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e tuona son. LXXX. Nel verso scuoter sest. I, 8; nuoto son. CLXXVII, 3; nonché vol e vuol, sona e suona, ecc. Consueto è po acc. a pote; di rado può son. LXXXII, 13, e puote canz. x, 77, e sempre di mano del copista; isolato son, suono, nel son. xvIII, 11; tre volte in rima fora; fore dieci volte; fori son. xc; nel verso for e fuor. Gli autografi dànno: bono son. cc, 6; canz. XXVIII, 108; buono sonn. ccI, 7, CCCVIII, 10; canz. xxix, 65; moro son. CLXXXV, 4; mora son. cxcm, 12; cccxvII, 10; muor canz. xx, 91; suona son. CLX, 10 e sona son. cccxш, 11; sonano son. CCCVI, 4; sempre suol canz. XIX, 16; sonn. CLXXXII, 3; CXCIV, 5; sest. vIII, 2; son. ccx, 3, ma vol canz. xx, 50; son. ccciv, 5, e vuol sonn. cxciv, 14, ccx, 1, ccxvI, 7, CCLXXXVI, 14; puoi canzz. xxiv, 73, xxix, 37; e poi son. CCLXXXVI; cuocono son. CLXXXIV, 14; sempre po un ventotto volte; pote son. ccix, 10; canz. XxIx, 131. Dittonghi.

6. AU: mauro, letterario, son. CLXIV: lauro restauro auro; son. CCXXIX: lauro, tesauro, auro; auro, comune anche in prosa, fuor di rima canz. xi, 14; son. CLXV, 2; sest. 11, 37; tesauro, semipopol.; Arunca, son. CXXXIII, 4. - IE: criare sonn. IV, 3, IX, 12, cvII, 6.

Vocali atone.

7. A; iniziale da o: argoglio sonn. xxx, 10, ccxcv, 6; canz. XVIII, 22; comune in tutta l'antica poesia e nella prosa; cfr. il Tristano 1): argoglio, argoglioso, innargoglito. - Protonica: disaguaglianze son. CCLXXV, 4; guidardon son. c, 4; ball. VII, 2; immantanente canz. vIII, 74; -ar- nel futuro di 1a coniug.: lassarà canz. II, 36; imperfetto analogico: ardavamo son. CCLXXIII, 10.

8. E. Rimasto in protonica: defetto sonn. LIV, 14, CCCVII, 8; canz. xã, 94; fenestra sonn. LXI, 1, lxxix, 1,

1) Il Tristano Riccardiano, edito ed illustrato da E. G. PARODI; Bologna, Romagnoli-Dall'Acqua, 1896.

Studi di filologia romanza, VIII.

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CCLXXXIX, 12; canzoni xxiv, 1, xxv, 17, xxix, 31; pregione sonn. LXV, 5, LXVIII, 1, CIV, 5, cvn, 5, CCLV, 3; canzz. ix, 20, x1, 63, xxv, 9, 41, acc. a prigione son. LVI, 2; pregioniero son. LXVI, 9; pregione agg. mdg. IV, 7; spregiona son. LXXX, 7; refugio son. CXCVIII, 13; canz. xxv, 63; segnor son. XXII, 8; segnoria canz. XXIII, 30. ·

Costante è securo coi derivati: devere, consuetamente, son. cxcix, 2; canz. XXII, 21; deveva son. XXXVII, 10; canz. xx, 81, ecc.; devrò canz. XXIX, 123; devrei son. CLXX, 7, ecc.; devria son. XXXVIII, 2; devendo canz. XIV, 54; devesse canz. VI, 27 (cfr. Caix, Origini, 66); mesurare son. XXVIII, 2.

