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In quella parte del libro della mia me-te, la quale fu chiamata da molti Beatrice, moria, dinanzi alla quale poco si potrebbe e quali (5) non sapeano che si chiamare. Ella leggere, si trova una rubrica (1), la quale era già in questa vita stata tanto che nel suo dice: Incipit Vita Nova. Sotto la quale ru- tempo lo cielo stellato era mosso verso la parbrica io trovo scritte le parole le quali ète d'oriente delle dodici parti l'una d' un' mio intendimento d'assemprare (2) in questo grado (6): sì che quasi dal principio del suo libello (3), e se non tutte, almeno la loro anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi sentenzia. alla fine del mio nono anno. Ella apparvemi vestita di nobilissimo colore umile ed onesto sanguigno, cinta ed ornata alla guisa che alla sua giovanissima etade si convenia. In quel punto dico veracemente, che lo spirito della vita (7), lo quale dimora nella segretissima

Nove fiate già, appresso al mio nascimento, era tornato lo cielo della luce (4) quasi ad un medesimo punto, quanto alla sua propria girazione, quando alli miei occhi apparve prima la gloriosa Donna della mia men

(1) Rubrica vale argomento o sommario d'un libro o d' un capitolo, esposto brevemente: e cosi dicevasi dal color rosso, col quale ordinariamente scrivevasi.

tempo servirongli ma che finalmente il suo segreto fu da molti discoperto, mentre altri rimase tuttavia occulto. Or, saputo ciò, non è egli facile a vedersi che in questo inciso Dante ha voluto dirci lo stesso? Alli miei oc

(2) Assemprare, ritrarre, copiare, ad exemplum dicere. Forse qui è detto per as-chi apparve prima la gloriosa donna della sembrare, cioè raccorre, unire.

(3) Libello per libretto. Altre volte Dante nel processo chiama libello questa sua opera. E nel Convito Tratt. II, cap. 2, favellando di essa: E siccom'è ragionato per me nello allegato libello.

(4) Il Sole. Intendi: già erano trascorsi quasi nove anni.

mia mente, la quale fu da molti chiamata Beatrice e quali non sapeano che si chiamare, cioè, ed altri non sapeano come chiamarla. Che se ad alcuno venisse difficoltà nell'ammettere una correzione del testo, non autenticata da Codici, io risponderò che mentre a por la mano nelle scritture de'nostri antichi deesi procedere con cautela e parsimonia grandissima, non hassi poi ad avere un soverchio scrupolo alloraquando il contesto ed una critica sana e giudiziosa ci siano di guida e d'appoggio. La correzione pingeva con la zanca, da me fatta nel testo della Commedia, Inf. XIX. 45 sulla lezione erronea piangeva, non è ella stata generalmente approvata, abbenchè non autenticata nè da antiche stampe, nè da Codice alcuno?

(5) Tutte le edizioni e due Codici da me veduti hanno i quali, invece di e quali, come ho stampato nel testo. Ma che la prima sia lezione erronea apparirà da ciò che sono per dire. In questo luogo dice Dante che la sua Donna fu chiamata da molti Beatrice: | or come potrebb' egli tosto soggiungere i quali (moli) non sapeano che si chiamare, cioè non sapeano come chiamarla? Ben s'accorse della contraddizione il Trivulzio, e però (6) Cioè la dodicesima parte d'un secolo, nel suo testo stampò: i quali non sapeano vale a dire otto anni e un terzo. Ciò si prova che si (cosi) chiamare; correzione ingegnosa, non tanto dal contesto, quanto da quello che ma a mio giudicio non vera. Narra Dante dice Dante nel Convito, pag. 134, con quein questo libretto (e i! Lettore vedrallo a suo ste parole: quel cielo si muove seguendo il luogo) che studiavasi nascondere altrui l'og-movimento della stellata spera da Occidente getto della sua passione; e che a ciò ottenere in Oriente, in cento anni uno grado. pose in opera alcuni artifizi che per alcun (7) Lo spirito o il principio vitale.

