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(34) chiama colomba, leggono le pr. ediz. il codice Barberino, il Vat. Urb., il Trivulziano, ed i Gaddiani 134, 135 secondo, e confermano l' emendazione da noi fatta nel SAGGIO, pag. 124, correggendo lo strafalcione del Biscioni, che legge e questa umana colomba. E. M.

(35) « Nel Vero, in che si queta ogni intel(letto. »> Par. 28. 108. E. M. (36) de'cieli, i codici Marc. secondo, Vat. Urb., Gadd. 134, 135 secondo. Il Biscioni: del cielo. E. M.

a

307

(14) Malamente in tutte le stampe leggesi: quello, che segue, di più Amore. E. M. za l'uomo dà cagione all'amico novello, non (15) Intendi: per la quale onesta lamentand'avversione a sè, ma di più amore. Così nel caso presente, non sarebbe stato bello che in ingrata dimenticanza le dolcezze gustate l'anima per voler seguitare Filosofia, mettesse nella passione di Beatrice; ma piuttosto se essa muove alcun lamento dell'essere come costretta d'abbandonare Lei, la medesima Filosofia per questo stesso le crescerà vie me

(37) appare. Questa lezione dei codici Tri-glio l'amore. P. vulz., Gadd. 135 secondo e 3, ne piace più che la comune pare. E. M.

CAPITOLO XIV.

(1) Le similitudini de'cieli colle scienze, ed in ispecie del terzo cielo colla Rettorica.P. (2) Sottintendi cielo. E. M.

(3) invitarono, pr. ed. E. M.
(4) Vedi il principio del cap. XIII.
(5) Della Filosofia P.

(6) per, cioè, mediante. P.

(7) Sottintendi umane. E vale quello che il Petrarca disse: Sciolti da tulle qualitati umane. E. M.

(8) Dante ha già detto che le dimostrazioni sono gli occhi della Filosofia: temiamo adunque che queste parole nelle dimostrazio- | ni siano qui un glossema. E. M.

(16) Alta, potente. P.

(17) Cioè, della salute che è a mirare gli occhi di questa donna. P.

(18) Per tutta la sposizione letterale. P. (19) Cioè, nel verso: Chi vuol vedere la

salute. P.

(20) Chi sale a governare il ragionamento; che là è il pensiero amoroso della Filosofia; qui è l'anima tuttavia passionata di Beatrice. P.

(21) Da queste parole fino a Poi quando E. M. dice, tutto il passo è interlineato dal Tasso.

(22) Cioè è applicazione a quella cosa dell' animo innamorato della cosa. E. M. (23) Per la filosofia. P.

Gadd. 134, 3, e le pr. ediz. Malamente il Bi(24) le cagioni, i codici Marc., Vat. Urb., scioni: le cognizioni. V. il SAGGIO, p. 125.

(25) In queste parole cioè maraviglia, che

(9) negli occhi della Filosofia apparve, tutti E. M. i mss. e le stampe. Essendo però il discorso in via di ammirazione e di apostrofe ai sem-leggonsi senza alcuna varietà in tutti i testi, bianti che appariscono negli occhi di questa ci sembra di ravvisare un grave errore de' comistica donna, e Dante parlando a loro in se- pisti. Dante in nessun luogo del Trattato seconda persona, è chiaro che questo apparve guente non parla del vocabolo maraviglia; è sproposito, e che dee emendarsi in appa-e benchè nel Capitolo vi ei favelli de' mi

rite. E. M.

(10) Nella volgata leggesi salva. Non co- la vera lezione fosse cioè miracolo, non ne racoli, dal che taluno potrebbe inferire che noscendo però noi altro esempio, in cui sal- favella però in quanto a vocabolo. Onde la vare sia usato in modo neutro assoluto, co- sincera lezione ne pare che sia cioè Filosome scampare, adottiamo la bella emendazio- fia, perocchè di essa parlasi in tutto il prene che ci venne proposta dalla Biblioteca Ita-sente Capitolo, e più pienamente, o come suol liana. Così la costruzione procede regolarmen- dirsi ex professo, si ragiona del suo vocate: per la quale si fa beato chi vi guarda, e bolo nel Capitolo xi. del seguente Trattato. (si fa) salvo dalla morte ecc. E. M. (11) Quando si e no tenzonano nella menE. M. te. P.

(12) Qui tutti i testi leggono erroneamente delle quali. E. M.

