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(31) Così il cod. Barb., il secondo Marc., il Vat. Urb. ed il Gadd. 134 e 135 secondo. Altri mss. e le stampe: sia imperfetta. E. M.

(32) Bello e vero concetto. PERTICARI.

(33) Ci pare che l'ordine del discorso, il quale va aumentando escluda questo più. E porremmo volentieri il testo così: non grande, e poi più. Il cod. Vat. 4778 porta: e poi ricchezze non grandi, e poi grandi, poi grandissime; bella lezione, e che saremmo tentati di preferire a quella inserita nel testo, se il conchiudersi in questa coll' indeterminato e poi più non ci sembrasse rappresentar meglio la progressione degli umani desiderii all' infinito. E. M.

zioni io vorrei leggere, non distinzione, ma si crede averlo appagato più cresce, o canindistinzione che sono due parole da dovere gia oggetto. PERTIGARI. essere state di facilissimo scambio all'occhio di quegli amanuensi; rimettendo nel resto le parole della volgata, sicchè si avesse tutto insieme questa lezione: dunque per la indistizione del conseguente, il crescere desiderio non è cagione di viltà alle ricchezze. Con ciò mi vien chiarissimo il fatto dell'argomentante, a questo modo. Pone in prima la proposizione, che se per crescere desiderio acquistando le ricchezze sono imperfette e però vili, dovrebbe essere imperfetta e vile anche la scienza, nell'acquisto della quale sempre cresce il desiderio. Poi seguita: Ma non è vero che la scienza sia vile per imperfezione. Quinci dovea primieramente conchiudere: Dunque il crescere desiderio acquistando non importa imperfezione alla scienza. Poscia conchiudere nuovamente per analogia: Dunque il crescere desiderio ac-gono; sicchè quando; ma sembra miglior lequistando non è cagione d'imperfezione e zione sicchè quando, come nel cod. Gadd. però di viltà nè anche alle ricchezze. Ma 135 secondo. E. M. che fece egli? Non volle andare argomen- (36) li desiderii si fanno più amici l'uno tando così per la lunga; e quando fu sul appresso l'altro, è la lezione volgata, e ci conchiudere, che il crescere desiderio non sembrava ch'essa significasse in questi deè cagione di viltà alla scienza, suppose co-siderii, che si fanno più amici, il chiamarsi me evidente l'identità del conseguente per ambedue le proposizioni, e così conchiuse di salto a favore delle ricchezze. Solo gli rimane di dare la pruova di ciò ch'egli ha affermato della scienza, e il fa subito dopo la conclusiono, come si suole. P.

(34) quella, cod. Barb. E. M.

(35) Il più de' codici e tutte le stampe leg

di essi uno dopo l'altro, e quasi il radunarsi e il collegarsi vie più fra di loro; nulladimeno confessiamo che questo dire ne sembrò sempre strano, e l' emendazione ne si presenta adesso pianissima. Per convincersene basta dare un'occhiata alcuni periodi in(27) Confesso di non intendere quello che dietro, pag. 415, lin. 3 e seg., dov' è scritto: dicano di buono le parole: e sè ciò sia per è da vedere se nell'acquisto della scienzia ragione, e però temo di guasto. Il quale, il desiderio umano si sciampia. Dalle quali siccome sarebbe in una parte della proposi-parole prende le mosse la quistione che qui zione fondamentale del seguente discorso, si conclude. E. M.

(38) « E siccome veggiamo che quello che » è dirittissimo va alla città, ed adempie il » desiderio » ecc., pr. ed. E. M.

così dovrebbe essere riparato considerando (37) sempre se ne dilunga, codici Marc., bene le condizioni del discorso istesso. Ora Vat. Urb., Gadd. 134, 135 secondo, Barb., io vi trovo, che Dante mostra concedere di-e pr. ediz. Il Biscioni: sempre ne dilunga. latazione del desiderio umano in ciascuno E. M. acquisto, ma poi mantiene essere gran varietà nel modo di essa dilatazione; perciò io crederei che fosse da mutare il per in pari, e così forse aggiungere l'articolo a ragione; tanto che si leggesse: se sia pari ragione, o la ragione: che s'intenderebbe:la ragione dello sciamparsi, che a me sa d' ottimo intendimento. P.

