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BULLETTINO BIBLIOGRAFICO

RECENSIONI

I.

PUBBLICAZIONI RECENTI

DI FILOLOGIA RUMENA

Sechster Jahresbericht des Instituts für rumänische Sprache zu Leipzig, herausgegeben von dem Leiter des Instituts Prof. Dr GUSTAV WEIGAND. In-8°, v-398, Leipzig, J. A. Barth, 1899. A proposito della nota questione rumena che ultimamente credeva d'aver risolto il Réthy, il Meyer-Lübke (Ltbl. 1897) osservava, che si doveva abbandonare l'indagine storica, assai sterile nel caso nostro, e intraprendere intanto indagini puramente linguistiche: solo una conoscenza più profonda della lingua rumena, de' suoi dialetti, della toponomastica (per l'attuale territorio rumeno e per i territori vicini) potrà darci una base sicura per tentare la soluzione difficile dell' énigme historique', intorno alla quale tanti scienziati e politici si sono affaticati dalla 2a metà del secolo XVIII fino ad oggi: dal Thunmann e dal Sulzer allo Xénopol e al Réthy. Ora il Weigand, colla sua scuola e colle frequenti perlustrazioni linguistiche del territorio rumeno, si acquista il merito di portar certo il più copioso contributo allo studio di questa lingua tanto importante e un po' trascurata: della cenerentola fra le lingue romanze.

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Ecco ormai il sesto Annuario dell' Istituto diretto dal Weigand. A differenza degli Annuari precedenti, questo

Studi di filologia romanza, VIII.

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contiene pochi lavori ma, in compenso, di maggior mole: due si devono alla penna del direttore stesso, e uno a quella del Dott. Byhan che tratta un argomento di speciale interesse per noi: il rumeno d'Istria. Precede una prefazione in cui il Weigand stende il rapporto sull'attività dell'Istituto durante il semestre d'estate 1898 e quello d'inverno 1898-99.

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Il primo lavoro si riferisce ai Dialetti del Somesŭ e del Tibisco (pp. 1-85). Comprende quattro parti: rapporto sul viaggio' (-11), ' descrizione dei dialetti' (-42),' testi ' (-74), 'glossario' (-82); al quale segue la lista dei comuni visitati e delle persone consultate. La descrizione particolareggiata che il Weigand ci fa de' suoi viaggi 1) di studio può esser sempre interessante e spesso utile per chi intraprende simili esplorazioni. Questa volta il lettore apprenderà molti particolari lusinghieri sull'ospitalità del pope rumeno che è come dire la personalità più utile per noi, in quei paesi, dove i vari impiegati, il medico ecc. son per lo più stranieri ed altri particolari, meno lusinghieri, sullo zelo della polizia ungherese, che, come dice il Weigand, s'adombrava delle sue perlustrazioni linguistiche, ritenendole invece rivolte a scopi politici, di propaganda antimagiara. Queste peripezie del buon professore tedesco, talora molto seccanti (fu financo arrestato e solo dopo molte noie rimesso in libertà) ci ricordano quelle subite dal compianto slavista Oblak in Macedonia. E sì che l'Ungheria non è, non dovrebbe essere, la Turchia! Il

1) Oltre i viaggi che il Wgd. intraprese, come è noto, in varie regioni rumene della Macedonia, nella Meglenia, all'Olimpo e nelle colonie dell'Istria, son da ricordare altri quattro viaggi (compreso quello che qui si descrive) nella regione dacica, i risultati dei quali son raccolti nel suo Linguist. Atlas des daco-rumän. Sprachgebietes, Lipsia, Barth: son già uscite le prime dispense, che comprendono la sezione Nord-Ovest e Süd-Ovest; v. la recensione (con molte osservazioni critiche) di M. ROQUES, in Romania, 1899, pag. 308 e segg.

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Weigand ci dà inoltre molti particolari sull'orario, sul metodo delle sue indagini. Le quali furono davvero molto attive e faticose: egli percorreva fin 40 chilometri al giorno visitando in media due villaggi. Nel suo viaggio intrapreso l'anno dopo ebbe invece maggiori comodità, perchè si potè procurare un carro costruito apposta' (coi cavalli e il cocchiere); che gli serviva nello stesso tempo di alloggio ed era provvisto riccamente di tutto il fabbisogno'! C'interessano di più le notizie sull'etnografia di quei paesi sul rapporto numerico dei tre diversi elementi etnici, il rumeno, il tedesco e il magiaro, che coesistono sovente in uno stesso comune. Interessa di sapere che i Rumeni resistono in generale assai bene alla snazionalizzazione tentata dai Magiari, sebbene questi siano spesso superiori per censo e coltura: e resistono, credo, oltre che per la differenza di religione, per quella forza di resistenza e di assimilazione che era ed è quasi insita nei Latini: nei Romani, che, dal Lazio, snazionalizzarono miracolosamente quasi tutto il mondo allora conosciuto; e nei Neolatini, che dopo varie vicende assimilarono, almeno in oggi, popoli civili e meno civili, p. es. alle nostre frontiere delle Alpi Tridentine e Giulie e sulle stesse rive dalmate.