Prefissi nei verbi: descendere sest. III, 25; desperare sonn. c, 2, CLVI, 14, cc, 8; ball. vi, 8; destringere son. CLXVI, 1; departire son. xv, 10; depingere sonn. XXII, 3, xxix, 13, Lxxv, 5, cxxII, 9, CXL, 2, CLXXXVIII, 5, cxcvi, 4, CCLXVIII, 5, CCcx, 9; canzz. XI, 83, XIII, 35, xxI, 106; sest. III, 34; e desviare son. cxxXVI; canz. XIX, 21; -rechiedere son. ccci, 2; reducere son. XLVIII, 13; canz. 1, 135; refulgere son. cccv, 5; relevare canzz. xI, 4, XXI, 9; remanere son. ccvш, 10; remosso canz. XII, 35; resolvere son. CXLV, 10; canz. xxv, 74; resonare sest. IX, 4; resplendere son. CXLII, 9; respondere sonn. CCLXXVI, 12, cccvшII, 9, cccxiv, 12; canz. XXVIII, 150; resurgere canz. XXIX, 125; reservare canz. IX, 24; retardare son. ccxciv, 7; reverire son. v, 9, e 11 reverenza; reverente canz. IV, 118. È qui il luogo della proclitica de, molte volte, sonn. III, 13, xix, 14, XLVII, 10, cv, 7, cxxvi, 10, ccxxxII, 7, CCXXXVI, 14, CCXXXIX, 4, CCXLI, 6, CCLXXVI, 8; canzoni п, 21, vш, 108, XIII, 35, xv, 33, XVI, 78, XXII, 11, xxix, 94, e se canz. vi, 53; demani sest. 1, 39. Per contro genebro son. cxvi, 5; selvestre son. CCLX, 3, e vertù, vertute, che era la forma preferita anche dal Petrarca come attestano gli autografi nel V1, in cui per altro di mano del copista ricorrono pure frequentemente virtù e virtute; esempio d'iniziale: enchiostro sonn. LIV, 12, CCLXVIII, 8. Postonica: ebeno canz. xxv, 15; quindeci son. ccxxvII, 13; giovene e tutti i derivati.

9. Da i iniziale: empromettere canz. II, 92, e impromesse son. LIII, 3; endonnare canz. xv, 25; endurare son. LXXXII, 7; enfiammare canz. 1, 105; engordo canz. XVIII, 41; entra son. ccxx, 14; enviare sonn. vi, 5, VIII, 3; envitare canz. XVII, 7; envogliare canz. I, 18. Invece: intrare sonn. CXXXIX, 3, CLXXVI, 14, CCVI, 3, cccxI, 13; canz. XXI, 44; sest. vi, 6, che si scambiava di continuo con entrare. Cfr. Tristano, cXXXXII; nella protonica temor son. CXLIX, 4; nimica agg. son. cxxxix, 1, all. a nemica canz. II, 50, e nimico sost. son. CXLVI, 4; e si notino qui pure nuviletto son. XCII, 13; indivina canz. xxv, 108; e in postonica: debile, abituale, sonn. XIX, 6, XLVI, 3, LXVII, 5, cxxvIII, 3, CXCIX, 7, CCXCIII, 8; canzoni Iv, 1, VIII, 8; sest. IX, 48. 10. O iniziale: occidere son. cxIII, 1; canzoni x1, 38, xx, 88, XXI, 62, xxv, 112, e mai uccidere. Cfr. Tr. d'Eternità, 86.

11. Da a: opra, cong. di oprire, son. XXXII, in rima. In protonica da u, robini son. cxxv, 10, ma poi singulare canz. xxv, 108.

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Finali. 12. Non sempre me, te, se, enclitici; me in rima trovasi ventidue volte generalmente col valore del me acc. lt., e non si ha che un dolermi son. CCLXIII; es. fuor di rima abandonarme son. ccxx, 14; farme sest. IX, 59; per contro se con infiniti della 1a coniug. ricorre in rima due sole volte e si ben sedici volte; ve una volta son. LXVIII; nel verso, son. LXI, 10. Costante è l'a di contra e oltra; oltre son. XLIV, 7: Là oltre ond'esce'; e unqua canzoni xix, 23, xxi, 47. Si oscilla tra i già ricordati fora e fore (cfr. Parodi, La rima ecc., p. 98) acc. a l'unico fori, e davante e davanti, il primo due volte in rima e il secondo una; inde canz. xxv, 20, ma altre venti volte indi (n. del Mestica); pare son. CLXXXII, in rima.