(28) Questo che manca nell' edizione del Biscioni, ma si aggiunge col cod. Vat. Urb., e coi Gadd. 134 e 135 primo e secondo. E. M.

(29) Questo passo sta così nella lezione volgata: Che'l sommo desiderio di ciascuna cosa è prima dalla natura dato, e lo ritornare al suo principio è perocchè Iddio ecc. Il Dionisi lo aveva corretto prima di noi. V. Anedd. IV. pag. 150 in nola. E. M. (30) Bello. Il desiderio umano è veramene tale in ogni cosa; imperocchè quanto più

|

(39) Il cod. Barb.: mai noll' aggiunge. Il Biscioni malamente: mai non là giugnɛ. La pr. ed. pur male: mai non gli giugne. E. M.

(40) Nota catacresi. PERTICARI.

(41) Produtto per allungato, alla Iatina. V. la Proposta. E. M.

CAPITOLO XIII.

(1) Il cod. Barb. legge: che cosa è, e come ciascuno ecc. Il Biscioni: che cosa è, com'è. ecc. Noi abbiamo corretto come richiedeva la buona costruzione. E. M.

(2) I cod. Vat. Urb. e Gadd. 134 hanno: a tutta la linea per la quale ecc. E. M. (3) Aggiungiamo un si avanti a procede,

e ci conforta l'Autore medesimo, che poco | Biscioni legge che non solamente è della prima dice di una linea: «< su per la quale parte. E. M. si procede per uno moto solo. » VACCO

LINI.

(4) Cosi col codice Barb., col secondo Marc., col Gadd. 135 secondo, e colle pr. ediz. Il Biscioni: la quistione è assoluta. E. M.

(5) Così col cod. Barb., col Vat. 4778, e colle parole di Dante medesimo poco dopo. Le stampe tutte: mai non si tiene all'ultimo. E. M.

(6) Intendi: Mai non si viene al compimento del desiderio dell' ultima, cioè, suprema cosa scibile. P.

(7) Ch' è, cioè, la qual cosa è. P.

(S) Tutti i testi leggono perfezione; ma l'errore è manifesto, onde anche in margine del secondo cod. Marc. vedesi corretto da antica mano: imperfectione. E. M.

(9) Mirano a termine fisso. P. (10) quello fornisce, pr. ed. E. M. (11) forniscano, pr. ed. E. M. (12) Il Comentatore fu detto per antonomasia Averrois. L'istesso Dante Inf. c. 4. Averrois che'l gran comento feo. Bi

SCIONI.

:

(16) dalla parte dello scibile desiderato, leggono i codici Vat. Urb. e Gadd. 134, laddove la lezione degli altri testi mss. e stampati è: dalla parte del suo scibile ecc. E. M.

(17) Le stampe ed il più de' mss. leggono menare: la lezione dimenare ci viene presentata dal codice Gadd. 135 primo. Ma è degna che si noti tutta la variante dello stesso codice a questo luogo: che le foglie degli al beri che'l vento fa dimenare, li fa timidi e paventosi quando ecc. E. M.

(18) lor cammino, pr. ed. E. M.

(19) Intende Boezio. Vedi le citazioni in fine. E. M.

(20) Ritrae, cioè racconta, dice. E ciò serva di norma per alcuni altri luoghi dove s'incontra con simile significato lo stesso verbo Ritraere. E. M.

(21) Adriano per Adriatico, alla latina. Orazio, lib. 1. Od. 16. v. 4: Sive mari libet Adriano. E. M.

(22) Cioè, gl' Italiani. Allude forse a qualche parricidio, che a' suoi giorni si doveva credere avvenuto dalle dette parti per quel motivo. P.

(23) Chè per allorchè. E. M.

