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c) larg largo, marcá mercato, argawlé riscaldare (cfr. blen. reĝaldá, valmagg. rialdá), cioè *arg-; [cercantan cercando, in un saggio scritto].

d) túšća, frèšć, Toéšca il paese de' Tedeschi, brüšć, bošć, mošća; žģiré lomb. sŷürá pulire fregando.

Notevoli bjene, benc, fjenć, fjesć, lüng, pòje, peć, plurali di sing. bjank, bank, fjank, fjask, long, pòk, pak. Se ne tocca più diffusamente nel paragrafo che segue, ma intanto diciamo come sia da giudicar diversamente il caso di bincéta, binćál, dove l'alterazione par dovuta all'i (ink).

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I materiali che seguono mi risultano da due interrogatori, uno più ampio per la frazione di PIODA (Premia), l'altro più breve per un'altra frazione dello stesso comune. Mando gli esempi di quest'ultimo in corsivo spazieggiato.

1. a) camp, can can plur. ćen, ca ća, čánva čánova, čáša caccia, cáwla ëáwla' cádola', cánta' egli canta', ćaja-foÿ caca-fuòco' lucciola, cava-öé cava-òcchi' libellula, èjna catena; gal, ÿámba, jat jat, jánža gazza;

čavál, čavèj, ĉampáña, čaváñ, cadréÿja čedrèga, čašćáda cascata, caseta cassetta, caminá camminare, canté, cağè cacare; galína.

b) ce che (u vòl ce cánta vuole che io canti).

d) eü culo, cuza scojattolo, cürá curato, cünd cognato; güz acuto.

e) cöl öl collo, cörf cörp corvo, cörn, cölöýa qui.

g) éráva éráva, crié gridare, crü crúva örü érúva, öröt avvallamento di terreno (cfr. lomb. kròt), érýsta; grand, grázja, graté, gratajròla grattugia, grög grosso [ŷrop gruppo].

2. a) piće picchiare, sèc secco [v á ka, sak, štrak; cukín campanaccio].

b) múnga monaca, mánga manica [bank bank, bjank, štánga timone; kunk conca vaso del latte o d'altro].

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c) malájás granturcale melicaccio' (v. le note al Gloss. d'Arbedo s. margánsc '), malgún melgone, marcá mercato, pöre porco, forca forca' [arkún baule].

d) šćátula, scéna schiena, maščárpa, čašćáda, bošć [šküèla scodella].

Particolarmente notevole, in questa valle come a Bognanco, Varzo e altrove nell'Ossola (cfr. büñénő gli abitanti di Büñánk, nel contado di Domodossola), è questo fatto: che il -ko, preceduto da consonante, possa esser trattato come ogni altro ko, non andare cioè soggetto all'alterazione palatale, onde sing. bank bjank strak sak bōk porcile, di contro a plur. bene bjenć štreć séć böć. È questa, a mio credere, una condizione primitiva (cfr. franc. blanc di contro a blanche), che però già sta mutandosi in queste stesse valli (seć secco, pörő, bošć), e altrove più affatto non si riconosce, avendo il -ko ceduto alla pressione di -ki -ka -ke nell'aggettivo, di -ko, e insieme all'attrazione dell'aggettivo, nel sostantivo 1).

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I materiali relativamente abbondanti ch'io ho per questa valle (comuni di Malesco, Santa Maria Maggiore, Villette) non m'offrono nessun esempio (Arch. glott. it., IX, 219). Ma da un piccolo spazzacamino di DISSIMO, villaggio remoto della valle, ho pure udito gez = lomb. ĝèz ramarro.

1) Mi parrebbe fuor di luogo il pensare a un'alterazione di -ki parallela a quella che è per ti, in quané ecc., e fiorisce sopratutto nei dialetti lombardi transabduani. E cadrebbe in errore anche chi nel volesse ravvisare uno speciale effetto della vocal palatina che, ne' nostri esempi, veniva ad aversi nel plurale per gli effetti dell'Umlaut, e volesse invocare in suo favore il sing. sec, dove pure era una vocale palatina. Allato a sec sta bošć, e a Premia, dove manca l'Umlaut, s'ha tuttavia banë non bank.

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De' copiosi saggi di Villa, alla foce di Valle Antrona, non mi dànno nessun esempio. Ed è inutile l'affermazione che nulla ci dia Domodossola. Ma dal contado di questa città già ricordavamo il plur. büñénë. Da TRONTANO, ch'è sulla collina allo sbocco di Valle Vigezzo, ho véĝa vedere, e info lomb. inko oggi.

II.

Le vallate settentrionali

della riva destra del Verbano.

Le valli che qui accade di considerare sono la valle di Canobbio, le valli che costituiscono il sistema della Maggia, e la Verzasca 1).

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Stanno a mia disposizione, per questo territorio, le risultanze di più interrogatori, intrapresi a qualche anno di distanza l'uno dall'altro, e nei quali deposero più persone del comune di GURRO. Il fenomeno si manifesta qui normalissimo.

1.

