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E oltre a quel che si conviene a nui.

Gli atti soavi, ch'ella mostra altrui

Vanno chiamando Amor, ciascuno a prova, In quella voce, che lo fa sentire.

Di costei si può dire ;

Gentile in donna ciò, che in lei si trova,

E bello è tanto quanto a lei somiglia;

E puossi dire, che'l suo aspetto giova
A consentir ciò che par maraviglia;

Onde la nostra fede è aiutata :

Però fu tal da l' Eterno ordinata.

Cose appariscon nello suo aspetto
Che mostran dei piacer di Paradiso,
Dico negli occhi, e nel suo dolce riso,
Che le vi reca Amor come a suo loco:

Elle soverchian lo nostro intelletto,
Come raggio di Sole un fragil viso:
E perch' io non la posso mirar fiso,

Mi convien contentar di dirne poco.

Sua beltà piove fiammelle di foco
Animate d'un spirito gentile,

Ch'è creatore d'ogni pensier buono;
E rompon, come tuono,

Gl'innati vizj che fanno altrui vile;
Però qual donna sente sua beltate
Biasmar, per non parer queta ed umíle
Miri costei, ch' esempio è d'umiltate:
Questa è colei, ch' umilia ogni perverso,
Costei pensò chi mosse l'universo.

Canzone, e' par che tu parli contraro

Al dir d'una sorella, che tu hai,

Che questa Donna, che tanto umil fai,
Quella la chiama fiera e disdegnosa.
Dico, che'l ciel sempre è lucente e chiaro,
E, quanto in se, non si turba giammai;
Ma gli nostri occhi, per cagioni assai,

Chiaman la stella talor tenebrosa;

E così, quando la chiamo orgogliosa,
Non considero lei, secondo il vero,

Ma pur secondo quel, ch' ella parea;
Che l'anima temea,

E teme ancora sì, che mi par fiero,

Quantunque io vengo dov' ella mi senta. Così ti scusa, se ti fa mestiero,

E quanto puoi a lei ti rappresenta,

E dì: Madonna, se el v'è a grato,
Io parlerò di voi in ogni lato.

FRANCESCO PETRARCA

Nacque in Arezzo a' 20 di Luglio del 1304. Pietro, detto comunemente Petracco o Petraccolo, notajo di Firenze, ed Eletta Canigiani sua moglie, furono i suoi geni tori. Stette con essi il Petrarca a un lor podere in Ancisa, poche miglia sopre Firenze, fino al settimo anno compiuto, dopo il quale venne con essi a Pisa, e quindi alla città d' Avignone. Passò la sua fanciullezza alle sponde del Rodano sotto la cura de' suoi genitori; e quattro anni si trattenne in Carpentras, piccola città vicina ad Avignone; ed indi passò allo studio delle leggi in Montpellier, e poscia a Bologna. Tutto il tempo, di cui potea a suo talento disporre, da lui impiegavasi nella lettura di Cicerone, di Virgilio, e di altri antichi scrittori delle belle Lettere.

A ventidue anni d'età, cioè l'anno 1326, tornò da Bologna ad Avignone; e dopo la morte de' suoi genitori abbandonò gli studj legali, e si arrolò nel Clero, pago però della sola tonsura. Ivi si strinse con quella sincera affezione a Jacopo Colonna, che fu poi Vescovo di Lombes, ed alla famiglia de' Colonnesi, che in tutto il tempo ch' ei visse

non venne meno.

In Avignone il Petrarca avvenutosi in LAURA, donna che a lui parve di non veduta bellezza, ne avvampò d' amore per modo, che per anni ventuno gli si mantenne viva la fiamma in seno, nè potè, per quanto si adoperasse, sopirla ed estinguerla. Egli si avvenne in lei nella chiesa di S. Chiara in Avignone, a' 6 d' Aprile del 1327; e divenne l'oggetto del suo lungo amore e de' teneri ed inarrivabili suoi versi. Era I aura figlia di Audeberto de Noves, cavaliere e sindaco d'Avignone, e di Ermessenda sua moglie, ed era nata nel sobborgo di quella città, verso l'anno 1308, e morì a' 5 d'Aprile, 1348, vittima dell' universal pestilenza che in quel funestissimo anno menò strage sì luttuosa in tutta l' Europa.

Viaggiò il Petrarca frequentemente in varj paesi. L'anno 1330 andossene a Lombes con Jacopo Colonna, ed ivi si strinse in amicizia con Lello di Stefano di antica e nobil famiglia Romana, che poscia chiamò sempre col nome di Lelio. Nell' anno 1337 determinossi a ritirarsi nella solitudine di Valchiusa, ch' egli ha renduta sì celebre, per combattere e superare la sua passione; e vi comperò una piccola casa e un picciol podere che fecero per più anni le sue delizie. Questo soggiorno gli diè occasione di conoscere Filippo di Cabassole, che era Vescovo di Cavaillon. In quella solitudine compose non solo una gran parte delle sue rime, ma molte ancora delle sue lettere, così in versi come in prosa Latina, e molte delle sue egloghe. Ivi scrisse i suoi libri della vita solitaria, e della pace de' Religiosi; e nel 1339 diede principio al suo poema epico Latino dell' AFRICA, (che finì poscia più anni dopo) a quella età cosa rara anzi l'oggetto dell' universal maraviglia.

Dionigi da Borgo S. Sepolcro andato a Napoli nel 1340 fece conoscere al Re Roberto il nome e le opere del

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