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dal trattatello edito dall'Huemer, sunt quando unus versus vel plures eodem ordine [quo] scandiuntur, sic a fine resumuntur. L'artificio è comune ed antichissimo e non affatto lontano da quei versus reciproci di cui ci parla Mario Vittorino 1) qui retrorsum dum leguntur longe aliud metrum ex se procreant.

Quanto alle letterature romanze non vorrei qui ripetere ciò che altri han già detto; farò solo avvertire il senso speciale in cui il termine è preso dal Deschamps e ricorderò che le Leys conoscono la retrogradatio per bordos, per dictios, per sillabas, per letras e notano che en lati pot hom miels far retrogradatio 2).

13. L'elemento popolare fu dal dotto plasmato, deviato come volle o poté. Colores rhetorici necessarii sunt in rithmo sicut in metro, scriveva Giovanni di Garlandia 3), e noi avemmo già modo di studiarne varie manifestazioni. Molte altre specie ne resterebbero a vedere che sono comuni alle A. E. ed alle " Arti, volgari; ma raramente, fuori dei versus repetiti e retrogradi già notati, c'è nelle due classi di Artes corrispondenza di terminologia.

Si capisce però che l'equivocazione, il bisticcio, l'asticcio, la compositio, la replicatio e in genere tutti i colores rhetorici, i flores dicendi, i tropi, i vitia, le figurae e gli schemata che erano stati parte sì grande della suppellettile rettorica latina e che erano entrati sì largamente nelle teorie dell'esametro rimato 4), dovettero avere un'efficacia anche sul

1) KEIL, VI, 113. Di questo e degli altri artifici nella letteratura latina, molti dotti, specialmente tedeschi, si occuparono. Vedili riassunti da L. MÜLLER, De ludibriis artis in De re metrica poetarum latinorum, pag. 576-94. Petropoli et Lipsiae, 1894.

2) Leys, I, 262: v. il Sonitus retrogradus del Da Tempo (pag. 100, ediz. Grion). L'A. E. di Pietro eremita (FIERVILLE, op. cit., pag. 6) dà varie specie di versus retrogradi (in litteris, in sillabis, in dictionibus). 3) Giov., Arte Ritmica, 361.

1) Qualunque sia l'origine della rima (v. a proposito Ronca, op. cit., pag. 344-351) le A. E., sia pure per attrazione di una poesia meno dotta già esistente, vennero ad essa mediante l'artificio, l'accettarono

88 G. MARI

RITMO LATINO E TERMINOLOGIA RITMICA MEDIEVALE

poeta volgare; il quale anzi tanto ne fu imbevuto e, lui dotto, in tal copia li profuse nelle sue produzioni, che taluno mostrò di credere che quel così costante artificio fosse infallibile indice e certissima prova di un'origine tutta popolare.

Dall'insegnamento latino quelle artificiose maniere derivano alle poetiche volgari, dal regulatos vidisse poetas, come, secondo Dante, ogni rimatore dovrebbe aver fatto 1); dai naturalibus... grammaticalibus studiis di cui il da Tempo vuole che il poeta sia imbutus 2); dai doctrinalia, dalle poetriae che per tutto l'evo medio ed oltre ancora, bandirono per ogni parte d'Europa l'uso dell'ars callida, di cui l'arma migliore era la transumptio con l'allitteratio e la praesumptio 3), la replicatio e l'equivocatio 4), l'anadiplosis 5) e la compositio ), e le infinite e più complesse altre varietà.

GIOVANNI MARI.

cioè tanto più facilmente in quanto corrispondeva alla figura dell'homoeteleuton dei grammatici antichissimi. Anzi il di Garlandia (Arte Ritmica, 16) ci avverte: Rithmus sumpsit originem secundum quosdam a colore rethorico similiter desinens,

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1) D. V. E., II, VI; cfr. anche II, I e IV.

3) DA TEMPO, pag. 71, ediz. Grion.

3) Cfr. il praesumptum vel praesumptivum metrum del Laborintus; per la Poetria di Ganfredo cfr. i versi 681-85, 741-43, 810-20, 1190 e seg., 1501 e seg., dove sono quasi tutte le specie di esametri e di distici rimati che sono enumerati da Eberardo e dalle A. E.

') Cfr. i versus differentiales del trattatello edito dall'Huemer, e BIADENE, op. cit., pag. 154 e segg.

5) Cfr. qui, p. 40.

6) Cfr. DA TEMPо, pag. 168, ediz. Grion: compositio de uno versu in alium; cfr. ancora una volta i versus concatenati di Massimo Vittorino (KEIL, VI, 222). Paragona l'esempio che il da Tempo porta di compositio ligata, coi versus catenati no 3 e coi clausi del trattatello dell'Huemer.

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Lo studio scientifico della nostra lingua poetica ebbe principali iniziatori or son venti anni il Caix e il Gaspary; il primo con le sue Origini, l'altro con La scuola poetica siciliana del secolo XIII determinarono i caratteri dell'antico linguaggio lirico con così giusti criteri e in limiti così esatti, che la loro indagine potrà bensì essere più largamente documentata, ma resta sempre guida sicura a informare ogni ricerca intorno alla grammatica dei poeti del primo periodo. Per l'età che diventa classica, invece, per l'età in cui alla Toscana passò lo scettro della favella, assai poco è stato metodicamente tentato: egli è che molto presto sorse su l'orizzonte l'astro di Dante, nel cui gran lume si confusero agli occhi dei posteri tutte quelle minori stelle che brillavano pertanto del medesimo raggio geniale e innovatore, dello spirito del dolce stil novo. Che invero, se si è ormai lungi dall'opinione dei nostri vecchi, che l'Alighieri facesse all'improv viso scaturire la lingua italiana come Moisè la fonte ristoratrice, nondimeno la sua forza fu tale, ebbe egli una coscienza così netta di ciò che il volgare doveva essere, che anche oggi non si è del tutto smesso di considerare l'opera sua quasi come indipendente dalla tradizione, e si pensa che in lui si possa trovare qualcosa di formale interamente ignoto ai suoi predecessori e contemporanei. Ma per contrario, quanto più meraviglioso è il fenomeno, altrettanto più minuzioso dovrà esser l'esame di tutto ciò che lo ha preceduto e preparato, Studi di filologia romanza, VIII.