camera del cuore, cominciò a tremare si for- mirabile donna apparve a me vestîta di colore temente che apparia ne' menomi polsi orri- bianchissimo in mezzo di due gentili donne, bilmente (1); e tremando disse queste paro- le quali erano di più lunga etade, e passando le: Ecce deus fortior me, qui veniens do- per una via volse gli occhi verso quella parminabitur mihi. In quel punto lo spirito ani- te ov'io era molto pauroso; e per la sua inefmale, il quale dimora nell'alta camera (2), fabile cortesia, la quale è oggi meritata (5) nella quale tutti li spiriti sensitivi portano le nel grande secolo, mi salutò virtuosamente loro percezioni, si cominciò a maravigliare tanto, che mi parve allora vedere tutti i termolto, e parlando spezialmente alli spiriti del mini della beatitudine. L'ora che lo suo dolviso (3), disse queste parole: Apparuit iam cissimo salutare mi giunse era fermamente beatitudo vestra. In quel punto lo spirito nona di quel giorno e perocchè quella fu naturale, il quale dimora in quella parte ove la prima volta che le sue parole vennero aꞌ si ministra lo nutrimento nostro, cominciò a miei orecchi, presi tanta dolcezza, che copiangere, e piangendo disse queste parole: me inebriato mi partii dalle genti. E ricorso Heu miser! quia frequenter impeditus ero al solingo luogo d'una mia camera, puosimi deinceps. D'allora innanzi dico ch'Amore si-a pensare di questa cortesissima; e pensando gnoreggiò l'anima mia, la quale fu si tosto di lei, mi sopraggiunse un soave sonno, nel a lui disponsata, e cominciò a prendere so- quale m'apparve una maravigliosa visione : pra me tanta sicurtade e tanta signoria, perchè mi parea vedere nella mia camera una la virtù che gli dava la mia imaginazione, nebula di colore di fuoco, dentro alla quale - che mi convenia fare compiutamente tutti io discernea una figura d'uno Signore (6), suoi piaceri. Egli mi comandava molte volte di pauroso (7) aspetto a chi lo guardasse: e che io cercassi per vedere quest'Angiola gio-pareami con tanta letizia (8), quanto a sè, che vanissima: ond' io nella mia puerizia molte fiate l'andai cercando, e vedeala di si nobili e laudabili portamenti, che certo di lei si potea dire quella parola del poeta Omero, Ella non pare figliuola d' uomo mortale: » ma di Dio (4) ». Ed avvegna che la sua imagine, la quale continuamente meco stava, fosse baldanza d'amore a signoreggiarmi, tuttavia era di si nobile virtù, che nulla volta sofferse che Amore mi reggesse senza il fedele consiglio della ragione in quelle cose là dove cotal consiglio fosse utile a udire. E però che soprastare alle passioni ed atti di tanla gioventudine pare alcuno parlare fabuloso, mi partirò da esse, e trapassando molte cose, le quali si potrebbero trarre dall'esemplo onde nascono queste, verrò a quelle parole, le quali sono scritte nella mia menioria sotto maggiori paragrafi.

Poichè furono passati tanti dì, che appunto erano compiuti li nove anni appresso l'apparimento soprascritto di questa gentilissima, nell'ultimo di questo di avvenne, che questa

mirabil cosa era: e nelle sue parole dicea molte cose, le quali io non intendea se non poche, tra le quali io intendea queste: Ego dominus tuus. Nelle sue braccia mi parea vedere una persona dormire nuda, salvo che involta mi parea in un drappo sanguigno leggermente, la quale io riguardando molto intentivamente, conobbi ch'era la donna della salute, la quale m'avea lo giorno dinanzi deguato di salutare. E nell'una delle mani mi parea, che questi tenesse una cosa, la quale ardesse tutta; e pareami che mi dicesse queste parole: Vide cor tuum. E quando egli era stato alquanto, pareami che disvegliasse questa che dormia; e tanto si sforzava per suo ingegno, che le facea mangiare quella cosa che in mano gli ardeva, la quale ella mangiava dubitosamente (9). Appresso ciò, poco dimorava, che la sua letizia si convertia in amarissimo pianto: e così piangendo si ricogliea questa donna nelle sue braccia, e con essa mi parea che se ne gisse verso il cielo: ond'io sostenea si grande angoscia, che

