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Fu dunque il marchese di Monferrato, anche in tutto il 1244, fautore della Chiesa.

E tale egli si mantenne sino al luglio del 1245.

In questo tempo narrano i cronisti e gli storici che, recandosi l'imperatore a Tortona, gli andarono incontro il marchese di Monferrato ed altri; i quali, aggiungono le cronache, dimenticando i patti giurati al papa e ai comuni di Milano, Genova e Piacenza, subito divennero nemici della Chiesa e di tutta la Lega Lombarda 1).

Sempre nel luglio, Bonifacio riceve in Torino da Federico il perdono di ogni offesa a lui fatta; e ritorna così alla parte dell'impero 2).

È questo il secondo tradimento del marchese di Monferrato, che Lanfranco Cigala ricorda nella sua fiera canzone.

Ora avviciniamo i due fatti storici: il tradimento del 1243 contro Federico, e quello del 1245 a danno di Milano, cioè della Lega Lombarda, e avremo chiara spiegazione dell'atan. Il Cigala componendo il suo serventese nel 1245 3), certo non prima di luglio, poté ben rimproverare a Bonifacio II di aver primieramen rotto fede atan, l'anno passato (1243-44), all'imperatore, pois (1245) di aver tradito i Milanesi.

Ma posto il secondo tradimento nel 1245, l'atan si può riferire al 1243?

L'obiezione potrebbe parere da prima un po' seria; ma senza dire che il primo tradimento di Bonifacio a danno di Federico durava ancora fino al luglio del 1245, la me

1) CAFFARO, loc. cit., 508. Cfr. HUILLARD-BRÉHOLLES, loc. cit., 316; MURATORI, loc. cit., 273.

2) HUILLARD-BRÉHOLLES, loc. cit., 329 e segg. Friderich II. Göttingen, 1865, IV, 255.

SCHIRRMACHER, Kaiser

3) Così inclina a credere lo SCHULTZ, Die Briefe des Trobadors Raimbaut de Vaqueiras an Bonifaz I, Markgrafen von Monferrat, pag. 121. Halle, 1893.

desima parola atan (ante annum) si presta ad una interpretazione più larga: ante annum indica un tempo passato senza nessuna determinazione speciale di un anno solo, con un significato simile a quello che certi paesi delle Marche danno alle frasi: anno, per indicare l'anno scorso; ante anno, per indicare tempo anteriore all'anno scorso.

F. GUERRI.

POSTILLE

AL VOCABOLARIO LATINO-ROMANZO DEL KÖRTING

DALLA PROVINCIA DI CAMPOBASSO

Se il vocabolario latino-romanzo del Körting è ancor oggi il miglior libro di consultazione, indispensabile a chiunque si occupi di etimologia neo-latina, non è men vero che una nuova edizione del libro sia tra i maggiori desideri degli studiosi. Soltanto lo spoglio delle principali riviste di filologia romanza dal 1892 in poi darebbe un copioso materiale per correzioni ed aggiunte. Maggior contributo avrebbe ancora il libro, in ispecie per l'Italia, dalle molte Postille che il prof. Salvioni comunicò all'Istituto Lombardo di scienze e lettere 1); e altro assai si dovrebbe pure attendere da una più minuta esplorazione dei dialetti centrali e meridionali, particolarmente da quelli degli Abruzzi e del Molise, e sopratutto del Molise, perchè questa è una delle regioni che nei parlari sono rimaste più incontaminate da influssi esterni 2).

Ogni volta che io torno a Salcito, mio paese natìo, il quale si trova non molto lungi da Campobasso, capo luogo del Molise, attendo, non senza un intimo compiacimento, a raccogliere dalla viva voce dei campagnuoli i vocaboli

1) V. Memorie, vol. XX, e Rendiconti, vol. XXII, dell'Istituto Lombardo di scienze e lettere.

2) Dal censimento del 1881 risultò che la proporzione degli analfabeti era dell'82,06 % nella provincia e del 69,35 nel capoluogo.

che mi sembrino più meritevoli di essere segnalati. Qui ne presento un primo saggio 1).

1. addimmidito (gonfiato, detto solo delle parti malate del corpo), da ad tumid-itus (tumid-us); quindi addimmi dí (verbo).