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a) car caro e carro', cáša cassa' madia, čáura, cawz calze (kuzè scarpe), čaul caldo, camp, carn, cána canna, cant io canto cent tu canti, cálcà calca, cáwàn canape, cawna cantina; gal, gat, ÿámba, ÿánă scoscendimento di terra o sassi (Arch. glott. it., IX, 218, Gloss. d'Arbedo s.' gána '), gázà gazza; — őálužná caliggine, čavál, ĉaštoña castagna, cadanás catenaccio, cevi capelli, capé cap

1) Per le valli d'Intra, nulla appare dagli spogli dell'Ascoli (Arch. glott. it., I, 255-57). E siamo, credo, ormai troppo a mezzogiorno per poter legittimamente sperare di trovarvi il fenomeno.

pello, campána, campáñà, ĉarán, cámiza camicia, camiñ camino, cagá cacare, cantá, cargá caricare, càzü = lomb. kazů mestolo, ĉatiw cattivo, cavíga noce del piede, caròzà, cantina, casadú cacciatore, caròtlà carota, canarin canalino, čedin catino, caráć menz. karèt collare delle bestie; galíná, gaudénz Gaudenzio.

b) ce che, cèl quello 1).

c) ciño cuneo, ĉild qui, ciñát cognato, čirá curare, cintá contare; ģiñá ridere, giròfal garofalo.

d) eü culo, cürt corto (lomb. kürt), cürzal nl. Curzolo, carjos cü- curioso; gür nl. Gurro.

e) cöc cotto, cöl, cörn; ÿöb gobbo 2).

2. a) váĉa, tàca, sáča tasca, saë, straë, račaj piccola pertica, sèć -ća, bać becco pl. bić, pecát peccato, trüčíñ turchino, cöe ubbriaco (vill. cök), toe pezzo (lomb. tòk), solde flauto, òca oca 3); - freģúja da 3); =lomb. freĝuja bricciola; figüra; fuginfo-g-íno (lomb. fuin) faina.

b) bjanë, fjanë, špančá spendere, štánýjà, mánýja manica, valénca valanga, dumenjadi domenica, inco oggi, inücznȧ incudine, löng lungo, zbúnýa spugna (lomb. sponĝa).

c) čálőà, carýá, žlarýjá, širćá cercare, pörë porco, sporë

sporco.

d) šála scala, ščádla scatola, sćá segare, scarz scarso, sašća osare, rašćá segare, scèna schiena, scèrz scherzo, sciròt scure, seivi schifo, scür oscuro, scümȧ schiuma šćivi

(lomb. skúma), šćüsá scusare, scoli scuola, bość bosco.

1) Altri mi dà kel. Ma cel e cest ho poi udito da donne di Falmenta, che poco dista da Gurro.

2) Rimane invariato il k da kw: kȧdrit 'quadretti' telajo della finestra, kant quanto, kátru, kárántà [ákà acqua, ȧškáž quasi]; keré coperchio. Che se d'altra parte possono occorrere "est "el, ciò significa solo che qui la soppressione dell'elemento labiale di kw- è più antica. Essa ritorna infatti in dialetti alpini dove kw- suole altrimenti rimanere.

1) sicurà sicuramente.

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Comprendo sotto questo titolo la Valmaggia vera e propria, e le valli d'Onsernone e Centovalli, che dànno le loro acque alla Maggia, pochi chilometri prima che questa raggiunga il lago.

Tutti questi dialetti sono stati da me studiati nel IX vol. dell'Arch. glott. it., pag. 188 segg., e del fenomeno di ëÿ da к & si tocca a pag. 216-20, 257-58. Delle Centovalli è colà affermato che non conosca il fenomeno 1), e dell'Onsernone 2) che alteri la forma ka- nelle sole risposte di' capra casa cane '.

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Quanto alla Valmaggia, dove la determinazione è per ég 3), essa distingue, nella formola ka-, tra formola atona e formola tonica, come appare anche, per es., dalla contrapposizione di cemna cànova'a kanwin canovìno', che son voci di CAVERGNO. E da Cavergno ho un nuovo esempio per gá- in gèbi gabbio', detto di bosco cintato. Inoltre: cuns docile, ÿüfi nevischio, i segni forieri della nevicata, gürja burrone, precipizio.

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Per le serie di k ŷ appoggiati: pec. tacú attaccare, strać, süć cav. söć ceppo [rimanendo però intatta la formola -okk-: boka, pòk, fjoká, šòka sottana, mnz. toka toccare, ma cav. tocè toccare 4)], forga focolare, a Pecia, karýá caricare; cav. šći qualcuno non so chi'.

=

1) Il quećum ricordato colà a pag. 217 avrò il é da kj secondario ("quekjüm). Notisi che le Centovalli hanno é lombardo (cfr. Arch. glott. it., IX, 213), e quecüm appunto sarebbe alla lombarda *quecüm. 2) Qui aggiungo: žać 'giacca' giubba, a Crana, incárik, a Loco. Nel Monti (v. ASCOLI, Arch. glott. it., IX, 257-58) sono esempi come cièlz, ciènva, cièmol persona che mangia pochissimo, cioè 'càmola', bicièta abito, marsina, che andrà letto bin- ='bianchetta' (v. I. C. 2. b.). Io non ho mai udito che e, e il ci del Monti deve rappresentare la grafia approssimativa di un e molto vicino a ć. Quanto al ganivél di Menzonio (Arch. glott. it., IX, 258) esso ritorna a Domodossola, e non può venire spiegato dal semplice ĝa-.

*) Ma boka -kíñ. In 'toccare' e forse in qualche altro verbo, deve esservi stato concorrenza tra okk e -kká- (to-kká-re -kká-va -kká-sse), riuscendo infine vincitrice quest'ultima formola.

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