(13) Cioè, l'intelletto fatto già familiare della Filosofia. P.

(26) Così il cod. Barb. Le stampe hanno Triv. con buona lezione: ho per l'altra spoe per l'altra sposizione manifesto è. Il cod. sizione manifesto. E. M.

(27) io innamorai, cod. Barb., Gadd. 134, e pr. ediz. Il Biscioni: ¿o m'innamorai. E. M.

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Amor, che nella mente mi ragiona
Della mia donna, disïosamente
Move cose di lei meco sovente,
Che lo 'ntelletto sovr' esse disvia.
Lo suo parlar si dolcemente sona,
Che l'anima ch'ascolta, e che lo sente,
Dice: oh me lassa, ch'io non son possente
Di dir quel ch' odo della donna mia!
E certo e' mi convien lasciar in pria,
S'io vo' trattar di quel ch'odo di lei,
Ciò che lo mio intelletto non comprende,
E di quel che s'intende,

Gran parte, perchè dirlo non saprei.
Però se le mie rime avran difetto,
Ch'entreran (1) nella loda di costei,
Di ciò si biasmi il debole intelletto,
El parlar nostro, che non ha valore
Di ritrar tutto ciò che dice Amore.
Non vede il Sol, che tutto 'l mondo gira,
Cosa tanto gentil, quanto in quell'ora,
Che luce nella parte ove dimora
La donna, di cui dire Amor mi face.
Ogni 'ntelletto di lassù la mira:
E quella gente, che qui s'innamora,
Ne'lor pensieri la trovano ancora,
Quando amor fa sentir della sua pace.
Suo esser tanto a Quei, che gliel dà, piace,
Che 'nfonde sempre in lei la sua vertute,
Oltre il dimando di nostra natura.
La sua anima pura,

Che riceve da lui questa salute,
Lo manifesta in quel, ch'ella conduce;
Chè in sue bellezze son cose vedute,
Che gli occhi di color, dov' ella luce,
Ne mandan messi al cor pien di disiri,
Che prendon aere e diventan sospiri.

In lei discende la virtù divina,
Siccome face in Angelo, che 'l vede (2)
E qual donna gentil questo non crede
Vada con lei, e miri gli atti sui.
Quivi, dov' ella parla, si dichina
Un Angelo dal ciel (3), che reca fede
Come l'alto valor, ch'ella possiede,
E oltre a quel che si conviene a nui.
Gli atti soavi, ch'ella mostra altrui,
Vanno chiamando Amor, ciascuno a prova,
In quella voce che lo (4) fa sentire.
Di costei si può dire:

Gentil è in donna ciò che in lei si trova;

E bello è tanto, quanto lei simiglia.
E puossi dir che il suo aspetto giova
A consentir ciò che par maraviglia.
Onde la fede nostra è aiutata;
Però fu tal da eterno creata (5).

Cose appariscon nello suo aspetto,
Che mostran de' piacer del Paradiso;
Dico negli occhi, e nel suo dolce riso,
Che le vi reca Amor com'a suo loco.
Elle soverchian lo nostro intelletto,
Come raggio di Sole un (6) fragil viso:
E perch'io non le posso mirar fiso,
Mi convien contentar di dirne poco.
Sua beltà piove fiammelle di fuoco,
Animate d'un spirito gentile,
Ch'è creatore d'ogni pensier buono;
E rompon come tuono

Gl'innati vizii, che fanno altrui vile.
Però qual donna sente sua beltate
Biasmar, per non parer queta ed umile,
Miri costei, ch'è esemplo d'umiltate.
Quest' è colei, ch'umilia ogni perverso:
Costei pensò chi mosse l'universo.

Canzone, e' par che tu parli contraro
Al dir d'una sorella che tu hai;
Chè questa donna, che tant' umil fai,
Ella la chiama fera e disdegnosa.
Tu sai che 'l ciel sempr'è lucente e chiaro,
E quanto in sè non si turba giammai;
Ma li nostr' occhi per cagioni assai
Chiaman la stella (7) talor tenebrosa;
Così quand'e' la chiama orgogliosa,
Non considera lei secondo 'I vero,
Ma pur secondo quel che a lei parea:
Chè l'anima temea,

E teme ancora sì, che mi par fero
Quantunque io veggio dov'ella mi senta (8).
Così ti scusa, se ti fa mestiero:

E quando puoi a lei ti rappresenta
E di' (9): Madonna, s'ello vi è a grato,
Io parlerò di voi in ciascun lato.

