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sotto le quali viene nell'umana intelligenza. | che volta usato l'e in vece di o; come se, Conforme a questo io crederei che invece di nel luogo presente, per cagione d'esempio, rerria starebbe meglio correggere venga,che avesse detto: e quando è perfetta e quanin antico potè essere scritto vegnia o forse do è imperfetta, tenendo quell'e di mezzo, venia; e il copista poi, leggendo, staccò l'n colle altre parole sottintese, il luogo della in due rr, e scrisse verria. P. particella disgiuntiva. Nulladimeno essendo incerto quest'uso, e potendo produr confusione, reputiamo più sano consiglio il ridurre la lezione all'ordinario e più corretto modo di favellare. Giovi però l'averlo avvertito, onde niuno ci accusi di aver fatto le nostre correzioni troppo alla scapestrata. E. M.

(5) La quale apprensione è la prima disposizione all' amore. P.

(6) Vuol dire che sebbene le Intelligenze celesti mirino la filosofia continuamente, l'umana intelligenza per anche non può fare altrettanto, cioè, fino che duri in questa mondana vita; e di ciò darà l'A. subito la ragione. Per altro bene considerando il modo dell'espressione, pare che vi si senta mancanza d'alcuna parte; e che specialmente il pronome la quale domanderebbe un congiungimento diverso dal presente. P.

(7) Intendi: Fuori del cerchio della quale è l'obbietto in cui s'appaga l'intelletto e la ragione. P.

(8) Ordina ed intendi: Abbisogna a suo sostentamento di molte cose, come pane, casa, vestire, le quali richiedono tutt'altro che speculazione. P.

(9) Per la qual cosa. P.

(10) Ed essendo così perfette solo di natura intellettiva, non abbisognano di nulla che sia fuori di speculazione. P.

(11) e però essa filosofia. P.

Prego i Sigg. E. M. in via di grazia, come dicono può dubitarsi? Che se questo è vero, se ne perde vie peggio la certezza in qualunque altra lezione del Convito, dove forse qualcuna altra appena si troverà confermata per la testimonianza di tanti luoghi affatto conformi. Rispetto alla nota ch' Essi danno alla frase, cioè, di potere produrre confusione, poniamo che così paia veramente, ma chi perciò vorrebbe mettere le mani nella scrittura dell' Allighieri? P.

(21) Malamente in tutti i codici e nelle stampe: il quale esso. E. M.

(22) Ciò sono ricchezze, onori ecc. Ora ecco il raziocinio adoperato dall' A. a provare che l'anima della Filosofia mostri la dismisuranza del bene o lume ch'ella riceve

(12) sentire è sensatissima aggiunta del da Dio, in quel ch'ella conduce. L'anima sig. Witte. E. M.

(13) Con tutto ciò. P.

della Filosofia è lo stesso che la di lei forma (vedi capo vi. di questo tratt. in fine ); (14) Dice gran parte, ma non tutto. E la forma della Filosofia è amore (vedi capo questo vale una segreta laude alla filosofia. xI. ); amore è manifestamente nella converSegreta poi si vuole intendere come se dices- sazione colla Filosofia, siccome la cagione è se obliqua; ma l'A. ha parlato secondo l'ac- nel suo effetto; la conversazione conduce efcidente che è nelle cose segrete, di non appa-fetti di mirabile bellezza, cioè, contentamenrire subito alla vista. P.

(15) che sempre attrae la capacità, pr. ed., codici Gadd. 134, 135 secondo, Vat. Urb., Marc. secondo. Il testo del Biscioni: che 'nsemprata è la capacità; ma nella nota riconosce per migliore l'altra lezione. Al sig. Witte è dovuta la bella emendazione che noi abbiamo adottata. E. M.

(16) la quale nostra natura, essa filosofia fa bella e virtuosa. P.

(17) vi si viene, codici Gadd. 134, 135 secondo, e Vat. Urb. Le stampe: si viene, senza il vi. E. M.

(18) Intendi: Non può informare nella mente dell' uomo tante e tanto alte considerazioni della filosofia che adeguino la grandezza e l'altezza dell' obbietto. P.

