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Al testo tengono dietro una Nota critica e il glossario, e così dell'una come dell'altro ci faremo ora a discorrere partitamente.

Nella Nota, dopo aver rammentato che il testo, secondo la norma costantemente seguita dal Bartsch nei Denkmäler, riproduce tal quale la lezione del codice fr. 1745 della Biblioteca Nazionale di Parigi, il Rossi accenna alle versioni a lui note del poemetto, che sono:

1. Quella appunto rappresentata dal testo del Bartsch, secondo il Rossi l'unica versione provenzale dell'Infanzia giunta fino a noi compiuta nei manoscritti, (A).

2. Quella di cui ci sono pervenuti soltanto 649 versi, nel codice fr. 25415 della Biblioteca Nazionale di Parigi. Fino dal 1875 P. Meyer fece conoscere, cotesto frammento nel Bulletin de la Société des anciens textes français, n' 3-4, pp. 76-82 (B).

3. Quella di cui Edmondo Suchier mise insieme i frammenti nel lavoro Ueber provenzalische Bearbeitungen der Kindheit Jesu (Zeitschr. f. rom. Philol., VIII, 522-69), raccogliendoli dal Lexique roman del Raynouard, il quale, op. cit., vol. V, p. 610, tra le principali opere in esso citate registra una Traduction d'un Évangile apocryphe esistente in un codice di sua proprietà e del quale ora si sono perdute le tracce (C).

Ora, quanto alla seconda versione, a togliere il dubbio che il Meyer avesse pubblicato tutt'intero il frammento pervenutocene, non era superfluo avvertire che si restrinse a stamparne soltanto i primi 112 versi e gli ultimi 24, e giovava poi certamente rammentare che Edmondo Suchier diede un intero capitolo, il secondo, del lavoro sopra citato all'esame di cotesto frammento, determinandone anche i rapporti col testo latino del Pseudo-Matthaei Evangelium, che ne è la fonte principale. Da cotesto raffronto appare che il frammento segue ordinatamente la narrazione dell'Evangelium Infantiae e contiene soltanto tre dei dieci miracoli onde si compone il poemetto nel testo del Bartsch, e propriamente i versi 335-75, 512-605, 606-49 di B corrispondono ai miracoli narrati rispettivamente nei versi 1054-1141, 226-331, 628-771 di A. Già per ciò solo sarebbe difficile che i due testi provenissero da un medesimo originale e più difficile poi sembrerà, confrontando nelle parti comuni, la lezione dell'uno con quella dell'altro 1). Per ciò sarebbe giovato ristampare almeno i 24 ultimi

Bartsch stesso dopo una nuova revisione del manoscritto. Così al v. 487 il R. stampa fun e il B. Chrest. fon, al v. 532 il R. pessa e il B. giustamente pessi, al v. 565 il R. ades e il B. addes, al v. 603 il R. font e il B. fonc, al v. 617 il R. merces e il B. merce.

1) Già il Meyer nel citato Bulletin de la Société des anciens textes français, I, 77 scriveva che la versione pubblicata dal Bartsch differisce talmente dall'altra da lui fatta conoscere, da sembrar difficile che derivi dal medesimo originale.

Studi di filologia romanza, VIII.

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versi già editi dal Meyer e che differiscono assai da quelli ad essi corrispondenti nel testo del Bartsch.