(24) Non si unisce, perchè amore veramente pigliando e sottilmente considerando, non è altro che unimento spirituale dell'anima e della cosa amata. Vedi tratt. m.

(13) Arist. Eth. 1. X. c. 7. V. citaz. in fine. Tutte le ediz. antiche, i codici Gadd., il Vat. Non pare già a me che il che voglia dire Urb. ed il secondo Marciano hanno corretta allorchè, ma indubitatamente perchè. Di fatto mente contra Simonide poeta. Perocchè è Dante ragiona qui al suo proposito sofisticaopinione di alcuni che quella sentenza: Glimente, come chi dicesse: Il tenere in guerra uomini, essendo mortali, dovere starsi con- le armi cariche è a' soldati privazione di betenti alle cose mortali, e non cercare le ne; perciocchè tenendole a quel modo, non immortali, contra la quale favella Aristotile, riportano vittoria su' nemici, ma sì bene scasia del poeta Simonide, quantunque altri la ricandole loro addosso. P. credano piuttosto di Solone o di Esiodo. Plutarco però nel suo libro De Consolatione ad Apollonium reca un detto di Simonide, il quale potrebbe forse tener luogo della sentenza qui desiderata: « Simonides poeta liry-cap. 11. P. » cus cum Pausanias rex Spartanorum con- (25) La lezione da noi seguita è quella del » tinenter se se ob res gestas iactaret i- cod. 135 primo Gaddiano. Il Barberino, me>> psumque subsannans iuberet sibi aliquid sa-glio d'alcuni altri, legge: che è diritto cioè » pienter praecipere, cognita hominis super-d'appetito, e verace cioè di conoscenza; ma bía, monuit: ut se hominem esse memoria quei due cioè sono superflui. La corrotta le» teneret. » A convalidare maggiormente l'a-zione volgata sta come segue: E però seguidottata lezione contra Simonide poeta, ci gio-ta, che l'animo, ch'è diritto cioè d'appetito ve aggiungere il seguente passo di S. Tom- verace, cioè di conoscenza, per la loro permaso (Contra Gentiles, lib. I. cap. 5. n. 3.), dita ecc. E. M. avuto in mira da Dante: « Cum enim Simo»> nides cuidam homini praetermittendam di>> vinam cognitionem persuaderet; et humanis >> rebus ingenium applicandum: oportere, in» quiens, humana sapere hominem, et mor>> talia mortalem: contra eam Philosophus di>>cit quod homo debet se ad immortalia et di» vina trahere quantum potest.»—Il Biscioni legge: contra sermoni de' poeti. E. M.

(14) In che, cioè, nel qual suo dire. P. (15) Così portano correttamente il cod. Gadd. 134 e le prime edizioni. Quella del

CAPITOLO XIV.

(1) Delle parole è da riprovarsi è laguna in tutti quanti i testi. V. il SAGGIO, pag. 72. E. M.

(2) Tempo, quarto caso. P.

(3) Intendi: E tale assioma confuta il parere di loro stessi, quando ecc. P.

(4) Così le pr. ediz. coi codici Gadd. 134 e 135 secondo. La stampa del Biscioni: figlio villano. E. M.

(5) Qui tutti i testi leggono: e così fia villano e ancora suo figlio. Salvo che l'edizione del Biscioni in vece di ancora legge anche tutte due le volte. E. M.

(6) La pr. ediz. ed il cod. Gadd. 134 hanno sarà. Forse per s'arà, ossia s'avrà a trovare. ecc. E. M.

Il Parenti che s'è trovato a vedere questo luogo pensa che savrà potrebbe esser detto per saprà, seguendo la costruzion del pensiero, e intendendo l'avversario P.

tanto più tosto ogni obblivione verrebbe. Tale è la volgata lezione, la quale non porge buon senso; e ci parve che fosse onninamente da emendarsi. E. M.

(10) Cioè, avuti in miglior, memoria, più ricordati. P.

