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DANTIS ALIGHERII

EPISTOLAE

QUAE EXSTANT

CUM DISQUISITIONIBUS

ATQUE ITALICA INTERPRETATIONE

PETRI FRATICELLI

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lighieri, da vari libri a stampa e da Codici MSS. raccolse, ed insieme riunite pubblico l'anno 1827 in Padova co' tipi della Minerva.

masti.

Giovan Mario Filelfo dicendo nella Vita di Dante, che « edidit et epistolas innume» rabiles »> ne riporta il principio di una ch' egli afferma dell' Alighieri scritta al Re d' Ungheria:

Che molte Epistole fossero scritte da Dan- riuscire al discuoprimento di altre ma di te Alighieri, lo induce a credere il tenor di presente a me non è dato mandare alla lusua vita, condotta in mezzo alle cure pub-ce se non quelle, che il Prof. Carlo Witbliche e alle brighe di parte e terminata te, studiosissimo e benemerito di Dante Ain una lunga peregrinazione, e lo attestano, fra gli altri, Giovanni Boccaccio e Leonardo Bruni, i quali per di più affermano averle co' propri occhi vedute. « Fece ancora (dice Or dirò alcuna cosa a dichiarazione e il» il Certaldese) questo valoroso Poeta molte lustrazione di esse: ed in prima farò pa» Epistole prosaiche in latino, delle quali role di quelle che a noi consta esser anda>> ancora appariscono assai »> (1). E l'Are-te perdute, o de' frammenti che ne sono ritino dopo aver riportato alcun brano delle Lettere dell' Alighieri, dice egualmente che da esso furono scritte » in latino. . . molte Epistole in prosa »; e che Dante «< fu an>> cora scrittore perfetto, ed era la lettera » sua magra e lunga, secondo io ho veduto >> in alcune Epistole di sua propria mano Ad invictissimum Hunnorum Regem.» scritte» (2). Ma o sia da incolparne la Magna de te fama in omnes dissipata, Rex incuria degli uomini, o la voracità del tem- dignissime, coegit me indignum exponere po, che molte belle cose consuma e distrug-manum calamo, et ad tuam humanitatem ge, il fatto si è che sole sette ne sono a noi accedere. pervenute: le altre o giacciono inosservate e sepolte in qualche polverosa Biblioteca, o sono andate sventuratamente perdute. Della qual cosa è a dolere non poco, si perchè ogni minimo scritto di quel libero e ardente petto del ghibellino poeta vuolsi aver caro e sacro dagl' Italiani, sì perchè queste Lette-ligionis apex. re sono monumenti preziosi della di lui storia privata e di quella del romoroso secolo nel quale egli visse. Forse le diligenti indagini d'alcuno fra' tanti zelatori della fama dell' Alighieri potranno in progresso

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E il principio d' un' altra a Papa Bonifazio_VIII.

Beatitudinis tuae sanctitas nihil potest cogitare pollutum, quae vices in terris gerens Christi, totius est misericordiae sedes, verae pietatis exemplum, summae re

E il principio parimente d' un' altra al figlio suo, che trovavasi a studio in Bologna:

Scientia, mi fili, coronat homines, et eos contentos reddit, quam cupiunt sapientes, negligunt insipientes, honorant boni, vituperant mali.

Quindi il Filelfo conchiude: « Edidit alias » quas habent multi: mihi quidem est enu» merare difficile. »

Vero è, che essendo notissima e da cento | » tenzie e autoritadi, le quali furono molto fatti comprovata la malafede e l'impostura» commendate da' savi intenditori » (4). di Giovan Mario Filelfo, io non avrei dovuto riportare le di lui parole: pure, dando ad esse quel valore che meritano, ho voluto porle sotto l'occhio del Lettore, solo perchè non sembrasse che alcuna cosa fosse, in questa parte, mancante, si ch' io venissi tacciato di negligenza.

