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cui forse giovò anche in ciò il vivere fuor della patria; perocché come lungi dalle passioni faziose egli poté svolgere il suo sereno pensiero politico, così, nel medesimo tempo, libero da dirette influenze di scuola e di dialetto, avendo dovuto forzatamente avere nella terra straniera fin da fanciullo una pratica soprattutto letteraria dell'idioma patrio, riuscì a renderlo il più soave eloquio della poesia, grazie al suo squisito senso melodico; e infatti nel Canzoniere vediamo per la prima volta ciascuna parola valutata nelle sue qualità estetiche e ideologiche con quell'amorosa cura che oggidì ha tutta l'esagerazione della decadenza.

Il presente lavoro non vuol essere adunque altro che un primo saggio di fonetica e morfologia petrarchesca, dietro la scorta della preziosa edizione del Mestica: una rapida e metodica rassegna di quanto nel Canzoniere apparisce alieno dal fiorentino ed è scomparso dall'uso, perché si possa agevolmente comprendere in un'occhiata ciò. che devesi alla regione nativa, ciò che manifesta, se mai, influsso gallico o delle parlate del settentrione d'Italia dove il Petrarca più a lungo visse, e in fine i modi latineggianti: sono queste invero le tre grandi correnti agitatrici e contaminatrici di nostra lingua nelle prime fasi della sua evoluzione e che nelle limpide Rime non producono più che fugaci e appena percettibili increspamenti.

SUONI

Vocali toniche.

A. 1. Di -ARIO l'esito preferito è -ero: pensero dodici volte in rima: sonn. XII, CXVIII, CXXXV, CXCVIII, CCI, CCXXIX; canzz. VIII, 91, xv, 100, xxI, 97, xxIII, 25, xxv, 28, xxviii, 34; pensieri una sola volta, son. ccxxxIII; fuor di rima pensero, autografo, ricorre ventuno volte: sonn. CLVIII, 7, CLXI, 7, CLXIX, 12; canz. xx, 72; sonn. CLXXXVI, 5, cxc, 6, CXCIV, 11, ccvI, 4, ccxI, 13, ccxv, 10, CCLXXIX,

5, CCLXXXIII, 8; sest. IX, 28, 47; sonn. ccxcI, 9, cccv, 8; canz. XXVIII, 103, 126; son. cccxv, 7; canz. xxix, 56, 127; pensiero sest. VII, 6, 26, VIII, 4: sonn. ccrv, 11, ccc, 13, CCCXIV, 1; isolati guerrera son. XIX; guerreri son. ccxxxIII; manera son. LXXXIX; primero canz. I, 41; sentero son. XII; una volta schera son. XVII, ma poi sempre schiera son. CCXLVI; canz. XII, 4, ecc.

E chiuso volg. lat. 2. lece fuor di rima: son. LXXVI, 9; in rima, Tr. d'am., II, 97, si è conservato a lungo. Cfr. Dante, Inf., XIII, 52; Purg., xvi, 31; Parad., XIII, 41; Orl. fur., xx, 51; Tasso, Gerus., v, 32; vezzo son. xcvii, 6: ch'altri cangia il pelo Anzi che 'l vezzo '; e ricorderemo anche l'analogico sinestra nel Tr. d'Am., IV, 183, in rima. Sono invece latinismi nel Petrarca, oltre dignissima sonn. CLIV, 9, ccxxvIII, 7 (digno, Tr. d. Fama, I, 102; benigno maligno); ditta canz. xv, 6; Dante, Purg., XIV, 12; Orl. fur., xv, 59; interditte canz. 1, 98; infirme son. CLXXXV, 6; ancilla canz. XXVIII, 96, comunissimo; impie son. LXII in rima con tempie; empie: scempie. Il Mestica: 'V1 impie per iscorso di penna; salvochè il poeta non avesse voluto a bella posta usare qui la forma latina dell'aggettivo per farlo distinguere anche materialmente dall'omonimo empie nel quarto verso, non curando la perfetta consonanza della rima, il che per altro non crederei '; ma poi nelle correzioni finali (p. 679): e forse più che uno scorso di penna o inavvertenza del copista, fu grafia del poeta secondo l'uso del tempo e le esitanze a lui consuete', e rimandando ad un'altra sua nota che riguarda propia del son. xx: ma può anche essere uno dei casi in cui la parola si scrive nella forma sua naturale, lasciandosi all'accorto lettore la cura di ridurla nella forma conveniente al luogo '; impio invero fu usuale non meno di empio anche nella prosa fino al cinquecento (cfr. il Manuzzi che ne reca un esempio del Guicciardini), e qui evidentemente trattasi di uno scambio involontario; impie

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un'altra volta nella canz. xxv, 67: E le luci impie e felle', fatto anche qui dal Mestica empie; nel son. CLXXV empie in rima; frequentissimi erano pure licito canzoni II, 43, xxvi, 30; solicito canz. IX, 69, che occorrono nel Villani, Boccaccio, ecc.

