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E il linguaggio è perspicuo; la preghiera è esaudita. E Dante, adunque, che s'avvicina << al fine di tutti i desideri, finisce anche in sè «<l'ardore del desiderio », cioè lo compie, lo porta al colmo, lo conduce al più alto grado, lo perfeziona quasi, tale parendo il significato del verso

l'ardor del desiderio in me finii,

ed essendo, davvero, un controsenso la comune spiegazione dei commentatori, che Dante finisse di desiderare, quando s'avvicinava al compimento dei suoi desideri. Nè ha bisogno perciò che Bernardo gli accenni di guardare su, in alto; egli ha prevenuto il volere del Santo; Dio non gli è più conteso oramai; egli guarda già in su, per se stesso, chè la sua vista, divenuta «< sincera», cioè libera da ogni nube di mortalità, entra più e più

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Ed ecco la visione di Dio, la visione diretta, immediata; quella che altri ha preparato, ma che ora Dante compie da sè.

Prima della preghiera, prima dell'intervento di Maria, Bernardo stesso, il santo <«<sene», era stato la guida e avea fornito mirabilmente il suo cómpito. Aveva invitato Dante a «volar con gli occhi» per la rosa

celeste, chè il veder lei avrebbe acuito il suo sguardo

Più a montar per lo raggio divino;')

l'aveva ammonito a guardare i cerchi dai più bassi <«< al più remoto », fino a vedere Maria nel suo trono di gloria, ridente bellezza fra il tripudio degli angeli, «<letizia negli occhi a tutti gli altri santi » 2); gli aveva illustrato via via il congegno del gran fiore, mostrandogli come vi eran disposti i beati di grado in grado, a destra, a sinistra di Maria, eminente, in mezzo, su tutti; l'avea riammonito a riguardare «< nella faccia che a Cristo più si somiglia», perocchè solo cotal «< chiarezza » l'avrebbe disposto « a veder Cristo», senza rimanerne abbagliato: consiglio ben opportuno, se il poeta confessa, subito dopo, che tutte quante le mirabili cose, le quali avea visto prima, non gli avean mostrato «< di Dio tanto sembiante >>. 3)

Alla suprema visione tutto adunque avea subordinato il Santo; e a tal visione Dante era preparato oramai; il fiammeggiare della Vergine avea così mirabilmente acuito la sua vista, che la novissima guida potea dirgli :

E drizzeremo gli occhi al primo Amore,
Sì che, guardando verso lui, penètri,
Quant'è possibil, per lo suo fulgore. 4)

1) Parad., XXXI, 97-99. 3) Parad., XXXII, 1-93.

2) Parad., XXXI, 112–142. 4) Parad., XXXII, 142–144.

Ma l'acume della vista, per quanto rinvigorito oltre l'umano, poteva non bastare al grand'uopo e venir meno e arretrarsi : Dante era bensì costituito nella capacità di veder Dio; ma un residuo di mortalità era ancora in lui. Onde una nuova grazia, un residuo di grazia bisognava aggiungere alle altre già ricevute, il pieno dislegamento da ogni nube di mortalità.

Dante dovea dunque morire, morire al corpo; Dante dovea essere « dislegato d'ogni nube di sua mortalità », perchè con gli occhi si levasse << più alto verso l'ultima salute >> ; e san Bernardo, che già in vita avea provato una simile morte, gli aveva appunto, colla preghiera a Maria, ottenuto la grazia suprema:

Veramente, ne forse tu t'arretri

Movendo l'ali tue, credendo oltrarti,
Orando, grazia convien che s'impetri,
Grazia da quella che può aiutarti. 1)

Ed aveva ottenuto, insieme, che al fervore della visione si congiungesse in lui il fervore dell'affetto:

E tu mi segui con l'affezione,

Sì che dal dicer mio lo cor non parti.2)

1) Parad., XXXII, 145-148. 2) Parad., XXXII, 149-150.

V.

Il poeta può perciò fare da sè oramai; egli non ha più bisogno di guida; l'anima sua s'è sollevata così in alto da veder Dio non più per speculum in aenigmate, ma a faccia a faccia; questa estrema parte del poema è tutta consacrata a questo dramma solitario d'un'anima con Dio. Impresa paurosa anche per chi si chiami Dante! Perocchè la visione è bensì piena e perfetta; ma come riprodurla in parole, se riguarda un essere per se stesso ineffabile? E poi, al pari del suo san Bernardo, anche Dante dovea lamentare che piccola fosse la durata della visione, heu parva mora, breve commercium, in confronto della immensità dell'oggetto, e poco rimanesse perciò nella memoria, sopraffatta, inoltre, dallo spettacolo grandioso, per poterlo ritenere anche solo in parte. Dante, quando scrive, è tornato nella condizione di uomo: non più adunque lo spirito separato, che fruisce della contemplazione divina; non più l'esaltazione mistica e il rapimento e l'estasi; bisogna che s'affidi alla memoria per narrare; bisogna che adoperi segni sensibili per esprimere cose

tanto lontane dai sensi: come la narrazione non riuscirà inadeguata?

Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
Che il parlar nostro che a tal vista cede,
E cede la memoria a tanto oltraggio.

Non è la prima volta che Dante lamenta questa insufficienza della parola rispetto al pensiero. Ma qui più che mai la « materia >> dovea esser «< sorda a rispondere»; qui più che mai dovea esser grande il disaccordo fra << la forma e l'intenzion dell'arte »>!1) Qui non doveva bastare essersi «< fatto pallido sotto l'ombra di Parnaso », o aver bevuto abbondantemente « in sua cisterna »>, 2) per tentar

di rendere la mirabil visione!

Dante è nella condizione di chi sogna che, dopo il sogno, ha impressa in sè «la passione», cioè il sentimento or lieto, or doloroso, che il sogno ha prodotto, e pur nulla ricorda di esso; appunto, anche nella mente di lui è spenta «quasi tutta » la visione, per quanto ancora gli distilli

Nel cuor lo dolce che nacque da essa.

Alla qual similitudine, che si dilunga in due terzine, nella studiata lentezza, così gravi e solenni, due altre s'aggiungono, ra

1) Parad., I, 127-129.

2) Purg., XXXI, 140-142.

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