Sayfadaki görseller
PDF
ePub

454

LIBER SECUNDUS

LIBRO SECONDO

CAPUT I.

QUIBUS CONVENIAT UTI POLITO ET ORNATO VULGARI, ET QUIBUS NON CONVENIAT. Pollicitantes iterum celeritatem ingenii nostri, et ad calamum frugi operis redeuntes, ante omnia confitemur Latinum Vulgare il lustre tam prosaice, quam metrice decere proferri. Sed quia ipsum prosaicantes ab inventoribus magis accipiunt; et quia quod inventum est prosaicantibus permanet firmum exemplar, et non e contrario, quia quaedam videntur praebere primatum; ergo secundum quod metricum est, ipsum carminemus, ordine pertractantes illo, quem in fine primi libri polluximus. Quaeramus igitur prius, ufrum versificantes vulgariter debeant illud uti; et superficie tenus videtur, quod sic; quia omnis, qui versificatur, suos versus exornare debet in quantum potest. Quare cum nullum sit tam grandis exornationis, quam Vulgare Illustre, videtur, quod quisque versificator debeat ipsum uti. Praeterea quod optimum est in genere suo, si suis inferioribus misceatur, non solum uil derogare videtur eis, sed ea meliorare videtur. Quare si quis versificator, quamquam rude versificetur, ipsum suae ruditati admisceat, non solum bene ipsi ruditati faciet, sed ipsum sic facere oportere videtur. Multo magis opus est adiutorio illis, qui pauca, quam qui multa possunt; et sic apparet quod omnibus versificantibus liceat ipsum uti. Sed hoc falsissimum est, quia nec semper excellentissime poetantes debent illud induere, sicut per inferius pertractata perpendi poterit. Exigit ergo istud sibi consimiles viros, que

[ocr errors]

CAPITOLO I.

QUALI SONO QUELLI che denno usare IL VOLGARE ILLUSTRE E QUALI NO.

Promettendo un'altra volta la diligenzia de! nostro ingegno, e ritornando al calamo della utile opera, sopra ogni cosa confessiamo, ch'egli sta bene ad usarsi il Volgare Italiano illustre cosi nella prosa, come nel verso. Ma perciò che quelli che scrivono in prosa, pigliano esso Volgare Illustre specialmente dai trovatori; e però quello che è stato trovato, rimane un fermo esempio alle prose, ma non al contrario, per ciò che alcune cose paiono dare principalità al verso: adunque secondo che esso è metrico, versifichiamolo, trattandolo con quell'ordine, che nel fine del primo libro avemo promesso. Cerchiamo adunque primamente, se tutti quelli che fanno versi volgari, lo denno usare, o no. Vero è, che cosi superficialmente appare di sì, perciò che ciascuno che fa versi, dee ornare i suoi versi in quanto 'I può. Là onde non essendo niuno sì grande ornamento, com'è il Volgare Illustre, pare che ciascuno versificatore lo debbia usare. Oltre di questo, se quello, che in suo genere è ottimo, si mescola con lo inferiore, pare che non solamente non gli tolga nulla, ma che lo faccia migliore. E però se alcun versificatore (ancora che faccia rozzamente versi ) lo mescolerà con la sua rozzezza, non solamente a lei farà bene, ma appare che così gli sia bisogno di fare; perciò che molto è più bisogno di aiuto a quelli che ponno poco, che a quelli che ponno assai; e così appare, che a tutti i versificatori sia lecito di usarlo. Ma questo è falsissimo; perciò che ancora gli eccellentissimi Poeti non se ne denno sempre veslire, come per le cose di sotto trattate si potrà comprendere. Adunque questo Illustre

[ocr errors]