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(19) Non mi pare di vedere come possa convenire l'aggiunto d'umile a questa nuova e veramente sublimissima lode. Forse che va letto l'ultima, quasi dica, la supre

ma. P.

(20) perfetta e imperfetta, i mss. e le stampe. Può dubitarsi che Dante abbia qual

to ecc.; dunque l'anima della Filosofia conduce i detti effetti di mirabile bellezza, ed in ciò mostra i maravigliosi doni di Dio, che le dànno potenza a quella effettuazione. P.

CAPITOLO XIV.

(1) Perciocchè. Ecco un esempio di questo uso in altro autore. Medit. vit. Crist. p. 163. (ed. Milano 1827) « Guarda ora com' egli (Gesù Cristo) è afflitto, e come trema per lo freddo. Onde, secondo che dice lo Vangelio, era grande freddo. » P.

(2) Da queste parole io intendo ecc. fino a Ove ancora è da sapere che'l primo agente, il Tasso ha condotta in margine la solita linea, e vi ha apposto il segno N (Nota). E. M.

(3) Pare che debba intendersi venire ad essere simili. Se tuttavia non si dee leggere: venire ad essi, cioè ad essi agenti; ovvero venire ad essa, cioè ad essa similitudine. E. M.

(4) Di questo sua è laguna ne' codici e nelle stampe; ma non si può far a meno di aggiungerlo, onde sia chiaro che qui si parla della virtù del Sole. Così poco prima l'Autore dice: discendendo la loro virtù; e dopo: il primo agente, cioè Dio, pinge la sua virtù in cose ecc.; e ne indica come qui pure debba stare il suo testo. E. M.

(5) Creazione qui vale il detto atto di ridurre ecc. P.

(6) Pare che in questo secondo membro del periodo manchi un aggiuntivo a specificare la qualità, per la quale si separano le Intelligenze nelle quali raggia la divina luce senza mezzo, cioè immediatamente, da quelle altre Intelligenze nelle quali la divina luce da quelle prime è ripercossa. E piglio francamente altre come rappresentante dell'Intelligenze, perciocchè al tutto è necessario porre due condizioni d'Intelligenze, le quali si diversifichino nella qualità che sopra è detta. O se no, vana è la lode che si vuol dare a questa donna, perchè in lei discende la virtù divina, siccome face in Angelo, mentre la cosa sia comune: e Dante si dovrà condannare per le sue stesse parole, poichè avrà così ragionato delle essenziali passioni, per vocabolo distinguente alcuno partecipante quella essenza (vedi capo x1). Forse che andrebbe letto: onde nelle Intelligenze separate raggia ecc. P.

(7) Luogo contrassegnato dal Tasso da queste parole: Dico che ecc. fino a eterne cose siano quelle ch' egli ama. Al principio havvi la postilla: Luce, Raggio, Splendore. E. M.

(8) in quanto esso lume è ivi ecc. P. (9) Si è corretto l'errore de' testi, che leggono alluminato. E. M.

(10) Ordina ed intendi: E così l'Amore divino face amare questo amore, che è anima della Filosofia, cioè, amare un oggetto eterno; giacchè eterna è la sapienza, nella quale questo amore fere, e vogliam dire, tende. E questo è il punto della similitudine che hanno insieme l'uno e l'altro amore. P.

vere egli accettato in dono da Dionisio più di ottanta talenti (Laert. Vit. Phil. i. 3.), quantunque destinati al nobilissimo uso di comperar libri. Egli era poi nel suo vestire tanto accurato, che parve fino piegare alla mollezza. E. M.

(14) non si curando, pr. ed. e cod. Vat. Urb. E. M.

(15) Qui la voce fuori vale come dopo, e così l' A. dice che Platone era l'amico d'Aristotile il migliore, cioè, il più stretto e caro, dopo la Filosofia: ovvero qui si vuol dire che Aristotile combattè contro il suo migliore amico, che, o perchè era fuori di quella, cioè della Sapienza o Verità. — Aristotile combatte di fatto contro il suo maestro Platone nel libro terzo della Filosofia, trattando del Mondo e delle sue parti, non che della natura divina. SCOLARI.