Il Bruni dice altresì, che la celebre battaglia di Campaldino, nella quale virtuosamente si trovò Dante a combattere per la patria, fu da esso lui descritta in una Epistola. E questa Epistola che omai è andata perduta, apparisce che fosse dal Bruni co' propri occhi veduta; imperciocchè nel toccare della detta battaglia si adoprano da quel biografo le seguenti parole: « Questa batta» glia racconta Dante in una sua Epistola, » e dice esservi stato a combattere, e disegna la forma di essa » (5).

Una Lettera intorno la morte di Beatrice Portinari, dice lo stesso Dante nella Vita Nuova, aver egli scritta a' primarii Personaggi della Città di Firenze (1). Il principio di essa che solo ci è rimasto, sono quel-» le parole di Geremia: Quomodo sedet sola civitas etc.

Alla metà del secolo decimoquinto, secondo che n'afferma il Conte Troya (6), leggevansi Un frammento di altra Lettera, scritta da in Forli alcune lettere dell'Alighieri, dettate Dante nell' esilio, ci è stato conservato da a Pellegrino Calvi, segretario di Scarpetta deLeonardo Bruni (2): Tutti li mali e tutti gli Ordelaffi, per le quali s' avea contezza, gl' inconvenienti miei dagli infausti comi- che il poeta impetrò dal Signor di Verona zi del mio Priorato ebbero cagione e prin- | (Bartolommeo della Scala) nel 1303 un corcipio: del quale Priorato, benchè per pru- po di cavalli e di fanti contro Firenze: ma denza io non fossi degno, nientedimeno oggi cercherebbonsi invano coteste Lettere per fede e per età non era indegno; pe- a Forlì, ove un giorno le carte degli Orderocchè dieci anni erano già passati dopo laffi furono per iniquo zelo date alle fiamme. la battaglia di Campaldino, nella quale Quando poi nel 1311 Dante, secondo il cila parte ghibellina fu quasi al tutto mor- tato Scrittore (7), passò di Casentino in Rota e disfatta, dove mi trovai non fanciul-magna, e per breve tempo fermossi nuovalo nell'armi, e dove nel principio ebbi temenza molta e nella fine allegrezza grandissima per li vari casi di quella battaglia.

mente in Forli, scrisse una lettera a Can della Scala in nome degli esuli e banditi toscani. In essa Dante narrava, fra le altre cose, l'infelice successo della legazione d'Arrigo a'Fiorentini, de' quali deplorava la cecità. Pellegrino Calvi ne trasse copia di proprio pugno: ma il tempo ha distrutto così questa come le molte altre, che Dante detto in servigio de'suoi compagni di sventura.

Delle sette lettere, che sono a noi pervenute, cinque soltanto ne abbiamo nel loro originale latino: le altre due non le possediamo che in una traduzione antica, non però del tempo dell'Alighieri, ma per quel ch1 appare, del secolo decimoquinto. Delle latine adunque ho creduto convenevol cosa il fare una traduzione, si per unirle più convenientemente alle altre in volgare, si per mantener

Secondo la testimonianza del Bruni medesimo, Dante, innanzi la discesa d'Arrigo, scrisse varie Lettere ai suoi amici fiorentini ed a' Rettori della Repubblica, imploranda grazia al ritorno. D'una particolarmente indiritta al Popolo di Firenze, riporta le prime parole: Popule meus, quid feci tibi? (3). Anche il Villani sembra accennare una di queste laddove dice che Dante « intra l' al»tre fece tre nobili epistole: l'una mandò >> al reggimento di Firenze, dogliendosi del » suo esilio senza colpa; l'altra mandò al>> l'Imperatore Arrigo, quando era all' as» sedio di Brescia, riprendendolo della sua >> stanza, quasi profetando; la terza a' Car-la promessa che feci fino da quando pubblicai » dinali Italiani quando era la vacazione do>> po papa Clemente, acciò che s'accordas>> sero ad eleggere papa Italiano: tutte in la>> tino con alto dettato e con eccellenti sen

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il Canzoniere, cioè ch' avrei d'un' italiana versione accompagnato tutto ciò che dal divino poeta fosse stato scritto latinamente. E perchè due fra di queste cinque erano state già

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