco il passo:-Appare queste tre cose, cioè la salute, i piaceri di Venere, e la virtù, essere quelle tre grandissime materie, che si denno grandissimamente trattare, cioè quelle cose che a queste grandissime sono.com'è la gagliardezza dell'armi, l'ardenza dell'amore, e la regola della volontà. Circa le quali tre cose sole, se ben risguardiamo, troveremo gli uomini illustri aver volgarmente cantato,cioè Beltramo di Bornio le armi, Arnaldo Daniello l'amore, Geraldo di Bornello la rettitudine, Cino da Pistoia l'amore, l'amico suo la rettitudine. Beltramo adunque dice: Non pos nul dat ec.; Arnaldo: Laura amara fal broul ec.; Gerardo: Più solaz reveillar ec.; Cino: Degno son io ch'i' mora ec.; l'amico suo, (cioè Dante egli stesso): Doglia mi reca nello core ardire. »

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Non vuolsi grande sforzo d'ingegno per conoscere che qui non si parla d' altro; che delle diverse materic le quali si denno trattare nella Canzone, e che non si fa punto allusione alla Divina Commedia o ad altri poemi. Come mai l' Alighieri, se intendeva accennare che nella Divina Commedia e non nelle Canzoni avea cantata la Rettitudine, doDANTE. Opere Minori.

Il fine propostosi da Dante nel suo grandioso poema non è particolarmente ed esclusivamente la Rettitudine, non la Riforma civile e religiosa di Italia, non la Satira, non un sistema teologico, non tanti altri sistemi contraddittorii, dai Commentatori sognati; ma quello a cui Dante mirò, si fu di presentare per mezzo di un dottissimo ed ammirabile poetico lavoro un Quadro storico-politico-morale del secolo in cui egli visse. Questo, chi ben consideri, conoscerà essere veramente il piano ideato dall' Alighieri: come le moventi cagioni furono principalmente (e lo dicemmo altrove) l'amore, l'ira ghibellina e il desiderio di gloria. L'originale del mio poema, dicea l'Alighieri nella sua dedica a Cane, lo troverai nella terra che noi abitiamo. Quindi è forza convenire che frai vari scusi che racchiudonsi nelle allegorie dantesche occupi il primo luogo lo storico.

Non potrebbe oggi render servigio alle Lettere chi si ponesse a sopraccaricare di altre seducenti e peregrine interpretazioni i concetti e le metafore delle opere del nostro sommo Italiano, ma solo chi, richiamate a generale severa disamina le opinioni di tutti

Glossanti, Commentatori e Biografi, per mezzo di un'accurata analisi e di una critica imparziale ed acuta giungesse a sceverarne le vere, od almeno le più verosimili, gettando a terra, e con più forza, distruggendo fino dai fondamenti tutti i fantastici edifizi fabbricativi sopra dalla vanità e dall' esaltata fantasia, dall'inavvertenza e dall' imperizia.

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trarca, venne dall' esimio poeta figurata in um nobilissimo quadro, accoppiandola alla Gloria in quella Canzone, piena di sublimi concetti e di grandiose immagini

Una Donna più bella assai che il Sole, come egualmente piene di magnificenza e di morale filosofia si troveranno le altre

Di pensiero in pensier, di monte in monte;
I' vo pensando, e nel pensier m'assale;
Vergine bella, che di sol vestita, ec.