(16) a modo d' Angelo, pr. ed. E. M. (17) Libera dalla servitù di quelle cose che i più fanno lor signori, e ciò sono concupiscenze e vanità. P.

(18) I testi tutti portavano nel secondo. Ma la sentenza d' Aristotile qui citata è nel lib. 1. c. 2. V. citaz. in fine. È. M.

(19) che per sua cagione dice, e non per altrui, tutti i testi con lezione manifestamente corrotta. Il Tasso interlineò le parole: quella cosa è libera che per sua cagione dice, e non per altrui, secondo la stampa del Sessa, errata come tutte le altre. E. M.

(20) Cioè, che è sui ipsius et non alterius gratia; come si trae dal testo del Filosofo, riportato dal ch. Mazzucchelli. P.

(21) accompagnasi con questo amore, pr. ed. e cod. Vat. Urb. E. M.

(22) A persuadere vie meglio di volere la sua compagnia. P.

(23) Il guardare questa donna. P. (24) ed acquistare, cosi rettamente le pr. ediz. Il Biscioni: ad acquistare. E. M. (25) Cioè: molte di quelle cose celate si vedono ecc. E. M.

(26) Il che era stato balzato via da questo luogo, e collocato innanzi alle parole (11) L'amore della sapienza. PERTICARI. sanza lei pare maraviglia; onde tutto il di(12) Per si tagliava. PERTICARI. scorso ne rimaneva scompigliato. Ecco la le(13) Il Tasso interlinea queste parole: zione secondo il testo Biscioni: Onde siccoPlatone delli beni temporali non curando, me per lei molto di quello si vede per rala reale dignità mise a non calere, e vi fa gione: e per conseguente veder per ragioin margine la postilla: Falsa opinion di Pla-ne, che sanza lei pare maraviglia; così per tone. Infatti non si può dire esattamente par- lei si crede, ogni miracolo in più alto inlando, che Platone abbia messa a non cale-telletto puote avere ragione ecc. E. M. re la reale dignità, essendo figlio di re, per- Veramente questa lezione del Biscioni mociò solo che raccontasi della sua origine; lastra d'essere molto viziata in alcuna parte quale volevasi da suo padre che derivasse da principale; ma vero è altresì ch' io in buona Codro di Melanto. Atene non aveva più re fede non potrei dire di credere risanata quelda ben sei secoli quando visse Platone. Ela che i Sigg. E. M. composero nel testo che questo Filosofo non fosse tanto sprezza- come si vede. E primieramente, Eglino spietore delli beni temporali può dedursi dall'a- gano le parole: per lei molto di quello ecc, 44

DANTE. Opere Minori.

che guardando sottilmente la forza originale de' verbi latini, di cui sono fatti questi nostri provvedere e prevedere si troverà forse convenir meglio il derivato provveduto, che non preveduto. Di fatto Provedere si compose di porro o procul e video, che vale Vedo di lontano; e Praevideo, di prae e video, cioè Antivedo, o Fedo innanzi ; sicchè il primo ha in certo modo una significazione comprensiva e più larga della significazione del secondo. Se ciò è, dietro tal norma si può ben dire i beni eterui, piuttosto si provvedono di quaggiù, che non si prevedono, P.

(28) a quelle Atene celestiali, legge il cod. Vat. Urb., con maniera latina. E. M.

CAPITOLO IV.

(1) Luogo interlineato dal Tasso dalle parole cioè negli occhi ecc. fino a sotto alcuno velamento. E. M.