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Passando alla terza versione, quella del Raynouard, come mai il Rossi non credette neppure di far cenno che il codice LVI, 36 (secolo XIV) della Nazionale di Torino la contiene non frammentaria ma tutta intera tradotta letteralmente in francese, come accennò per primo Ermanno Suchier (Zeitschr. f. rom. Philol., VIII, 429) e dimostrò poi suo nipote Edmondo e fu in seguito confermato da altri? Si direbbe che non abbia letto attentamente in ogni parte il lavoro da lui pur citato di Edmondo Suchier. Possediamo dunque tutta intera, sia pure in una lingua diversa dall'originaria, la versione C. La versione A quindi non è la sola giuntaci compiuta. E della versione C poi è sfuggito al Rossi che un frammento di 134 versi saggio e reliquia di un altro codice perduto, indipendente da quello del Raynouard, e trovato a Conegliano, fu pubblicato ed egregiamente illustrato non una ma due volte da V. Crescini e A. Rios 1). Se avesse avuto notizia di questa pubblicazione, da essa (p. 6) avrebbe appreso che delle versioni provenzali dell' Infanzia P. Meyer, oltre che rendendo conto del lavoro di Ed. Suchier nella Romania, XIV, 306-8, fece cenno più tardi anche nell'Histoire littéraire de la France, XXXII, 106-82). Secondo quanto è qui detto, la redazione C apparterebbe alla seconda metà del sec. XIII, le altre due circa alla metà del XIV, mentre lo Chabaneau le assegna tutte tre al sec. XIV senza altra determinazione 3). Giovava poi aggiungere che lo Chabaneau, Sur quelques manuscrits provençaux perdus ou égarés, pp. 10 e 66, e il Meyer nel luogo testè indicato della Romania segnalarono l'esistenza di un altro poemetto provenzale dell'Infanzia, che avrebbe avuto

1) Un frammento provenzale a Conegliano fu pubblicato prima nella Zeitschr. f. rom. Philol., XIX, 41-50 e poi, coll'aggiunta del fac simile del ms., in edizione di soli 100 esemplari non venali, a Padova, tipografia Gallina, 1895. - Più recentemente poi uno dei due editori, A. Rios, intese corroborare di nuovi argomenti l'opinione che esso frammento facesse parte di una copia del Vangelo dell' Infanzia lasciata a Conegliano da qualche pellegrino, che di Provenza si recava alla visita del Santo Sepolcro, (Sulla provenienza di un frammento provenzale nel Nuovo Archivio Veneto, XV [1898] 146-57), sebbene verso la fine dello scritto ammetta che potè giungere a Conegliano anche per altra via

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2) Questo volume dell'Histoire, che reca la data del 1898, uscì, credo, ai primi di quest'anno, ma quella parte di esso che è dovuta al Meyer, era già stata pubblicata separatamente fino dal 1893, e io stesso ne diedi breve ragguaglio nella Cronaca della Rassegna bibl. d. lett. it. di quell'anno.

3) Les biographies des Troubadours, ecc. Toulouse, Privat, 1895, p. 181.

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per autore o piuttosto per traduttore Raimon Féraut 1). Infatti nel catalogo dei manoscritti del marchese di Cambis-Velleron (Avignone, 1770) a p. 353, n. 59 è registrato un ms. della metà del sec. XIV contenente "La Vida de sant Honorat in seguito alla quale, secondo la descrizione del catalogo, si trova un'altra opera in versi brevi provenzali del medesimo trovatore Raymond Féraud: la storia della Natività della santa Vergine e dell'Infanzia di Gesù Cristo. Questo religioso poeta afferma, in questo secondo poema, di non esserne che il traduttore. Egli asserisce d'averlo tradotto in versi provenzali dall'opera che l'apostolo San Tommaso aveva composto in latino Il Meyer inchina a credere che il manoscritto, come altri della medesima provenienza, si trovi nella Biblioteca Nazionale di Madrid *). Sarebbero dunque quattro le versioni del poema di cui si conosce l'esistenza, se pure l'ultima di cui abbiamo fatto menzione testé non sia da identificare con una dell'altre tre, come non sarebbe alieno dall'ammettere lo Chabaneau 3), senza recarne però alcuna ragione. Ad ogni modo, tenendo anche conto della maniera con cui Edmondo Suchier si esprime indicando le varie versioni e i manoscritti che le contengono, si capisce che lo Stimming abbia detto che sono quattro o cinque quelle di cui abbiamo notizia.

