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Avvenne poi che ovunque questa donna mi vedea si facea d'una vista pietosa e d'un color pallido, quasi come d'amore: onde molte fiate mi ricordava della mia nobilissima donna, che di simile colore (1) mi si mostrava. E certo molte volte non potendo lagrimare nè disfogare la mia tristizia, io andava per vedere questa pietosa donna, la quale parea che tirasse le lagrime fuori delli miei occhi per la sua vista. E però mi venne anche volontade di dire parole, parlando a lei; e dissi questo Sonetto, che comincia Color d'amore, e ch'è piano senza dividerlo per la sua precedente ragione.

Color d'amore, e di pietà sembianti
Non preser mai così mirabilmente
Viso di donna per veder sovente
Occhi gentili e dolorosi pianti,
Come lo vostro, qualora davanti

Vedetevi la mia labbia (2) dolente,
Si che per voi mi vien cosa alla mente,
Ch'io temo forte, non lo cor si schianti.
Jo non posso tener gli occhi distrutti

Che non riguardin voi molte fiate
Pel desiderio di pianger ch'elli hanno.
E voi crescete si lor volontate,

Che della voglia si consuman tutti,
Ma lagrimar dinanzi a voi non sanno.

Io venni a tanto per la vista di questa donna, che li miei occhi si cominciaro a dilettare troppo di vederla, onde molte volte me ne cruciava, ed avevamene per vile assai; e più volte bestemmiava la vanità degli occhi miei, e dicea loro nel mio pensiero: Or voi solevate far piangere chi vedea la vostra dolorosa condizione, ed ora pare che vogliate dimenticarlo per questa donna che vi mira, e che non vi mira se non in quanto le pesa della gloriosa donna di cui pianger solete. Ma quanto far potete, fate; chè io la vi rimembrerò molto spesso, maledetti occhi, chè mai, se non dopo la morte, non dovrebbero le vostre lagrime aver ristato. E quando fra me medesimo così avea detto alli miei occhi, e (3) li sospiri m'assaliano grandissimi ed angosciosi. Ed acciocchè questa battaglia che io avea meco non rimanesse saputa pur (4) dal misero che la sentia, proposi di fare un Sonetto, e di comprendere in esso questa orribile condizione, e dissi questo che comincia L'amaro lagrimar.

nobilissimo Amore, che mi accese il cuore per la gentile Beatrice, e che mi fa andare ec. (1) Che Beatrice avesse un color pallido, lo ha detto l'Autore più sopra.

(2)Faccia,aspetto,com'ho notato altre volte. (3) Questa e non è congiunzione, ma sta per ancora nella guisa stessa che i Latini usavano la et per etiam.

II Sonetto ha due parti; nella prima parlo agli occhi miei siccome parlava lo mio core in me medesimo; nella seconda rimovo alcuna dubitazione, manifestando chi è che così parla; e questa parte comincia quivi: Così dice. Potrebbe bene ancora ricevere più địvisioni, ma sarebbe indarno, perchè è manifesto per la precedente ragione (5).

L'amaro lagrimar che voi faceste,
Occhi miei, così lunga stagione,
Faceva lagrimar l'altre persone
Dalla pietà, siccome voi vedeste.
Ora mi par che voi l'obliereste,

S'io fossi dal mio lato si fellone,
Ch'io non ven disturbassi ogni cagione,
Membrandovi colei cui voi piangeste.
La vostra vanità mi fa pensare

E spaventami sì ch'io temo forte Del viso d'una donna che vi mira. Voi non dovreste mai se non per morte La nostra donna, ch'è morta, obliare: Così dice il mio core, e poi sospira.

Recommi la vista di questa donna in si nova condizione, che molte volte ne pensava come di persona che troppo mi piacesse; e pensava di lei così: Questa è una donna gentile, bella, giovane e savia, ed apparita forse per volontà d'Amore, acciocchè la mia vita si riposi. E molte volte pensava più amorosamente tanto che il core consentiva in lui, cioè nel mio ragionare. E quando avea consentito ciò, io mi ripensava (6) siccome dalla ragione mosso, e dicea fra me medesimo: Deh che pensiero è questo, che in così vile modo mi vuol consolare, e non mi lascia quasi altro pensare! Poi si rilevava un altro pensiero, e dicea: Or che tu sei stato in tanta tribulazione d'Amore, perchè non vuoi tu ritrarti da tanta amaritudine? Tu vedi che questo è uno spiramento che ne reca li desiri d'Amore dinanzi, ed è so da così gentil parte com'è quella degli occhi della donna che tanto pietosa ti s'è mostrata. Ond' io avendo così più volte combattuto in me medesimo, ancora ne volli dire alquante parole; e perocchè la battaglia dei pensieri vinceano coloro che per lei parlavano, mi parve che si convenisse di parlare a lei, e dissi questo Sonetto, il quale comincia Gentil pensiero; e dissi gentile in

mos

(4) Solamente, soltanto; e Dante l'usa spesso nella Commedia.