2. cavitri (buco), da *cavutulum, dim. di ca v-um. Si ha anche il verbo cavitrua, che rimanda a *cavut(u)lare. Il nesso t'l o d'l dà, di regola, dr. Cf. fi cetra (beccafico) da ficed (u) la. 3. irci (dare il maschio alla capra), da *hirc-ire (hirc-us). Il primo i ha suono gutturale.

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4. laanella (lasagna), da laganum. Della desinenza -ella dovuta all'analogia è inutile parlare. La gutturale g innanzi a vocale forte cade; e questa prende un suono gutturale, per es., mao (magus); allina (gallina); liimi (legumi). Il vocabolo. poi mi richiama alla mente il noto verso di Orazio (Sat., I, 6, 15): inde domum me | ad porri et ciceris refero laganique catinum che ha affaticato quasi tutti gli interpetri antichi e moderni. Acronio spiega laganum per un cibo di segala sottile come una membrana, cotto in una salsa di pepe. Secondo Isidoro (Orig., XX, 2, 17) laganum è una fetta di pane sottile cotta prima nell'acqua e poi fritta nell'olio; secondo Esichio (s. v. láɣavov) è una focaccia fatta con fior di farina ed olio e cotta in padella. Da queste interpetrazioni sembra che lagana in sostanza siano quelle che noi chiamiamo frittelle, e così spiegano alcuni lessicografi moderni, come il Georges (cf. Lateinisches Wörtb., s. v.). Altri, non soddisfatti punto, ricorrono alle varianti congetturali e invece di lagani leggono la chani (oleris). Vi sono stati alcuni però che da un passo di Apicio

1) Quest'anno, insegnando nel ginnasio di Campobasso, ho potuto accertarmi che i vocaboli da me raccolti sono usati, con leggiere variazioni fonetiche, in quasi tutti i comuni della provincia. La fonetica del dialetto di Campobasso fu illustrata magistralmente dal D'Ovidio (Arch. glott., IV); tale studio mi dispensa dal recare esempi a conferma dei cambiamenti fonetici che si verificano nelle parole qui esaminate.

(De re cul., IV, 134), dove si parla di un pasticcio (composto di carne dipesci e di pollo, di beccafichi, di uova toste, di olio, vino e pepe), il cui involucro è costituito appunto da lagana, hanno argomentato che queste siano su per giù le nostre lasagne.Questa spiegazione è confermata dal significato del vocabolo che ancor vive nel nostro dialetto e rende chiaro il verso di Orazio, il quale ci fa sapere che la sua parca cena era un piatto di lasagne con ceci e porri; piatto che è ancor oggi comune presso la gente povera.

5. sillecchia (baccello delle fave), da silic(u)la; così pellecchia da pellic(u)la. Il nesso c'l normalmente si schiaccia; pure abbiamo liccla (lucciola) da *luc (u)la (?) e cocla (bugie, cose vuote, pallonate) da coc (u)la (?).

6. jiata (rigonfiamento e allargamento di acque), da (aqua) flata. Vi è anche il verbo inghjata da inflatare (cf. inflatus). Il nesso fl- passa di regola a ji: jiamma (flamma); jiöre (florem); jimi (flumen). Il suono ghj è dovuto alla n.

7. onnia (ogni cosa). La massaja ricca dice: a la casa meia ci sta onnia onnia, (tutto tutto).

8. cinna (natura della donna), da caenum; il quale vocabolo sta a cunnus come caenio a cunio (= stercus facio). Per il suono i cf. cili da caelum; cicato da *caecatum.

9. acchia (l'insieme di parecchi covoni accatastati in forma quasi di un ago), da ac(u)la. Abbiamo acchione, l'insieme di parecchie acchie. Covone poi dicesi manicchio (manuculum), che può andare insieme con mänunchiu, registrato dal Körting.

=

10. frajá (abortire), da *fragiare (cf. fragium rottura). La g seguìta da i ovvero da e passa ad j (carajesima: =qua dragesima; jnri = gen(e)rum; jli = gelum).

11. ingenitá (ingenerare), da *ingenitare (cf. ingenit-us). 12. ingalla (mettere su alcuno, impastocchiarlo con parole), da ingallare (cf. Körting, s. v.); va insieme con il francese enjoler, che appunto il Diez fa derivare da *ingallare.

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