CAPITOLO I.

Così come nel precedente Trattato si ragiona, lo mio secondo Amore prese cominciamento dalla misericordiosa sembianza d'una donna (1); lo (2) quale Amor poi, trovando la mia (3) vita disposta al suo ardo

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re, a guisa di fuoco di picciola in gran fiam- | sforzo di lei commendare (20) secondo la ma s' accese (4); sicchè non solamente veg- mia facultà, la quale (21) se non simile è ghiando, ma dormendo, lume di costei nella per sè, almeno la pronta volontà mostra, che mia testa era guidato (5). E quanto fosse se più potessi più farei, così si (22) fa grande il desiderio, che Amore di vedere co- simile a quella di questa gentil donna. La stei mi dava, nè dire, nè intendere si po- terza ragione fue un argomento di provvitrebbe. E non solamente di lei era così de- denza; chè, siccome dice Boezio, « non basideroso; ma di tutte quelle persone che al- >>sta di guardare pur quello ch'è dinanzi cuna prossimitade avessero a lei, o per fa- >> agli occhi, cioè il presente; e però n'è miliarità, o per parentela alcuna. Oh quante data la provvidenza, che riguarda oltre, notti furono, che gli occhi dell' altre perso-» a quello che può avvenire. » Dico che penne chiusi dormendo si posavano, che li miei sai che da molti (23) di retro da me forse nell'abitacolo del mio Amore (6) fisamente sarei stato ripreso di levezza d'animo, udenmiravano (7)! E siccome lo multiplicato in- do me essere dal primo amore mutato. Per cendio pur vuole di fuori mostrarsi, chè stare che, a torre via questa riprensione, nullo ascoso è impossibile; volontà mi giunse di migliore argomento era, che dire qual era parlare (8) d' Amore, il quale del tutto te- quella donna che m' avea mutato che per nere non potea. (9) E avvegnachè poca po- la sua eccellenzia manifesta aver si può condestà io potessi avere di mio consiglio (10), siderazione della sua virtù (24); e per lo 'npur intanto, o per volere d'Amore, o per tendimento della sua grandissima virtù si può mia prontezza, ad esso (11) m'accostai per pensare ogni stabilità d' animo essere a quelpiù fiate, ch' io deliberai e vidi, che d'a- la mutabile (25); e però me non giudicare mor parlando, più bello, nè più profittevole lieve, e non istabile. Impresi dunque a losermone non era, che quello nel quale si dare questa donna, e se non come si concommendava la persona che si amava (12). venisse, almeno innanzi quanto io potessi; e E a questo diliberamento tre ragioni (13) cominciai a dire: Amor, che nella mente mi m' informaro (14): delle quali l'una fu lo pro- ragiona. Questa Canzone principalmente ha pio Amore di me medesimo, il quale è prin- tre parti. La prima è tutto il primo vercipio di tutti gli altri; siccome vede ciascu- so (26), nel quale proemialmente si parla. no, che più licito, nè più cortese modo di La seconda sono tutti e tre li versi seguenfare a se medesimo onore non è, che ono- ti, ne' quali si tratta quello che dire s' inrare l'amico chè, conciossiacosachè intra tende, cioè la loda di questa gentile; lo dissimili amistà esser non possa, dovunque primo de' quali comincia: Non vede il Sol amistà si vede, similitudine s' intende; e do- che tutto il mondo gira. La terza parte è ' vunque similitudine s'intende, corre comu-quinto e ultimo verso, nel quale, dirizzando ne la loda e lo vituperio. E di questa ra- le parole alla Canzone, purga lei d'alcuna gione due grandi ammaestramenti si posso- dubitanza. E di queste tre parti per ordine no intendere: l'uno si è, di non volere che è da ragionare.