(1) Nella sua Canz. X, St. 5 e 6, l'Ali-ritare in significato attivo usollo anche alghieri fa la storia del suo innamoramento trove, Son. 80: Lo re che merta i suoi con queste stesse circostanze, e quasi colle servi ec. stesse parole. Può anche vedersi il C. XXX del Purg. v. 34 e segg.

(2) Nel cervello.

(3) Della vista. Viso per vista è usato spesso da Dante nel Convito e nella Commedia.

(4) Omero di Elena, lib. III, 158: Avs αθανάτοισι ύσης εις ωπα εοικεν, Ella rassomiglia maravigliosamente nel volto alle Dee immortali.

(5) Meritata per rimeritata. Il verbo me

(6) Costui era Amore.

(7) Pauroso ha doppio senso, e si dice non tanto di chi ha paura, quanto di chi la incute, lat. formidolosus. Cosi lo stesso Dante Inf. 11, 70 Temer si dee di sole quelle cose ec. Dell'altre no, che non son paurose.

(8) Civè pieno di tanta letizia.

(9) Dubitosamente per paurosomente come dubitoso per pauroso, voce mal definita dal Vocabolario. Cosi nella Lanz. II, St. 4. Poi vidi cose dubitose molte.

lo mio deboletto sonno non potè sostenere (1), | avea ciò mandato (11). Lo verace giudicio (12) anzi si ruppe, e fui disvegliato. Ed immanti del detto sogno non fu veduto allora per alnente cominciai a pensare, e trovai che l'o- cuno, ma ora è manifesto alli più semplici. ra, nella quale m'era questa visione appari-| ta, era stata la quarta della notte; sì che appare manifestamente, ch'ella fu la prima ora delle nove ultime ore della notte. E pensando io a ciò che m'era apparito, proposi di farlo sentire a molti i quali erano famosi trovatori (2) in quel tempo: e con ciò fosse cosa ch'io avessi già veduto per me medesimo (3) l'arte del dire parole per rima, proposi di fare un Sonetto, nel quale io salutassi tutti i fedeli (4) d'Amore, e pregandoli che giudicassero la mia visione, scrissi loro ciò ch'io avea nel mio sonno veduto; e cominciai allora questo Sonetto:

A ciascun'alma presa (5) e gentil core,
Nel cui cospetto viene il dir presente,
A ciò che mi riscrivan suo parvente (6),
Salute in lor signor, cioè Amore.
Già eran quasi ch'atterzate l'ore (7)

Del tempo ch'ogni stella è più lucente(S),
Quando m'apparve Amor subitamente (9)
Cui essenza membrar mi dà orrore.
Allegro mi sembrava Amor, tenendo

Mio core in mano, e nelle braccia avea
Madonna, involta in un drappo dormendo,
Poi la svegliava, e d'esto core ardendo

Lei paventosa umilmente pascea:
Appresso gir lo ne vedea piangendo.

Questo Sonetto si divide in due parti: nella prima parte saluto, e domando risponsione; nella seconda significo a che si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi: Già eran.

A questo Sonetto fu risposto da molti e di diverse sentenze, tra li quali fu risponditore quegli cui io chiamo primo de'miei amici (10); e disse allora un Sonetto lo quale comincia: Vedesti al mio parere ogni valore. E questo fu quasi il principio dell'amistà tra lui e me, quando egli seppe ch' io era quegli che gli

(1) Sostenere in significato neutro, per

sostenersi.