(11) Seguiamo i codici Barb., Marc. secondo, Gadd. 134, 135 secondo, e le pr. ediz. La stampa del Biscioni ha: nobili sarebbero. Il cod. Gadd. 135 primo con lezione sostanzialmente conforme alla nostra: nobili si farebbono. E. M.

(12) La volgata lezione, e in questi altri animali e piante, è manifestamente corrotta.

(13) perocchè in uno sono naturali solamente, ed ineguale stato in loro generazione di nobiltà essere non può, e così ecc., leggesi nella volgata. Il Biscioni e d'iguale stato, cui s' accordano, con piccolissima

guale stato ecc. Noi tenghiamo per sicura la correzione, la quale rende chiarissimo il senso, che nella volgata è assai confuso. E. M.

do. P.

(15) Bellissimo modo per finire quistioni. PERTICARI.

(7) La comune lezione ha magagna, ed è la seguente:conciossia commemorata la cosa che quanto è migliore ecc. Il secondo cod. Marciano ed il Gadd. 134 leggono: conciossia cho-E. M. monorato. E questi stravolgimenti possono dare qualche lume a confermare l'emendazione fatta col solo raziocinio, considerando che Dante altrove dice che le buone cose infondono della loro natura ne' loro effetti. E. M. Sopra tutte queste cose io osservo primie-differenza, le prime edizioni, portando e d' eramente, che non mi pare essere vero quello che affermano i Sigg. E. M., cioè, che Dante dica altrove che le buone cose infondono della loro natura ne' loro effetti; ma sì egli insegna, più generalmente parlando che ogni ca- (14) Questa E vale così o avverbio simigione infonde nel suo effetto della bontà della le. Il membro poi che per essa E si cocagione sua (cap. vi. tratt. 11.). Perciò, stan- mincia, voleva, a mio parere, essere diviso do sullo stretto rigore, non può Dante dire, dalle cose superiori per due punti, percioccome pone ora il testo, d'aver narrato, sal-chè qui ha suo capo l' apodosi del periovo se implicitamente, che la cosa quanto è migliore, tanto è cagione di bene. Il peggio d'assai però si è ch'io non trovo in questa clausola la ragione del massimo inconveniente Questa feroce parola mostra bene quanto posto di sopra; o per dire più aperto, nel- la mente e il cuore nell' Allighieri si muoI' assioma, che la cosa quanto è migliore, vevano di strettissima compagnia. Consuona tanto è più cagione di bene, non sento la a ciò il seguente racconto del Boccaccio (vit. forza di giustificare la proposizione, che sa- Dat. 253 ). « In Romagna, lui ogni femmirebbe massimo inconveniente, se quanto la na-nella, ogni piccol fanciullo, ragionando di tura umana è migliore, tanto fosse più tarda parte, e dannando la Ghibellina, l'avrebbe la generazione di gentilezza. Per queste ra- a tanta insania mosso, che a gittare le piegioni io stimo che il luogo abbisogni tutta-tre l'avrebbe condotto, non avendo taciuvia di molta emendazione. E per me tanto, to. » P. aiutandomi al lume che ne viene dalla lettera dei codici citati dai Sigg. E. M., crederei, che nè commemorata, nè com'è narrato, ma'sì bene com'è onorato si dovesse scrivere, con tutto il resto del luogo a questo modo conciossiachè com'è onorato la cosa quanto è migliore, tanto è più cagione di bene, e nobiltà, ecc. Per questa via si trae da tutto il discorso questa, secondo me, ragionatissima sentenza « La nobiltà è tenuta in conto di bene: egli è dunque sommamente desiderabile ch'ella venga alle persone pronta- (17) Sile e Cagnano, due fiumi della Vemente, secondo che ne sono meritevoli; per-nezia, i quali hanno il loro confluente a ciocchè in quella guisa che la cosa è onorata proporzionalmente al merito suo, tanto essa produce più di bene. » P.

:

(8) Dimenticati, perduti di memoria P. (9) più tosto sarebbe generata la nobiltà: e quanto gli uomini fossono più smemorati, DANTE. Opere Minori.