Volgare ricerca uomini simili a sè, sì come ancora fanno gli altri nostri costumi ed abiti: la magnificenzia grande ricerca uomini potenti, la porpora uomini nobili; così ancora questo vuole uomini di ingegno e di scienzi eccellenti, e gli altri dispregia, come per le cose, che poi si diranno, sarà manifesto Tutto quello adunque, che a noi si conviene, o per il genere, o per la sua specie, o per lo individuo ci si conviene; come è sentire, ridere, armeggiare; ma questo a noi non si conviene per il genere, perchè sarebbe convenevole

madmodum alir nostri mores et habitus; exigit enim magnificentia magna potentes, purpura viros nobiles, sic et hoc excellentes ingenio et scientia quaerit, et alios aspernatur, ut per inferiora patebit: nam quicquid nobis convenit, vel gratia generis, vel speciei, vel individui convenit, ut sentire, ridere, militare; sed nobis non convenit hoc gratia generis, quia etiam brutis conveniret: nec gratia speciei, quia cunctis hominibus esset conveniens, de quo nulla quaestio est; nemo enim montaninis hoc dicet esse conveniens. Sed optimae conceptiones non pos-anco alle bestie; nè per la specie, perchè a sunt esse, nisi ubi scientia et ingenium est; tutti gli uomini saria convenevole: di che non ergo optima loquela non convenit rusticana c'è alcun dubbio; chè niun dice, ch'l si tractantibus; convenit ergo individui gratia, convenga ai montanari. Ma gli ottimi consed nihil individuo convenit, nisi per pro- cetti non possono essere, se non dove è prias dignitates, puta mercari, et militare, scienzia ed ingegno; adunque la ottima loac regere quare si convenientia respiciunt quela non si conviene ai rozzi parlatori: condignitates, hoc est dignos, (et quidam digni, viene si per l'individuo; ma nulla all'indiviquidam digniores, quidam dignissimi esse duo conviene se non per le proprie dignità; possunt), manifestum est quod bona dignis, come è mercantare, armeggiare, reggere. E meliora dignioribus, et optima dignissimis però se le cose convenienti risguardano le convenient. Et cum loquela non aliter sit dignità, cioè i degni, (ed alcuni possono essere necessarium instrumentum nostrae conce-degni, altri più degni, ed altri degnissimi), è ptionis, quam equus militis; et optimis mili- manifesto,che le cose buone ai degni,le ottime tibus optimi conveniant equi, optimis conce-ai degnissimi si convengono. E conciò sia che ptionibus, ut dictum est, optima loquela conveniet; sed optimae conceptiones non possunt esse, nisi ubi scientia et ingenium est; ergo optima loquela non convenit nisi in illis, in quibus ingenium et scientia est; et sic non omnibus versificantibus optima loquela convenit, cum plerique sine scientia et ingenio versificentur; et per consequens, nec optimum vulgare. Quare si non omnibus convenit, non omnes ipsum debent uti; quia inconvenienter agere nullus debet. Et ubi dicitur, quod quilibet suos versus exornare debet in quantum potest, verum esse testamur; sed nec bovem ephippiatum, nec balteatum suem dicemus ornatum, immo potius deturpatum ridemus illum; est enim exornatio alicuius convenientis additio. Ad illud ubi dicitur, quod superiora inferioribus admixta profectum adducunt, dicimus verum esse, quando esset discretio, puta si aurum cum argento conflemus; sed si discretio remanet, inferiora vilescunt, puta cum formosae mulieres deformibus admiscentur. Unde cum sententia versificantium semper verbis discretive mixta remaneat, si non fuerit optima, optimo sociata Vulgari, non melior, sed deterior apparebit, quemadmodum turpis mulier, si auro vel serico vestiatur.

