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I.

Il simbolo della donna gentile che domina nel Convivio, si trasmuta, s'è detto, nel simbolo di Beatrice, che domina nel poema. Ciò vuol dire che la filosofia, o, più largamente, il sapere e la scienza sono come l'interiore ossatura dell'una e dell'altra opera, ne sono il fulcro, l'idea madre. Il simbolo di Virgilio nel poema è parte anch'esso del simbolo di Beatrice; Virgilio simboleggia la scienza umana, Beatrice la divina; in fondo, adunque, i due simboli si compenetrano e si fondono, costituendo la più alta glorificazione della scienza in tutti i suoi gradi, e insieme, come si diceva, l'idea madre del poema.

Sebbene il poema sia un tutto imponente e complesso, e la scienza e la religione e la morale e la politica e la figurazione artistica e il fantastico e l'allegorico e il reale e, insomma, tutto un mondo, anzi due mondi, quello

dei vivi e quello dei morti, vi si rispecchino, sicchè riesca difficilissimo, in questa poderosa unità, discernere una parte veramente dominante, perchè tutte vi hanno rilievo del pari e ciascuna pare dominante nella sua cerchia; non è dubbio però che una dottrina tiene il campo, una concezione tutto in sè assomma: la vita non ha valore che per il sapere; la virtù è luce di sapere, come il vizio è tenebra d'ignoranza; alla felicità non si può giungere che per mezzo del sapere, che ci indica le vie della virtù e ci distoglie da quelle del vizio; quanto più l'opera del sapere è alta, tanto è più grande la felicità a cui si giunge, finchè per il sapere supremo, che è pura contemplazione, si giunge alla suprema felicità, che è beatitudine divina.

Qui è la ragione filosofica dell'opera; qui l'intento dottrinale dell'allegoria del poema e il suo fine didattico.

Non ho bisogno di ricordare questa allegoria. Dante col suo fantastico viaggio, mentre vuole rappresentare il dramma mo‚rale della sua anima, la sua rigenerazione dai traviamenti mondani in cui era caduto dopo la morte di Beatrice, e la via per cui era giunto a questa rigenerazione; vuole, insieme, secondo i concetti espressi nel Convivio, con un'allegoria offrire un utile insegnamento al genere umano. Il suo viag

gio, in ciò che ha di personale, non è una vera e compiuta allegoria; è, piuttosto, una poetica figurazione di fatti psicologici, in cui sono personaggi reali e, come tali, introdotti : Dante stesso, Virgilio, Beatrice. Ma, nel senso allegorico, questi personaggi e la favola stessa fondamentale del poema prendono significati, rispettivamente, cooperanti al conseguimento del fine didattico.

Ed ecco Dante rappresentare l'umanità smarrita nella selva oscura delle passioni e dei vizi, indarno anelante alla felicità, che solo può dare virtù; le passioni gli fanno guerra e gli tolgono ogni via di salvezza ; soprattutto lo fiaccano la lussuria, la superbia, la cupidigia, le tre fiere, l'ultima più di tutte; il « dilettoso monte >> non sarà possibile salire, finchè non si trovi chi sappia ricostruire l'uomo interiore; chi gli mostri le tristi conseguenze del peccato e gliene faccia provare orrore; chi lo liberi dalla schiavitù della colpa e lo abiliti all'esercizio della virtù, al culto della verità, dell'ideale, di Dio; chi, insomma, dal fango della terra lo innalzi gradatamente alle bellezze del cielo. Ciò fanno, insieme, Virgilio e Beatrice, guide di Dante e, quindi, dell'umanità nel faticoso cammino della purificazione e della perfezione, della felicità terrestre e della beatitudine celeste; guide, perchè rappresentanti, rispettivamente, del sapere umaZUCCANTE. Figure e dottrine, ecc.

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no e del sapere divino, della ragione universale, si può dire, da cui solo possono venire luce e consiglio; luce di esempi che edificano; consiglio di bontà e di virtù.

Chi prepara e muove la grand'opera è Beatrice, che, dal « beato scanno» ove siede, scende a Virgilio e lo eccita a soccorrere il poeta smarrito, e a levarlo dinanzi alle fiere, specialmente alla lupa, che gli toglie <«< il corto andare del bel monte ». Naturalmente, Beatrice, la scienza, opera, alla sua volta, per più alto intervento; la Vergine misericordiosa (Donna è gentil nel ciel che si compiange) frange il duro giudizio di Dio, e impetra grazia (Lucia);1) appunto, per grazia divina la scienza, divina anch'essa, può compiere la rigenerazione del genere umano. Nè questa grazia interviene soltanto al principio del poema: il suo intervento è continuo; già il viaggio stesso del poeta è opera di grazia, e poi ogni inestricabile nodo che per avventura si presenti durante il viaggio, viene dalla grazia, come dal Deus ex machina dell'antica tragedia, troncato. Ed ecco, infatti, il passaggio dell'Acheronte; Dante si trova all'altra riva dopo aver perduto i sensi per il terremoto ed il lampo, segni infallibili dell'intervento della divinità e del suo nume soccorritore nel passaggio

1) Inf., II, 94 e sgg.

negato ad ogni vivo: ecco il messo del cielo all'entrata della città di Dite, che apre con una verghetta la porta mal contesa: 2) ecco Lucia stessa, la grazia in persona, che dall'antipurgatorio trasporta, durante il sonno, il poeta alla porta del Purgatorio:

Dianzi, nell'alba che precede il giorno,
Quando l'anima tua dentro dormia
Sopra li fiori, onde laggiù è adorno,
Venne una donna, e disse: lo son Lucia,
Lasciatemi pigliar costui che dorme,
Sì l'agevolerò per la sua via

(Purg., IX, 52 sgg.).

Così, nel concetto profondamente religioso di Dante, la grazia divina coopera col sapere e lo aiuta; diventa il mezzo più poderoso pel quale si compiono i fini dell'intelletto. È nota quell'altra finzione dantesca per cui nel Purgatorio non si può procedere neanche d'un passo, durante le ore della notte. 3) Ebbene, anche questo significa che, quando non splenda la luce dall'alto, l'uomo non può progredire nel vero e nel bene; e, poichè la prima sosta notturna è nella valletta dei principi, il poeta, colla scena della preghiera di compieta « Te lucis ante » recitata da quelle anime, del loro riguardare in su, alle superne rote, quasi

1) Inf. III, 130 e sgg.; IV, 1-6. 2) Inf. IX, 64-105.

3) Purg. VII, 43-60.

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