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E aperto volg. lat. 3. Riguardo al dittongamento l'oscillazione è continua, ma la preferenza per le forme non dittongate è già certa nella rima: inseme sonn. XXVII, CXXVII, CCVII, CCLIV, CCCXVI; canzoni xxiv, 66, xXVI, 44, e insieme tre sole volte: son. LXIV; canzoni VIII, 98, XIV, 12; invariabilmente poi: fero sonn. LXXXIX; XCII; CCXXVIII; canzoni iv, 104, xvi, 13, xxvIII, 38, e fera sost. son. CCXLVI; petra canz. 1, 82; senza compagni; leve sonn. XXV, CXIII, CCLXXXIV; tene cinque volte sonn. CIX, CXIX, CXC, CCLXXVIII, CCCIV; col solo ritene canz. 1, 123, e vene sei volte sonn. LXIII, CIX, CXIX, CCXLIII; canzoni 1, 126, xxi, 47.

Lasciando da parte adiven son. xv, 3; canz. vi, 85; aven sonn. xxxvIII, 6, LXVI, 1, LXXXI, 9, XCVII, 3, cx, 4, ecc.; canzoni II, 5, XIII, 24; ball. VI, 9, e avene canz. XVI, 31, convene in rima sonn. XLIII, LXIII, XCVII, CCCIV; canzoni II, 103; fuor di rima sonn. XXI, 14, LI, 4, LXVI, 7, LXXV, 13, xcviii, 8, cxvi, 10, ecc.; sovene son. CCXLIII, e soven cXII, 9; attene canz. IV, 1; mantene canzoni xv, 18, XXII, 33; son. CCXIII, 11; sostene sonn. LXIII, CVII, CCXLIII; e fele canz. XXVIII, 24, 106; mele son. CLXXIX, 14; canz. xxvIII, 24, che non frangono mai il suono dell' e; inoltre inseme e leve che hanno la gran maggioranza; gli scambi, adunque, si notano principalmente tra fero sonn. XLVIII, 3, CXXVIII, 2, XLIV, 2, ecc., ecc.; canzoni 1, 20, ecc., e fiero sonn. XXIII, 10, XXXVI, 8, LXII, 12, LXXIX, 9, ecc., ecc.; petra son. XLII, 7; canzoni v, 78, xviii, 16, e pietra sonn. LV, 4, CCLXIII, 14; canzz. xiv, 34, xvii, 51, ecc.; ven sonn. XII, 9, cx, 6, cxx, 12, CLI, 9, cc, 3, ecc.; canzoni Ix, 74, x, 54, xvIII, 5, ecc., e vien sonn. XII, 2, Xiv, 9, ccxxxi, 2; canz. iv, 16, ecc., e fra i meno frequenti o rari: ten son. CLI, 5; canz. 1, 20, ecc. e

tien son. CCLXXII, ecc.; riten son. crv, 6, e ritien canz. XXI, 79. Per la 3a ind. di tenere gli esempi di dittongamento sembrano non riguardare che la forma tronca: tene fuor di rima sonn. LVI, 4, CXLV, 4, ecc.; invece vene son. CXLII, ma viene son. XIV, 9.