Cioè: molte di quelle cose ch'ella ne tiene celate si vedono ecc. Ma in questi termini non si sente aperta contraddizione? E poi il membro per Essi chiuso tra parentesi chi mi sa mostrare ch' egli sia ragionato, nè in sè nè in rispetto alle cose antecedenti ? Dov'è il punto della dipendenza tra quello che si dice in esso, e quello innanzi? Fino dunque che non sarà apparito al mio intelletto l'utile dell' alterazione, io seguito a denermi sopra la lezione comune, aspettando se il tempo o più felice vista d' ingegno ne donerà quello che ora, secondo me, rimane a desiderare. Intanto, o io m'inganno, o si vuole avere per fermo che tutto il discorso, dalla parola Onde siccome fino al termine del capo, deve servire come per dimostrazione alla proposizione antecedente, cioè, che lo sguardo della Filosofia ci fu eordinato anche per farci desiderare ed acquistare quelle cose ch' ella ne tiene celate, ciò sono le verità visibili solamente nella vita eterna. La dimostrazione poi si fa discorrendo, che sic- (2) Questo passo può servire di comento come per mezzo della Filosofia vediamo la ai tanti luoghi della terza Cantica del 'Poeragione di molte cose, le quali senza la Fi- ma, ove Dante ragiona degli occhi di Bealosofia paiono maraviglia; così è merito d'es-trice (nella cui persona egli simboleggia la sa Filosofia, che da questo noi argomentiamo divina scienza), e del suo celeste riso qual per induzione potere ogni miracolo in intel- volta si trattava di confortarlo, o di risolverletto più alto dell' umano avere la sua ra- gli alcun dubbio. Fra i molti, richiameremo gione. E questo appunto è principio della alla mente dei nostri lettori questo solo del fede, e di questa viene la speranza, e di que- Canto 18, V. 4 e segg. sta pure la carità, per le quali tre virtù ecc. Qui ultimamente voglio aggiungere una immaginazione, che mi viene fatta nascere dal ritrovare nell' edizion principe scritto, non veder per ragione, ma vedere per ragione. Ora io penso che della voce vedere forse si vorrebbe farne due, cioè ved' essere, che per abbreviatura potè essere scritto vede ere, e poscia tutto insieme vedere. Se tanto si concede, già le parole della lezion volgata, non la osservando puntatura, s'avvicinano molto ad esprimere la desiderata sentenza, comentando in questo modo: Onde (perciocchè ) siccome per lei (per essa Filosofia) molto di quello si vede per ragione ( s'intende) e per conseguente vede essere per ragione (e conseguentemente si vede sussistere in forza di ragioni che senza lei pare meraviglia; così per lei ecc. P.

» É quella donna, ch'a Dio mi menava,

» Disse: muta pensier; pensa ch'io suno >> Presso a Colui ch'ogni torto disgrava. » Io mi rivolsi all'amoroso suono

» Del mio conforto; e quale io allor vidi » Negli occhi santi amor, qui l'abbandono; >> Viucendo me col lume d'un sorriso, (ecc. » Ella mi disse; volgiti ed ascolta, » Chè non pur ne' miei occhi è Paradiso. V. anche Purg. C. 27, v. 54. E. M.

(3) Intendi tal condizione di velamento, pel quale essa luce sia temperata in modo da potere agire vittoriosamente sulle potenze seconde nella mente: conciossiachè le dimostrazioni e le persuasioni in questo si diversificano, che le prime pigliano l'intelletto come per forza, e le altre menano l' anima quasi per amore. P.

(4) Conciossiachè, P.

(27) Tutti i testi: provveduto. E nota che la Crusca accoglie provvedere per prove- (5) sicchè perfetta sia quella: perfetta è dere, vocabolo anfibologico e da porsi fra le quella tanto, cioè, che l'uomo è, in quanto ricchezze morte della nostra lingua; onde eco. Tale si è la guasta lezione di tutti i teci è sembrato che fosse da correggere pre-sti. V. il SAGGIO, pag. 87. Questo passo manveduto, per togliere ogni confusione. E. M. ca interamente nel cod. Vat. 4778, gentilSe la Crusca accoglie provvedere per pre- mente riscontrato a nostra richiesta dal chiavedere dietro sicuri esempi di classici serit- rissimo sig. Betti. E. M. tori, sia detto in buona pace, ella fa ottimamente quello che è di suo ufficio, qualunque fosse in realtà il pericolo dell' aufibologia. Rispetto poi al caso presente, parmi

(6) Quasi vorrei credere che questa clausola colla seguente vadano unite in un sol membro, che fosse rispondente per via di confermazione a quella parte del discorso,

la quale pone tutta la nostra essenza dipen-rebbe necessario di dare alle parole questo dere dalla perfezione della ragione. Allora si giro: conciossíacosache [ñaturale desiderio interpreterebbe: Sicchè dato che sia perfetta sia all' uomo di sapere cod: Vat! Urb. quella, cioè la ragione, ella è tanto perfetta legge: naturale desíderió' si1ha3 l' uomo' di che l'uomo ecc. P. sapere. E. M.