(5) Intendi: Perchè è chiaro e manifesto per il precedente discorso.

(6) Ripensare qui non vale pensare di bel nuovo, ma ricredersi; e con questo signifi cato manca nel Vocabolario.

quanto ragionava a gentil donna, che per altro era vilissimo.

cotal malvagio desiderio, si rivolsero tutti i miei pensamenti alla loro gentilissima BeaIn questo Sonetto fo due parti di me se- trice. E dico che d'allora innanzi cominciai condo che li miei pensieri erano in due di- a pensare di lei sì con tutto il vergognoso visi. L'una parte chiamo cuore, cioè l'ap- cuore, che li sospiri manifestavano ciò molpetito; l'altro anima, cioè la ragione; e dico te volte; però che quasi tutti diceano nel come l'uno dice all'altro. E che degno sia loro uscire quello che nel cuore si ragionachiamare l'appetito cuore, e la ragione ani- va, cioè lo nome di quella gentilissima, e ma, assai è manifesto a coloro a cui mi pia- come si partio da noi. E molte volte avvece che ciò sia aperto. Vero è che nel pre- nia, che tanto dolore avea in sè alcuno pencedente Sonetto io fo la parte del cuore con- siero, che io dimenticava lui, e là dov'io tro a quella degli occhi, e ciò pare contra- era. Per questo raccendimento di sospiri, si rio di quel ch'io dico nel presente; e però raccese lo sollevato lagrimare in guisa, che dico che anche ivi il cuore intendo per l'ap- li miei occhi pareano due cose che desidepetito, perocchè maggior desiderio era il mio rassero pur di piangere: e spesso avvenia ancora di ricordarmi della gentilissima donna che per lo lungo continuare del pianto, dinmia, che di vedere costei, avvegnachè alcu- torno loro si facea un colore purpureo, quale no appetito ne avessi già, ma leggier pares- apparir suole per alcuno martire ch'altri rise: onde appare che l'uno detto non è conceva: onde appare, che della loro vanità futrario all'altro. Questo Sonetto ha tre parti: rono degnamente guiderdonati, si che da nella prima comincio a dire a questa donna indi innanzi non poterono mirare persona come lo mio desiderio si volge tutto verso che li guardasse sì che loro potesse trarre lei: nella seconda dico come l'anima, cioè a simile intendimento (1). Onde io volendo la ragione, dice al cuore, cioè all'appetito che cotal desiderio malvagio e vana tentanella terza dico come le risponde. La sezione paressero distrutti si che alcuno dubconda comincia quivi: L'anima dice; la terza quivi: Ei le risponde.

Gentil pensiero, che parla di vui
Sen viene a dimorar meco sovente,
E ragiona d'Amor si dolcemente
Che face consentir lo core in lui.
L'anima dice al cor: chi è costui,

Che viene a consolar la nostra mente;
Ed è la sua virtù tanto possente,
Ch'altro pensier non lascia star con nui?
Ei le risponde: o anima pensosa,

Questi è uno spiritel nuovo d'Amore,
Che reca innanzi a me li suoi desiri:
E la sua vita, e tutto il suo valore

Mosse dagli occhi di quella pietosa,
Che si turbava de'nostri martiri.

Contra questo avversario della ragione si levò un di quasi nell'ora di nona una forte imaginazione in me: che mi parea vedere questa gloriosa Beatrice con quelle vestimenta sanguigne colle quali apparve prima agli occhi miei, e pareami giovane in simile etade a quella, in che prima la vidi. Allora incominciai a pensare di lei; e secondo l'ordine del tempo passato, ricordandomene, lo mio core incominciò dolorosamente a pentirsi del desiderio, a cui così vilmente s'avea lasciato possedere alquanti di contro alla costanza della ragione: e discacciato questo

(1) Vale a dire ad innamorarsi di nuovo. E qui accenna la sua costanza nell' amar Beatrice, sebbene morta.

(2) L'immagine di nostro Signor Gesù Cristo, insigne reliquia che si conserva in Ro

bio non potessero inducere le rimate parole ch'io avea dette dinnanzi, proposi di fare un Sonetto, nel quale io comprendessi la sentenza di questa ragione. E dissi allora: Lasso per forza etc.

Dissi lasso, in quanto mi vergognava di ciò che li miei occhi aveano così vaneggiato. Questo Sonetto non divido, però che è assai manifesta la sua ragione.