(16) Il Landino, comentando quel passo del Purgatorio (C. 16 v. 124) e 'l buon Gherardo, così ne dà contezza di lui:«< Ghe» rardo di Trevigi della famiglia da Cami»no, la qual spesso ebbe il principato in >> Trevigi. Costui pe' suoi ottimi consigli e » virtù fu chiamato il buon Gherardo. » E. M.

Ed ivi pure di Lui l'Autore del comento ottimo, dice « Si dilettò non in una, ma in tutte cose di valore. » P.

Trevigi. Par. C. 9. v. 49: E dove Sile e Cagnan s'accompagna, Tal signoreggia. ec. Il Biscioni legge nel suo testo con iniziale piccola sile e cagnano, che dice essere indizio del nome di due fiumi, ma di piccola rínomanza; ed avverte che altri leggono

51

Sile, forse meglio. Chiunque ha letto la Di-
vina Commedia intende subito come sia da
valutare quel forse meglio. E. M.
(18) Del pronome il è laguna ne' testi.
E. M.

Se'l pronome il mancava ne' testi, era ottima cosa e conforme al più puro uso della nostra lingua secondo una assai bella osservazione del Benci, riportata dal Parenti nelle Osservazioni al Dizionario di Bologna, sotto la voce Lo. P.

(19) Tutti i mss. e le stampe con errore: ella. E. M.

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(20) Suo, cioè della nobiltà. P.

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(21) » Pognamo che nella età di Dardanio >> de' suoi anticessori bassi fosse memoria: e >> pognamo che nella età di Laumedon que>> sta memoria fosse disfatta, e venuta l'ob>> blivione; secondo la opinione avversa Lau>> medon fue gentile, e Dardanio fue villano >> in loro vita. Noi, alli quali la memoria >> de' loro anticessori, dico di là da Dardanio, vivendo fosse villano, e morto sia nobile, non è contro a ciò che si dice >> Dardanio essere stato figlio di Giove; che » ciò è favola, della quale filosoficamente >> disputando, curare non si dee; e pur se » volesse alla favola fermare l'avversario ec. >> Tale è la volgata lezione, secondo il testo del Biscioni, di questo passo, assai scompigliata: e noi confidiamo di averla emendata col riempire le evidenti lagune lasciate dai copisti, e col rettificare la punteggiatura. V. il SAGGIO, pag. 73. Nulla diciamo de' nomi miseramente storpiati, cui ci è paruto di dover raddrizzare. E. M.

CAPITOLO XV.

(1) Cioè, l'avanzamento d'una sola condizione di uomini. P.

(2) Per qual cosa. P.

(3) Cosi rettamente il cod. Barb., il Gadd. 134, il secondo Marc. in margine, e le prime ediz. II Biscioni: cominciamento. E. M. (4) se tutti gli spiriti, pr. ed. E. M. (5) Questo ovvero delli Gentili ha faccia di glossema. Se pure non è da dirsi che l'Autore l'abbia qui posto perchè s'intenda subito che secondo la credenza pagana ha relazione a quello ch'egli ha detto prima che appo li Gentili falso fosse, ecc. E. M. (6) recente hanno i codici Gadd. 134 Vat Urb. Il Biscioni con altri testi: ricente. E. M.

(8) Queste parole sono la traduzione del passo d'Ovidio ( Met. lib. 1. v. 78 ): Natus homo est: sive hunc divino semine fecit Ille opifex rerum, mundi melioris origo: Sive recens tellus, seductaque nuper ab alto Aethere, cognati retinebat semina coeli: Quam satus Iapeto mistam fluvialibus undis Finxit in effigiem moderantum cuncta Deo(rum.

Di qui vedesi che si dee rimettere nel testo di poco dipartita dal nobile etere, cacciandone fuori quel corpo sottile e diafano, che in tutti i mss. ed in tutte le stampe sta in luogo di etere, ed è una pedantesca perifrasi o vuoi un glossema dei copisti, che poi ha usurpato il posto del suo principale, dimenticato forse perchè non inteso. V. il SAGGIO pag. 102. E. M.

