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dellati sul comune tipo, che son un gioco e uno sforzo della sua mente, che ripetono concetti e immagini già tante volte ripetuti, senza rispondere a nessun moto intimo, quei componimenti insomma, ove l'erudizione uccide la poesia, costituiscono la parte noiosa, son come l'aura morta del mondo lirico petrarchesco. Essa è parte considerevole, e di qui nasce che molti o non leggono più il Canzoniere o non sanno leggerlo senza addormentarcisi sopra.

La fonte della poesia vera è invece l'anima del poeta. L'arte provenzale offre bensì esempii in cui son ritratti finamente alcuni stati dello spirito; ma più che veri quadri son tocchi ed accenni. La nota intima spunta e serpeggia qua e là; ma non si sviluppa, non si allarga, non investe tutta intera una poesia. Le diverse sembianze del sentimento amoroso erano state tradotte in una specie di formole algebriche, che impediva il lavoro di osservazione e di elaborazione: al poeta non restava che combinare, disporre, inverniciare gli elementi che gli offriva il repertorio comune. L'osservazione introspettiva cominciò con lo Stil nu vo: qui sorge la situazione lirica, per opera specialmente di Dante. Il genio dantesco era però portato a cogliere piuttosto i grandi tratti: la situazione poetica nelle rime di Dante è vera di solito, ma egli ha poca cura di fermarsi ai particolari, a ciò che nell'animo v'è di fuggevole, di variabile, di incostante, di patologico; mancano molte di quelle sfumature che contribuiscono a dar alla passione fisonomia spiccatamente individuale. Lo spirito del Petrarca invece non ebbe la compostezza e la forza di Dante: fu pieno di incertezze e ondeggiamenti, di illusioni e disinganni, di ardimenti momentanei e timide ritirate, di slanci troppo fiduciosi e smarrimenti repentini, di ribellioni al giogo religioso e di mistici timori. Le situazioni in cui egli ritrasse tutto ciò, e lo fece mirabilmente, offrono una piena e larga dipintura d'un'anima innamorata e trasmutabile. Egli entra per ciò nel coro dei grandi lirici moderni, che ritrassero i molteplici aspetti, i vivi contrasti, le gioie intense e i disperati abbandoni del loro spirito.

Soprattutto quando è fuori della sua biblioteca, quando i suoi libri son chiusi, anche nella sua mente, il Petrarca è poeta. Allora, qual mirabile semplicità, qual osservatore di fatti psicologici, qual dipintore di poetici fantasmi e di paesaggi incantevoli! Se i sospiri per Laura non si fossero spesso accompagnati all' amore del bello naturale, il Petrarca forse non si sarebbe levato più in alto di Cino. Laura è creatura poetica non nelle splendide e sonanti sale avignonesi, non quando il poeta la contempla con l'occhio e la celebra alla maniera del trovatore, ma nella solitudine campestre. Tra l'acqua e il verde, in valli chiuse o sopra colli ridenti, Laura riempie, agita, scalda l'anima del Petrarca, accende la sua fantasia; e dal suo pennello escono quadri ove non sai se ammirare più la divina Laura, o la giovine natura, o le rivelazioni del sentimento. La poesia del Petrarca è grande ove all'amore della donna si disposa l'amore del creato, ove l'anima del poeta sparge di malinconia il paesaggio, ove Laura splende tra i fiori, ove ogni angolo gliela ricorda e gli parla di lei. Sorga e Valchiusa, se si mostrano, portano seco come un'aura di paradiso, appagano lo sguardo, ricreano lo spirito 1). Di solito è l'incanto primaverile di Provenza che il poeta riproduce. Quanti debiti ha il Petrarca con la Provenza. Quanti debiti ha tutta la nostra poesia dei primi secoli con la Provenza: quei debiti stessi, e anche più, che la nostra epica ha con la Francia del nord. Ben pronti a riconoscere ciò ed a mostrarcene grati, siamo pur lieti che le due figlie facciano onore e invidia alle due madri.

La lirica del Petrarca se da un lato è una forma più alta della lirica trovadorica, dai caratteri più raffinati, dall'altro ha del nuovo e molto dello Stil nuovo. Le imitazioni dirette e flagranti son in numero assai maggiore di quello

1) Si vedano, del Saggio cit. del DE SANCTIS, specialmente le pagine 191-220, 237-43, 261-2; e il cap. V del saggio dello ZUMBINI, Sul sentimento della natura (Studi sul Petrarca, Le Monnier, 1895).