CAPITOLO II.

alcuno vizioso si mostri amico, perchè in ciò si prende (15) opinione non buona di colui (16) di cui (17) amico si fa; l'altro s è, che nessuno dee l'amico suo biasimare pa- Facendomi dunque dalla prima parte, che lesemente, perocchè a sè medesimo dà del a proemio di questa Canzone fu ordinata, didito nell' occhio, se ben si mira la predetta co che dividere in tre parti si conviene; che ragione. La seconda ragione fu (18) lo de-prima si tocca la ineffabile condizione di quesiderio della durazione di questa amistà; on- sto (1) tema: secondamente si narra la mia de è da sapere che, siccome dice il Filo- insufficienza a questo perfettamente trattare: sofo nel nono dell' Etica, nell' amistà delle e comincia questa seconda parte: E certo persone dissimili di stato conviene a conser- e' mi convien lasciare in pria. Ultimamenvazione di quella una proporzione essere in- te mi scuso da insufficienza, nella quale non tra loro, che la dissimilitudine a similitu- si dee porre a me colpa: e questo comindine quasi riduca, siccome intra 'l sigiore cio quando dico: Però se le mie rime avran e 'l servo. Chè, avvegnachè 'l servo non pos- difetto. Dico adunque: Amor, che nella mensa simile beneficio rendere al signore, quan- te mi ragiona: dove principalmente è da do da lui è beneficato dee però renlere vedere chi è questo ragionatore, e che è quello che migliore può con tanta sollecitu- questo loco, nel quale dico esso ragionadine e franchezza (19), che quello ch'è dis- re. (2) Amore, veramente pigliando e sotsimile per sè si faccia simile per lo mostra-tilmente considerando, non è altro, che unimento della buona volontà, la quale mani-mento spirituale dell'anima e della cosa afesta l'amistà, e ferma, e conserva. Per che io considerando me minore, che questa done veggendo me beneficato da lei, mi

na,

mata; nel quale unimento di propia sua natura l'anima corre tosto o (3) tardi, secondochè è libera o impedita. E la ragione di

lo sente: ascoltare, quanto alle parole; e sen- | medesimo. Onde noi non dovemo vituperare tire, quanto alla dolcezza del suono.

CAPITOLO IV.

che

l'uomo perchè sia del corpo da sua natività laido, perocchè non fu in sua podestà di farsi bello; ma dovemo vituperare la mala disposizione della materia ond' esso è fatto, che fu principio del peccato della natura (17). Quando (1) ragionate sono le due ineffa- E così non dovemo lodare l'uomo per belbilità di questa materia, conviensi procedere tade che abbia da sua natività nel suo cora ragionare le parole che narrano la mia in-po, che non fu egli di ciò fattore; ma dosufficienza. Dico adunque che la mia insuf- vemo lodare l'artefice, cioè la natura umaficienza procede doppiamente, siccome dop-na, che 'n tanta bellezza produce la sua mapiamente trascende l' altezza (2) di costei per teria, quando impedita da essa non è. E pelo modo ch'è detto (3); chè a me conviene rò disse bene il prete allo imperadore (18) lasciare per povertà d' intelletto molto di che ridea e schernia la laidezza del suo corquello ch'è vero di lei, e che quasi nella (4) po: « Iddio è Signore; esso fece noi, e non mente raggia; la quale, come corpo diafano, essi (19) noi: » e sono queste parole del riceve quello non terminando (5). E questo Profeta in un verso del Salterio, scritte ne dico in quella seguente particola: E certo più, nè meno come nella risposta del prete. e' mi convien lasciar in pria. Poi quando E perciò veggiamo li cattivi malnati, che dico: E di quel che s' intende, dico che non pongono lo studio loro in azzimare la loro pure a quello che lo 'ntelletto non sostiene persona (20), che dee essere tutta con onestama eziandio a quello ch' io intendo, suffi-de; e che non è altro a fare, che ornare l' opeciente non sono (6), perocchè la lingua mia non è di tanta facondia, che dir potesse ciò che nel pensiero mio se ne ragiona. Per che è da vedere che, a rispetto della verità, poco fia quello che dirà; e ciò resulta in grande loda di costei, se bene si guarda, nella quale (7) principalmente s'intende (8). E quella (9) orazione si può dire che bene venga dalla fabbrica del Rettorico, la quale a ciascuna parte pone mano al principale intento (10). Poi quando dice: Però se le mie rime avran difetto, escusomi da mia colpa, della quale non deggio essere colpato veggendo altri le mie parole essere minori che la dignità di questa. E dico che se difetto fia nelle mie rime, cioè nelle mie parole, che a trattare di costei sono ordinate, di ció è da biasimare la debilità dello 'ntelletto e la cortezza del nostro parlare; lo quale dal (11) pensiero è vinto, sicchè seguire lui non puote appieno, massimamente là dove il pensiero nasce d'Amore, perchè quivi l'anima profondamente più che altrove, s' ingegna (12). Potrebbe dire alcuno tu scusi te insiememente ed accusi (13) (chè (14) argomento di colpa è, non purgamento in quanto la colpa si dà allo 'ntelletto e al parlare, ch'è mio; chè siccome s'egli è buono, io deggio di ciò essere lodato, in quanto è così; e si egli è difettivo, deggio essere biasimato). A ciò si può brievemente rispondere che non ma scuso veramente. E però è da sapere, secondo la sentenzia del Filosofo nel terzo dell' Etica, che l'uomo è degno di loda e (15) di vituperio solo in quelle cose che sono in sua podestà di fare o di non fare; ma in quelle, nelle quali non ha podestà, non merita nè vituperio, nè loda; perocché l'uno e l'altro (16) è da rendere ad altrui, avvegnachè le cose siano parte dell' uomo