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Fermandosi sulla versione A, il Rossi indica da prima i tre manoscritti che la contengono, ciò sono, oltre il parigino già detto, l'Ashburnhamiano-Laurenziano 103') pure del sec. XIV e quello segnato I, G, 39 nella Nazionale di Napoli, del sec. XVII, e intende poi di far vedere in quale relazione stia il testo di questi due ultimi con quello del primo, secondo la stampa del Bartsch nei Denkmäler e in parte, cioè a dire per i versi 416-625, riprodotta nella Chrestomathie provençale dello stesso (4a ediz., col. 385-92). Per la descrizione del codice napoletano rimanda a quella datane dal Miola, Notizie di manoscritti neolatini, parte I, Napoli, 1895, pp. 21-22 e per l'Ashburnhamiano a quella del Paoli, ma non la tiene poi egli stesso ben presente quando aggiunge che in ogni pagina sono 19 versi, cioè 38 per carta; che il poemetto vi occupa 30 carte, più 12 versi nella

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1) Fu priore della Roque d'Antheron (Bocche del Rodano, circondario d'Aix, cantone di Lembesc). Fiorì verso il 1285-1300.

2) Di questo ms., quale che ne sia la cagione, non tocca più il Meyer nello scritto citato dell'Histoire littér.

3) Les biographies des Troubadours, p. 181n. Dopo aver indicato i tre poemetti più noti del Vangelo dell'Infanzia e aver accennato a quello composto da Raimon Féraut, soggiunge: C'est peut-être un de ceux qui sont ici mentionnés

4) Codici Ashburnhamiani della R. Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze, Roma, 1887, vol. I, pp. 57-58.

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trentunesima e che quindi, secondo il codice fiorentino, consta di 1152 versi,. Il Paoli dice giustamente che il poemetto vi occupa le cc. 2-31, vale a dire 30. E se si tenga conto che nell'ultima pagina sono soltanto 12 versi, avremo un totale di 1131 versi; ma il Paoli non omette anche di osservare quanto segue: A capo della c. 29 sono due versi mutilati per uno strappo, i quali sono riscritti a c. 29, con questa annotazione innanzi : Aysy s'ensiec so que est estracat ni e il resto della pagina bianco Sono dunque da detrarre 19 versi, quanti cioè occuperebbero la c. 29, dal numero sopradetto, e così restano 1112 in confronto di 1300 del codice parigino. Invece mentre il Paoli dopo l'ultimo verso del poemetto legge A: iij: c: ij (an. 1302) sembra si deva piuttosto leggere col Rossi A. M. E. N, quantunque, aggiungiamo noi, sia veramente scritto A: m: C: n 1).

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Di questo codice riporta poi i primi 215 versi corrispondenti ai primi 223 del codice parigino, affine di "dimostrare qual vantaggio si possa trarre dal manoscritto Ashburnhamiano per un'edizione critica dell'Infanzia e ad offrire materia a esercitazioni scolastiche sulla ricostruzione dei testi Il Rossi ha fatto certamente bene a dar fuori cotesti versi ), i quali anche a chi possieda la stampa del Bartsch rendono utile il libretto, e rincresce che, probabilmente soltanto per non aumentarne la mole, non abbia pubblicato tutto intero il poemetto pure di su questo codice o almeno non ne abbia pubblicato una parte maggiore di quella che ci presenta. Vero è che più avanti ne riproduce altri 52 versi3), confrontandoli col testo del Bartsch e con quello del codice di Napoli, affine di far toccare con mano che questo è una copia dell'Ashburnhamiano; ma poiché si può dire che ciò si sapesse anche prima '), e l'averne quindi ora piena

1) Sopra le aste, che per noi formano le lettere m ed n, aon stanno gli apici, che invece, se non abbiamo veduto male, non mancano mai in questo ms. quando esse aste abbiano valore numerale. Si osservino specialmente le carte 32 e 33 piene di numeri.