che siasi creduto finora ; e i tanti luoghi comuni son sempre da detrarre dal capitale vero e proprio del poeta. L'originalità senza dubbio è soprattutto nel lavoro artistico, nella elaborazione e nella vita de' fantasmi. Essa deriva spesso non tanto dal dir cose nuove quanto dal dirle in modo nuovo, dal fondere nel crogiolo della immaginazione gli elementi varii attinti a fonti diverse, nel dar ad essi movimento e colorito, nell'accarezzarli e nell'usarne meglio. Orbene, nel Petrarca spesso manca pure l'originalità così intesa: spesso la situazione, l'immagine, il luogo comune si ripresentano senza prendere qualità dalla sua mente; ed egli talora non ci mette di suo che il magistero della lingua e dello stile. Egli non è il fiume reale, ove non sia più possibile distinguere le onde dei cento affluenti, non rappresenta quello che il sole meridiano rispetto alla luce della luna e delle stelle, non è Dante il quale non supera soltanto gli altri ma li lascia a' suoi piedi. Egli non apre orizzonti veramente nuovi. Il suo mondo lirico difetta di armonia. I fatti e le circostanze d'ogni genere, per la mancanza d'ispirazione e del lavoro dell' immaginazione, non prendono sempre colore soggettivo che è come la nota che unifica ed avviva. La vena dell'invenzione spesso è assai tenue, più volte si dissecca. Quanto a larghezza di vena poetica, ad accordo di elementi, ad unità di colori, io trovo più originale il Leopardi. L'amore di Dante s'era levato troppo in alto, e nella contemplazione mistica aveva perduto molto dell'umano; l'amore del Petrarca ha invece una tinta di sentimentalismo che lo riconduce sulla terra. Ma il Petrarca insieme ricadde in tutto quel formalismo di cui Dante s'era in gran parte liberato, in quella specie d'involucro che irrigidisce la poesia anteriore alla sua.

Con tutto ciò la poesia amorosa del Petrarca nel complesso resta sempre il monumento più vasto e più grande. della produzione lirica de' suoi tempi. C'è in essa tutto un contenuto che fu pascolo dello spirito e del gusto d'un'intera età, rappresentato da un artista. Anch'essa è, come la Com

media, una enciclopedia, ristretta alle relazioni amorose. C'è l'ars amandi del medioevo, le esigenze e le forme della società galante di allora, tutta l'esteriorità e la raffinatezza aristocratica di essa, e quindi il freddo e l'oltrepassato. E questa è la parte che non può piacere, perché, col sopraggiungere d'altri tempi, sopraggiungono sempre altri gusti, altre esigenze, altra raffinatezza; ma essa parte doveva pur piacere grandemente al tempo del Petrarca. Per noi ha un interesse storico, che può, per chi viva anche un po' nel passato, divenir un interesse vivo. C'è poi, e non è poca, la parte umana ed eterna, bella in ogni tempo. Qui la sua originalità è grande, sia nel fissare i moti dell'animo suo, di cui possiamo dire d'aver una fedele dipintura, sia nella rappresentazione del connubio tra il suo spirito, la natura e Laura. Non si metta però la grandezza sua accanto o poco di sotto alle grandezze di prim'ordine, dicendo solo che è una grandezza diversa. Egli non ebbe, come Omero, Dante, Shakespeare, il raggio divino della mente; ebbe più potenza assimilatrice che creatrice; ebbe più calore d'immaginazione che virtù fantastica, onde si dimostrò pressoché inetto nella rappresentazione di fatti epici, nel foggiar tipi e caratteri. Egli è insuperabile nel lavoro di musaico e nel quadretto. Il Manzoni, il Goethe e forse l'Ariosto somigliano assai più a quelle grandezze. Il Petrarca toccò più corde anche lui; ma una sola, e non sempre, gli diede suono immortale.

NICOLA SCARANO.

IL CONTRASTO BILINGUE

DI RAIMBAUT DE VAQUEIRAS

SECONDO UN NUOVO TESTO

Il nuovo testo è il canzoniere provenzale Campori, che ci completa fortunatamente la nota copia frammentaria dell'ampia silloge di Bernart Amoros; e potrebb'essere indicato, per la sua prima parte, secondo le sigle bartschiane ormai tradizionali, con a1, e via via, per le altre due parti, con a2, a3.

Mi viene la trascrizione scrupolosa del contrasto bilingue di Raimbaut, dalla cortesia dell'illustratore del prezioso complemento, Giulio Bertoni 1). Io trascrivo, a mia volta, così come trovo nella riproduzione diplomatica trasmessami.

(I, p. 333-34, n. 78; Giorn. st. d. lett. ital., XXXIV, 125).

REMBAUTZ DE UACHEIRAS.

P. 333. 1. Bella tan uos ai pregada. seus platz camar me uoillatz. qeu soi uostren domengatz. car es pros et enseignada. e tot bon pretz. | autreiatz. per qem plaz uostramistatz. car es en totz faitz corteza | ses mos cors en uos fermatz. plus qen nulla mamatz e pois serai miels pagatz.

genoeza. per qer merces si

qe sera mial cuitatz. ab lauer qes | aiostatz. dels ienoes.

1) G. BERTONI, Il complemento del canz. provenz. di Bernart Amoros,

nel Giorn. st. della lett. ital., XXXIV, 117 sgg.

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