Ma non soltanto fra le Canzoni, fra i Sonetti altresì havvene molti dei filosofici e dei morali; ed in particolare poi tutta la seconda parte del Canzoniere del Petrarca come potrà esser letta senza riconoscervi l'amore alla virtù, la rassegnazione ai voleri del cielo ? In essa il poeta piange il passato, fugge il presente, ridomanda alle fonti, alle piante, alle donne colei, la quale

Gli mostrò la via che al ciel conduce. Qui sedea, egli dice, qui parlommi, qui mi volse un guardo pietoso ma questi ahimè! sono errori. Chiama la morte per riunirsi a quella, di cui la terra non era degna: ecco la vede in cielo, ov' egli col pensiero si leva, ove da lei è aspettato a goder di quel bene che in umano intelletto non cape. Felice se dorme, e fa tregua il pianto; felice se sogna, ed ecco lei che ad esso si appressa, е colle caste mani gli asciuga le lagrime: il consiglia, il riprende, gli mostra la vera felicità che sol per morte s' acquista, a vita miglior trapassando, poichè la morte non è altro che il fine d'oscura prigione agli animi più gentili, e sol rincresciosa a coloro che hanno posta ogni lor cura nel fango: il mio morire, dic' ella, che ti ha reso sì afflitto ti renderebbe lietissimo pur che tu godessi la millesima parte della mia felicità.

Fin dall' esordio delle sue Rime si fa il Petrarca accusatore del suo error giovenile, onde si vergogna d'essere stato gran tempo favola al popol tutto, e si pente del suo vaneggiare, conoscendo esser breve sogno quanto al mondo più piace; e nella conclusione del suo Canzoniere, nel mentre che il consacra insiem con sè stesso alla più pura delle Vergini, cui prega a ricevere in grado i suoi cangiati desiri, va poggiando in alto sull'ali della fè e della speme.

delle acerbe rampogne contro il vizio dirette. Egli grida

Qual non dirà fallenza (1)

Divorar cibo ed a lussuria intendere?
Ornarsi come vendere

Si volesse al mercato de' non saggi?
Chè 'l savio non pregia uom per vestimenta
Perchè sono ornamenta,

Ma pregia il senno e li gentil coraggi (2).
Canz. xv, St. II.

Altrove, dopo aver detto, la virtù esser tutta
simigliante al gran pianeta,

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va così apostrofando gli uomini, che di lei non sono seguaci :

O falsi cavalier, malvagi e rei,
Nemici di colei,

Che al prence delle stelle s'assimiglia.

Quando fassi a parlare contro i viziosi, e massimamente contro gli avari, allora sì che raddoppia il suo zelo, e lascia il freno al suo dire veemente e mordace :

Uomo da se virtù fatta ha lontana,
Uomo non già, ma bestia, ch'uom somiglia.
Canz. XVI, St. II.

O mente cieca che non puoi vedere
Lo tuo folle volere,

Ecco giunti a colei che ne pareggia ;
Dimmi, che hai tu fatto,
Cieco avaro disfatto?
Rispondimi se puoi altro che nulla.
Maledetta tua culla,

Che lusingò tanti tuoi sonni invano;
Maledetto lo tuo perduto pane,
Che non si perde al cane;
Chè da sera e da mane

Hai ragunato e stretto ad ambe mano
Ciò che si tosto ti si fa lontano.

Ivi, St. Iv.
Falsi animali, a voi ed altrui crudi,
Che vedete gir nudi

Per colli e per paludi

Uomini, innanzi a cui vizio è fuggito,
E voi tenete vil fango vestito.

Ivi, St. v.

Se il Petrarca ci fa gustare il bello mo- Ma se Dante, il poeta dell' evidenza e delrale, implorando consolazione dal cielo, da- l' energia, va frequente i poetici dardi temgli uomini e da tutto quanto il circonda; s'ei prando nella bile che in lui si commuove si cattiva la nostra simpatia colle sue pro-all' aspetto del sordido vizio, appare non mifondamente sentite espressioni di dolore, per nore del Petrarca e di qualunque altro granle quali si fa strada a penetrare in ogni cuore de poeta, quando voglia per mezzo della e ad infondervi una dolce melanconia; l'Ali

ghieri ne rende amanti della virtù per mezzo non tanto dei filosofici argomenti, quanto

(1) Errore.

(2) Cioè i cuori gentili, i cuori ben fatti.

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