Lasso! per forza de'molti sospiri,

Che nascon de'pensier che sou nel core,
Gli occhi son vinti, e non hanno valore
Di riguardar persona che gli miri.
E fatti son, che paion due disiri
Di lagrimare e di mostrar dolore;
E spesse volte piangon sì ch'Amore
Gli cerchia di corona di martiri.
Questi pensieri e li sospir, ch'io gitto,

Diventan dentro al core si angosciosi,
Ch'Amor vi tramortisce, sì glien duole;
Perocch'egli hanno in lor li dolorosi

Quel dolce nome di Madonna scritto,
E della morte sua molte parole.

Dopo questa tribolazione avvenne (in quel tempo che molta gente andava per vedere quella immagine benedetta, la quale Gesù Cristo lasciò a noi per esempio della sua bellissima figura (2) la quale vede la mia donna gloriosamente), che alquanti peregri

ma nel Vaticano, e che volgarmente chiamasi la Veronica, vocabolo corrotto da Vera icon vera immagine. Il Ducange nel suo Glossario alla voce Veronica riporta le se guenti parole di Niccolò IV. Pretiosissimi

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Venite voi di sì lontana gente,

Com'alla vista voi ne dimostrate?
Chè non piangete quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente,
Come quelle persone, che neente
Par che intendesser la sua gravitate (3).
Se voi restate, per volere udire,
Certo lo core ne'sospir mi dice,
Che lagrimando n'uscirete pui.
Ella (4) ha perduto la sua Beatrice;
E le parole, ch'uom di lei può dire,
Hanno virtù di far piangere altrui.

Poi mandaro due donne gentili a me pregandomi che mandassi loro di queste mie parole rimate; ond' io pensando la loro nobiltà proposi di mandar loro e di fare una cosa nuova, la quale io mandassi loro con esse, acciocchè più onorevolmente adempiessi li loro prieghi. E dissi allora un Sonetto, il quale narra il mio stato, e mandailo loro col precedente sonetto accompagnato, e con un altro che comincia Venite ad intender ec. Il Sonetto, il quale io feci allora, Oltre la spera ec.

ni passavano per una via la quale è quasi mezzo della cittade ove nacque, vivette e morio la gentilissima donna, e andavano secondo che mi parve, molto pensosi. Ond' io pensando a loro, dissi fra me medesimo: Questi peregrini mi paiono di lontana parte, e non credo che anche udissero parlare di questa donna, e non ne sanno niente; anzi i loro pensieri sono d'altre cose di questa qui; che forse pensano delli loro amici lontani, li quali non conoscemo. Poi dicea fra me medesimo: io so che se questi fossero di propinquo paese, in alcuna vista parrebbero turbati passando per lo mezzo della dolorosa cittade. Poi dicea fra me stesso: S'io li potessi tenere (1) alquanto, io pur gli farei piangere anzi ch'egli uscissero di questa cittade, perocchè io direi parole che farebbero piangere chiunque le udisse. Onde passati costoro dalla mia veduta, proposi di fare un Sonetto nel quale manifestassi ciò ch'io avea detto fra me medesimo; ed acciocchè più paresse pietoso, proposi di dire come se io avessi parlato loro, e dissi questo Sonetto, lo quale comincia Deh peregrini etc.è Dissi peregrini secondo la larga significa- Questo Sonetto ha in sè cinque parti. Nelzione del vocabolo: chè peregrini si posso- la prima dico là ove va il mio pensiero nono intendere in due modi, in uno largo ed minandolo per nome di alcuno suo effetto. in uno stretto. In largo, in quanto è pere- Nella seconda dico per che va lassù, e chi grino chiunque è fuori della patria sua in i fa così andare. Nella terza dico quello modo stretto non s'intende peregrino se non che vide, cioè una donna onorata. E chiachi va verso la casa di santo Jacopo, o rie- molo allora spirito peregrino; acciocchè (5) de: e però è da sapere che in tre modi si spiritualmente va lassù, e sì come peregrichiamano propriamente le genti che vanno no, lo quale è fuori della sua patria, e vi al servigio dell'Altissimo. Chiamansi palmie- sta. Nella quarta dico, com'egli la vede tari in quanto vanno oltremare là onde molte le, cioè in tale qualità, ch'io non la posso volte recano la palma: chiamansi peregrini intendere; cioè a dire che il mio pensiero in quanto vanno alla Casa di Galizia, però sale nella qualità di costei in grado che il che la sepoltura di santo Jacopo fu più lon- mio intelletto nol può comprendere ; contana dalla sua patria, che d'alcuno altro A- ciossiacosachè il nostro intelletto s'abbia (6) postolo chiamansi romei in quanto vanno a quelle benedette anime, come l'occhio noa Roma, là ove questi ch'io chiamo peregri-stro debole al sole: e ciò dice il Filosofo nel ni andavano. Questo Sonetto non si divide, però ch'assai il manifesta la sua ragione.

