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Vero è che ad or ad or d'ivi discende
Una saetta che m' asciuga un lago
Dal cor pria che sia spenta.

Ciò face Amor, qual volta mi rammenta
La dolce mano e quella fede pura,
Che dovria la mia vita far sicura.

BALLATA SETTIMA.

I.

Poichè saziar non posso gli occhi miei

Di guardare a Madonna il suo bel viso, Mirerol tanto fiso,

Ch'io diverrò beato, lei guardando.

2.

A guisa d'angel, che di sua natura
Stando su in altura,

Divien beato sol guardando Iddio:
Così, essendo umana creatura,
Guardando la figura

Di questa donna, che tiene il cor mio,

Potria beato divenir qui io.

Tant'è la sua virtù, che spande e porge,

Avvegna non la scorge,

Se non chi lei onora desiando.

Ob aus den Augen auch herniederschnellt
Manch Pfeil, der einen See mir trocken macht
Im Herzen, eh er stirbt.

Das tut mir Amor stets, wenn ich gedacht
Der süßen Hand und jener reinen Treue,
Die mir das Leben sorgenlos erfreue.

Wei

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Jeil ich nicht kann ersättigen meine Augen, Wenn ich Madonnas schönes Antlitz schau, Betracht ichs so genau,

Bis michs beseligt, schauend dran zu hangen.

2.

Dem Engel gleich, der, von Natur erhoben,
In Höhen wohnt dort oben

Und schon beseligt wird durch Gottes Schau:
So, ob ich auch nur ein Geschöpf der Erden,
So könnt ich, dieser Frau

Gestalt, die so das Herz mir hält gefangen, Anschauend, schon hienieden selig werden. Solch eine Kraft verstreut und reicht sie dar, Doch nimmt sie der nur wahr,

Der sie verehrt mit sehnlichem Verlangen.

SONETTO PRIMO.

Guido, vorrei: che tu e Lapo ed io

Fossimo presi per incantamento,

E messi in un vascel, ch' ad ogni vento
Per mare andasse a voler vostro e mio,
Sicchè fortuna od altro tempo rio
Non ci potesse dare impedimento,
Anzi, vivendo sempre in un talento,
Di stare insieme crescesse il disio.
E Monna Vanna, e Monna Bice poi,
Con quella, ch'è sul numero del trenta,
Con noi ponesse il buono incantatore;
E quivi ragionar sempre d'amore,
E ciascuna di lor fosse contenta,
Siccome io credo che sariamo noi.

Se

SONETTO SECONDO.

e 'l bello aspetto non mi fosse tolto
Di quella donna, ch'io veder disiro,
Per cui dolente qui piango e sospiro,
Così lontan dal suo leggiadro volto:
Ciò che mi grava e che mi pesa molto
E che mi fa sentir crudel martiro
In guisa tal, che appena in vita spiro,
Com'uomo quasi di speranza sciolto,

Mi saria leve e senz' alcuno affanno.

Ma perch' io non la veggio, com' io soglio, Amor m' affligge, ond' io prendo cordoglio,

E sì d'ogni conforto mi dispoglio,

Che tutte cose, ch' altrui piacer danno,
Mi son moleste e 'l contrario mi fanno.

Erstes Sonett.

uido, ich wünschte: dich, Lapo und mich

Buido,

Ergriff ein Zauber und verseßt geschwinde
Uns in ein Schifflein, das bei jedem Winde
Das Meer durchführ, wie ihr es wollt und ich,
Daß weder Sturm noch andre Ungunst sich
Erkühnte, daß es uns die Flügel binde,
Auch daß ein jeder Lebensluft empfinde
Und keinen jemals Trennungswunsch beschlich.
Daß Monna Vanna, Monna Bice dann
Und die, der Nummer Dreißig ist beschieden,
Der gute Zauberer uns herverschriebe;
Und daß wir sprächen immer nur von Liebe,
Und ihrer jede wäre so zufrieden,

Wie wir uns, glaub ich, selbst erfreuten dran.

Zweites Sonett.

Vermißte ich den schönen Anblick nicht

Von jener Frau, die ich zu sehn verlange,
Um die ich seufzend traure, weinend bange,
So fern von ihrem lieben Angesicht:

Das, was mich niederbeugt und schwer bedrückt,
Und mich so grausam martert, daß ich bebe,
Und wenn auch atmend noch, schon kaum mehr lebe,
Gleich einem, dem die Hoffnung ganz entrückt,

Wär dann mir leicht und ich nicht grambedeckt.
Doch weil ich sie noch muß wie früher missen,
So beugt mich Amor unter Kümmernissen,
Und nirgend ist ein Trost für mich zu wissen,
Daß alles, was den andern Freude weckt,
Mir ekelt und das Gegenteil bezweckt.

SONETTO TERZO.

Toi, donne, che pietoso atto mostrate,

Voi,

Chi è esta donna, che giace sì venta? Saria mai quella ch'è nel mio cor penta? Deh! s'ella è dessa, più non mel celate! Ben ha le sue sembianze sì cambiate,

E la figura sua mi par sì spenta,
Ch' al mio parere ella non rappresenta
Quella che fa parer l'altre beate.

«Se nostra donna conoscer non puoi,
Ch'è sì conquisa, non mi par gran fatto,
Perocchè quel medesmo avvenne a noi.
Ma, se tu mirerai al gentil atto

Degli occhi suoi, conosceraila poi:
Non pianger più, tu sei già tutto sfatto!»

SONETTO QUARTO.

Onde venite voi così pensose?

Ditemel, s'a voi piace, in cortesia!
Ch'i' ho dottanza che la donna mia
Non vi faccia tornar così dogliose.
Deh! gentil donne, non siate sdegnose,
Nè di ristare alquanto in questa via,
E dire al doloroso, che disia
Udir della sua donna, alcune cose,
Avvegnachè gravoso m'è l'udire:

Sì m'ha in tutto Amor da se scacciato, Ch'ogni suo atto mi trae a finire. Guardate bene, s'io son consumato, Ch'ogni mio spirto comincia a fuggire, Se da voi, donne, non son confortato.

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