m' accuso

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ra d'altrui, abbandonare la propia (21) (22).
Tornando adunque al proposito, dico che (23)
nostro intelletto, per difetto della virtù, del-
la quale trae quello ch' el (24) vede
è virtù organica, cioè la fantasia), non puo-
te a certe cose salire, perocchè la fantasia
nol puote aiutare, che non ha il di che; sic-
come sono (25) le sustanze partite da ma-
teria (26); delle quali ( se alcuna conside-
razione di quelle avere potemo) intendere
non le potemo, nè comprendere perfettamen-
te. E di ciò non è l' uomo da biasimare, che
non esso fu di questo difetto fattore: anzi fe-
ce ciò la Natura universale, cioè Iddio, che
volle in questa vita privare noi di questa lu-
ce; che, perchè egli lo (27) facesse, presun-
tuoso sarebbe a ragionare. Sicchè se la mia
considerazione mi trasportava in parte dove
la fantasia venia meno allo 'ntelletto, se io
non potea intendere non sono da biasimare.
Ancora è posto fine al nostro ingegno, a cia-
scuna sua operazione, non da noi, ma dalla
universale Natura; e però è da sapere che
più ampii sono li termini dello 'ngegno a pen-
sare, che a parlare, e più ampii a parlare,
che ad accennare. Dunque se'l pensiero no-
stro, non solamente quello che a perfetto
intelletto non viene (28), ma eziandio quello
che a perfetto intelletto si termina, è vin-
cente del parlare, non semo noi da biasima-
re, perocchè non semo di ciò fattori; e (29)
però manifesto, me veramente scusare quan-
do dico: Di ciò si biasmi il debole intellet-
to, E'l parlar nostro, che non ha valore
Di ritrar tutto ciò che dice Amore; che as-
sai si dee chiaramente vedere la buona vo-
lontà, alla quale avere si dee rispetto nelli
meriti umani. E così omai s' intenda la pri-
ma parte principale di questa Canzone che
corre mo per mano.

CAPITOLO V.