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(9) Seguiamo la lezione de' codici Vat. Urb. e Gadd. 134. Gli altri, co'quali va d'accordo il Biscioni, leggono con istrana sintassi lo primo uomo uno essere stato solo. E. M.

(10) ovvero Gentili. Le sentenze anche ec., è la volgata lezione. La lacuna del cui ovvero de' quali, ne sembra evidentissima; ed ordinando il testo come si è fatto, vien tolto quel non so che di oscuro e di indeterminato che rimaneva in quell'isolato : Le sentenze anche sono incontro. E. M.

(11) L'articolo la manca nel testo del Biscioni, e viene supplito col cod. Barb., col secondo Marc., col Vat. Urb., col Gadd. 134, e colle prime edizioni E. M.

(12) Adottiamo la lezione del cod. Vat. Urb., onde evitare lo spiacevole concorso dei due è che ritrovasi in tutti gli altri testi: Dico adunque che per quello che detto è è manifesto ecc. E. M..

(13) « O voi, che avete gl' intelletti sani, ecc. »> Inf. C. 9. v. 61. E. M. (14) sanza melodia di verità, pr. ediz. E. M.

(15) Perciocchè. P.

(16) Questo di si aggiunge colla variante portata dal Biscioni nelle annotazioni, E. M.

(17) Tutti i testi hanno sustanzia ; manifesta corruzione di iactantia, fatta da'copisti. II Dionisi (Anedd. V. pag. 157) vorrebbe che si correggesse sobranza, per boeria, alterigia, presunzione, dal verbo Sobranzare; ma noi speriamo di aver meglio colto nel seguo. E. M.

(7) Tutti i testi (fuor solamente il cod. (18) Lib. I, cap. 5. Il Dionisi ( Anedd. Vat. 4778, in cui leggesi diapeto): lo fi-V. pag. 156) fa qui la seguente nota: « Ho glio di Giachetto, cioè Prometeos. Abbiamo scritto unitamente Contragentili a senso di sostituito a quel ridevolissimo Giachetto il Dante, il quale la Canzone, ch' egli comennome legittimo Giapeto, e levato dal testo ta in presente, intitolò in una parola Conle parole cioè Prometeos, evidente glossema traglierranti. Di che vedi nell'ultimo Capide' copisti. V. il SAGGIO, pag. 103. E. M. tolo del Convito; purchè tu legga corretto

e punteggiato così: Contraglierranti mia Can- La correzione fatta dai Sigg. E. M. su zone andrai.... dico adunque Contraglierran- queste parole della volgata, mi pare assai ti mia ecc. Noi però convenendo col Dionisi poco felice; perciocchè, guardando sottilche le parole Contra gentili, Contra gli mente, condurrebbe a pensare che il moerranti siano da pigliarsi, a senso di Dan-strare e il mostrato sieno una sola cosa, te, come se fossero tutte unite in un solo che son due troppo diverse. Meno male sanome, non reputiamo necessario di scriver-rebbe stato leggere: e dico che è a mostrale colla strana ortografia di Monsignore.re quello ecc.; perocchè in questo modo tutE. M. to il male si riduceva ad una non utile ri

(19) Tutti i codici e le stampe leggono: petizione. E nota ch' io non ho mutato quello è da sapere; e solo nel secondo Marciano in quella, stante che il pronome così posto sopra la parola sapere vedesi scritto spera-in forma neutra, comprende più che a bare. Il sacro testo (Prov. c. 29. v. 20) leg- stanza la significazione anche del femininigendo: stultitia magis speranda est quam no. P. eius correptio, non lascia alcun dubbio sull'emendazione qui fatta dell'insensata lezione volgare. E. M.

(20) Il Biscioni: che sono molti vilmente ostinali. Aggiungesi il sì col cod. Vat. Urb., col Gadd. 134 e colle prime edizioni. Il cod. Barb. ed il Gadd. 135 secondo: tanto vilmente. E. M.