la loquela non altrimenti sia necessario istrómento ai nostri concetti, di quello che si sia il cavallo al soldato; e convenendosi gli ottimi cavalli agli ottimi soldati, agli ottimi coucetti (come è detto) la ottima loquela si converrà; ma gli ottimi concetti non ponno essere, se non dove è scienzia ed ingegno; adunque la ottima loquela non si conviene se non a quelli, che hanno scienzia ed ingegno; e così a tutti i versificatori non si convien ottima loquela, conciò sia che molti senza scienzia, e senza ingegno facciano versi, e conseguentemente nè l'ottimo Volgare. E però se a tutti non conviene, tutti non denno usare esso; perciò che niuno dee far quello, che non se gli conviene. E dove è detto,che ognuno dee ornare i suoi versi quanto può, affermiamo esser vero; ma nè il bove efippiato, nè il porco balteato chiameremo ornato, anzi fatto brulto, e di loro ci rideremo; perciò che l'ornamento non è altro, che uno aggiungere qualche convenevole cosa alla cosa, che si orna. A quello ove è detto, che la cosa superiore con la inferiore mescolata adduce perfezione, dico esser vero, quando la separazione non rimane; come è, se l'oro fonderemo insieme con l'argento; ma se la separazione rimane, la cosa inferiore si fa più vile; come è mescolare belle donne con brutte. Là onde conciò sia che la sentenzia dei versificatori sempre rimanga separatamente mescolata con le parole, se la non sarà ottima, ad ottimo Volgare accompagnata, non migliore, ma peggiore apparirà, a guisa di una brutta donna, che sia di seta o d'oro vestita.

CAPUT II.

CAPITOLO II.

IN QUA MATERIA CONVENIAT ORNATA ELO-
QUENTIA VULGARIS.

[ocr errors]

IN QUAL MATERIA STIA BENE USARE
IL VOLGARE ILLUSTRE.

Dappoichè avemo dimostrato, che non tut

Postquam non omnes versificantes, sed tantum excellentissimos Illustre uti Vulgare de-ti i versificatori, ma solamente gli eccelbere astruximus, consequens est astruere tentissimi denno usare il volgare Illustre, utrum omnia ipso tractanda sint, aut non; conseguente cosa è dimostrare poi, se tutte et si non omnia, quae ipso digna sunt se- le materie sono da essere trattate in esso, gregatim ostendere. Circa quod, primo re-o no; e se non sono tutte, veder separaperiendum est id, quod intelligimus per il-tamente quali sono degne di esso. Circa la lud, quod dicimus, dignum esse, quod di- qual cosa prima è da trovare quello che noi gnitatem habet, sicut nobile, quod nobilita- intendemo, quando dicemo, degna essere tem; et sic cognito habituante, habituatum quella cosa, che ha dignità, sì come è nocognoscitur, in quantum huius: unde cogni-bile quello che ha nobiltà; e cosi conosciuta dignitate, cognoscemus et dignum. Est to lo abituante, si conosce lo abituato, in enim dignitas meritorum effectus, sive ter- quanto abituato di questo: però conosciuta minus; ut cum quis benemeruit, ad boni di- la dignità, conosceremo anche il degno. È gnitatem perventum esse dicimus: cum male adunque la dignità un effetto ovvero tervero ad mali: puta bene militantem, ad vi-mine dei meriti; perciò che quando uno ha ctoriae dignitatem: bene autem regentem, meritato bene, dicemo essere pervenuto alla ad regni: nec non mendacem ad ruboris di- dignità del bene; e quando ha meritato magnitatem, et latronem ad eam, quae est mor- le, a quella del male; così quello che ha tis. Sed cum in benemerentibus fiant com- ben combattuto, è pervenuto alla dignità parationes, sicuti in aliis, ut quidam bene, della vittoria, e quello che ha ben governaquidam melius, quidam optime, quidam ma- to, a quella del regno: e così il bugiardo alla le, quidam peius, quidam pessime merean- dignità della vergogna, ed il ladrone a queltur, et huiusmodi comparationes non fiant, la della morte. Ma conciò sia che in quelli, nisi per respectum ad terminum meritorum, che meritano bene, si facciano comparazioquem dignitatem dicimus, ut dictum est: ni, e così negli altri, perchè alcuni merimanifestum est quod dignitates inter se com- tano bene, altri meglio, altri ottimamente parantur secundum magis et minus, ut quae- ed alcuni meritano male, altri peggio, altri dam magnae, quedam maiores, quaedam ma- pessimamente; e conciò ancora sia, che tali ximae sint, et per consequens aliud dignum, comparazioni non si facciano, se non avendo aliud dignius, aliud dignissimum esse con- rispetto al termine dei meriti, il qual termistat. Et cum comparatio dignitatum non fiat ne ( come è detto) si dimanda dignità; manicirca idem obiectum, sed circa diversa, ut festa cosa è, che parimente le dignità hanno dignius dicamus, quod maioribus, dignissi- comparazione tra sè, secondo il più ed il mum quod maximis dignum est, quia nihil meno; cioè che alcune sono grandi, altre eodem dignius esse potest; manifestum est, maggiori, altre grandissime; e conseguentequod optima optimis secundum rerum exi- mente alcuna cosa è degna, altra più degentiam, digna sint. Unde cum hoc, quod gna, altra dignissima. E conciò sia che la dicimus Illustre, sit optimum aliorum Vul-comparazione delle dignità non si faccia cirgarium, consequens est, ut sola optima di- ca il medesimo obbietto, ma circa diversi, gna sint ipso tractari: quae quidem tractan- perchè dicemo più degno quello, che è dedorum dignissima nuncupamus. Nunc autem gno di una cosa più grande, e degnissimo quae sint ipsa venemur; ad quorum eviden- quello, che è degno d' una altra cosa grantiam sciendum est, quod sicut homo tripli-dissima, perciò che niun può essere di una citer spirituatus est, videlicet vegetabili, animali, et rationali, triplex iter perambulat.