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e il lavoro del Parodi su le rime della Divina Commedia 1), bene addita la via da seguire anche e specialmente pel poema dantesco.

Del Canzoniere del Petrarca, onde precipuamente, nel rinascimento, presero le mosse la Grammatica e il Vocabolario, nessuna disamina è stata ancor fatta secondo i principii della moderna filologia; ma la tanto aspettata edizione del codice autografo ne lascia prevedere l'importanza e le gravi e varie esigenze, giacché per l'esame comparativo si richiederà il più largo concorso di testi così di poesia come di prosa, un più accurato accertamento delle lezioni, una diligentissima analisi, insomma, di tutto il vasto e profondo terreno in cui crebbe la mirabile pianta.

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Più di un capitolo della biografia petrarchesca va rifatto per diradare un poco quell'ombra di mistero che circonda il formarsi dell'intelletto più praticamente e universalmente fecondo che vanti la storia del pensiero italiano. Il D'Ancona scriveva nel suo studio su Convenevole 2): È stato sempre cagione di meraviglia come il cantore di Laura, vissuto quasi continuamente fuori d'Italia, partitone innanzi i dieci anni, ritornatovi solo fra i diciannove e i venti per coltivare gli studi della giurisprudenza, possedesse nonpertanto ed adoperasse una lingua così ricca di forme, così graziosa e pieghevole, così scevra d'imitazioni soverchie dal provenzale e dal latino, così fresca, e viva quasi tutta anche dopo tanti secoli. Ove e come ne apprese egli i vocaboli e le frasi, e il giro e il suono, se ei crebbe e soggiornò quasi sempre in Provenza? Dobbiamo or noi veramente molta riconoscenza al buon retore pratese? Come e quanto era diffusa in allora la nostra giovine letteratura nella Francia meridionale? A queste e a molte altre domande bisognerà dar risposta prima di pensare incondizionatamente al miracolo col Foscolo, il quale diceva la maestria del Petrarca nella poesia di tale lingua ch'egli aveva coltivata sì poco, essere di quelle arcane meraviglie che il genio opera non se ne avvedendo egli stesso, a modo che veggiamo

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1) La Rima e i vocaboli in rima nella Divina Commedia in Bullettino della Società dantesca ital., vol. III, fasc. 6-9. 2) V. in Studj sulla letteratura ital. de' primi secoli, Ancona, Morelli, 1884, pag. 145.

talora semente sparse dal caso in qualche benigno terreno spontaneamente far prova migliore e più lussureggiante che non avrebbe ottenuto l'arte più industre in suolo meno propizio „ 1).

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Il Petrarca, padre del Rinascimento, tante volte chiamato il primo nomo moderno, poiché fu il primo ad affermare nettamente nel sentimento, nell'arte e nel pensiero, la italianità, il carattere cioè e le tendenze della nazione intera, doveva anche di necessità compiere nell'istrumento ideale, nella lingua, il processo di composizione e raffinamento e dare perfetto quel tipo di volgare perseguito dai poeti dello stil novo e intorno a cui Dante, che più altamente lo aveva vagheggiato, teorizzava riconoscendolo nelle rime di Cino e sue de tot rudibus Latinorum vocabulis, de tot perplexis constructionibus, de tot defectivis prolationibus, de tot rusticanis accentibus, tam egregium, tam extricatum, ... tam perfectum et tam urbanum electum, 2). Nelle parole, nelle immagini, ne' costrutti, nelle inflessioni della voce, negli accordi dei suoni (scrive il Caix), come in un primo monumento d'arte, la nazione dà primieramente forma a quell'ideale d'armonia e d'espressione che poi ammirerà nei suoi musici, ne' suoi poeti, ne' suoi artisti. Nè solo le sue tendenze estetiche, ma ancora le memorie e le tradizioni che tanta parte hanno nello stringere viepiù il vincolo nazionale, concorrono alla formazione della lingua e si rivelano in una certa propensione all'antico che si mostra fin dalle prime scritture. La parola deve suonare a tutti chiara e viva e non perciò troppo lontana dall'uso volgare; ma senz'essere scompagnata da quel certo decoro e da quella nobiltà che trae dal sentimento delle primitive e più intere forme dell'idioma. La lingua nazionale deve conciliare l'uso con la tradizione, il presente col passato. Infine ella dev'essere comune, ritrarre le fattezze generali, secondare e temperare le varie ed opposte tendenze e consuetudini, non essere un dialetto speciale, ma il compendio dei dialetti 3). Fu cotesto l'ideale linguistico pienamente realizzato dal Petrarca,

1) Cfr. D'ANCONA, op. cit., loc. cit.

*) De Vulg. Eloq., I, xvii, 3.

3) La formazione degli idiomi letterari, nella Nuova Antologia settembre 1874, pag. 53.

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