(7) certissimamente si veggono ecc., tutti i testi. Si avverta però che Dante parla di cose che lo 'ntelletto nostro guardar non può, e per conseguente non può vedere. E poi è egli d'uopo di creder per fede quello che certissimamente si vede? Ciò va contro il notissimo adagio : Fides est credere quae non vides. La vera lezione sarà adunque non si veggono ecc. E. M.

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(13) Desiderante è la lezione volgata, la quale può reggersi, quando il vocabolo possibilità s'intenda per la facoltà, il potere che è nella cosa desiderante di ottenere cio ch'essa desidera! Nulladimeno, esaminando“ il contesto del discorso, ne pare che sia da emendarsi come noi abbiamo fatto. E. M.

Dopo che i Sigg: E. M. avevano veduto nella lettera võlgata una sentenza tanto pronta e sicura, confesso di non potere intendere onde abbiano sentito motivo di correre all' innovare. P.

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A mio giudizio l'innovazione: de? Siggu E. M. giunse a tal parte che veramente non la desiderava. Perciocchè dove il testo afferma di certe cose, che l'intelletto nostro guar- (14) Quello che dicono le parole, in giudare non ler può, l'intenzione ha rispetto al sto senso non è vero: vero è solamente che guardare la natura loro, o vogliamo dire il desiderando l'uomo cosa d' impossibile conmodo d'essere; ecosi si vuole in questo seguimento, gli accade di dover sempre decaso applicare l'adagio per Essi signori risiderare, che è però contro la sua intenzioferito: ma qui, dicendo ch' elleno certissima ne. P.. mente si veggono, ha rispetto al loro essere semplicemente, il quale può benissimo essere con ogni certezza vedutosal lume naturale, e ciò non ostante la cosa rimanere per altre parti obbietto della fede. P.

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(8) Il Sig. Witte cangia questo per in purs e noi staremmo quasi per adottare la sua emendazione. E M.

(9) Dell'e, necessario a dár consistenza al discorso, è laguna nei mss. e nelle stampe. Non vuolsi trasandare la lezione del cod. Vat. 4778, il quale, in vece di cose negando, ha cose sognando. E. M.

(10) « La materia prima la quale non ha alcun atto, non si può conoscere per sè stessa; nè si può dire quel ch' ella sia, ma piuttosto quello che non sia: laonde diciamo che ella non è nè il che, nè il quanto, nè il quale; ma in potenza ciascuna di queste cose.» (Tasso Dial. Nobiltà). « Dupliciter ea, quae substantive divinae naturae conveniunt, ornamenta sígnificare consuevimus. Vel enim ex iis, quae est ipse, vel ex iis, quae non est, semper a nobis cognoscitur.» (S. Cyrill. Alex. Dial. 1. pag. 415.) Come poi, trattandosi della Divinità, le negazioni si convertano colle affermazioni è da vederlo presso il dottissimo Petavio (De Deo Deique proprietatibus. L. 1. cap. v. ). P.

(11) Luogo segnato dal Tasso in margine da Veramente può qui alcuno ecc. fino a fuori di naturale intenzione. Al principio vi è il distintivo N. (Nota); ed è spezialmente interlineato il passo: che'l desiderio naturale in ciascuna cosa ecc. e la natura l'avrebbe fatto indarno, ch'è impossibile. E. M.

...

(12) Le prime ediz. hanno: sia l'uomo di sapere; e volendo ritenere questa lezione sa

(15) Così il cod. Vat. Urb. ed il Gadd. Il Biscioni: il quale è di fuori di naturale ecc. E M.

(16) Così i codici Marc., il Vat. Urb. ed il Gadd. 135 primo. L'ediz. del Biscioni: e terminato in quanto in quella sapienzia che la natura ecc.·E.·M?

A me pare che questa ultima lezione s'appressi meglio di quella eletta da'Sigg. E. M. all'espressione della sentenza, che è: In quanto il detto desiderio degli Angeli tende in quella sapienza che la natura ecc. P.