Da questa visione innanzi cominciò il mio spirito naturale ad essere impedito nella sua operazione, perocchè l'anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima; ond'io divenni in piccolo tempo poi di sì frale e debole condizione, che a molti amici pesava della mia vista (13): e molti pieni d'invidia si procacciavano di sapere di me quello ch'io voleva del tutto celare ad altrui. Ed io accorgendomi del malvagio domandare che mi faceano, per la volontà d' Amore, il quale mi comandava secondo il consiglio della ragione, rispondea loro, che Amore era quegli che così m'avea governato (14): dicea d' Amore, perocchè io portava nel viso tante delle sue insegne, che questo non si potea ricoprire. E quando mi domandavano: per cui t'ha così distrutto questo Amore? ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro. Un giorno avvenne, che questa gentilissima sedea in parte ove s'udiano parole della Regina della gloria, ed io era in luogo, dal quale vedea la mia beatitudine: e nel mezzo di lei e di me per la retta linea sedea una gentile donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, maravigliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei terminasse; onde molti s'accorsero del suo mirare. Ed in tanto vi fu posto mente, che partendomi da questo luogo, mi sentii dire appresso: vedi come cotale donna distrugge la persona di costui; e nominandola, intesi che diceano di colei che in mezzo era stata nella linea retta che movea dalla gentilissima Beatrice, e terminava negli occhi miei. Allora mi confortai molto, assicurandomi che il mio segreto non era comunicato, lo giorno (15), altrui per mia vista: ed immantinente pensai di fare di questa gentile donna schermo della veritade; e tanto ne mostrai in poco di tempo, che il mio segreto fu creduto sapere dalle più persone che di me ragionavano. Con questa donna mi

amici, è Guido Cavalcanti. Fra gli altri poeti i quali scrissero a Dante il loro parere (2) Trovatori, poeti, dal provenzale trou- intorno quella sua visione, si fu uno Cino badors. E i nostri antichi diceano pure tro-da Pistoia col Sonetto naturalmente chere o

vare per poctare.

(3) Cioè, appreso da me stesso.

(4) Fedeli per servitori, soggetti.

gni amadore, ed un altro Dante da Maiano con quello Di ciò che stato sei dimandatore. (11) Mandato qui forse vale comandato,

(5) Presa per innamorata, e si trova pure come opina il Salvini, dal franc. mandé. in altri antichi.

(6) Parere; suo, il loro.

(7) Cioè, erano quasi le quattr'ore.

(8) Vale a dire, della notte, poichè nel giorno lo splendore delle Stelle è vinto da quello del Sole.

(9) All'improvviso, dal lat. subito.
(10) Questi che Dante chiama primo de'suoi
DANTE. Opere Minori.

(12) La vera interpetrazione, il vero senso, (13) Del mio aspetto.

(14) Governato, cioè concio, fatto di me un tal governo.

(15)Lo giorno, cioè quel giorno,illo die.Cosi .in una Canzone di Giuliano de' Medici, attribuita al Poliziano: Ch'io mi credetti il giorno Fosse ogni Dea di ciel discesa in terra.

73

Mi pose in vita si dolce e soave,
Ch'io mi sentia dir dietro spesse fiate:
Deh! per qual dignitate

Così leggiadro questi lo cor have!
Or ho perduto tutta mia baldanza,
Che si movea d'amoroso tesoro,
Ond' io pover dimoro

In guisa che di dir mi vien dottanza (5):
Sicchè volendo far come coloro,

Che per vergogna celan lor mancanza,
Di fuor mostro allegranza,

E dentro dallo cor mi struggo e ploro.

celai alquanti mesi e anni, e per più fare credente altrui, feci per lei certe cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere qui, se non in quanto facessero a trattare di quella gentilissima Beatrice; e però le lascerò tutte, salvo che alcuna cosa ne scriverò, che pare che sia loda di lei. Dico che in questo tempo che questa donna era schermo di tanto amore, quanto dalla mia parte, mi venne una volontà di voler ricordare il nome di quella gentilissima, ed accompagnarlo di molti nomi di donne, e specialmente del nome di questa gentildonna; e presi i nomi di sessanta le più belle donne Questo Sonetto ha due parti principali: chè della cittade, ove la mia donia fu posta dal- nella prima intendo chiamare i fedeli d' Amol'altissimo Sire, e composi una epistola sotto re per quelle parole di Geremia profeta: 0 forma di serventese (1), la quale io non scri- vos omnes, qui transitis per viam, attendite verò; e non n'avrei fatto menzione, se non et videte, si est dolor sicut dolor meus; e per dire quello che componendola maravi-pregare che mi sofferino d'udire. Nella segliosamente addivenne, cioè che in alcuno al-conda narro là ove Amore m'avea posto, con tro numero non sofferse il nome della mia donna stare, se non in sul nove, tra'nomi di queste donne.