stessa cosa più degno; manifesto è che le
cose ottime (secondo che porta il dovere )
sono delle ottime degne. Laonde essendo
questo Volgare Illustre (che dicemmo) otti-
mo sopra tutti gli altri Volgari, conseguente
cosa è, che solamente le ottime materie
siano degne di essere trattate in esso
quali si siano poi quelle materie, che chia-
miamo degnissime, è buono al presente in-
vestigare. Per chiarezza delle quali cose è
da sapere, che si come nell'uomo sono tre
anime, cioè la vegetabile, la animale, e la
razionale, così esso per tre sentieri cammi-

ma

Nam secundum quod vegetabile est, utile na; perciò che secondo che ha l'anima vequaerit; in quo cum plantis communicat; se-getabile, cerca quello, che è utile, nel che cundum quod animale, delectabile, in quo partecipa con le piante; secondo che ha cum brutis; secundum quod rationale, honestum quaerit, in quo solus est, vel Ángelicae naturae sociatur. Per haec tria quicquid agimus, agere videmur; et quia in quolibet istorum quaedam sunt maiora, quaedam maxima, secundum quod talia, quae maxima sunt, maxime pertractanda videntur; et per consequens maximo Vulgari. Sed disserendum est, quae maxima sint; et primo in eo quod est utile: in quo si callide consideremus intentum omnium quaerentium utilitatem, nil aliud, quam salutem inveniemus. Secundum in eo, quod est delectabile: in quo dicimus illud esse maxime delectabile, quod per preciosissimum obiectum appetitus delectat: hoc autem Venus. Tertio in eo, quod est honestum: in quo nemo dubitat esse Virtutem. Quare haec tria, Salus videlicet, Venus, Virtus apparent esse illa magnalia, quae sint maxime pertractanda, hoc est ea, quae maxima sunt ad ista, ut armorum probitas, amoris accensio, et directio voluntatis. Circa quae sola, si bene recolimus, illustres viros invenimus vulgariter poetasse; scilicet Bertramum de Bornio, Arma; Arnaldum Danielem, Amorem; Gerardum de Bornello, Rectitudinem; Cinum Pistoriensem, Amorem; Amicum eius, Rectitudinem.