(17) Questo passo è stranamente sconvolto in tutti i testi, e lo abbiamo sanato con una semplice trasposizione di parole. Ecco la lez. volgata: Onde conciossiacosachè conoscere Dio, e dire altre cose, quello esso è, non sia possibile ecc. Il sig. Witte propone la seguente emendazione: Onde conciossiacosachè conoscere Dio, e quelle altre cose, e dir quel ch'è' sono, non sia ecc. E. M.

(18) Vale a dire: quello che esso è. E. M. (19) Ecco più amplamente spiegata questa giustissima sentenza intorno la natura del la bellezza da Mons. della Casa (Galat. f. 159. Parma 1814) « Voglio che sappi, che dove ha convenevole misura fra le parti verso di sè, e fra le parti e'l tutto, quivi è la bellezza e quella cosa veramente bella si può chiamare, in cui detta misura si trova. E per quello che io altre volte ne intesi da un dotto e scienziato uomo, vuole essere la bellezza Uno quanto si può il più: e la bruttezza per lo contrario è molti: siccome tu vedi, che sono i visi delle belle e delle leggiadre giovani; perciocchè le fattezze di ciascuna di loro paion create pure per uno stesso viso; il che nelle brutte non addiviene; perciocchè avendo elle gli occhi per avventura

molto grossi e rilevati, e'l naso piccolo, e le guance paffute, e la bocca piatta, e'l mento in fuori, e la pelle bruna; pare, che quel viso non sia di una sola donna; ma sia composto di molte, e fatto di pezzi. E trovasene di quelle, i membri delle quali sono bellissimi a riguardare ciascuno per sè; ma tutti insieme sono spiacevoli e sozzi; non per altro, se non che sono fattezze di più belle donne, e non di questa una. » P.

(20) Il Tasso ha interlineato tutte queste parole: Ov'è da sapere ecc.... nell' ultimo Trattato veder si potrà; e seguita a contrassegnare il passo nel margine fino a tornerà diritto e buono. E. M.

(21) La laguna di questo che, la quale trovasi in tutte le stampe, si riempie col cod. Trivulziano. E. M.

(22) diritto o buone leggeva il Biscioni. Noi seguiamo la lez. dei codici Vat. Urb., Barb., Gadd. 134 e 135 secondo, E. M.

(23) Così la pr. ediz. ed il cod. Gadd. 134. La stampa del Biscioni ha queste parole dislocate nel modo seguente: di tutto madre; qualunque principio dicendo, che con lei ecc. E. M. ·

(24) Il Tasso di contro a questo passo dei Proverbii postillò: Bello. E. M.

(25) Questo ed ha forza di etiam.PERTICARI. (26) Processo, cioè, l'avanzamento dal nulla all'essere. P.

(27) Qui tutti i testi: e poichè fatto fosse.

Errata lezione, poichè Dante ha detto poco prima: anzi che voi foste. E. M.

(28) per voi dirizzare, in vostra similitudine venne a voi. Cioè: per rialzarvi caduti venne a voi in simiglianza vostra ; e vale: prese carne umana. E già nel Poema Dante chiamò il Verbo somma sapienza, là dove indica le tre divine Persone per gli attributi principali di ciascheduna (Inf. 3. 5.):

Fecemi la divina potestate,

» La somma sapienza, e'l primo amore. E. M.

(29) Che sono i Savi. P.

(30) Questa bella e corretta lezione incontrasi nel codice Gaddiano 135 primo. La volgata è: siccome che iniziano la volontà di questa ecc. E. M.

(31) Cioè, dietro a'giusti; e questa è la via di mostrarsi obbediente a Salomone. P.

(32) Avendo l'Autore detto già poco avanti che la sapienza è corpo di Filosofia, le parole chiuse qui tra parentesi ci sembrano glossema. E. M.

Io veramente direi che la vicinanza della ripetizione non fosse tale da potere condannare la scrittura di viziata, massimamente avendo riguardo alla sua condizione, che è Comento. P.

(33) il difetto, pr. ediz., cod. Barb., Vat. Urb., codici Marc., e Gadd. 134 e 135 secondo. Il Biscioni: il detto difetto. E. M.

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