quelli, che massimamente giri. Di questi duo poli, l'uno è manifesto quasi a tutta la terra Quando ragionando per la prima parte, a- discoperta, cioè questo settentrionale; l' altro perta è la sentenzia di quella, procedere si è quasi a tutta la discoperta terra celato, cioè conviene alla seconda; della quale per meglio lo meridionale. Lo cerchio che nel mezzo di vedere, tre parti se ne vogliono fare, secon- questi s' intende, si è quella parte del Cielo, dochè in tre versi si comprende. Che nella sotto'l quale si gira il Sole quando va colprima parte io commendo questa donna inte- l' Ariete e colla Libra. Onde è da sapere, che ramente e comunemente, sì nell' anima come se una pietra potesse cadere da questo nonel corpo; nella seconda discendo a laude spe- stro polo, ella cadrebbe là oltre nel mare Oceazial dell' anima; e hella terza a laude speziale no, appunto in su quello dosso del mare, dodel corpo. La prima parte comincia: Non re-ve se fosse un uomo, la stella (7) gli sarebde il Sol, che tutto il mondo gira; la secon- be sempre sul mezzo del capo; e credo che da comincia: In lei discende la virtù divi- da Roma a questo luogo, andando diritto per na; la terza comincia: Cose appariscon nello Tramontana, sia spazio quasi di due mila setsuo aspetto; e queste parti, secondo ordine, tecento (8) miglia, o poco dal più al meno. sono da ragionare. Dico adunque: Non vede Immaginando (9) adunque, per meglio vedeil Sol, che tutto 'l mondo gira; (1) dov'è da re, in questo luogo, ch'io dissi, sia una città, sapere, a perfetta intelligenza avere, come il abbia nome Maria, dico ancora, che se dall'almondo dal Sole è girato. Prima dico, che per tro polo, cioè meridionale, cadesse una pielo mondo io non intendo qui tutto il corpo tra ch'ella cadrebbe in su quel dosso del madell'Universo, ma solamente questa parte del re Oceano, che è appunto in questa palla opmare e della terra, seguendo la volgare voce, posito a Maria; e credo che da Roma, là doche così s'usa chiamare. Onde dice alcuno: ve cadrebbe questa seconda pietra, diritto anquegli ha tutto il mondo veduto; dicendo que- dando per (10) Mezzogiorno, sia spazio di sta (2) parte del mare e della terra. Questo sette mila cinquecento miglia, poco dal più mondo volle Pittagora e li suoi seguaci dice- al meno. E qui immaginiamo un' altra città re che fosse una delle stelle, e che un' altra che abbia nome Lucia; e di spazio, da quaa lei fosse opposita così fatta: e chiamava quel- lunque parte si tira la corda, di dieci mila la Antictona (3): e dicea ch' erano ambedue dugento miglia; e li tra l'una e l'altra mezin una spera che si volgea da Oriente in Oc-zo lo cerchio di questa palla, sicchè li cittacidente, è per questa revoluzione si girava il dini di Maria tengono le piante contro le pianSole intorno a noi, e ora si vedea e ora uon si te di que' di Lucia. Immaginiamoci anche un vedea; e dicea che 'l fuoco era nel mezzo di cerchio in su questa palla, che sia in ciascuqueste, ponendo quello essere più nobile cor- na sua parte tanto di lungi da Maria, quanpo, che l'acqua o che la terra, e ponendo il to da Lucia. Credo che questo cerchio (semezzo nobilissimo in tra li luoghi delli quat-condoch' io comprendo per le sentenzie degli tro corpi simplici; e però dicea che 'l fuoco, Astrologi, e per quella d'Alberto della Magna quando parea salire, secondo il vero al mez- nel libro della Natura de' luoghi, e delle Prozo discendea. Platone fu poi d'altra opinio-prietà degli Elementi (11); e anche per la ne, e scrisse (4) in un suo libro, che si chia- testimonianza di Lucano nel nono suo libro) ma Timeo, che la terra col mare era bene dividerebbe questa terra scoperta dal mare il mezzo di tutto, ma che 'l suo tondo tutto Oceano là nel Mezzodì, quasi per tutta la stresi girava attorno al suo centro, seguendo il mità del primo climate, dove sono intra l' alprimo movimento del Cielo; ma tarda molto tre genti li Garamanti, che stanno quasi semper la sua grossa materia, e per la massima pre nudi; alli quali venne (12) Catone col podistanzia da quello. Queste opinioni sono ri-polo di Roma, la signoria di Cesare fuggenprovate per false nel secondo di Cielo e Mondo da quello glorioso Filosofo, al quale la Natura più aperse li suoi segreti (5); e per lui quivi è provato, questo mondo, cioè la terra, stare in se stabile e fisso in sempiterno (6). E le sue ragioni, che Aristotile dice a rompere costoro e affermare la verità, non è mia intenzione qui narrare; perchè assai basta alla gente, a cui parlo, per la sua grande autorità sapere che questa terra è fissa e non si gira, e che essa col mare è centro del Cielo. Questo Cielo si gira intorno a questo centro continovamente, siccome noi vedemo; nella cui girazione conviene di necessità essere due poli fermi, e uno cerchio ugualmente distante da DANTE. Opere Minori.

do. Segnati questi tre luoghi di sopra questa palla, leggiermente si può vedere come il Sole la gira. Dico adunque che Cielo del Sole si rivolge da Occidente in Oriente, non dirittamente contra lo movimento diurno, cioè del dì e della notte, ma tortamente contra quello; sicchè 'l suo mezzo cerchio, che ugualmente è intra li suoi poli, nel qual è il corpo del Sole, sega in due parti opposite il (13) cerchio delli due primi poli, cioè nel principio dell' Ariete e nel principio della Libra; e partesi per due archi da esso, uno verso Settentrione, e un altro verso Mezzogiorno; li punti delli quali archi si dilungano ugualmente dal primo cerchio da ogni parte per

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