altro intendimento che l'estreme parti del Sonetto non mostrano: e dico ciò che io ho perduto. La seconda parte comincia quivi: 4mor non già.

La donna, con la quale io avea tanto tempo celata la mia volontà, convenne che si par- Appresso il partire di questa gentildonna, tisse della sopradetta cittade, e andasse in fu piacere del Signore degli Angeli di chiapaese lontano: per che io quasi sbigottito del-mare alla sua gloria una donna giovane e di la bella difesa che mi era venuta meno, assai gentile aspetto molto, la quale fu assai grame ne disconfortai più che io medesimo non ziosa in questa sopradetta cittade; lo cui coravrei creduto dinanzi (2). E pensando che, po io vidi giacere senza l'anima in mezzo di se della sua partita io non parlassi alquanto molte donne, le quali piangevano assai pietodolorosamente, le persone sarebbero (3) ac-samente. Allora ricordandomi che già l'avea corte più tosto del mio nascondere, proposi di farne alcuna lamentanza in un Sonetto, il quale io scriverò, perciocchè la mia donna fu immediata cagione di certe parole, che nel Sonetto sono, siccome appare a chi lo inten-cuna fiata l'avea veduta con la mia donna. E de: e allora dissi questo Sonetto (4):

O voi che per la via d' Amor passate,
Attendete e guardate,

S'egli è dolore alcun, quanto il mio, grave;
E prego sol ch'audir mi sofferiate;
E poi imaginate

S'io son d'ogni tormento ostello e chiave.
Amor non già per mia poca bontate,
Ma per sua nobiltate,

(1) Serventese dicevasi un poetico componimento talvolta in quadernarii, talaltra in ottave, ma più specialmente in terza rima. (2) Per l'innanzi.

veduta fare compagnia a quella gentilissima, non potei sostenere alquante lagrime; anzi piangendo mi proposi di dire alquante parole della sua morte in guiderdone di ciò che al

di ciò toccai alcuna cosa nell'ultima parte delle parole che io ne dissi, siccome appare manifestamente a chi le intende: e dissi allora questi due Sonetti, dei quali comincia il primo Piangete amanti; il secondo Morte villana.

Piangete amanti, poichè piange Amore (6),
Udendo qual cagion lui fa plorare:
Amor sente a pietà donne chiamare (7)

(6) Ad intelligenza di questo Sonetto, nel quale va fra le altre cose dicendo il Poeta,che vide Amore in forma vera lamentarsi sopra il corpo della morta avvenente donzellà, e (3) Sisarebbero, tralasciata la particella'si, riguardar verso il cielo, convien sapere che come di frequente s'incontra negli antichi. sotto il nome d'Amore, Dante ha voluto ce(4) Dante chiama talvolta la ballata, sic-lare la sua Beatrice, la quale in forma vera, come nel caso presente, col nome di Sonetto, e non ideale siccome Cupido, fu da lui veperciocchè questo nome non era in quel seduta lamentarsi sopra il corpo della sua morta colo particolarmente adoprato a significare noto componimento di 14 versi, ma si adoprava generalmente a indicare qualunque brevc componimento poetico.

(5) Dubitanza, timore.

compagna. Anche nell' ultimo verso del Sonetto Io mi senti svegliar Dante adombro la sua donna nel vocabolo Amore.

(7) Chiamare per clamare, e quindi a pietà chiamare significa esclamare pictosamente.

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