Bertramus etenim ait:

Non pos nul dat, con cantar no exparia
Arnaldus:

Laura amara fal broul brancum danur.

Gerardus:

Più solaz reveillar,que per trop endormir.
Cinus:

Degno son io che mora.

Amicus eius:

Doglia mi reca nello cuore ardire.

Arma vero nullum Italum adhuc invenio poetasse. His proinde visis, quae canenda sint Vulgari altissimo innotescunt.

CAPUT III.

DISTINGUIT QUIBUS MODIS VULGARITER VER-
SIFICATORES POETANTUR.

Nunc autem quomodo ca coartare debe-
DANTE. Opere. Minori.

l'animale, cerca quello, che è dilettevole,
nel che partecipa con le bestie; e secondo
che ha la razionale, cerca l'onesto, nel che
è solo, ovvero alla natura angelica s' ac-
compagna; tal che tutto quel che facciamo,
pare che si faccia per queste tre cose. E
perchè in ciascuna di esse tre sono alcune
cose, che sono più grandi, ed altre gran-
dissime; per questa ragione quelle cose,
che sono grandissime, sono da essere gran-
dissimamente trattate, e conseguentemente
col grandissimo Volgare. Ma è da disputa-
re quali si siano queste cose grandissime; e
primamente in quello, che è utile; nel qua-
le se accortamente consideriamo la inten-
zione di tutti quelli, che cercano la utilità,
niuna altra trovereno, che la salute. Se-
condariamente in quello, che è dilettevole;
nel quale dicemo quello essere massima-
mente dilettevole,
che per il preciosissimo
obbietto dell' appetito diletta; e questi sono i
piaceri di Venere. Nel terzo, che è l'one-
sto, niun dubita essere la virtù. Il perchè
appare queste tre cose, cioè la salute, i
piaceri di Venere, e la virtù essere quelle
tre grandissime materie, che si denno gran-
dissimamente trattare, cioè quelle cose
che a queste grandissime sono; come è la
gagliardezza dell'armi, l'ardenza dell' amo-
re, e la regola della volontà. Circa le quali
tre cose sole (se ben risguardiamo) trovere-
mo gli uomini illustri aver volgarmente can-
tato; cioè Beltramo di Bornio le armi; Ar-
naldo Daniello lo amore; Gerardo de Bor-
nello la rettitudine, Cino da Pistoia lo amo-
re; lo Amico suo la rettitudine.

[blocks in formation]

mus, quae tanto sunt digna Vulgari, sollicite vestigare conemur. Volentes ergo modum tradere, quo ligari haec digna existant, primum dicimus esse ad memoriam reducendum, quod Vulgariter poetantes sua Poemata multimodis protulerunt; quidam per Cantiones, quidam per Ballatas, quidam per Sonitus, quidam per alios illegitimos et irregulares modos, ut inferius ostendetur. Horum autem modorum Cantionum modum excellentissimum esse pensamus: quare si excellentissima excellentissimis digna sunt, ut superius est probatum, illa quae excellentissimo sunt Vulgari, modo excellentissimo digna sunt, et per consequens in Cantiouibus pertractanda; quod autem modus Cantionum sit talis, ut dictum est, pluribus potest rationibus indagari. Prima quidem quia, cum quicquid versificamur sit cantio, solae Cantiones hoc vocabulum sibi sortitae sunt: quod nunquam sine vetusta provisione processit. Adhuc, quicquid per se ipsum efficit illud, ad quod factum est, nobilius esse videtur, quam quod extrinseco indiget: sed Cantiones per se totum quod debent, efficiunt, quod Ballatae non faciunt (indigent enim plausoribus, ad quos editae sunt): ergo Cantiones nobiliores Ballatis esse sequitur extimandas, et per consequens nobilissimum aliorum esse modum illarum: cum nemo dubitet, quin Ballatae Sonitus nobilitate modi excellant. Praeterea illa videntur nobiliora esse, quae conditori suo magis honoris afferant: sed Cantiones magis afferunt conditoribus, quam Ballatae: ergo nobiliores sunt, et per consequens modus earum nobilissimus aliorum. Praeterea quae nobilissima sunt, carissime conservantur; sed inter ea quae cantata sunt, Cantiones carissime conservantur, ut constat visitantibus libros: ergo Cantiones nobilissimae sunt, et per consequens modus earum nobilissimus est. Adhuc in artificiatis illud est nobilissimum, quod totam comprehendit artem: cum ergo ea, quae cantantur, artificiata existant, et in solis Cant onibus ars tota comprehendatur, Cantiones nobilissimae sunt, et sic modus earum nobilissimus aliorum. Quod autem tota comprehendatur in Cantionibus ars cantandi poet ce, in hoc palatur, quod, quicquid artis reperitur, in ipsis est, sed non convertitur. Hoc signum autem horum, quae dicimus,promptum in conspectu habetur:nam