Deh peregrini, che pensosi andate

secondo della Metafisica. Nella quinta dico, che avvegnachè io non possa vedere là ove il pensiero mi trae, cioè alla sua mirabile qualità, almeno intendo questo, cioè che tal

Forse di cosa, che non v'è presente (2), è il pensare della mia donna, perchè io sen

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to spesso il suo nome nel mio pensiero. E nel fine di questa quinta parte dico donne mie care, a dare ad intendere che son donne coloro cui parlo. La seconda parte incomincia Intelligenza nova; la terza Quand'egli è giunto; la quarta Vedela tal; la quinta So io ch' el parla. Potrebbesi più sottilmente ancora dividere, e più fare intendere, ma puossi passare con questa divisione, e però non mi trametto di più dividerlo.

Oltre la spera, che più larga gira (1), Passa il sospiro, ch'esce del mio core; Intelligenza nova, che l'Amore Piangendo mette in lui, pur su lo tira: Quand'egli è giunto là dov'el desira,

Vede una donna che riceve onore, E luce si, che per lo suo splendore Lo peregrino spirito la mira. Vedela tal, che quando il mi ridice, Io non lo intendo, si parla sottile

(1) Intendi: Il sospiro ch'esce dal mio cuore tanto si alza, che va al di là della nona

Al cuor dolente, che lo fa parlare. So io ch'el parla di quella gentile Perocchè spesso ricorda Beatrice, Sicch'io lo intendo ben, donne mie care.

Appresso a questo Sonetto apparve a me una mirabil visione, nella quale vidi cose, che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta, infintantochè io non potessi più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com'ella sa veracemente. Sicchè, se piacere sarà di Colui, per cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri, spéro di dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuna. E poi piaccia a Colui, ch'è Sire della Cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua Donna, cioè di quella benedetta Beatrice che gloriosamente mira nella faccia di Colui;, qui est per omnia saecula benedictus.

ed ultima sfera (il primo Mobile), e giunge all'Empireo.

FINE

OHOHO

Sulle Poesie liriche col nome di Dante A-
lighieri Ragionamento filologico di P. I.
Fraticelli.

CAP.I. Delle opere minori di Dante. Poe-
sie liriche e sacre. Convito. Vita Nuova.
Epistole. Volgare Eloquenza. Opere
spurie.-Del sistema tenuto in questa
edizione per rapporto alle Rime. Con-
fronti sui Codici. Ortografia. Note. Ar-
gomenti. Varianti.- Della legittimità
delle Rime medesime. Raccolte tutte
quelle che trovansi a stampa col nome
di Dante, Escluse le altre che col nome
di lui si trovano inedite nei vari Codi-
ci. Della eccellenza di Dante come
poeta lirico. Bellissimi i suoi primi poe-
tici componimenti. Autorità riportate.

-

3

Della illegittimità di molte poesie
attribuite a Dante. Il Dionisi, il Perti-
cari, il Witte conobbero in parte gli
errori commessi dai vari editori delle
Rime Dantesche .
CAP. II. Differenza del carattere di Dan-
te Alighieri da quello di Francesco Pe-
trarca. Ambedue sommi poeti per
natura e per arte.-Grandi come poeti
lirico-erotici.-Degli amori di Dante :
alcuni sono allegorici; altri veri e na-
turali.-La Divina Commedia è opera
in qualche parte dell'amore di Dante
per Beatrice. Si prosegue il paral-
lelo fra Dante e Petrarca come poeti
moralisti. L'uno e l'altro sentirono
vivamente l'affetto della patria terra;
P'uno e l'altro sublimi poeti pindarici.
CAP. III. Ricerche bibliografico-filolo-
gico-critiche sulla legittimità delle
Poesie liriche di Dante Alighieri, e
note per l'intelligenza delle medesime. 34
PARTE PRIMA

-

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XXII. Dimostra, non per temerità es-
sersi innamorato.
Dalla benignità di una donna
gentile, della quale esalta
le virtù, è mosso a sperare. 114
XXIV. Colla Morte si lagna della in-
volatagli donna, di cui pian-
ge le perdute bellezze.
XXV. Dice non sperar che la sua don-
na si muova a pietà di lui . ivi
XXVI. Parla del suo amore alle intel-
ligenze del terzo cielo.

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115

416

XXVII. Parla delle virtù e delle bel-
96
lezze della sua donna. 117
97 XXVIII. Tratta nobilmente della vera

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ivi

gentilezza.

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XXIX. Dice che il tormento del cuo-

re non gli permette ragio-

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