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Nei vari fenomeni vocalici passati in rassegna le tendenze dialettali sono giustificate dalla tradizione fonetica latina, e quando le contrastano non mi sembra assurdo

pensare anche a un influsso delle analogie provenzali. Il Petrarca, in fatti, vivente in Provenza mentre ancora quel volgare, divenuto classico, risonava nella quasi pienezza delle sue forme, forse più d'una volta predilesse la parola della sua lingua materna che imitasse nel tono la sua sorella occitanica. Nell'aborrimento del iotacismo che mostra il Codice, concorderebbe il gruppo toscano meridionale in cui le forme quali endurare, enviare, desviare ecc. sono più specialmente aretine, e così anche il pronome ed articolo el. Il dittongamento di é e di o nella poesia fu posteriore a Guittone (cfr. Caix, Origini, p. 49, 80); l'oscillamento fra e ed ie, fra o e uo è quindi consueto, e Dante scrive cuore e core, nuovo e novo, come move, chonvene, aven, secondo ci assicura la copia della canzone: Donne ch'avete, nel cod. Vaticano. La sonorità ed esattezza dell'accentuazione ritmica, le accennate ragioni etimologiche, l'uniformità con parole che non dittongano, danno nel Canzoniere la prevalenza alle forme con la vocale intatta. Si può forse ammettere che il suono più vibrato del dittongo sia preferito sempre che l'idea del vocabolo abbisogni di un'espressione più energica, come rispetto a fera e fiera proverebbe il confronto di questi due versi: Nè per bei boschi allegre fere e snelle', son. CCXLVII, 13, e Nè fiere han questi boschi si selvagge', son. CCLXXI, 2; e per vien il v. 2 del son. ccxxxI: E la morte vien dietro a gran giornate', dove si ha vien malgrado segua immediatamente un altro ie.

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In quanto alle forme con au lt. rimasto nel siciliano e nell'abruzzese, non tenendo conto di laudare e laude perpetuatisi nel linguaggio poetico, le altre son tutte in rima con lauro, il quale, come si sa, ricorre tante volte nel Petrarca, imagine del pensiero dominante, e al pari di aura non può più chiamarsi latinismo, essendo prevalso su alloro, che conserva quasi esclusivamente la significazione simbolica e con lauro s'identifica per l'articolo auro dando luogo a quell'equivoco gentile così frequente con l'aura

Laura (cfr. L. Biadene, Morfologia del sonetto, in St. di filol. rom., IV, p. 183).

E diremo qui un dubbio riguardo a Laurea del sonetto CLXXXIX, che pel Mestica, seguìto anche dal Salvo-Cozzo 1), è la forma latina del nome Laura. Ma forse pure in quel luogo non mancherebbe il sottinteso, se si volesse leggere piuttosto L'aurea, evitando così il latinismo veramente troppo crudo, laddove l'agg. aurea è un contrapposto naturale al le pron. del verso precedente:

Poi le vidi in un carro triunfale:

L'aurea mia con suoi santi atti schifi ecc.

Consonanti continue.

13. J implicato: sj: basciare sonn. CLXXIII, 12, 13, CCI, 13. Cfr. Parodi, Tristano, cxxxxvI.

nj: divegno son. XLVI; sostegno canz. III, 6; sostegna son. CLI; vegna son. v. Vada qui pure cognosco son. cclxx, 12; ricognovve canz. 1, 133.

14. L. --: per elli nm. 31; tolle un tre volte in rima; tolla fuor di rima sest. IX, 59. Ricorderemo qui cavai Tr. d. Tempo, 16, ripreso dal Leopardi nel Primo amore, 53.

implicato: bl: sembiare canz. xv, 39; sembiante sonn. CLIII, 10, CCXVII, 8; rasembra canz. XVIII, 4.

pl: esemplo sonn. LXIV, 8, LXXII, 6; templo son. CLVII, 2. 15. R. rimasto: chiere canz. vi, 106; fiere son. CXLIV, 6.

Consonanti esplosive.

16. C. suco son. XLV, 9; sest. vi, 17. Cfr. Parodi, La rima ecc., 102.

cr: di solito lacrimoso, es. sest. Ix, 40, ma lagrime

1) G. SALVO-Cozzo, Le Rime Sparse, e il Trionfo dell'Eternità di F. Petrarca nei codd. vaticani lat. 3195 e 3196, estr. dal Giornale storico della letterat. ital.; Torino, Loescher, 1897, p. 34.

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