gare il modo, col quale dobbiamo stringere quelle materie, che sono degne di tanto Volgare. Volendo adunque dare il modo, col quale queste degne materie si debbiano legare; primo dicemo doversi alla memoria ridurre, che quelli, che hanno scritto Poemi volgari, li hanno per molti modi mandati fuori; cioè alcuni per Canzoni, altri per Ballate, altri per Sonetti, altri per alcuni altri illegittimi ed irregolari modi, come di sotto si mostrerà. Di questi modi adunque il modo delle Canzoni essere eccellentissimo giudichiamo; laonde se lo eccellentissimo è dello eccellentissimo degno, come di sopra è provato, le materie, che sono degne dello eccellentissimo Volgare, sono parimente degne dello eccellentissimo modo, e conseguentemente sono da trattare nelle Canzoni; e che 'l modo delle Canzoni poi sia tale come si è detto, si può per molte ragioni investigare. E prima essendo Canzone tutto quello, che si scrive in versi, ed essendo alle Canzoni sole tal vocabolo attribuito certo non senza antiqua prerogativa è proceduto. Appresso: quello che per sè stesso adempie tutto ciò, per che egli è fatto, pare esser più nobile, che quello, che ha bisogno di cose, che siano fuori di sè; ma le Canzoni fanno per sè stesse tutto quello, che denno; il che le Ballate non fanno: perciò che hanno bisogno di sonatori, ai quali sono fatte adunque seguita, che le Canzoni siano da essere stimate più nobili delle Ballate, e conseguentemente il modo loro essere sopra gli altri nobilissimo, conciò sia che niun dubiti, che il modo delle Ballate, non sia più nobile di quello dei Sonetti. Appresso pare, che quelle cose siano più nobili che arrecano più onore a quelli, che le hanno fatte, e le Canzoni arrecano più onore a quelli, che le hanno fatte, che non fanno le Ballate: adunque sono di esse più nobili, e conseguentemente il modo loro è nobilissimo. Oltre di questo, le cose, che sono nobilissime, molto caramente si conservano; ma tra le cose cantate, le Canzoni sono molto caramente conservate come appare a coloro, che vedono i libri; adunque le Canzoni sono nobilissime, e conseguentemente il modo loro è nobilissimo. Appresso nelle cose artificiali quello è nobilissimo, che comprende tutta l'arte: essendo adunque le cose, che si cantano, artificiali, e nelle Canzoni sole comprendendosi tutta l'arte, le Canzoni sono nobilissime, e così il modo loro è nobilissimo sopra gli altri. Che tutta l'arte poi sia nelle Canzoni compresa, in questo si manifesta che tutto quello, che si truova dell'arte, è in esse, ma non si converte. Questo segno adunque di ciò, che dicemo, è nel cospetto di ogni uno pronto; perciocchè tutto quello

« ÖncekiDevam »