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SONETTO SESTO.

on v'accorgete, donna, d'un che smuore, E va piangendo, sì si disconforta? I' priego voi, se non ven siete accorta, Che lo miriate sol per vostro onore! Ei sen va sbigottito, e d'un colore,

Che 'l fa parere una persona morta, Con tanta doglia che negli occhi porta, Di levargli in altrui non ha valore. E quando alcun pietosamente il mira, Il cuor di pianger tutto si distrugge, E l'anima ne duol sì che ne stride. E se non fosse ch'egli allor si fugge Si alto chiama voi, poich' ei sospira, Ch' altri direbbe: «Or sappiam chi l'uccide!»

SONETTO SETTIMO.

Per villania di villana persona

O per parole di cattiva gente:
Non si conviene a donna conoscente,
La qual di pregio e d'onor s'incorona,
Turbarsi e creder che sua fama buona,
Che in ogni parte va chiara e lucente,
Si possa dinegar; poich' ella sente,
Che verità di ciò non la cagiona.
Come la rosa in mezzo delle spine,

E come l'oro puro dentro il fuoco,
Così voi vi mostrate in ciascun loco.
Dunque lasciate dir chi ha senno poco,
Chè par che vostra lode più s'affine,
Che se'l contrario usasser

tai meschine!

Sechstes Sonett.

Seht ihr denn keinen, Frau, der sich verzehre
Und weinend geh, weil er so trostesbar?

Ich bitt euch, nahmet ihr ihn noch nicht wahr,
Daß ihr ihn doch erkennt, bei eurer Ehre!
Er geht verfärbt dahin und so verzagt,
Daß es für einen Toten könnte taugen,
Und trägt solch einen Schmerz in seinen Augen,
Der ihm, sie aufzuschlagen, Kraft versagt.
Und wenn ihr jemand mitleidsvoll betrachtet,
So bricht sein Herz ihm ob der Tränenbürde,
Daß seiner Seele Schmerz die Augen rötet.
Und wenn er nicht sofort entfliehen würde -

So laut ruft er nach euch, der seufzend schmachtet,
Daß jeder spräch: „Nun weiß man, wer ihn tötet!"

Siebtes Sonett.

der Gemeinheit der gemeinen Seelen,
Ob niedres Volk auch niedre Worte spricht:
Für eine kluge Frau geziemt sichs nicht,
Soll Preis und Ehre ihrem Kranz nicht fehlen,

Zu zagen und zu glauben, daß ihr Ruf,

Der allorts glänzend wandelt und in Klarheit,
Sich rauben lasse; denn sie fühlt, daß Wahrheit
Ihr keinen Grund zu einem Tadel schuf.
Wie Dornen stehen um die Rosenköpfe
Und wie das reine Gold in Feuershelle,
So macht ihr sichtbar euch an jeder Stelle.

Drum rede denn manch törichter Geselle,

Weil hellern Glanz nur euer Ruhm draus schöpfe, Als wenn euch preisen würden solche Tröpfe!

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Vo

SONETTO OTTAVO.

́olgete gli occhi a veder chi mi tira, Perch'io non posso più viver con vui, Ed onoratel, chè questi è colui

Che per le gentil donne altrui martira!
La sua virtute, ch' ancide senz' ira,
Pregatel che mi lasci venir pui:
Ed io vi dico che li modi sui
Cotanto intende quanto l'uom sospira.
Ch'ella m' è giunta fera nella mente,
E pingemi una donna sì gentile —
Che tutto mio valore a' piè le corre;
E fammi udire una voce sottile,

Che dice: «Dunque vuo' tu per niente
Agli occhi tuoi sì bella donna tôrre?»

SONETTO NONO.

(A Bernardo di Bologna.)

himè, ch'io veggio, ch' una donna viene

Ahim

Al grand' assedio della vita mia,

Irata sì, ch'ancide e manda via
Tutto ciò che in vita la sostiene.
Onde riman lo cuor, ch'è pien di pene,
Senza soccorso e senza compagnia,
E per forza convien, che morte sia
Per un solo desio, ch' Amor vi tiene.
Quest' assedio sì grande ha posto morte,
Per conquider la vita, intorno al cuore,
Che cangiò stato, quando il prese Amore
Per quella donna, che sen' iva forte

Come colei che sel pone in disnore,
Onde assalir lo vien sì, ch' ei ne muore.

Achtes Sonett.

Blickt her und sehet, wer mich zieht und leitet,

Denn mit euch leben kann ich nun nicht mehr, Und bringt ihm Ehre dar, denn er ist der, Der uns durch edle Frauen Qual bereitet! Die Kraft, die tötet, aber Zorn nicht braucht, Auf meine Bitte send er sie hernieder:

Und glaubet mir, daß ers im Wesen wieder Nur toller treibt, jemehr man Seufzer haucht. Sie zwang den Geist mir mächtigen Gewichts Und läßt ihn durch ein edles Weib zerstören Mein Mut liegt ganz zu Füßen ihr im Staube; Und eine zarte Stimme läßt mich hören,

Die spricht: So willst du also, daß ein Nichts Solch schöne Herrin deinen Augen raube ?"

Neuntes Sonett.

(An Bernardo di Bologna.)

Jeh mir, ich seh, daß eine Herrin kommt,

We

Mit großer Macht mein Leben zu erringen, So zornig, daß zu Tod und Flucht zu zwingen Sie alles sucht, was ihm zum Leben frommt. Drum bleibt das Herz, das so die Qual erregt, Ganz ohne Hilfe und in Einsamkeit,

Und unentrinnbar scheints dem Tod geweiht Um einen Wunsch, den Amor darin hegt. Mit also großem Kampf besiegt der Tod

Mein Leben, rings das Herz mir zu umschmiegen, Das Amor schon erschöpft durch sein Bekriegen

Für jene Frau, die fortzugehen droht,

Alsob ihr Scham erwüchs aus ihren Siegen,
Weshalb er es bekämpft bis zum Erliegen.

Q

SONETTO DECIMO.

uando la notte abbraccia con fosc' ale

La terra, e 'l dì dà volta e si nasconde: In cielo, in mare, in boschi e fra la fronde Si posa, e sotto tetto, ogni animale,

Perchè 'l sonno il pensier mette in non cale, Che per le membra si distende e'nfonde, Fin che l'aurora, con sue trecce bionde, Rinnova le fatiche diurnale.

Io misero mi trovo fuor di schiera,

Che 'l sospirar nimico alla quiete
Mi tien aperti gli occhi e desto il core:
E come uccello avviluppato in rete,
Quanto più cerco di fuggir maniera,
Più mi trovo intricato e pien d'errore!

I

SONETTO DECIMOPRIMO.

o sono stato con Amore insieme

Dalla circolazion del Sol mia nona,
E so com'egli affrena e come sprona,
E come sotto lui si ride e geme.
Chi ragione o virtù contro gli spreme,
Fa come quei che 'n la tempesta suona,
Credendo far colà, dove si tuona,
Esser le guerre de' vapori sceme.

Però nel cerchio della sua palestra,
Liber arbitrio giammai non fu franco,
Si che consiglio invan vi si balestra.

Ben può con nuovi spron punger lo fianco;

E qual che sia 'l piacer ch' ora n' addestra, Seguitar si convien, se l'altro è stanco.

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