La descrizione delle caratteristiche dialettali è breve e succosa. Nella Fonetica notiamo i curiosi riflessi di vi in si e fi in si: vinu zin, ferru [fier] ser. Il Weigand non tenta qui una spiegazione, ma egli considererà, immagino, anche questi fenomeni, assieme a quello di ct in pt ecc. ed altri più o meno analoghi, come semplici salti fonici' ('Lautsprünge', Olympo- Wal., I, pp. 29-34). Ma questa teoria, ad onta delle dotte pagine ch'egli scrisse in proposito, non parrà a tutti una vera spiegazione: i salti son sempre pericolosi, specialmente poi nel caso nostro, dove p. e. fra kt e pt si spalancano abissi insuperabili. È più prudente invece di procurarsi dei ponti: Xt, ft ecc., come tento di dimostrare altrove. Interessante use (pag. 17) di fronte al letterario usă; cfr. qui avanti pag. 551. - Nella lista

a pag. 20 noto la forma frapsen: è notevole perchè si vede così che anche la Dacia ha la forma con ps, accanto al curioso frasen (MEYER-L. I, 391), che G. MEYER (Alban. Wörterb., 111) deriva, probabilmente non a ragione, dall'italiano. Nella Morfologia, interessa, quanto al sostantivo, il plur. munure 'le mani' che sarebbe una modificazione dell'antico mînu-le (pag. 32; probabilmente dietro la spinta dei plur. in -uri); il quale minu manūs ricompare, com'è noto, nell'italiano antico (man(o), p. e. in Franc. da Barber. XIII) e vive ancora in qualche dial. rumeno e italiano (min; cal. manu ecc. MEYER-L., II, 64; comelic., ven. man di fronte a grani, cani, rane ecc.); un riscontro a quest'isolata conservazione dell'-ūs forse si potrà trovare nel duale che si conserva talora nello slavo precisamente nei nomi delle parti del corpo. - Quanto al pronome, il Weigand nota il comparire simultaneo di m(i) e (m) per mihi. 'Doch bedarf der Fall einer näheren Untersuchung... um die Bedingungen kennen zu lernen'. A giudicare almeno dagli esempi citati, mi pare che si abbia(m)ñ davanti a vocale: mñ-o kuntat, ñ-a sus di fronte a mi-le a dat, se-m-las, nu-m do e spuñe-m; il che si spiega bene anche fisiologicamente. Dal verbo rileveremo il partic. rest (pag. 38), che, sebbene si sia naturalmente indotti ad avvicinarlo all'ital. visto ecc. (MEYER-L., II, pag. vi), sarà meglio dichiarato come forma accorciata, perchè (oltre l'anomalia fonetica dell'i in e) s'opporrebbero alla prima spiegazione vint venuto, kert perduto, gest găsit: nessun idioma romanzo, per quanto io sappia, conserva ventu perditu. Per il problema di fo partic. di essere (rum. maced. 1) fute, pag. 38) sarà da invocare a

1) Adotto la denominazione solitarum[eno] maced[one]' (in tedesco: macedorumänisch) invece che l'arom[änisch]' del Wgd. che non piacque a tutti ed è perciò meno chiaro; arom. può essere interpretato, erroneamente, per rumeno antico'. Per altre abbreviazioni m'atterrò in massima all'Annuario. Aggiungo qui per le opere citate a pp. 553 e sgg.: slov[eno] cars[ico]', KARL STREKELJ:

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riscontro anche il vegl. fóit; di cui altrove. Un fenomeno di sintassi è menzionato nella morfologia dell'imperativo: cioè te du per du te che ricorderebbe il nostro ti porta ecc., ma avrà altra ragione.

Quanto alla grafia dei testi si desidera da un Weigand, che è tanto accurato, una più accurata indicazione dell'accento. P. e. Turtšilor (riga 105) potrebbe esser letto benissimo (da chi non abbia pratica di rumeno) Turtšilor o Turtšilór invece di Túrtšilor. Nella trascrizione fonetica si deve indicare l'accento almeno nelle tronche e nelle sdrucciole; specie trattandosi di dialetti in cui l'accento è singolarmente capriccioso in qualche caso (pesére invece di pásere, pag. 13).

Dal breve glossario rilevo le curiose forme aínd'erea, aírea (= altrove), che complicano ancor più la già complicata questione dell'origine di aiurea (e di quella del frc. ailleurs ecc. per il quale v. MEYER-L. Zeitschr., 1899 e HAVET, Romania, 1900). Si dovran metter qui anche il portogh. alhur e l'istriano iñuri (in nessun luogo)?

Riguardo alla lista delle persone consultate noto, con rincrescimento, che, quando è indicata l'occupazione degl'intervistati (ciò che non succede sempre, come converrebbe),

Morphologie des Görzer Mittelkarstdialektes, Vienna, 1887 (estr. dei Rend. dell'Acad. cl. filos. stor. CXIII, I Hft, 377 sgg.); res[iano], Materialien zur südsl. Dialektol. und Ethnogr., I Resianische Texte... von J. BAUDOUIN DE COURTENAY, Pietroburgo, 1895; ' arb. serbo-croato d'Arbe (Dalmazia), M. KUSAR: Rapski dijalekat nella rivista Rad, Zagrabia, 1894, p. 1 sgg.; lumb. ' sr.-cr. di Lombarda (Dalm.), M. KušAR: Lumbaradsko narječje, Zagr., 1895 (estr. dal Nastavni Vjesnik, III); con Scamp.' indico una bella raccolta di voci dalle colonie serbo-croate presso Albona d'Istria che devo all'onor. deputato Dr Ubaldo Scampicchio; 'sr.-cr. liburn.' designa il serbo-croato della Liburnia; 'stat. di Vinod:, Verb. Pogl. ' Statuti di Vinodol, Verbenico, Poglizza in Monum. histor. jurid. Slav. merid., Pars I, Vol. IV, Stat. lingua croat. conser., editi da FR. RAČKI, V. JAGIĆ, J. CRNČIĆ, Zagabria, 1890.

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