Questi dati sono sufficienti ad affermare la tendenza generale e teoretica della lingua del Canzoniere a conservare intatto é, la quale non può essere smentita dai casi come gielo, cieco, siede, preferiti anche in rima per ragioni di eufonia, parole che pur ricorrono immancabilmente qualche volta con la tonica intatta; es. gelo in rima al son. cccxiv e ceco son. CCXLIX, 9; sede canz. XXVIII, 4. All'esattezza dei rapporti servirà meglio il seguente spoglio completo delle parti autografe nel codice (sonn. CLVIII-CCXXV, son. CCLXXVIIIcanz. XXIX): ven canz. xx, 23; sonn. cc, 3, ccxxII, 14; canz. XXIX, 26; vien sonn. CLXVI, 14, CLXXXVII, 12; canz. XXVI, 12; son. CCXCVI, 7; viensi son. ccxIx, 6; fera, sost., son. cxc, 2; canz. XXIV, 4, 8; fiere canz. XXVII, 47; fero canz. XIX, 21; sonn. cxcIII, 6, cxcv, 9, CCLXXXI, 10; sest. IX, 57; canz. XXVIII, 38; fiero canz. XIX, 22; sonn. CXCIX, 9, CCXVIII, 2, cccv, 10. pe è singolare sempre, sonn. CLIX, 11, CCLXXXVI, 4, Cссxп, 6, e piè sempre plurale, sonn. cccvi, 6, cccx, 14; canz. xxv, 84. petre sest. vi, 17; ten son. CCLXXIX, 4; ball. vII, 8; tene canz. xxvII, 130; tien canz. XXVIII, 5; lievi son. ccxv, 4, ma leve avvb. son. CCLXXXIV, 7; regolarmente il dittongo per l'influsso dell' i desinenziale nelle 2o persone apocopate sostien', son. ccxCIV, 6; tien' canz. xxv, 59; vien' son. CCCXII, 8; canz. XXVII, 6.

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O chiuso volg. lat. - 4. divolga son. LXXVII, 7, rifatto su volgo; il P. vulgo sonn. XLII, 11, XCI, 9, CXCVIII, 12; canzz. vi, 57, Ix, 9; ma volgare son. LXXVIII, 11; cfr. Tr. d. Eternità, 49. Nel sonetto Più volte il dì mi fo vermiglio e fosco', escluso dal Canzoniere, distorbo sorbo; anche in rima, nel Tr. d. Morte, 1, 15, córvo, curvo. A rincontro: columna, che è la pretta voce latina pensata

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mente adoperata, secondo annota il Mestica, per dare all'espressione maggior dignità in relazione con ciò che segue (l'amanuense scrive colomna canz. XXII, 48; son. CCXXVII, 12, e colonna canzz. vi, 72, xiv, il Petrarca usualmente sempre colonna zoni xxv, 27, xXVIII, 146); masto alla poesia; triunfo con triunfale, triunfare canz. XXVIII, 51; sonn. CLXXXIX, 9, ccxxv, 1, CCLXXII, 10; canzz. II, 81, xxix, 119, ecc. ecc. Cfr. Dante, Inf., xxvII, 111; Purg., xxiv, 14, xxvi, 77; Par. 1, 29, v, 66, ecc., erano le forme che più volentieri si scrivevano anche in prosa; più frequente di spelunca son. CXXXIII; canz. 1, 142, v, 36, era forse spilunca acc. a spilonca. Cfr. il Sacchetti nella canzone in morte del Petrarca: Poi che spilunca già è fatto il monte '; e i meridionalismi lirici: condutto sonn. XXVI, 9, CCXLVII, 5; canzoni xvIII, 23, xx, 5, xxvi, 10; sest. IX, 13; ricondutte son. CCLXXXI, 8; ridutto son. LXXII, 10: il mio dolce ridutto'; curto canz. XX, 49; trunco son. CCLXXVII, 8: Qual per trunco o per muro edera serpe '. Cfr. Orl. fur., XLII, 9; lutte son. ccxxxI, 5; lutta in rima anche nell'Ariosto, ecc.

nel V1: son. CLXIX, 10; canresurgo canz. XXIX, 125, è ri

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O aperto volg. lat. 5. Egualmente raro è il caso che l'ictus della rima cada su uo; tolti di mezzo core, foco, gioco, novo, voto, movere, e i meno frequenti noce son. CCXLIII; canz. II, 26; fuor di rima canz. XIII, 25, e nocer son. II, 4; percote canz. x, 28; son. cxxix, 7, fuor di rima; percota son. CCXCVII, e l'unico coce canz. 1, 67; che non variano come in genere loco (son. XLVIII luogo: giogo e al plurale soltanto luoghi, es. son. ccxxxix, 6); e come i solitarì rota canzz. v, 15, xxv, 106 e scola son. cvII, 2; canz. XXVIII, 119; inoltre l'unico esempio di bono in rima, son. CCXIII; sempre dole, quindici volte; e role otto volte; more e mora cinque volte. ciascuno, e moia tre volte; ma sole undici, e due volte suole son. CCLXXXVIII; canz. xI, 60; sona son. LXXVI; canz. XI, 39; sone son. CCXIII; e suona son. LXXIX; tona son. XX,

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