2) Confrontando la stampa di cotesti versi fatta dal Rossi colla lezione del manoscritto abbiamo notato soltanto le seguenti differenze: v. 24 mout ms. mont, 27 ment ms. mont, 37 ganzons ms. ganrens, 70 pas pensar ms. p pensar (sciogli e leggi perpensar), 129 corrent ms. corvent, 152 dalmagi ms. dalmage, 193 iu ms. ni, 197 ganren ms. garven, 169 l'enscusi ms. l'ens sausi, 206 linhagi ms. linhage, 207 paragi ms. parage. Inoltre si può osservare che il nome Azarian le molte volte che occorre in questi versi è stato sostituito a quello di Arian scritto prima e poi cancellato.

3) Corrispondenti ai versi 416-69 del testo del Bartsch.

4) Lo aveva già detto P. MEYER, Romania, XIV, 307 e indirettamente appariva dalle varianti del codice napoletano aggiunto dal Bartsch nella quarta edizione della Chrestomathie provençale ai versi del poemetto in essa riprodotti, varianti su cui appunto il Rossi fonda il suo confronto.

certezza è piccolo vantaggio, non era meglio occupare altrimenti lo spazio riservato a tale confronto? E più utilmente si sarebbe occupato riferendo i resultamenti del confronto minuzioso e compiuto fra il testo del Bartsch e l'Ashburnhamiano. Il Rossi invece sembra aver fatto tale confronto soltanto per una parte del poemetto. Se l'avesse condotto fino alla fine, si sarebbe accorto che l'Ashburnhamiano ha un miracolo non contenuto nel codice parigino, un altro in redazione diversa e il complemento di un terzo, che fuori del poemetto si potrebbe anche considerare come un miracolo a sé 1). Notato ciò, molto probabilmente non avrebbe omesso di stampare cotesti versi proprj soltanto dell'Ashburnhamiano. A tale difetto abbiamo inteso di riparare noi in altro luogo di questo stesso fascicolo degli Studj1).

Proseguendo nell'esame della Nota, il Rossi dopo aver detto che non ci è dato conoscere il nome dell'autore del poemetto, aggiunge: A risultati invece certi e precisi potrebbe condurci la ricerca dei fonti del poemetto; ma uscirei, se volessi trattare questo argomento, dai confini entro i quali ho voluto costringere questa nota che non può nè vuole sostituirsi all'insegnante Ma se i fonti sono stati già indicati, nè importa se non del tutto compiutamente, nel lavoro di A. KRESSNER, Die provenzalische Bearbeitung der Kindheit Jesu da lui citato e da cui toglie quanto si riferisce alla diffusione medioevale della leggenda! È vero che rimanda ad esso e a quello del Suchier per maggiori particolari,, ma giovava espressamente dire che appunto l'indagine dei fonti era stata già fatta. E l'indicazione di essi quale è data dal Kressner avrebbe occupato mezza pagina o poco più. Nello stesso lavoro poi è studiata la lingua e la versificazione del testo del Bartsch. Tali ragguaglj non sarebbero stati di minore importanza di altri che troviamo in questa Nota.

A compiere la quale il Rossi ha opportunamente tradotto le proposte di emendazione al testo parigino e le osservazioni linguistiche già fatte dal Bartsch nei Denkmäler pp. 340-42, aggiungendone tre o quattro di sue 3).

Il confronto colla lezione del manoscritto Ashburnhamiano, di cui non si giovò il Bartsch, darebbe modo di aumentarne d'assai il nu

1) Abbiamo rilevato queste differenze per la prima volta in un breve cenno che abbiamo fatto recentemente della pubblicazione del Rossi nella Rassegna bibl. d. lett. ital., VII, 151.

) Vedi qui indietro: Tre miracoli del Vangelo provenzale dell'' Infanzia.

3) Quest'ultime sono contraddistinte con asterisco. Cfr. le note ai vv. 23. 140, 339, 993 e all'Explicit. Al v. 993 il R. sostituisce senher a senger del Bartsch, che ha sciolto regolarmente il sengr del ms. La correzione non è necessaria.

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