CAPITOLO XVI.

(1) Il cod. Barb.: preporre. E. M. Riputerei non dubbio doversi preferire que|sta lezione, la quale si affà tanto bene all'indole del contesto. SCOLARI.

(2) I codici Vat. Urb. e Gadd. 134: pe

(21) Anche questo che manca nel Biscio-rocchè ciascuno rege. E. M. ni, e viene supplito coi suddetti codici Barberino e Gadd. 134 e 135 secondo. E. M. (22) travalicano, cod. Gadd. 135 primo. E. M.

(23) conchiuso. Così i codici Gadd. 134, 135 secondo, il Barb., i Marc. e le prime edizioni. Il Biscioni legge: chiuso. E. M. (24) Nota modo. PERTICARI.

(25) immagine per immaginazione. PER

TICARI.

(3) Il secondo cod. Marc., i Gadd. 134 e 135 secondo, ed il Barb.: ingannati uomini. Il Gadd. 135 primo: ignoranti uomini. E. M.

(4) Così i codici Barb. e Marc. secondo. Altri mss. e le stampe mancano del che, e mettono punto fermo dopo principalmente.

E. M.

(5) Così la pr. ediz. Quella del Biscioni: ha due parti, ancorachè nella prima ecc. E. M.

(6) Il Biscioni cogli altri testi legge si cerca della sua difinizione. Ci è però sembrata migliore la lezione del cod. Vat. Urb. Dante dice alcune parole addietro: nella prima si cercano certe cose ecc. E. M.

(26) Così ha il cod. Marc. primo, e con lui si corregge la guasta lezione volgare: sanitade di mente, non di corpo. E addomandato, perchè a quelli ecc. Erasi però da noi questo passo di già emendato col solo riscontro del Digesto (L. 28. tit. 1. 1. 2.) ove dice: In eo qui testatur, eius temporis (7) Che, qual cosa, Lat. quid. P. quo testamentum facit, integritas mentis, (8) Questo per, mancante in tutte le stamnon corporis sanitas est exigenda. Vedi ilpe, s'aggiunge col codice Barb., col seconSAGGIO, pag. 147. Il cod. Vat. 4778 ha do Marc., e col Gadd. 135 secondo. E. M. con lezione anch'essa bonissima: sanitade (9) Tutte le stampe e il più de' mss. legdi mente non di corpo è da domandare.gono dalla comune: il cod. Barb. ha della E. M.

(27) II Biscioni legge con tutti i testi infermi, non sono liberi espediti. La particella avversativa ma è però necessaria nel luogo ove l'abbiamo collocata, in cui si viene alla conclusione di quello che di sopra è stato proposto: Dico adunque che.... è manifesto alli sani intelletti, che i detti di costoro sono vani. V. la Canzone qui comentata, st. 4. v. 14; e vedi anche il SAGGIO, pag. 147. E. M.

(28) manifesto, il cod. Gadd.. 135 primo, ed il Triv. Male il Biscioni manifesta.

E. M.

(29) Tutti i testi sono qui corrotti, e leggono: che mostrare quello, cioè che cosa ecc. E. M.

comune. Ma la ragione grammaticale suggerisce l'emendazione: alla comune. E. M.

(10) Tutti i mass. e le stampe hanno perfetta. E. M.

(11) L'ediz. del Biscioni e il più de'mss. leggono Ecclesiastico. Ma l'Ecclesiastico non è di Salomone, bensì di Gesù figlio di Sirach; e la sentenza, Beata terra cuius rex nobilis est, leggesi nel cap. 10. v. 17 dell'Ecclesiaste. Il cod. Gadd. 135 secondo legge correttamente Ecclesiastes. E. M.

(12) Così il cod. secondo Marc., il Gadd. 134, il Vat. Urb., il Barb., e le pr. ediz., meglio del Biscioni che porta d'etade. E. M.

(13) Anzi verissimo, con pace di un tant'uomo. Che le cose, le quali in loro natura sono perfette, più sono e più meritano

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